N. 173 ORDINANZA (Atto di promovimento) 12 giugno 2006
Ordinanza emessa il 12 giugno 2006 dalla Corte di appello di L'Aquila nel procedimento penale a carico di Lombardo Luigi Processo penale - Appello - Modifiche normative - Possibilita' per il pubblico ministero di proporre appello contro le sentenze di proscioglimento - Preclusione - Inammissibilita' dell'appello proposto prima dell'entrata in vigore della novella con facolta' di proporre entro un termine ricorso per cassazione - Contrasto con il principio di ragionevolezza - Lesione del principio di parita' delle parti - Violazione del principio della ragionevole durata del processo. - Codice di procedura penale, art. 593, comma 1, come sostituito dall'art. 1 della legge 20 febbraio 2006, n. 46; legge 20 febbraio 2006, n. 46, art. 10. - Costituzione, artt. 3 e 111.(GU n.14 del 4-4-2007 )
LA CORTE DI APPELLO Ha pronunciato la seguente ordinanza nel processo n. 1158/04 R.G., appellante il Procuratore della Repubblica contro la sentenza in data 23 aprile 2004 del Tribunale di L'Aquila, che ha assolto l'imputato Lombardo Luigi dal reato continuato di usura aggravata commessa in L'Aquila sino al 10 giugno 2002; O s s e r v a All'udienza del 4 maggio 2006, il Procuratore Generale ha sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 593 C.P.P., cosi' come modificato dall'art. 1 della legge 20 febbraio 2006, n. 46, e 10 della medesima legge per violazione degli artt. 3 e 111 della Costituzione nonche' per mancanza di ragionevolezza. Secondo il p.m. dette norme, oltre che essere irragionevoli, contrastano con il principio generale di uguaglianza davanti alla legge. I termini ed i motivi della istanza con cui e' stata sollevata la questione sono i seguenti. Premesso che sia possibile un errore in fatto del giudice di primo grado, prima della riforma si riconosceva il diritto a tutte le parti del processo di dolersi davanti alla Corte di appello. L'aver confermato tale diritto soltanto per una parte (l'imputato condannato in primo grado) e l'averlo negato per l'altra (il p.m. in caso di assoluzione dell'imputato) costituisce una palese negazione del principio costituzionale che vuole che il processo (tutto il processo e non soltanto la fase meramente dibattimentale) si svolga in condizione di parita' tra le parti. Non risolve detta questione la circostanza che il p.m. ha pur sempre un mezzo di impugnazione (l'appello limitatamente al caso di nuove prove sopravvenute e decisive, oppure, con riferimento al caso concreto, e per norma transitoria (art. 10 della novella n. 46/2006) il ricorso per cassazione: difatti si avrebbe pur sempre disparita' tra le parti, perche' mentre l'imputato puo' appellare senza alcun limite, il p.m. non potra' esprimere doglianze o richieste piu' ampie di quelle deducibili in cassazione; in altre parole mentre l'imputato ha diritto ad un riesame del fatto in toto, l'accusa pubblica non potra' esprimere doglianze o richieste piu' ampie. Lo stesso dicasi per l'accusa privata (parte civile) che risulta avere poteri di impugnazione maggiori rispetto a quelli assegnati all'organo della pubblica accusa. E' poi irragionevole l'aver garantito i diritti al risarcimento dei danni di una parte privata e non quelli della collettivita' esplicantisi nella pretesa punitiva dello Stato esercitata dal p.m. Altro motivo di irragionevolezza e' l'effetto del prolungamento della durata del processo: la norma transitoria (art. 10 della novella) prevede una declaratoria praticamente automatica di inammissibilita' dell'appello del p.m., con facolta' del medesimo di proporre entro un termine ricorso per cassazione. Tale norma transitoria orbene non distingue tra processi pendenti in primo grado o in grado di appello ne' per questi il caso in cui si sia gia' formata la nuova prova decisiva. Se la prova nuova (nel caso di specie: perizia tecnica ed esame testimoni), pur non richiesta nei motivi di appello del p.m., secondo le norme processuali vigenti al momento dell'impugnazione, e' stata ritenuta necessaria e decisiva dal giudice procedente (come nel caso di specie) ed e' stata espletata e raccolta nel pieno contraddittorio delle parti, resterebbe irragionevolmente vanificata la «ragionevole durata del processo» per l'automatica inappellabilita' prevista dall'art. 10 (norma transitoria. Il processo infatti verrebbe a regredire allo stato di possibile impugnazione della sentenza di primo grado e quindi con il ricorso, in caso di accoglimento di quest'ultimo, a ricominciare dal primo grado con ripetizione delle prove che erano state gia' acquisite in grado di appello. Questa Corte ritiene non solo che la questione sia rilevante perche' la risoluzione della stessa in caso di accoglimento incide sul prosieguo del giudizio in corso, ma che la questione stessa non sia manifestamente infondata, in quanto le norme della legge denunciate producono una indubbia asimmetria tra accusa e difesa in violazione del principio di parita' degli artt. 3 e 111 della Costituzione, oltre che essere irragionevoli con riguardo al principio della speditezza del processo.
P. Q. M. Sospeso il giudizio in corso, dispone la immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Ordina che a cura della cancelleria la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. L'Aquila, addi' 12 giugno 2006. Il Presidente: Candela 07C0405