N. 39 SENTENZA 5 - 20 febbraio 2007

Giudizio per conflitto di attribuzione tra Enti.

Conflitto  di  attribuzione  tra  Stato  e  Regioni  -  Sentenza  del
  Commissario  regionale  per  il riordino degli usi civici - Ricorso
  della   Regione   Abruzzo   -  Eccezione  di  inammissibilita'  per
  inidoneita'  di  un atto giurisdizionale a costituire oggetto di un
  conflitto di attribuzione - Reiezione.
Conflitto  di  attribuzione  tra  Stato  e  Regioni  -  Sentenza  del
  Commissario  regionale  per  il riordino degli usi civici - Ricorso
  della  Regione  Abruzzo - Eccezione di inammissibilita' per carenza
  di interesse a ricorrere in capo alla Regione - Reiezione.
Usi  civici  -  Sentenza  del  Commissario  regionale  in ordine alla
  legittimazione  di  occupazioni  abusive  di terreni gravati da usi
  civici  -  Ricorso della Regione Abruzzo - Superamento da parte del
  Commissario  regionale  dei  limiti  posti,  in  materia,  alla sua
  funzione  giurisdizionale, con conseguente invasione dell'ambito di
  attribuzioni  riservato  alla  Regione  -  Non spettanza allo Stato
  della potesta' in contestazione - Annullamento dell'atto impugnato.
- Commissario  regionale per il riordino degli usi civici in Abruzzo,
  sentenza 21 ottobre 2005, n. 25.
- Costituzione, artt. 24, 101, 117 e 118.
(GU n.9 del 28-2-2007 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente:, Franco BILE;
  Giudici:  Giovanni  Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO,
Romano   VACCARELLA,  Paolo  MADDALENA,  Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso
QUARANTA,  Franco  GALLO,  Luigi  MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino
CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  per conflitto di attribuzione tra enti sorto a seguito
della  sentenza  del  Commissario regionale per il riordino degli usi
civici  in  Abruzzo  del  21 ottobre  2005 n. cron. 571 - rep. n. 25,
promosso  con  ricorso  della Regione Abruzzo notificato il 9 gennaio
2006,  depositato  in  cancelleria  il 10 gennaio 2006 ed iscritto al
n. 1 del registro conflitti tra enti 2006.
    Visto  l'atto  di  costituzione  del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito   nell'udienza  pubblica  del  9 gennaio  2007  il  giudice
relatore Paolo Maria Napolitano;
    Udito l'avvocato Sandro Pasquali per la Regione Abruzzo.

                          Ritenuto in fatto

    Con  atto  del  23 dicembre  2005, notificato in data 29 dicembre
2005   sia   al   Presidente   del  Consiglio  dei  ministri  sia  al
Commissariato  regionale per il riordino degli usi civici in Abruzzo,
la  Regione  Abruzzo,  in  persona  del  Presidente pro tempore della
Giunta  regionale,  ha proposto ricorso per conflitto di attribuzione
nei  confronti  dello  Stato, in relazione alla sentenza n. 25 emessa
dal Commissario regionale per il riordino degli usi civici in Abruzzo
in data 21 ottobre 2005.
    La Regione ricorrente riferisce che il provvedimento impugnato e'
stato pronunziato all'esito di un giudizio demaniale fra il comune di
Casalbordino  e  la  signora  Marinelli Sabia, la quale, assumendo di
essere  occupante abusiva di terreni facenti parte del demanio civico
del  detto  comune, aveva inoltrato al Commissario istanza diretta ad
ottenere  la  legittimazione  della  predetta  occupazione  ai  sensi
dell'art. 9 della legge 16 giugno 1927, n. 1766 (Conversione in legge
del   regio   decreto   22 maggio   1924,   n. 751,   riguardante  il
riordinamento degli usi civici del Regno, del regio decreto 28 agosto
1924,  n. 1484,  che  modifica  l'art. 26 del regio decreto 22 maggio
1924, n. 751, e del regio decreto 16 maggio 1926, n. 895, che proroga
i  termini  assegnati  dall'art. 2  del regio decreto legge 22 maggio
1924, n. 751).
    Il  Commissario,  dichiarata la natura demaniale civica dei suoli
in   questione,  accertata  la  ricorrenza  dei  presupposti  per  la
legittimazione   della   occupazione   e   determinata  la  somma  da
corrispondersi per il loro affrancamento, ha disposto la trasmissione
della sentenza al «Ministro delle Politiche Agrarie per la definitiva
approvazione della legittimazione», nonche' al comune di Casalbordino
perche',  dopo  l'approvazione  ministeriale,  «perfezioni  l'atto di
affrancazione».
    Tanto  premesso,  la  Regione  lamenta  la  invasivita'  di  tale
provvedimento  con  riferimento  alle  competenze  ad essa attribuite
dalla  Costituzione  in  materia di usi civici, comprendenti anche il
potere  di  concedere la legittimazione di cui al citato art. 9 della
legge n. 1766 del 1927.
    In particolare, la Regione osserva che, ai sensi degli artt. 66 e
71 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616
(Attuazione  della  delega  di  cui  all'art. 1 delle legge 22 luglio
1975, n. 382), a partire dal 1978 tutte le funzioni amministrative in
materia  di  usi  civici  sono state trasferite alle Regioni, avendo,
allora, conservato lo Stato la sola approvazione delle legittimazioni
da  effettuarsi con decreto del Presidente della Repubblica, d'intesa
con la Regione interessata.
    Competendo,    pertanto,    alle   Regioni   di   «assentire   la
legittimazione» dei beni abusivamente occupati, la Regione Abruzzo ha
provveduto,  con l'art. 5, comma primo, della legge regionale 3 marzo
1988,  n. 25  (Norme  in materia di usi civici e gestione delle terre
civiche  -  Esercizio delle funzioni amministrative), ad assegnare al
Consiglio regionale la relativa attribuzione.
    Successivamente,  aggiunge  la  ricorrente  Regione,  per effetto
della   legge  12 gennaio  1991,  n. 13  (Determinazione  degli  atti
amministrativi  da  adottarsi  nella forma del decreto del Presidente
della  Repubblica),  la  competenza ad approvare le legittimazioni e'
passata,   ferma   la   necessaria  intesa  con  la  singola  Regione
interessata,    dal   Presidente   della   Repubblica   al   Ministro
dell'agricoltura.
    Osserva,   ancora,   la   ricorrente  che  l'art. 5  della  legge
4 dicembre  1993,  n. 491 (Riordinamento delle competenze regionali e
statali  in  materia agricola e forestale e istituzione del Ministero
delle  risorse  agricole,  alimentari  e forestali), ha trasferito al
Ministro   della   giustizia   le   competenze   gia'   del  Ministro
dell'agricoltura  relative  ai  Commissari  agli usi civici stante la
natura di organi giurisdizionali di questi ultimi.
    In  tal  modo  sarebbe  cessata  ogni  interferenza statale nelle
funzioni amministrative in materia.
    Conformemente  a  cio',  la  Regione  Abruzzo ha emanato la legge
regionale 14 settembre 1999, n. 68 (Integrazioni alla legge regionale
3 marzo  1988,  n. 25: Procedure per la determinazione dei valori dei
suoli  gravati  da  diritti  di  uso  civico  e  per le utilizzazioni
particolari delle terre civiche), che, all'art. 3, comma 1, nel testo
risultante   a   seguito  delle  modifiche  apportate  dall'art. 194,
comma 6,  della  legge  regionale 8 febbraio 2005, n. 6 (Disposizioni
finanziarie  per la redazione del bilancio annuale 2005 e pluriennale
2005-2007  della Regione Abruzzo - Legge finanziaria regionale 2005),
prevede,  fra  l'altro, che «la legittimazione (...) dei suoli di uso
civico  (e)  res(a)  definitiv(a)  con  decreto  del Presidente della
Giunta   regionale,   previa   conforme  deliberazione  della  Giunta
regionale».
    Aggiunge  la  ricorrente che il Commissario per il riordino degli
usi   civici,   essendo  un  organo  della  giurisdizione,  non  puo'
«autonomamente recuperare funzioni amministrative» di cui non e' piu'
investito  per effetto di disposizioni legislative statali, regionali
e costituzionali.
    Denunciata,  pertanto, la violazione da parte del Commissario per
il  riordino  degli  usi  civici degli artt. 24, 101, 117 e 118 della
Costituzione,  la  ricorrente Regione chiede che, previa affermazione
della  non  spettanza allo Stato di concedere la legittimazione delle
occupazioni  abusive di suoli gravati da usi civici, sia annullata la
sentenza oggetto del ricorso.
    Si  e'  costituito  in  giudizio  il Presidente del Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dalla  Avvocatura generale dello
Stato,  chiedendo  che  il ricorso sia dichiarato inammissibile o, in
subordine, infondato.
    Osserva  la  difesa erariale che, secondo la giurisprudenza della
Corte  costituzionale,  la proposizione del conflitto di attribuzione
fra   enti  avente  ad  oggetto  un  atto  giurisdizionale  non  puo'
tramutarsi  in  uno strumento di impugnazione straordinario dell'atto
stesso;  ai  fini  della  ammissibilita'  del conflitto e', pertanto,
necessario    che    il    ricorrente    contesti   radicalmente   la
riconducibilita'  dell'atto  alla funzione giurisdizionale ovvero che
sia  contestata la esistenza del potere giurisdizionale nei confronti
del ricorrente.
    Nella   fattispecie   non   sarebbe   in  discussione  la  natura
giurisdizionale dell'organo che ha emesso l'atto oggetto del ricorso,
ne'  questo,  secondo  la  resistente  difesa, si e' «arrogato alcuna
potesta'  costituzionalmente  riconosciuta  alla  Regione,  ne'  (ha)
invaso  la  competenza  della  medesima».  Il  ricorso sarebbe quindi
inammissibile, posto che gli unici rimedi attivabili contro l'atto in
questione   sarebbero   quelli   di   tipo  endoprocessuale  previsti
dall'ordinamento.
    A  parere  dell'Avvocatura,  vi  e'  anche  un  altro  profilo di
inammissibilita',  costituito  dal  fatto  che  la  concessione della
legittimazione,  di  cui all'art. 9 della legge n. 1766 del 1927, non
deriva   dal  provvedimento  giurisdizionale,  in  quanto  la  stessa
sentenza    censurata    attribuisce    detto   potere,   di   natura
amministrativa,  all'organo  di Governo cui la decisione e' trasmessa
«per la definitiva approvazione della legittimazione».
    Da  cio' la difesa erariale fa discendere la non lesivita' per la
Regione  dell'atto  oggetto  del  conflitto,  potendo questa, semmai,
verificarsi  se  e  quando  la  legittimazione  sara' approvata dalla
Autorita'   amministrativa.   Il   ricorso,  secondo  la  consolidata
giurisprudenza  della Corte, dovrebbe essere dichiarato inammissibile
poiche'  il  Commissario  per  il  riordino  degli  usi  civici si e'
pronunciato in via meramente incidentale.
    Nell'imminenza  dell'udienza  pubblica  la  difesa  della Regione
Abruzzo  ha  depositato  memoria illustrativa nella quale ha ribadito
gli argomenti gia' illustrati in precedenza.

                       Considerato in diritto

    1.   -  La  Regione  Abruzzo  ha  sollevato,  nei  confronti  del
Presidente  del  Consiglio dei ministri, conflitto di attribuzione in
relazione  alla  sentenza  n. 25  emessa  in data 21 ottobre 2005 dal
Commissario  regionale  per  il riordino degli usi civici in Abruzzo,
con  la  quale,  dichiarata  la  natura  demaniale civica di un fondo
agricolo   occupato   abusivamente,   ne   e'  stata  pronunziata  la
legittimazione  in  favore dell'occupante, ai sensi dell'art. 9 della
legge 16 giugno 1927, n. 1766 (Conversione in legge del regio decreto
22 maggio 1924, n. 751, riguardante il riordinamento degli usi civici
del  Regno,  del  regio decreto 28 agosto 1924, n. 1484, che modifica
l'art. 26  del  regio  decreto  22 maggio  1924,  n. 751, e del regio
decreto  16 maggio  1926,  n. 895,  che  proroga  i termini assegnati
dall'art. 2  del  regio decreto legge 22 maggio 1924, n. 751), previo
accertamento  della ricorrenza delle condizioni previste dal predetto
art. 9  della  legge  n. 1766 del 1927, nonche' previa determinazione
della  somma  da  corrispondersi,  ai  sensi dell'art. 10 della legge
n. 1766 del 1927, da parte dell'occupante medesimo.
    Osserva la ricorrente che, essendo state trasferite alle Regioni,
per  effetto  degli  artt. 66  e  71 del decreto del Presidente della
Repubblica  24 luglio  1977,  n. 616  (Attuazione della delega di cui
all'art. 1  delle  legge  22 luglio  1975, n. 382), tutte le funzioni
amministrative in materia di usi civici, ivi comprese quelle relative
al  procedimento  di  legittimazione, con l'atto impugnato sono state
lese competenze costituzionalmente ad essa medesima attribuite.
    1.1  -  Stante  il  suo  carattere  pregiudiziale,  va  esaminata
prioritariamente   l'articolata  eccezione  di  inammissibilita'  del
ricorso formulata dalla resistente difesa erariale.
    Con  essa  si  sostiene  la  inammissibilita' del ricorso sia per
avere ad oggetto un atto giurisdizionale, nei cui confronti sarebbero
esercitabili  esclusivamente le forme di gravame previste nei singoli
sistemi  processuali,  sia per la carenza di interesse a ricorrere in
capo alla  Regione,  stante  la  asserita  «non  lesivita»  dell'atto
impugnato,  essendo  lo  stesso  destinato  ad essere integrato da un
successivo  atto di «definitiva approvazione della legittimazione» da
parte  dell'organo di Governo al quale il Commissario per il riordino
degli usi civici dell'Abruzzo ha, per il fine in questione, trasmesso
la sentenza oggetto del presente conflitto.
    1.2 - L'esposta eccezione non e' fondata sotto entrambi i profili
dedotti.
    Quanto  al  primo,  piu'  volte  questa Corte ha affermato che lo
strumento  del conflitto di attribuzione fra enti e' esperibile anche
in  relazione  ad  atti  della  giurisdizione  ogni qualvolta sia dal
ricorrente «radicalmente contestata la riconducibilita' dell'atto che
determina il conflitto alla funzione giurisdizionale ovvero sia messa
in  questione  l'esistenza  stessa  del  potere  giurisdizionale  nei
confronti  del soggetto ricorrente» (fra le altre: sentenze nn. 326 e
276 del 2003; n. 27 del 1999; n. 432 del 1994), la' dove il conflitto
sarebbe,  invece, inammissibile se il provvedimento che ne e' oggetto
fosse  censurato  quanto  a  pretesi  errores  in  iudicando commessi
dall'organo  giurisdizionale,  risolvendosi, in quest'ultima ipotesi,
il  giudizio  di  fronte  alla  Corte  costituzionale in un improprio
strumento  di  gravame  le cui risultanze si andrebbero a sovrapporre
allo scrutinio sull'atto gia' operato nella sede propria.
    Nel  caso in questione la Regione ricorrente, lungi dal censurare
il  merito  della  decisione  assunta dal Commissario per il riordino
degli   usi   civici,   contesta   invece,   in   radice,  la  stessa
riconducibilita'  del  contenuto  della  decisione da questo assunta,
cioe'  la  potesta'  di  provvedere  in  tema di legittimazione delle
occupazioni  abusive dei terreni gravati da usi civici, all'esercizio
della   funzione   giurisdizionale,   trattandosi,   secondo  la  sua
prospettazione, al contrario, di un atto di amministrazione attiva ad
essa spettante in via esclusiva.
    Quanto  alla seconda, deve essere qui ribadito il principio, gia'
affermato da questa Corte, secondo il quale e' considerato «idoneo ad
innescare un conflitto di attribuzione qualsiasi atto o comportamento
significante,  imputabile  allo  Stato  o  alla  regione, purche' sia
dotato di efficacia o di rilevanza esterna e sia diretto ad esprimere
in  modo  chiaro  ed  inequivoco  la  pretesa  di esercitare una data
competenza  il  cui  svolgimento possa determinare un'invasione della
altrui sfera di attribuzioni» (sentenza n. 771 del 1988).
    Nella  presente  fattispecie va, per un verso, considerato che il
provvedimento   impugnato,   nell'indicare,   peraltro   in   maniera
impropria,   il  «Ministro  delle  politiche  agrarie»  quale  organo
competente   a   procedere   alla   definitiva   «approvazione  della
legittimazione», e' atto a determinare, gia' per tale individuazione,
una violazione delle attribuzioni rivendicate dalla Regione Abruzzo.
    Per  altro verso va rilevato che, stante la sua tipologia, l'atto
impugnato  e' idoneo, oltretutto, a divenire immodificabile a seguito
del  suo  passaggio  in  giudicato  e,  percio',  oltre  a costituire
l'origine  di diritti di carattere sostanziale in capo ai soggetti da
esso  coinvolti,  ad  essere  anche  il fondamento per la adozione di
ulteriori,   successivi,  provvedimenti  diretti  ad  assicurarne  la
attuazione, anche coattiva.
    Pertanto  non  pare  realisticamente  discutibile  il  fatto che,
rispondendo   alle   descritte   caratteristiche   di  «comportamento
significante,  imputabile  allo Stato (...), dotato di efficacia o di
rilevanza  esterna  (...),  diretto  ad  esprimere  in modo chiaro ed
inequivoco  la  pretesa  di  esercitare una data competenza» oggetto,
appunto,   di   contestazione,  l'atto  impugnato  valga  a  radicare
l'interesse  a  ricorrere  di  chi  contesti  la  legittimita'  della
attribuzione esercitata attraverso la sua adozione.
    2. - Nel merito, il ricorso e' fondato.
    Infatti   il   Commissario  per  il  riordino  degli  usi  civici
dell'Abruzzo,  dopo  aver  accertato  - sebbene, a quanto risulta, il
punto non fosse oggetto di alcuna contestazione - la natura demaniale
civica  dei  terreni  in  relazione  ai quali vi era stata istanza di
legittimazione,   ha  preso  in  esame  la  questione  relativa  alla
sussistenza delle condizioni previste dall'art. 9 della legge n. 1766
del  1927 al fine della legittimazione stessa, provvedendo, altresi',
in merito a quest'ultima.
    Assume,  infatti,  testualmente  «che  permane in capo (a lui) la
competenza a pronunciare sulla legittimazione, essendo questa tuttora
l'unica  residuata(gli)  nonostante  la normativa di devoluzione alla
Regione  della  competenza  a porre in essere gli atti amministrativi
gia'  del  Commissario»,  e  dispone, quindi, conseguentemente al suo
assunto,  in  ordine alla legittimazione («che, dunque, va dichiarata
in  questa  sede»),  determinando,  infine, l'importo della somma che
l'istante deve versare a fronte della avvenuta legittimazione.
    Vi e', quindi, un'esplicita vindicatio potestatis del Commissario
a  decidere  in  ordine  alla  legittimazione  dei  terreni demaniali
soggetti  ad usi civici che siano stati illegittimamente occupati, ed
e'  nei  confronti  di tale pretesa che la Regione Abruzzo solleva il
presente conflitto.
    Cosi'  precisato  l'ambito  provvedimentale dell'atto oggetto del
conflitto,  va  innanzitutto  rilevato  che  -  come  affermato,  con
consolidata  giurisprudenza, da questa Corte (sentenza n. 46 del 1995
e  ordinanze n. 391 del 1998 e n. 117 del 1995) - il procedimento per
la legittimazione delle occupazioni abusive di terreni gravati da usi
civici ha carattere amministrativo e non giurisdizionale.
    Infatti  il  d.P.R.  n. 616 del 1977, nell'ambito del complessivo
trasferimento  di  funzioni amministrative precedentemente attribuite
allo  Stato,  o  a suoi organi periferici, ha espressamente previsto,
all'art. 66,   che   «sono  altresi'  trasferite  (alle  Regioni)  le
competenze  attribuite (...) al Commissario per la liquidazione degli
usi  civici  dalla  legge  16  giugno 1927,  n. 1766, dal regolamento
approvato  con regio decreto 26 febbraio 1928, n. 332, dalla legge 10
giugno 1930,  n. 1078,  dal  regolamento  approvato con regio decreto
15 novembre  1925,  n. 2180,  dalla  legge  16 marzo  1931,  n. 737».
Percio'   anche  le  funzioni  in  materia  di  legittimazione  delle
occupazioni abusive sono state trasferite alle Regioni.
    Restano quindi assegnate al Commissario per il riordino degli usi
civici,  coerentemente  con  la  sua  collocazione  ordinamentale nel
novero  degli  organi  giudiziari (sentenza n. 398 del 1989), le sole
attribuzioni  di  carattere  giurisdizionale,  inerenti,  in  caso di
contestazione,  all'accertamento  della  demanialita'  del suolo. Tra
queste non solo non rientrano le funzioni di carattere amministrativo
innanzi  indicate,  ma  neppure  quella,  di  cui  al  punto  4)  del
dispositivo,  di  inoltrare  la  sentenza  «al  sig.  Ministro  delle
Politiche    Agrarie    per    la   definitiva   approvazione   della
legittimazione».
    Gia'  in passato questa Corte ha affermato che possono realizzare
violazione  di  attribuzioni  costituzionalmente  rilevanti  gli atti
lesivi di funzioni rimesse alle Regioni, come nel caso attualmente in
esame,  dal  d.P.R.  n. 616  del 1977 (sentenza n. 559 del 1988). Va,
infine,  considerato  che,  per  effetto  della entrata in vigore del
nuovo  testo  dell'art. 118  della  Costituzione,  l'attribuzione  di
queste  funzioni  costituisce  realizzazione, nella indicata materia,
dei principi di sussidiarieta', differenziazione ed adeguatezza, dato
che  la  loro  allocazione  a  livello regionale ne permette l'idoneo
esercizio  unitario.  Ne  e'  riprova  l'ampia casistica di normative
regionali  (quali,  oltre  alla  gia' ricordata legge Regione Abruzzo
3 marzo  1988,  n. 25, la legge Regione Basilicata 12 settembre 2000,
n. 57;  la  legge  Regione  Campania  17 marzo  1981, n. 11; la legge
Regione  Puglia 28 gennaio 1998, n. 7, quanto alla legislazione delle
Regioni  a  statuto  ordinario)  che, in vigenza del precedente testo
dell'art. 118   della   Costituzione   (basato   sul   principio  del
parallelismo   tra   l'ambito   di   attribuzione   delle  competenze
legislative  delle  Regioni  e quello delle funzioni amministrative),
disciplinavano   la  materia  degli  usi  civici  e  della  procedura
finalizzata   alla   legittimazione   delle  occupazioni  di  terreni
demaniali.
    Poiche' nel presente caso il Commissario ha esorbitato dai limiti
che,   in   materia,   competevano   alla  funzione  giurisdizionale,
provvedendo  a  dichiarare la legittimazione e determinando la misura
del  canone  ex  art. 10  della legge 1766 del 1927, ne deriva che ha
invaso l'ambito di attribuzioni riservato alla Regione. Trasmettendo,
inoltre,  al  «Ministro  delle  Politiche  Agrarie  per la definitiva
approvazione»   la   suddetta   sentenza,  viene  inspiegabilmente  a
configurare   quell'accertamento  giurisdizionale  come  fase  di  un
procedimento  che  si  concluderebbe  con  un  atto  di  approvazione
ministeriale.
    In  accoglimento  del ricorso deve, pertanto, dichiararsi che non
spetta  allo  Stato,  e per esso al Commissario per il riordino degli
usi civici ne' accertare, in assenza di contestazione, la sussistenza
delle condizioni previste dall'art. 9 della legge n. 1766 del 1927 ai
fini  della  legittimazione  delle  occupazioni  abusive  dei terreni
gravati  da  usi  civici,  ne' provvedere alla legittimazione stessa,
ne',  infine,  determinare la misura del canone che, ex art. 10 della
legge  n. 1766 del 1927, l'occupante abusivo deve versare per potersi
giovare della legittimazione.
    Deve   conseguentemente   essere   annullato,  nei  limiti  sopra
descritti,  l'atto  impugnato dalla ricorrente Regione Abruzzo, cioe'
la  sentenza  n. 25  emessa dal Commissario regionale per il riordino
degli usi civici in Abruzzo in data 21 ottobre 2005.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara  che  non spettava allo Stato, e per esso al Commissario
regionale  per il riordino degli usi civici in Abruzzo, dichiarare la
legittimazione  delle  occupazioni abusive dei terreni gravati da usi
civici,  ne'  determinare  la  somma  di danaro che, ex art. 10 della
legge  n. 1766  del  1927,  l'occupante  abusivo  doveva  versare per
potersi  giovare  della  legittimazione, e, conseguentemente annulla,
nei  limiti sopra descritti, la sentenza n. 25 emessa dal Commissario
regionale  per  il  riordino  degli  usi  civici  in  Abruzzo in data
21 ottobre 2005.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 5 febbraio 2007.
                         Il Presidente: Bile
                      Il redattore: Napolitano
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 20 febbraio 2007.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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