N. 52 SENTENZA 7 - 23 febbraio 2007

Giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato.

Parlamento  -  Immunita'  parlamentari  -  Procedimento civile per il
  risarcimento dei danni subiti a seguito delle dichiarazioni rese da
  un   parlamentare   nel   corso   di   trasmissioni   televisive  -
  Deliberazione  di  insindacabilita'  della  Camera  dei  deputati -
  Conflitto  di  attribuzione  tra  poteri  dello  Stato proposto dal
  Tribunale  di  Bergamo, prima sezione civile - Mancata indicazione,
  nel ricorso, delle dichiarazioni rese extra moenia dal parlamentare
  interessato - Inammissibilita' del ricorso.
- Deliberazione della Camera dei deputati 13 novembre 2003.
- Costituzione, art. 68, primo comma.
(GU n.9 del 28-2-2007 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Franco BILE;
  Giudici:  Giovanni  Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO,
Romano   VACCARELLA,  Paolo  MADDALENA,  Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso
QUARANTA,  Franco  GALLO,  Luigi  MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino
CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  per  conflitto  di attribuzione tra poteri dello Stato
sorto  a  seguito  della  deliberazione della Camera dei deputati del
13 novembre   2003   relativa   alla   insindacabilita',   ai   sensi
dell'art. 68,   primo   comma,  della  Costituzione,  delle  opinioni
espresse  dall'onorevole  Vittorio Sgarbi nei confronti dell'avvocato
Giuseppe  Lucibello  promosso  del  Tribunale di Bergamo, con ricorso
notificato il 7 gennaio 2005, depositato in cancelleria il 25 gennaio
2005 ed iscritto al n. 2 del registro conflitti 2005.
    Visto l'atto di costituzione della Camera dei deputati;
    Udito   nell'udienza  pubblica  del  9 gennaio  2007  il  giudice
relatore Francesco Amirante;
    Udito l'avvocato Massimo Luciani per la Camera dei deputati.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  Con ricorso depositato il 3 dicembre 2003, il Tribunale di
Bergamo  ha promosso conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato
nei  confronti  della  Camera dei deputati in relazione alla delibera
adottata  il  13 novembre 2003 (doc. IV-quater n. 35), con la quale -
in   difformita'   rispetto   alla   proposta  della  Giunta  per  le
autorizzazioni  -  e'  stato  dichiarato  che  i  fatti  per  i quali
l'avvocato  Giuseppe  Lucibello  aveva intrapreso azione risarcitoria
nei  confronti  del  deputato  Vittorio  Sgarbi  riguardano  opinioni
espresse   da   quest'ultimo   nell'esercizio   delle   sue  funzioni
parlamentari  e  sono,  quindi,  insindacabili ai sensi dell'art. 68,
primo comma, della Costituzione.
    Premette  in  fatto  il  Tribunale  che  l'attore ha convenuto in
giudizio  il  deputato  Vittorio Sgarbi, chiedendo l'accertamento del
contenuto diffamatorio delle frasi da questi pronunciate in una serie
di puntate del programma «Sgarbi quotidiani» e domandando la condanna
al risarcimento dei danni che assumeva arrecatigli.
    Rileva  il  Tribunale  che  la  Camera dei deputati, adottando la
suddetta  delibera,  ha  fatto  un  uso  non  corretto  del potere di
decidere in ordine alla sussistenza dei presupposti di applicabilita'
dell'art. 68,    primo    comma,    della   Costituzione,   a   causa
dell'inesistenza nella condotta del parlamentare del necessario nesso
funzionale  fra  le  opinioni  espresse e l'esercizio delle funzioni,
come  rilevato  dalla Giunta per le autorizzazioni la cui proposta e'
stata immotivatamente disattesa dall'Assemblea.
    Tra   le   espressioni   del  deputato  Sgarbi,  ipotizzate  come
diffamatorie,  e  la  sua  attivita',  secondo  il  Tribunale, non e'
riscontrabile  alcuna  connessione  con  atti  tipici  della funzione
parlamentare,    ne'    risulta   possibile   individuare   nel   suo
comportamento,  portato  alla  cognizione  del,  un  qualche  intento
divulgativo di una scelta o di un'attivita' politico-parlamentare. Le
dichiarazioni attengono, invece, ad opinioni del deputato nella veste
di   conduttore   di  un  programma  televisivo,  denominato  «Sgarbi
quotidiani»,  nel  corso  del  quale  egli,  a  fronte di un compenso
contrattualmente previsto, aveva l'obbligo di commentare ed esprimere
le  proprie  opinioni su argomenti d'attualita' e su quanto riportato
dalla stampa in generale. Sarebbe quindi evidente che il convenuto ha
preso  parte  alle  varie puntate del programma nella sua qualita' di
privato   cittadino,  non  essendo  ammissibile  che  un  membro  del
Parlamento   percepisca   aliunde   ricompense  o  retribuzioni  come
corrispettivo per atti inerenti lo svolgimento del proprio mandato.
    Il   Tribunale  di  Bergamo  ha  ritenuto,  pertanto,  necessario
promuovere  conflitto  di  attribuzione  tra  poteri  dello  Stato  -
considerato  ammissibile sia sotto il profilo soggettivo sia sotto il
profilo  oggettivo  -  e ha chiesto che questa Corte dichiari che non
spetta  alla  Camera  dei  deputati  il  potere  di  qualificare come
insindacabili  le  dichiarazioni  di  cui  si tratta, con conseguente
annullamento della relativa delibera.
    2.  -  Il conflitto cosi' proposto e' stato giudicato ammissibile
con  ordinanza  n. 324  del  2004,  notificata,  unitamente  all'atto
introduttivo  del  giudizio,  alla  Camera  dei  deputati, a cura del
ricorrente,  in data 7 gennaio 2005. Il successivo 15 gennaio 2005 lo
stesso  ricorrente  ha provveduto ad effettuare il deposito presso la
cancelleria di questa Corte.
    3.  -  A  seguito  della notifica si e' costituita in giudizio la
Camera  dei deputati, chiedendo preliminarmente, anche in una memoria
depositata   nell'imminenza  dell'udienza,  che  il  conflitto  venga
dichiarato  inammissibile  in quanto mancante della descrizione delle
opinioni  extra  moenia ritenute prive di nesso funzionale con atti o
dichiarazioni  parlamentari, descrizione omessa non solo nel ricorso,
ma   anche   nella   precedente   relazione   della   Giunta  per  le
autorizzazioni  alla quale esso si richiama. Tale relazione, anzi, e'
esplicita  nel  ricordare:  a)  di  essersi  limitata  a riportare il
contenuto  dell'atto  di  citazione;  b)  di  non aver riportato tale
contenuto  nella  sua  integrita',  poiche' rinvia expressis verbis a
quell'atto  «per  le  frasi  pronunciate  nelle restanti puntate». In
difetto  del  quadro  integrale  delle dichiarazioni dell'on. Sgarbi,
risulterebbe  impossibile  valutare  la  sussistenza o meno del nesso
funzionale.  Ne'  potrebbe  invocarsi il richiamo alle determinazioni
della Giunta per le autorizzazioni e della Camera: anche nel giudizio
incidentale  e', infatti, pacifica l'inammissibilita' delle questioni
descritte o motivate per relationem.
    Il  ricorso  non  conterrebbe,  inoltre, alcuna indicazione delle
ragioni  del  conflitto e vorrebbe negare il nesso funzionale solo in
conseguenza  della  sede (una trasmissione televisiva) nella quale le
dichiarazioni extra moenia sono state rese.
    Nel   merito,  la  difesa  della  Camera  dei  deputati  sostiene
l'infondatezza  del  conflitto,  in  quanto  le affermazioni dell'on.
Sgarbi  si basano su una valutazione eminentemente politica. Infatti,
il  parlamentare  - nel solco d'una risalente e costante polemica con
l'attivita' della Procura della Repubblica di Milano e in particolare
del  dott.  Di  Pietro, ritenuta lesiva di taluni essenziali principi
del  nostro  ordinamento  -  ha  sostenuto  che  essa  sarebbe  stata
criticabile  anche sotto il profilo dei rapporti intrattenuti con gli
avvocati   del   libero   foro,  alcuni  dei  quali  sarebbero  stati
indebitamente favoriti, con vantaggio anche per i relativi assistiti:
le accuse rivolte all'avv. Lucibello si inseriscono in tale contesto.
    Nella  societa' dell'informazione i tempi, i mezzi e le modalita'
della   politica   e   della   stessa   attivita'  parlamentare  sono
profondamente   mutati,  sicche'  l'imposizione  di  una  connessione
stretta  tra singoli atti parlamentari e singole opinioni manifestate
all'esterno  determinerebbe  un'eccessiva  formalizzazione  del tutto
anacronistica;   infatti,   e'   la  «natura»  stessa  dell'attivita'
parlamentare che oggi impone la sua «proiezione esterna».
    E'   del   resto   innegabile  che  una  trasmissione  televisiva
costituisca  un  momento  di incontro tra parlamentare e cittadini, e
quindi  le  dichiarazioni dell'on. Sgarbi andrebbero qualificate come
una  forma  di  diretto  esercizio del mandato parlamentare. Inoltre,
dato  che il sovraccarico di attivita' legislativa e di controllo che
grava  sulle  assemblee  rappresentative  erode  progressivamente  la
visibilita'  della  discussione  parlamentare, anche in ragione della
contrazione  dei  tempi  a disposizione per il singolo rappresentante
all'interno  della Camera di appartenenza, voler ridurre il ruolo del
rappresentante  all'adempimento delle funzioni intra moenia significa
trascurare  del tutto la realta' del mandato rappresentativo, che non
si  esaurisce  nel  compimento  di atti «tipici», ma si manifesta nel
raccordo  costante  tra  rappresentante  e rappresentato, nelle forme
della comunicazione democratica.
    La  difesa della Camera conclude rilevando in alcuni spunti della
giurisprudenza  di questa Corte la conferma alla propria tesi fondata
su  un'ampia accezione del termine «politica parlamentare», nel senso
che, quando si afferma che il nesso funzionale ricorre laddove vi sia
«sostanziale  identita'  di  contenuti»  fra  dichiarazioni tipiche e
dichiarazioni  esterne,  non  sembra  escludersi  che tale «identita'
sostanziale»  sia  desunta  proprio  dal  complesso  della  «politica
parlamentare».

                       Considerato in diritto

    1.   -   Il   Tribunale  di  Bergamo  ha  promosso  conflitto  di
attribuzione  tra  poteri  dello Stato nei confronti della Camera dei
deputati   riguardo   alla   delibera   del  13 novembre  2003  (doc.
IV--quater,  n. 35),  con  la  quale l'Assemblea ha dichiarato che le
opinioni espresse dal deputato Sgarbi nel corso di alcune puntate del
programma  televisivo  «Sgarbi  quotidiani» - oggetto del giudizio di
risarcimento  danni  instaurato  dall'avvocato Lucibello che le aveva
ritenute  offensive  nei  propri  confronti  - costituiscono opinioni
espresse  da  un  membro  del  Parlamento  nell'esercizio  delle  sue
funzioni  e  sono  quindi coperte dall'immunita', di cui all'art. 68,
primo comma, della Costituzione.
    Il  ricorrente  sostiene  che le espressioni oggetto del giudizio
risarcitorio  non possono essere ricondotte all'esercizio del mandato
parlamentare,  essendo  state  espresse nel corso di una trasmissione
televisiva,  nella  quale il deputato svolgeva il ruolo di conduttore
retribuito.
    La  Camera  dei  deputati,  la  quale  ha  prodotto  alcuni  atti
parlamentari  tipici  sia  del  suddetto deputato, sia di colleghi di
quest'ultimo,  sostiene,  in  via preliminare, l'inammissibilita' del
ricorso e, nel merito, la sua infondatezza.
    2. - Il ricorso e' inammissibile.
    Questa  Corte  ha  piu'  volte affermato che le opinioni espresse
extra moenia da un parlamentare, per essere coperte dall'immunita' di
cui  all'art. 68,  primo  comma, Cost., devono costituire sostanziale
divulgazione  di uno o piu' atti riconducibili alla funzione del loro
autore.  D'altra  parte,  perche'  questa  Corte  possa  accertare la
sostanziale  identita'  delle  espressioni  in  questione  e  per  il
principio  di  autosufficienza  degli  atti  introduttivi dei giudizi
costituzionali,  il  ricorrente  ha  l'onere  di  riportare nell'atto
introduttivo  del  giudizio  le  espressioni  ritenute  offensive (ex
plurimis, sentenze n. 79 del 2005 e n. 383 del 2006).
    Nel  caso  in esame, il Tribunale di Bergamo non ha ottemperato a
tale onere, ne' puo' essere accolta la tesi secondo la quale il ruolo
di  conduttore  retribuito  di una trasmissione televisiva, ricoperto
dal  deputato  nel  momento in cui manifestava le opinioni, in teoria
offensive,  e'  tale  da  escludere  l'esistenza  di  un nesso con la
funzione  parlamentare;  nesso ritenuto necessario per l'accertamento
dell'immunita'.  Cio'  che  conta  e'  che ad essere divulgato sia il
contenuto  sostanziale di un atto parlamentare, mentre le circostanze
della  divulgazione  potranno  avere  rilievo  eventualmente su piani
diversi, estranei ai compiti di questa Corte.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara  inammissibile  il ricorso per conflitto di attribuzione
tra  poteri  dello  Stato,  proposto  dal  Tribunale  di  Bergamo nei
confronti della Camera dei deputati, con l'atto indicato in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 7 febbraio 2007.
                         Il Presidente: Bile
                       Il redattore: Amirante
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 23 febbraio 2007.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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