N. 81 ORDINANZA (Atto di promovimento) 11 settembre 2006

Ordinanza  emessa  il  11 settembre 2006 dal tribunale amministrativo
regionale  della  Sicilia  -  Sez.  staccata di Catania - sul ricorso
proposto   da  comune  di  Scicli  contro  Commissario  ad  acta  c/o
Assessorato  regionale  famiglia, politiche sociali e delle autonomie
locali ed altri.

Giustizia  amministrativa  -  Controversie relative alla legittimita'
  delle  ordinanze  e  dei conseguenziali provvedimenti commissariali
  adottati  in  tutte  le situazioni di emergenza dichiarate ai sensi
  dell'art. 5,  comma 1,  della  legge  24 febbraio  1992,  n. 225  -
  Competenza,  in  via  esclusiva,  in  primo  grado,  attribuita  al
  Tribunale  amministrativo  regionale  del  Lazio  -  sede di Roma -
  Irragionevole  deroga  al  principio della competenza del Tribunale
  amministrativo  regionale  della Regione in cui il provvedimento e'
  destinato  ad  avere incidenza - Violazione del diritto di difesa e
  del  principio  del giudice naturale - Violazione del principio del
  decentramento  territoriale  della  giurisdizione  amministrativa -
  Violazione  della  norma  statutaria  che  attribuisce al Tribunale
  amministrativo  regionale  Sicilia  le  controversie  di  interesse
  regionale.
- Decreto-legge  30 novembre 2005, n. 245, art. 3, commi 2-bis, 2-ter
  e 2-quater, introdotti dalla legge 27 gennaio 2006, n. 21.
- Costituzione,   artt. 3,  24,  25  e  125;  Statuto  della  Regione
  Siciliana, art. 23.
(GU n.10 del 7-3-2007 )
                IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  ai  sensi dell'art. 23,
comma 2,  legge  n. 87/1953  sul  ricorso n. 1321/06/R.G. proposto da
comune di Scicli, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e
difeso  dall'avv. Maria  Dorotea  Alfano,  con  domicilio  eletto  in
Catania, via Milano n. 25, presso l'avv. Corrado Garofalo;
    Contro  commissario  ad  acta  nominato con decreto n. 73 in data
23 gennaio  2006  del  commissario  delegato  per l'emergenza idrica,
Presidente  della  Regione  Siciliana  non  costituito  in  giudizio;
Ministero   dell'interno   in   persona  del  Ministro  pro  tempore;
Presidenza  della  Regione  Siciliana  in  persona del Presidente pro
tempore;  Commissario  delegato  pro  tempore per l'emergenza idrica,
tutti rappresentati e difesi dall'Avvocatura distrettuale dello Stato
di  Catania, domiciliataria; Autorita' d'Ambito dell'A.T.O. di Ragusa
in  persona  del  legale  rappresentante pro tempore c/o la Provincia
regionale di Ragusa, non costituita in giudizio, per l'annullamento:
        della  delibera  n. 1 del 27 febbraio 2006 del commissario ad
acta  ad  oggetto:  «Revoca delibera di consiglio comunale n. 139 del
13 febbraio  2006.  Approvazione  schema  atto costitutivo, statuto e
convenzione  per la costituzione della societa' mista per la gestione
del 5.1.1.»;
        dell'atto  di  diffida  e  messa in mora del 16 febbraio 2006
(prot.  n. 4575)  ad  oggetto:  «Schema  atto  costitutivo, statuto e
convenzione  per la costituzione della societa' mista per la gestione
del  5.1.1. «con il quale il commissario ad acta pur preso atto della
delibera  del  consiglio  comunale  n. 139  del  13 ottobre  2005  ha
diffidato invece il c.c. ad approvare entro cinque giorni il suddetto
schema,  avvertendo che in mancanza si sarebbe sostituito al predetto
organo ai fini dell'adempimento;
        del  decreto del Commissario delegato per l'emergenza idrica,
n. 73  del  23 gennaio  2006,  prot.  n. 701  ad  oggetto «Intervento
sostitutivo  per la definizione degli adempimenti previsti dal d.P.R.
reg. 7 agosto 2001, n. 209 - convenzione per la gestione del Servizio
idrico integrato e relativo Disciplinare tecnico;
        nonche'  dell'O.M. (Ministero dell'interno) n. 3189/2002 e di
tutti gli atti presupposti e consequenziali.
    Visto il ricorso con i relativi allegati;
    Visti  gli atti di costituzione in giudizio delle amministrazioni
intimate;
    Designato  relatore per la camera di consiglio dell'8 giugno 2006
il referendario Maria Stella Boscarino;
    Sentiti gli avvocati delle parti, come da verbale;
    Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
                              F a t t o
    Il  comune  ricorrente  espone  che,  in applicazione della legge
n. 36  del  5 gennaio  1994  (legge  Galli)  recepita  nella  regione
Siciliana  dalla  legge  regionale  n. 10/1999  (art. 69), sono state
istituite le c.d. - Autorita' d'Ambito», costituite dagli Enti locali
ricadenti   in   un  determinato  territorio  aventi  il  compito  di
provvedere  all'organizzazione  del  «Servizio  idrico integrato» nei
vari   ambiti   territoriali   ottimali   di   riferimento  -  A.T.O.
specificamente  individuati per la Sicilia con d.P.R. reg. n. 114 del
16 maggio 2000 e n. 16 del 29 gennaio 2002.
    In  data 10 luglio 2002 e' stato costituito L'Ambito Territoriale
Ottimale  di  Ragusa,  la  cui  proposta  del Piano d'ambito e' stata
approvata dall'Assemblea dell'A.T.O. in data 20 dicembre 2002.
    In  data  16 settembre  2003  sono stati approvati dall'Assemblea
dell'A.T.O.  la  convenzione  di gestione ed il relativo Disciplinare
tecnico.
    Ai fini della gestione del servizio, gli enti locali del predetto
Ambito in sede di Conferenza dei Sindaci si orientavano per la scelta
di  una  gestione  in  forma  societaria-mista,  approvando lo schema
dell'atto costitutivo, dello statuto e della convenzione di gestione.
    Tuttavia,  tale  formula  non  soddisfaceva  la collettivita' che
manifestava  vivo dissenso avverso tale forma di gestione, sicche' in
data  13 ottobre  2005  il consiglio comunale di Scicli, con delibera
n. 139,  non approvava lo schema dell'atto costitutivo, dello statuto
e di tutti gli atti connessi.
    Ma   in   data  13 dicembre  2005  il  commissario  delegato  per
l'emergenza  idrica  diffidava il consiglio comunale, che pure si era
pronunciato  espressamente  sul  punto,  a ratificare l'operato della
conferenza  dei  Sindaci;  quindi  con  successivo  decreto n. 73 del
23 gennaio  2006,  nell'esercizio di poteri sostitutivi e derogatori,
nominava  il  commissario ad acta il quale provvedeva ad emettere gli
atti impugnati.
    Il  ricorso  e'  stato  notificato  in data 27 aprile 2006, ed e'
stata  fissata  la  Camera  di  consiglio  dell'8 giugno  2006 per la
trattazione della domanda cautelare.
    Si  sono  costituite  in  giudizio le P.A. intimate, ad eccezione
dell'A.T.O.,   eccependo   che  il  d.l.  30 novembre  2005,  n. 245,
convertito  con  modificazioni  dalla  legge  27 gennaio 2006, n. 21,
all'art. 3,  commi 2-bis,  2-ter  e  2-quater,  ha  disposto  che con
riguardo   alle   vicende   relative  alle  situazioni  di  emergenza
dichiarate ai sensi dell'art. 5, comma 1, della legge n. 225/1992, la
competenza  di  primo  grado  a  conoscere  della  legittimita' delle
ordinanze  adottate  e  dei  conseguenti  provvedimenti commissariali
spetta  al  Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con sede in
Roma.
    La  questione della competenza e' rilevata d'ufficio e decisa con
sentenza  succintamente  motivata, prima di qualsiasi decisione anche
se attinente alla fase cautelare.
    Le   amministrazioni  hanno  eccepito,  quindi,  la  sopravvenuta
incompetenza  del Tribunale amministrativo regionale adito, in favore
della  competenza del Tribunale amministrativo regionale Lazio - Sede
di  Roma  -, tenuto conto che oggetto del ricorso e' anche il decreto
del  Commissario delegato per l'emergenza idrica n. 73 del 23 gennaio
2006,  nonche'  l'O.M.  n. 3189/2002,  provvedimenti  emessi ai sensi
delle sopra indicate disposizioni.
    Nella  Camera di consiglio del giorno 8 giugno 2006 il ricorso e'
passato in decisione.

                            D i r i t t o

    Il  Collegio,  chiamato  a  decidere  sulla  domanda cautelare di
sospensione  dell'esecuzione degli atti impugnati, deve affrontare la
questione   relativa   alla  competenza  inderogabile  del  Tribunale
amministrativo   regionale   del  Lazio  a  conoscere  della  vicenda
introdotta dalla legge n. 21/2006 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale
n. 23  del  28 gennaio 2006, che, all'art. 3, per quel che qui rileva
dispone:  ... omissis ... «2-bis. In tutte le situazioni di emergenza
dichiarate  ai  sensi  dell'art. 5,  comma 1, della legge 24 febbraio
1992,  n. 225,  la  competenza  di  primo  grado  a  conoscere  della
legittimita'   delle   ordinanze   adottate   e   dei  consequenziali
provvedimenti  commissariali  spetta  in  via  esclusiva,  anche  per
l'emanazione   di   misure  cautelari,  al  Tribunale  amministrativo
regionale del Lazio, con sede in Roma.
    2-ter. Le   questioni   di  cui  al  comma 2-bis,  sono  rilevate
d'ufficio.  Davanti al giudice amministrativo il giudizio e' definito
con  sentenza  succintamente  motivata  ai  sensi dell'art. 26, della
legge  6 dicembre 1971, n. 1034, e successive modificazioni, trovando
applicazione  i  commi 2  e  seguenti  dell'art. 23-bis  della stessa
legge.
    2-quater.  Le  norme  di  cui ai commi 2-bis e 2-ter si applicano
anche  ai  processi  in  corso.  L'efficacia  delle  misure cautelari
adottate  da  un tribunale amministrativo diverso da quello di cui al
comma 2-bis  permane  fino  alla  loro modifica o revoca da parte del
Tribunale  amministrativo  regionale del Lazio, con sede in Roma, cui
la parte interessata puo' riproporre il ricorso».
    Osserva  il  collegio  che  la  fattispecie  in esame e' attratta
nell'applicazione della citata legge n. 21/2006, art. 3.
    Il  collegio,  pertanto,  ritenendola  rilevante  ai  fini  della
decisione da assumere in ordine alla predetta trasmissione degli atti
al  Tribunale  amministrativo  regionale  Lazio  e non manifestamente
infondata,  solleva  questione  di  legittimita'  costituzionale  del
predetto  art. 3,  e  segnatamente del comma 2 nelle sottonumerazioni
bis,  ter,  quater,  come sara' esposto nei seguenti paragrafi e come
gia'  fatto  in  ordine  ad altre fattispecie per la cui decisione e'
venuta  in  rilievo  la  medesima  norma  sia  dallo stesso tribunale
(Tribunale  amministrativo  regionale  Sicilia,  I,  ord.  n. 90  del
7 marzo  2006)  sia  dal Consiglio di giustizia amministrativa per la
Regione siciliana (Ord. n. 368/2006 del 18 maggio 2006).
    I) La  rilevanza  della  questione  ai  fini  della  decisione da
assumere e' di tutta evidenza. Il collegio sarebbe tenuto, sulla base
della    normativa   sopravvenuta   -   ove   non   dubitasse   della
incostituzionalita'   di  essa  e  quindi  non  ritenesse  necessario
investire  il  giudice  delle  leggi  della  relativa  questione  - a
trasmettere gli atti al Tribunale amministrativo regionale Lazio.
    II) Circa  la  non  manifesta infondatezza e le ragioni che fanno
sospettare  le  norme  in  esame  di  incostituzionalita', osserva il
collegio  che  la  normativa introdotta dal legislatore con l'art. 3,
comma 2,   da   bis  a  quater,  della  legge  n. 21/2006,  contrasta
innanzitutto con l'art. 125 della Costituzione, e segnatamente con il
principio  della articolazione su base regionale degli organi statali
di  giustizia  amministrativa  di  primo  grado  ivi espressa («Nella
Regione  sono  istituiti  organi di giustizia amministrativa di primo
grado,  secondo  l'ordinamento  stabilito da legge della Repubblica»)
che  implica  il  rilievo e la garanzia costituzionale della sfera di
competenza dei singoli organi predetti.
    Non  appaiono,  all'evidenza,  manifeste  o  comunque sufficienti
ragioni logiche o di coerenza istituzionale per derogare a tale sfera
di  competenze  costituzionalmente  garantita  nella  materia  di cui
trattasi  quando,  come  nel  caso in esame, le singole situazioni di
emergenza   hanno   rilievo   spiccatamente  locale  con  conseguente
efficacia  locale  dei  relativi  provvedimenti adottati dai soggetti
delegati  alla  cura  delle  varie  situazioni emergenziali, anche se
(arg.   ex   art. 2,  comma 1,  lett. «c»  della  legge  n. 225/1992,
richiamato  dall'art. 5  comma 1,  legge cit.) essi sono adottati per
fare  fronte  a  situazioni che «per intensita' ed estensione debbono
essere fronteggiate con mezzi e poteri straordinari».
    III) Anzi,   sotto   questo   aspetto,   la   norma  e'  altresi'
contraddittoria  ed  irrazionale  in  quanto  sottopone  al  medesimo
trattamento  processuale  situazioni  disparate  e  differenti tra di
loro.
    In questo quadro, l'art. 5, comma 1 della legge 24 febbraio 1992,
n. 225, richiama, ai fini della applicazione dell'intera disposizione
normativa,  i  casi  in  cui (ex art. 2 comma 1 lett. «c» della legge
n. 225/1992)   sia   necessario   fare  fronte  con  mezzi  e  poteri
straordinari  alle  calamita' naturali, catastrofi o gli altri eventi
che  richiedano  tale  intervento  per  intensita'  ed estensione. La
previsione  di  cui  alla  legge  n. 21/2006 radica la competenza del
Tribunale  amministrativo  regionale Lazio in tutti i casi in cui sia
dichiarato  lo  stato  di  emergenza ai sensi del comma 1 dell'art. 5
appena  citato  e  quindi  con  esclusione  dei casi di intervento di
protezione  civile  per  gli  eventi  che  possano  essere affrontati
mediante  interventi  attuabili  dai  singoli  enti e amministrazioni
competenti  in  via  ordinaria  (art. 2  lett. «a»)  e  di quelli che
richiedano intervento coordinato di questi ultimi (art. 2 lett. «b»).
    Quindi,  il sistema della Protezione civile e' articolato in vari
livelli  di  intervento,  contraddistinti dal corrispondente grado di
ampiezza  della  situazione  emergenziale.  Quindi per ogni tipologia
territoriale   e  «qualitativa»  della  situazione  di  emergenza  e'
chiamato ad intervenire in merito il «livello» di governo piu' vicino
alla  concreta  dimensione  delle  comunita'  colpite  e della natura
dell'emergenza, quindi secondo un chiaro criterio di sussidiarieta' e
senza  escludere  -  funzionalmente  e residualmente, che determinate
funzioni  siano «trasversali» ossia comprendano le competenze di piu'
amministrazioni o livelli di governo.
    A  fronte  di  questa  multiformita'  possibile di manifestazioni
concrete   dell'esercizio   del   potere,   la   regola  generale  di
ripartizione  delle  competenze  delineata  dagli artt. 2 e ss. della
legge Tribunale amministrativo regionale appresta una tutela coerente
con  l'art. 125 della Costituzione: derogando ad essa, l'art. 3 della
legge  n. 21/2006, contraddittoriamente ed immotivatamente assegna ex
lege   rilevanza   nazionale   a   qualsiasi   controversia   insorga
nell'esercizio  del  potere  di  protezione civile, facendo leva solo
sulla  necessita'  che  esso presupponga l'intervento extra ordinem e
quindi  a dispetto dell'articolazione del potere previsto dalla legge
n. 225/1992,  posto  che assegna la competenza funzionale a conoscere
delle  relative questioni al Tribunale amministrativo regionale Lazio
(e  quindi  spinge  l'interprete  a dover ritenere che il legislatore
abbia  cristallizzato  una  valutazione  di  rilevanza  nazionale  di
qualsiasi   questione   inerente   la   Protezione  civile,  richieda
interventi extra ordinem).
    Appare  utile  rilevare,  in  questa sede, come la giurisprudenza
della Corte costituzionale abbia espressamente riconosciuto che:
        con  l'art. 5  della  legge n. 225 del 1992, e' attribuito al
Consiglio  dei ministri il potere di dichiarare lo stato di emergenza
in ipotesi di calamita' naturali, ed a seguito della dichiarazione di
emergenza,  e  per  fare  fronte  ad  essa,  lo stesso Presidente del
Consiglio dei Ministri o, su delega, il Ministro dell'interno possano
adottare  ordinanze  in  deroga  ad  ogni  disposizione  vigente, nel
rispetto dei principi generali dell'ordinato giuridico;
        l'art. 107, comma 1, lettere b) e c), del decreto legislativo
31   marzo   1998,   n. 112   (Conferimento  di  funzioni  e  compiti
amministrativi  dello  Stato  alle  regioni  ed  agli enti locali, in
attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59), a sua volta,
chiarisce  che  tali funzioni hanno rilievo nazionale, escludendo che
il   riconoscimento   di   poteri  straordinari  e  derogatori  della
legislazione vigente possa avvenire da parte di una legge regionale;
        queste  ultime  due  previsioni,  inoltre,  sono  gia'  stata
ritenute  dalla  Corte costituzionale (sentenza n. 327 del 2003) come
espressive   di   un   principio  fondamentale  della  materia  della
protezione  civile,  sicche'  deve  ritenersi  che esse delimitino il
potere normativo regionale, anche sotto il nuovo regime di competenze
legislative  delineato  dalla  legge  costituzionale 18 ottobre 2001,
n. 3 (Modifiche al Titolo V della parte seconda della Costituzione).
    Alla  luce  di  quanto  sopra  ricordato,  la Corte ha dichiarato
illegittimo  l'art. 4,  comma 4,  della  legge della Regione Campania
n. 8  del  2004, nella misura in cui essa ha attribuito al Sindaco di
Napoli  i  poteri  commissariali  dell'ordinanza n. 3142 del 2001 del
Ministro  dell'interno,  dopo  la  scadenza  della emergenza alla cui
soluzione  tale ordinanza era preordinata, in quanto in contrasto con
l'art. 117, terzo comma, della Costituzione (Corte cost. n. 82/2005).
    Tale   ragionamento   comporta   che,  in  relazione  alla  legge
n. 225/1992   ed   all'art. 107,   comma 1,   lettere b  e  c  d.lgs.
n. 112/1998,  possiedono  rilievo  nazionale «solamente» il potere di
dichiarare lo stato di emergenza e quello, distinto dal primo seppure
ad    esso   finalisticamente   connesso,   di   derogare   a   norme
dell'ordinamento.
    Ne  consegue  dunque che, sotto questo profilo, la norma in esame
e'  irragionevole  per contraddittorieta' e disparita' di trattamento
processuale,  poiche'  utilizza  lo stesso trattamento per situazioni
del  tutto  differenti  quanto  ad  ambito  territoriale  e livello e
qualita'  degli  interessi  pubblici coinvolti, nonche' per contrasto
con  l'art. 117  della  Costituzione, poiche' implicitamente, finisce
per  attribuire rilievo nazionale anche alle questioni riservate alla
competenza regionale.
    IV) Ancora,  l'aggravio della tutela giurisdizionale, soprattutto
ove,  come  nella  specie, esso non sia giustificato da una effettiva
natura accentrata (o dall'efficacia estesa a tutto il territorio) dei
provvedimenti  sui quali deve esercitarsi la cognizione del Tribunale
amministrativo   regionale   Lazio,   comporta   indubbia  violazione
dell'art. 24 della Costituzione, in particolare della possibilita' di
tutela  dei  propri  diritti  ed  interessi enunciata al primo comma;
detta   tutela   ne   risulta  minorata,  per  la  evidente  maggiore
difficolta'  di  esercitare  le  relative  azioni presso il Tribunale
amministrativo  regionale  del  Lazio piuttosto che presso gli organi
giurisdizionali localmente istituiti.
    L'aggravio  appare  piu'  che  evidente in una controversia quale
quella in esame, di carattere assolutamente e spiccatamente locale.
    V) Altri profili di incostituzionalita' vanno ravvisati, inoltre,
nella   violazione   del   principio   del  giusto  processo  di  cui
all'art. 111  della  Costituzione e del principio del doppio grado di
giudizio  nella  giustizia amministrativa, che, sia in sede cautelare
sia  in  sede di merito, riceve garanzia costituzionale dall'art. 125
della    Carta,   nella   parte   della   disciplina   in   questione
(comma 2-quater), che consente una riforma dei provvedimenti assunti,
in sede cautelare, nei giudizi pendenti, e cio' ad opera di un organo
giurisdizionale  pariordinato  a  quelli  di provenienza (trattasi di
giudici  tutti  di  primo  grado,  il  Tar  del  Lazio non essendo un
«super-Tar»).   Cosi'   facendo,   in  sostanza,  il  Legislatore  ha
introdotto  un  rimedio  inedito,  che  non e' di secondo grado e che
finisce  per  costituire  un  doppione  del  gia'  espletato giudizio
(cautelare)   di   primo   grado,   senza   alcuna   possibilita'  di
inquadramento  tra  i  rimedi noti e tipizzati (appello, revocazione,
reclamo).
    Atteso  che  il  principio  del  doppio  grado  di giudizio nella
giustizia  amministrativa,  sia  in  sede  cautelare  sia  in sede di
merito,  riceve  garanzia  costituzionale  dall'art. 125  della Carta
(cfr. Corte cost., sentenza n. 8 del 1982), si configura un ulteriore
profilo  di  violazione  di  detta  norma.  Viene  infatti  ad essere
introdotto,  per  le  controversie  introdotte  avanti  al  Tribunale
amministrativo  regionale  locale,  un anomalo percorso che stravolge
l'ordinario  iter  giudiziario.  La  regola  e' che ad un giudizio di
primo  grado  segua, ove la parte soccombente appelli, un giudizio di
secondo  grado,  sia  che si tratti di giudizio cautelare, sia che si
tratti  di  giudizio  di  merito;  giammai  e'  prevista  una  doppia
pronuncia  sulla  stessa  materia  da parte di due diversi giudici di
primo  grado,  uno  dei  quali abilitato a riformare la decisione del
primo giudice.
    Orbene,  ad  avviso  del  collegio,  siffatta  disciplina integra
altresi'  violazione  del  principio  del  «giusto  processo», di cui
all'art. 111, comma primo, della medesima Carta («La giurisdizione si
attua mediante il giusto processo regolato dalla legge»). Infatti, la
parte  soccombente  nel giudizio cautelare verrebbe ad essere fornita
di  uno  strumento  giurisdizionale  anomalo e atipico a tutela della
propria  (legittima,  ma  da  esercitare in modi conformi ai principi
costituzionali)  aspirazione  ad ottenere una pronuncia favorevole in
secondo  grado  (che deve tuttavia essere un vero giudizio di secondo
grado,  e  non,  si  ribadisce,  un inedito duplicato del giudizio di
primo grado).
    Cio' comporterebbe altresi' una evidente violazione del principio
del  ne bis in idem, che, se pure non espressamente contemplato dalla
Carta costituzionale, deve ritenersi corollario del medesimo generale
principio del «giusto processo» teste' richiamato.
    VI) Da  ultimo,  secondo  un aspetto diverso che si riconnette al
tema  del  giudice  naturale, la norma in esame viola l'art. 23 dello
Statuto  della  Regione  Sicilia  (legge  costituzionale  n. 2 del 26
febbraio  1948)  a  norma  del  quale:  «Gli  organi  giurisdizionali
centrali  avranno  in  Sicilia  le  rispettive sezioni per gli affari
concernenti  la  regione.  Le  Sezioni del Consiglio di Stato e della
Corte  dei  conti  svolgeranno  altresi' le funzioni rispettivamente,
consultive  e  di  controllo amministrativo e contabile. I magistrati
della  Corte  dei  conti sono nominati, di accordo, dai Governi dello
Stato  e  della  regione. I ricorsi amministrativi, avanzati in linea
straordinaria  contro  atti  amministrativi regionali, saranno decisi
dal  Presidente  della  Regione  sentite  le  Sezioni  regionali  del
Consiglio  di  Stato». Tale norma e' stata «interpretata» dall'art. 5
del  d.lgs.  6 maggio  1948  n. 654, contenente norme per l'esercizio
delle funzioni spettanti al Consiglio di Stato nella Regione Sicilia,
il   quale   prevede  che  il  Consiglio  di  Giustizia  esercita  le
attribuzioni  devolute  dalla  legge  al  Consiglio  di Stato in sede
giurisdizionale  nei  confronti  di  atti  e provvedimenti definitivi
«dell'amministrazione    regionale    e    delle    altre   autorita'
amministrative aventi sede nel territorio della regione».
    Osserva  il  Collegio che gia' con «la sentenza della Corte cost.
in   data   12   marzo   1975   n. 61,  dichiarando  l'illegittimita'
costituzionale  delle limitazioni poste dall'art. 40 legge 6 dicembre
1971  n. 1034  alla competenza del Tribunale amministrativo regionale
Sicilia,  e'  stato ritenuto che siano state a quest'ultimo conferite
tutte   le   controversie   d'interesse  regionale  considerate  tali
dall'art. 23,  comma 1, d.l. 15 maggio 1946 n. 455, comprendendosi in
tale   categoria  le  controversie  sorte  da  impugnazione  di  atti
amministrativi  di  autorita'  centrali  aventi  effetti  limitati al
territorio   regionale  ovvero  concernenti  pubblici  dipendenti  in
servizio   nella   regione   siciliana»  (Consiglio  Stato,  sez. VI,
26 luglio 1979, n. 595).
    Quindi  la  legge  n. 21/2006,  in  esame,  e' costituzionalmente
illegittima  anche nella sua parte in cui, in violazione dell'art. 23
dello  Statuto  regionale,  sia nella sua formulazione letterale, che
nella   interpretazione   pacifica   che   di  esso  ha  maturato  la
giurisprudenza,   anche   costituzionale,  riserva  al  Consiglio  di
Giustizia   Amministrativa   ed   in   primo   grado   al   Tribunale
amministrativo  regionale Sicilia, la competenza a conoscere circa le
controversie   sorte   da  impugnazione  di  atti  amministrativi  di
autorita' centrali aventi effetti limitati al territorio regionale.
    VII) Per  tute  le  esposte  considerazioni,  deve  sollevarsi la
questione  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 3, comma 2-bis,
comma 2-ter,  comma 2-quater, legge n. 21/2006, per contrasto con gli
artt. 3,  125  e  24 della Costituzione e per contrasto con l'art. 23
dello Statuto della Regione Sicilia.
    Deve  pertanto  essere  disposta  la trasmissione degli atti alla
Corte  costituzionale  per  la  decisione della predetta questione di
legittimita'  costituzionale, sospendendosi il giudizio sia cautelare
che  di  merito  instaurato  con  il  ricorso  in epigrafe, fino alla
restituzione degli atti da parte della medesima Corte.
                              P. Q. M.
    Solleva,  ritenutala  rilevante  e  non manifestamente infondata,
questione  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 3, comma 2-bis,
comma 2-ter,  comma 2-quater, legge n. 21/2006, per contrasto con gli
artt. 3,  125  e  24 della Costituzione e per contrasto con l'art. 23
dello Statuto della Regione Sicilia.
    Dispone,  a  norma  dell'art. 23/2  legge n. 87/1953, l'immediata
trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.
    Il  giudizio  sia cautelare che di merito resta sospeso sino alla
restituzione degli atti da parte della Corte costituzionale.
    Manda   alla   segreteria  di  notificare  copia  della  presente
ordinanza  alle  parti  in  causa,  al  Presidente  del Consiglio dei
ministri, nonche' ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.
    Cosi' deciso in Catania, in Camera di consiglio, in data 8 giugno
2006.
                       Il Presidente: Zingales
L'estensore: Boscarino
07C0246