N. 60 ORDINANZA 19 febbraio - 2 marzo 2007

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Previdenza  e  assistenza  sociale  -  Pensione  di  reversibilita' -
  Titolare  di  pensione  diretta  e  di  reversibilita' in regime di
  contitolarita' - Diritto alla doppia integrazione cristallizzata in
  caso di cessazione della contitolarita' dopo il 30 settembre 1983 -
  Esclusione  secondo  l'interpretazione  delle  Sezioni  Unite della
  Cassazione - Lamentata ingiustificata disparita' di trattamento tra
  il  coniuge  vedovo  con  figli minori divenuti maggiorenni dopo il
  30 settembre  2003 e il coniuge vedovo senza figli, nonche' dedotto
  contrasto  con  il  principio  di  tutela  della  famiglia - Omessa
  descrizione  della  fattispecie  e contraddittorieta' del petitum -
  Manifesta inammissibilita' della questione.
- Legge 21 luglio 1965, n. 903, art. 22.
- Costituzione, artt. 3 e 31.
(GU n.10 del 7-3-2007 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente:, Franco BILE;
  Giudici:  Giovanni  Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO,
Romano   VACCARELLA,  Paolo  MADDALENA,  Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso
QUARANTA,  Franco  GALLO,  Luigi  MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino
CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 22 della legge
21  luglio  1965, n. 903 (Avviamento alla riforma e miglioramento dei
trattamenti  di  pensione  della  previdenza  sociale),  promosso dal
Tribunale  di  Forli',  nel  procedimento civile vertente tra C. A. e
l'Istituto  nazionale  della previdenza sociale (INPS), con ordinanza
dell'11  gennaio 2005, iscritta al n. 184 del registro ordinanze 2005
e  pubblicata  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 15, prima
serie speciale, dell'anno 2005.
    Visto   l'atto   di  costituzione  dell'INPS  nonche'  l'atto  di
intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;
    udito  nell'udienza  pubblica  del  23  gennaio  2007  il giudice
relatore Francesco Amirante;
    uditi  l'avvocato Alessandro Riccio per 1'INPS e l'avvocato dello
Stato Francesco Lettera per il Presidente del Consiglio dei Ministri.
    Ritenuto  che,  nel  corso  di  un  giudizio avente ad oggetto il
ricalcolo  di  una  pensione di reversibilita' erogata al superstite,
rimasto  unico  titolare  dopo  il  compimento  della  maggiore  eta'
dell'altro  contitolare,  il  Tribunale  di  Forli' ha sollevato, con
ordinanza    dell'11 gennaio    2005,   questione   di   legittimita'
costituzionale,  in riferimento agli artt. 3 e 31 della Costituzione,
dell'  art. 22  della  legge  21 luglio 1965, n. 903 (Avviamento alla
riforma  e miglioramento dei trattamenti di pensione della previdenza
sociale);
        che  l'Istituto  nazionale della previdenza sociale erogatore
del  trattamento, convenuto in giudizio, aveva sostenuto - sulla base
di  un  orientamento  giurisprudenziale  espresso dalle sezioni unite
della  Corte  di  cassazione  -  la non integrabilita' della pensione
spettante  all'unico  titolare  rimasto,  nel  caso  in cui la doppia
titolarita'  fosse  cessata  dopo  l'entrata  in vigore (30 settembre
1983)  del decreto-legge 12 settembre 1983, n. 463 (Misure urgenti in
materia  previdenziale  e sanitaria e per il contenimento della spesa
pubblica,    disposizioni    per    vari   settori   della   pubblica
amministrazione   e  proroga  di  taluni  termini),  convertito,  con
modificazioni,  dalla  legge  11 novembre 1983, n. 638, il cui art. 6
sarebbe preclusivo della doppia integrazione al minimo;
        che, anche secondo il remittente, la norma censurata, recante
i  criteri  per la liquidazione della quota residua della pensione di
reversibilita'  in  caso  di  cessazione  della  contitolarita', deve
essere  letta  esclusivamente  nel  senso  di non consentire a favore
dell'unico   titolare,  rimasto  tale  dopo  il  30  settembre  1983,
l'integrazione  al  minimo  della  propria  pensione e la conseguente
«cristallizzazione»,  pur  essendo  la  pensione  sorta  prima  della
suddetta data, cioe' prima del divieto di doppia integrazione;
        che,  a  parere  del  giudice  a  quo,  sarebbe  evidente  la
disparita'  di trattamento tra un coniuge rimasto vedovo prima del 30
settembre  1983  con figli minori a carico, divenuti maggiorenni dopo
tale  data,  rispetto all'analoga condizione del coniuge vedovo senza
figli;
        che  quest'ultimo, infatti, essendo sorto il suo diritto alla
pensione  prima  dell'entrata  in vigore del d.l. n. 463 del 1983, ha
ricevuto l'integrazione al minimo della pensione di reversibilita' e,
dopo  il  suddetto  momento,  ha  riconvertito il diritto con la c.d.
«cristallizzazione»  del beneficio e tutte le successive conseguenze,
mentre  il  coniuge  vedovo  con  figli  minori, una volta cessata la
contitolarita'  dopo  il  30  settembre  1983,  si  troverebbe  nella
deteriore  situazione di vedere la propria pensione di reversibilita'
non   integrata  ne'  cristallizzata,  a  causa  di  una  limitazione
intervenuta  dopo  la  nascita  del  suo  diritto  alla  pensione  di
reversibilita', e per il solo fatto di aver avuto dei figli minori al
momento del decesso del proprio coniuge;
        che  tale  interpretazione  si pone, secondo il Tribunale, in
contrasto   sia  con  l'art. 3  Cost.,  non  essendo  ragionevole  la
disparita'  di  trattamento  tra situazioni sostanzialmente analoghe,
sia  con  l'art. 31 Cost., ove e' sancito il compito della Repubblica
di agevolare con misure economiche ed altre provvidenze la formazione
della famiglia;
        che  nel  giudizio  dinanzi  a questa Corte e' intervenuto il
Presidente   del  Consiglio  dei  Ministri,  rappresentato  e  difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato, concludendo per la declaratoria
di  non  fondatezza  della questione ed osservando come il meccanismo
stesso  della  riliquidazione  implichi  necessariamente  una diversa
decorrenza  per la verifica dei presupposti del trattamento, la quale
puo'  determinare,  a  seconda  dei  momenti,  risultati  piu' o meno
vantaggiosi per gli aventi diritto;
        che si e' costituito l'lNPS, chiedendo la declaratoria di non
fondatezza della questione, sulla base della giurisprudenza di questa
Corte  nella quale e' stata positivamente scrutinata la normativa del
1983   relativa   all'integrazione   al   minimo,  rilevando  la  non
comparabilita'  delle situazioni del coniuge superstite senza figli e
di  quello  con figli ed escludendo, infine, qualsiasi penalizzazione
delle famiglie.
    Considerato  che  il  Tribunale  di Forli' dubita, in riferimento
agli   artt. 3   e   31   della   Costituzione,   della  legittimita'
costituzionale  dell'  art. 22  della  legge  21  luglio 1965, n. 903
(Avviamento  alla  riforma  e  miglioramento dei trattamenti pensione
della  previdenza  sociale),  «come  interpretato dalle sezioni unite
della Corte di cassazione con sentenza n. 17888 del 13 dicembre 2002,
in  termini  di  applicazione  del  limite  previsto  dall'art. 6 del
decreto-legge  12  settembre  1983, n. 463 nelle ipotesi di ricalcolo
successivo al 30 settembre 1983»;
        che il remittente osserva che le sezioni unite della Corte di
cassazione hanno ritenuto che il venir meno, in data successiva al 30
settembre   del   1983,   della   contitolarita'  della  pensione  di
reversibilita'  costituisca  ragione  della  non  attribuzione  della
integrazione  al  minimo  «cristallizzata» di cui gode, invece, colui
che  di  tale  prestazione  previdenziale  sia  stato  titolare unico
antecedentemente alla medesima data;
        che,  secondo  il  giudice a quo, nell'interpretazione datane
dalla  Corte  di  cassazione,  il sistema normativo contrasta sia con
l'art. 3  Cost. - in quanto determina un'ingiustificata diversita' di
trattamento   tra   soggetti   titolari   unici   della  pensione  di
reversibilita',  soltanto  perche' alcuni lo sono stati anche in data
antecedente   il   30   settembre  1983  e  altri  lo  sono  divenuti
successivamente  -  sia  con  l'art. 31 Cost., il quale vuole che sia
favorita la formazione della famiglia;
        che  il remittente afferma che una diversa interpretazione di
detto  sistema  normativo  sarebbe  inutile, in quanto destinata, nel
prosieguo  del giudizio, ad essere superata dal riferito orientamento
delle sezioni unite della Corte di cassazione;
        che il Tribunale ritiene, pertanto, «che la valutazione della
Corte  costituzionale  circa  una  particolare  interpretazione della
norma  in  questione  possa sciogliere ogni dubbio per consentire una
lettura costituzionalmente orientata della normativa in esame»;
        che   la   questione   e'  manifestamente  inammissibile  per
molteplici e concorrenti ragioni;
        che   il  remittente,  infatti,  non  soltanto  non  descrive
compiutamente  la  fattispecie,  omettendo  di precisare quale sia la
situazione  del  ricorrente nel giudizio a quo, ma neppure identifica
con  esattezza le disposizioni oggetto della questione, limitandosi a
chiedere  la dichiarazione di illegittimita' dell'art. 22 della legge
n. 903  del 1965 «come i interpretato dalle sezioni unite della Corte
di   cassazione  in  termini  di  applicazione  del  limite  previsto
dall'art. 6  del  d.l.  n. 463  del  1983  nelle ipotesi di ricalcolo
successivo al 30 settembre 1983»;
        che il remittente, inoltre, formula richieste contradditorie,
in  quanto,  da  un  lato,  auspica  una pronuncia manipolativa della
disposizione   censurata   con   riferimento   ad   un   orientamento
giurisprudenziale  e,  dall'altro,  sollecita  l'intervento di questa
Corte  perche'  fornisca  una interpretazione conforme a Costituzione
destinata,  secondo il suo assunto, a prevalere su quella del giudice
ordinario.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara   la   manifesta  inammissibilita'  della  questione  di
legittimita'  costituzionale dell'art. 22 della legge 21 luglio 1965,
n. 903  (Avviamento  alla  riforma e miglioramento dei trattamenti di
pensione  della  previdenza  sociale), sollevata, in riferimento agli
artt. 3  e  31  della  Costituzione,  dal  Tribunale  di  Forli'  con
l'ordinanza indicata in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 9 febbraio 2007.
                         Il Presidente: Bile
                       Il redattore: Amirante
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 2 marzo 2007.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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