N. 86 ORDINANZA 5 - 16 marzo 2007
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Previdenza e assistenza sociale - Legge della Regione Marche - Consiglieri regionali - Indennita' di carica - Ritenuta obbligatoria, nella misura del 20%, a titolo di contributo per la corresponsione dell'assegno vitalizio - Denunciata violazione della competenza statale esclusiva in materia previdenziale - Questione priva di rilevanza nel giudizio a quo - Manifesta inammissibilita'. - Legge della Regione Marche 13 marzo 1995, n. 23, artt. 3, comma 2, e 9. - Costituzione, art. 117, comma secondo, lettera o).(GU n.12 del 21-3-2007 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: Franco BILE; Giudici: Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO, Romano VACCARELLA, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO;
ha pronunciato la seguente Ordinanza nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 3, comma 2, e 9 della legge della Regione Marche 13 marzo 1995 n. 23 (Disposizioni in materia di trattamento indennitario dei Consiglieri regionali), promosso con ordinanza del 6 aprile 2006 dalla Commissione tributaria provinciale di Macerata sul ricorso proposto da Grandinetti Fabrizio contro l'Agenzia delle entrate - ufficio di Tolentino, iscritta al n. 384 del registro ordinanze 2006 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 41, 1ª serie speciale, dell'anno 2006. Visto l'atto di intervento della Regione Marche; Udito nella Camera di consiglio del 7 febbraio 2007 il giudice relatore Romano Vaccarella. Ritenuto che la Commissione tributaria provinciale di Macerata, investita di un ricorso proposto da un contribuente nei confronti dell'Agenzia delle entrate - ufficio di Tolentino, con ordinanza del 6 aprile 2006, ha sollevato questione di legittimita' costituzionale, in riferimento all'art. 117, comma secondo, lettera o), della Costituzione, dell'art. 3, comma 2, della legge della Regione Marche 13 marzo 1995, n. 23 (Disposizioni in materia di trattamento indennitario dei Consiglieri regionali), nella parte in cui prevede che sull'indennita' di carica spettante ai consiglieri regionali «e' disposta altresi' una trattenuta obbligatoria nella misura del 20 per cento, a titolo di contributo per la corresponsione dell'assegno vitalizio, di cui all'articolo 9», nonche' di detto art. 9 della medesima legge regionale; che, in punto di fatto, il giudice rimettente riferisce che un consigliere regionale ha proposto ricorso avverso il rifiuto tacitamente opposto dall'Agenzia delle entrate alla sua istanza di rimborso della somma pagata, nell'anno 2002, a titolo di IRPEF sulla trattenuta obbligatoria operata sulla indennita' di carica percepita, a norma dell'art. 3 della legge regionale n. 23 del 1995, deducendo la non sottoponibilita' a tassazione di tale trattenuta, ai sensi dell'art. 48 (ora 51), comma 2, lettera a), del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (Approvazione del testo unico delle imposte sui redditi), e che la convenuta Amministrazione ha chiesto il rigetto del ricorso, sull'assunto della natura non previdenziale dell'assegno vitalizio previsto dall'art. 9 della citata legge regionale e, quindi, della non applicabilita' al caso di specie dell'invocato art. 48 del d.P.R. n. 917 del 1986; che l'art. 3, comma 2, della legge regionale n. 23 del 1995 stabilisce, riguardo all'indennita' di carica dovuta ai consiglieri della Regione Marche, che su tale indennita' «e' disposta altresi' una trattenuta obbligatoria nella misura del 20 per cento, a titolo di contributo per la corresponsione dell'assegno vitalizio, di cui all'articolo 9», il quale, a sua volta, prevede che detto assegno vitalizio «compete ai consiglieri regionali cessati dal mandato che abbiano compiuto 60 anni di eta' e che abbiano corrisposto i contributi di cui ai commi 2 e 3 dell'articolo 3 per un periodo di almeno cinque anni di mandato o che abbiano esercitato la facolta' di cui all'articolo 14», aggiungendo che il medesimo assegno, «tanto nella forma diretta quanto nella forma di reversibilita' di cui all'articolo 16, e' cumulabile, senza detrazione alcuna, con ogni altro eventuale trattamento di quiescenza spettante, a qualsiasi titolo, al consigliere cessato dal mandato o agli aventi diritto alla reversibilita»; che, poiche' l'art. 51 (olim 48), comma 2, lettera a), del d.P.R. n. 917 del 1986 stabilisce che non concorrono a formare il reddito «i contributi previdenziali e assistenziali versati dal datore di lavoro o dal lavoratore in ottemperanza a disposizioni di legge», e' necessario, ad avviso del giudice rimettente, verificare «la finalita' previdenziale o meno» del contributo per accertare se questo «sia o meno estraneo all'area dell'imposizione»; che, a giudizio del rimettente, l'art. 9 sopra citato, nel far riferimento ad «ogni altro eventuale trattamento di quiescenza», da' ad intendere che anche l'assegno vitalizio da esso previsto deve essere considerato trattamento di quiescenza, anche perche' «le disposizioni della legge regionale che lo disciplinano ricalcano la struttura propria degli istituti previdenziali e mutuano le regole proprie dei vari regimi pensionistici»; che, inoltre, argomenti a favore della natura previdenziale dell'assegno di cui trattasi sono desumibili dalla sentenza della Corte costituzionale n. 289 del 1994, giacche' essa, pronunciando sulla questione di legittimita' costituzionale del trattamento tributario degli assegni vitalizi a favore dei parlamentari cessati dalla carica, ha affermato che trattasi di un «particolare tipo di previdenza», il quale «ha trovato la sua origine in una forma di mutualita' (Casse di previdenza per i deputati ed i senatori istituite nel 1956) che si e' gradualmente trasformata in una forma di previdenza obbligatoria di carattere pubblicistico, conservando peraltro un regime speciale che trova il suo assetto non nella legge, ma in regolamenti interni delle Camere»; che, ad avviso del rimettente, non diversamente dai regolamenti parlamentari, la legge regionale in questione ha «inteso attribuire natura previdenziale alle trattenute operate sull'indennita' di carica in base alle regole vigenti in ordine all'assicurazione obbligatoria di invalidita', vecchiaia e superstiti», atteso che essa, prevedendo l'assegno in discorso, «persegue le stesse finalita' ed utilizza le medesime discipline tipiche delle assicurazioni sociali quali l'oggetto della tutela e gli eventi considerati dagli artt. 9 e seguenti della stessa legge»; che, quanto alla non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale, il giudice a quo osserva che la normativa regionale censurata, avendo finalita' previdenziale, rientra nella materia «previdenza sociale», che e' riservata alla legislazione esclusiva dello Stato dall'art. 117, comma secondo, lettera o), Cost; che, quanto alla rilevanza della questione, il giudice rimettente osserva che, ove le norme impugnate fossero legittime, «la trattenuta, in quanto diretta a finanziare un trattamento previdenziale, sarebbe immune da prelievo tributario», a norma dell'art. 51 (gia' 48), comma 2, del d.P.R. n. 917 del 1986, mentre, qualora dette norme fossero dichiarate incostituzionali, la trattenuta «dovrebbe essere restituita all'avente diritto e rientrerebbe quindi negli emolumenti retributivi soggetti ad imposizione»; che e' intervenuta nel giudizio la Regione Marche, in persona del Presidente della Giunta, la quale ha chiesto dichiararsi inammissibile o, comunque, infondata la questione, eccependo, in primo luogo, l'inammissibilita' della questione per non avere il giudice rimettente assolto l'onere - piu' volte affermato dalla Corte costituzionale - «di verificare la concreta possibilita' di attribuire alla norma denunciata un significato diverso da quello censurato e tale da superare i dubbi di legittimita' costituzionale» (ordinanza n. 322 del 2001) e per avere omesso di accedere a una «interpretazione adeguatrice conforme a Costituzione» (ordinanza n. 107 del 2003), e, in secondo luogo, il difetto di rilevanza della questione, nella parte in cui investe l'art. 9 della legge regionale n. 23 del 1995, non dovendo il giudice rimettente fare applicazione di tale norma, la quale disciplina l'assegno vitalizio, su cui non v'e' controversia; che, nel merito, la pretesa natura previdenziale dell'assegno vitalizio e della relativa trattenuta non e' desumibile ne' dalla lettera ne' dalla ratio della legge regionale n. 23 del 1995, la quale prevede, tra l'altro, la reversibilita' non automatica bensi' solo volontaria dell'assegno (art. 14) e la sospensione di esso qualora il titolare «venga eletto al parlamento europeo, al parlamento nazionale o ad altro consiglio regionale» (art. 15); che la natura previdenziale e' da escludere anche alla luce della sentenza della Corte costituzionale n. 289 del 1994, la quale, riguardo all'assegno vitalizio a favore dei parlamentari cessati dalla carica, ha affermato che «l'assegno vitalizio, a differenza della pensione ordinaria, viene a collegarsi ad una indennita' di carica goduta in relazione all'esercizio di un mandato pubblico: indennita' che, nei suoi presupposti e nelle sue finalita', ha sempre assunto, nella disciplina costituzionale e ordinaria, connotazioni distinte da quelle proprie della retribuzione connessa al rapporto di pubblico impiego», ed ha precisato che «il legislatore, nell'esercizio della discrezionalita' di fissare la base imponibile per i redditi aventi carattere misto assistenziale e previdenziale, puo' anche determinare esclusioni o limitazioni in ordine a quanto concorre a formare il reddito (ed in realta' la normativa applicabile ha subito nel tempo una serie di variazioni) - purche' in modo non irragionevole o arbitrario e senza discriminazioni o privilegi non giustificati: cfr. sentenza n. 289 del 1994 -, ma non e' tenuto a escludere, in ogni caso, dalla imposizione IRPEF i suddetti assegni, che possono essere considerati come reddito e indice di capacita' contributiva» (ordinanza n. 412 del 2000); che il legislatore statale, con il decreto legislativo 2 settembre 1997, n. 314 (Armonizzazione, razionalizzazione e semplificazione delle disposizioni fiscali e previdenziali concernenti i redditi di lavoro dipendente e dei relativi adempimenti da parte dei datori di lavoro), ha introdotto nel d.P.R. n. 917 del 1986 l'art. 48-bis - attuale art. 52, nel testo di cui al decreto legislativo 12 dicembre 2003, n. 344 (Riforma dell'imposizione sul reddito delle societa', a norma dell'articolo 4 della legge 7 aprile 2003, n. 80) -, il quale, al comma 1, lettera b), stabilisce che gli assegni vitalizi «sono assoggettati a tassazione per la quota parte che non deriva da fonti riferibili a trattenute effettuate al percettore gia' assoggettate a ritenute fiscali»; che, pertanto, l'assegno vitalizio ha «natura di vera e propria indennita' correlata alla carica di consigliere regionale», tanto che la Regione Marche, proprio con la legge regionale n. 23 del 1995, ha soppresso il «Fondo di accantonamento dei consiglieri della Regione Marche», facendo cosi' gravare gli assegni vitalizi ai consiglieri cessati dalla carica sul bilancio regionale; che l'eventuale accoglimento della questione comporterebbe il rimborso non solo della ritenuta IRPEF (come richiesto dal ricorrente), ma dell'intera trattenuta operata sull'indennita' di carica, e cio' determinerebbe violazione dell'art. 3 Cost., per la disparita' di trattamento che ne deriverebbe fra i consiglieri regionali cessati dalla carica e i parlamentari ugualmente cessati. Considerato che la Commissione tributaria provinciale di Macerata dubita, in riferimento all'art. 117, comma secondo, lettera o), della Costituzione della legittimita' costituzionale degli artt. 3, comma 2, e 9 della legge della Regione Marche 13 marzo 1995, n. 23 (Disposizioni in materia di trattamento indennitario dei Consiglieri regionali), nella parte in cui il primo prevede che sull'indennita' di carica spettante ai consiglieri regionali «e' disposta altresi' una trattenuta obbligatoria nella misura del 20 per cento, a titolo di contributo per la corresponsione dell'assegno vitalizio, di cui all'articolo 9», e quest'ultimo disciplina l'assegno vitalizio a favore dei consiglieri regionali cessati dalla carica; che la questione di legittimita' costituzionale e' estranea all'oggetto del giudizio a quo, dal momento che la Commissione rimettente e' chiamata a pronunciarsi su una domanda di rimborso delle somme prelevate a titolo di IRPEF, e pertanto sulla assoggettabilita' a prelievo fiscale della trattenuta operata sulla indennita' di carica, laddove la questione sollevata investe il se sull'indennita' di carica possa operarsi tale trattenuta e se possa riconoscersi ai consiglieri cessati dalla carica un assegno vitalizio; che, ponendosi per il giudice rimettente l'esistenza di tale trattenuta come un fatto in ordine al quale e' chiamato a determinare il regime fiscale (se assoggettata o non a prelievo IRPEF), la questione di legittimita' costituzionale sollevata e' irrilevante nel giudizio a quo e, pertanto, manifestamente inammissibile. Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
Per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara la manifesta inammissibilita' della questione di legittimita' degli artt. 3, comma 2, e 9 della legge della Regione Marche 13 marzo 1995, n. 23 (Disposizioni in materia di trattamento indennitario dei Consiglieri regionali), sollevata, in riferimento all'art. 117, comma secondo, lettera o), della Costituzione, dalla Commissione tributaria provinciale di Macerata con l'ordinanza in epigrafe. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 marzo 2007. Il Presidente: Bile Il redattore: Vaccarella Il cancelliere:Fruscella Depositata in cancelleria il 16 marzo 2007. Il cancelliere:Fruscella 07C0327