N. 114 ORDINANZA 19 - 29 marzo 2007

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Imposte  e  tasse  -  Imposte  sul  reddito  delle persone giuridiche
  (IRPEG)  -  Ritenute  d'acconto  sugli  interessi  e sui redditi di
  capitale   -  Esonero,  in  caso  di  assoggettamento  a  procedure
  concorsuali - Mancata previsione - Denunciata lesione del principio
  di  ragionevolezza,  della  retribuzione  proporzionata e adeguata,
  nonche'  del  principio  della  capacita' contributiva - Difetto di
  motivazione  sulla  rilevanza  e  sulla  non manifesta infondatezza
  della questione - Manifesta inammissibilita'.
- D.P.R.  29 settembre  1973, n. 600, art. 26, commi 2 e 4 (combinato
  disposto).
- Costituzione, artt. 3, 36 e 53.
(GU n.14 del 4-4-2007 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Franco BILE;
  Giudici:  Giovanni  Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO,
Romano   VACCARELLA,  Paolo  MADDALENA,  Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso
QUARANTA,  Franco  GALLO,  Luigi  MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino
CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale del combinato disposto
dei  commi 2  e  4  dell'art. 26 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600
(Disposizioni  comuni  in  materia  di accertamento delle imposte sui
redditi),  promosso  con ordinanza depositata il 20 aprile 2006 dalla
Commissione  tributaria  provinciale di Napoli, nel giudizio vertente
tra   la   s.p.a.  COSIDA  di  Assicurazioni  e  Riassicurazioni,  in
liquidazione  coatta  amministrativa,  e  l'Agenzia  delle  entrate -
Ufficio di Napoli 1, iscritta al n. 479 del registro ordinanze 2006 e
pubblicata  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 45, 1ª serie
speciale, dell'anno 2006;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  Camera  di  consiglio  del  7 marzo 2007 il giudice
relatore Franco Gallo;
    Ritenuto  che,  nel  corso di un giudizio tributario promosso dal
commissario   liquidatore   di   una   societa'  di  assicurazioni  e
riassicurazioni  in  liquidazione  coatta  amministrativa  avverso il
silenzio-rifiuto formatosi sulla richiesta di rimborso delle ritenute
d'acconto effettuate sugli interessi attivi dei «depositi finanziari»
della societa' negli anni dal 2000 al 2004, la Commissione tributaria
provinciale  di  Napoli, con ordinanza pronunciata il 20 marzo 2006 e
depositata il 20 aprile successivo, ha sollevato, in riferimento agli
artt. 3,  36  e  53  della  Costituzione,  questione  di legittimita'
costituzionale  del  combinato  disposto dei commi 2 e 4 dell'art. 26
del  d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (Disposizioni comuni in materia
di  accertamento  delle imposte sui redditi), «nella parte in cui non
prevede l'esonero dall'obbligo delle ritenute fiscali sugli interessi
maturati nelle procedure concorsuali»;
        che,  secondo il giudice rimettente, nel caso di liquidazione
coatta  amministrativa, il commissario liquidatore deve presentare la
dichiarazione  finale  dei  redditi  in data successiva alla chiusura
della  procedura  e,  pertanto,  solo  dopo  la  distribuzione finale
dell'attivo  tra  i  creditori,  come  si  desumerebbe  dal combinato
disposto  degli  artt. 18,  commi 3  e 5, del d.P.R. 4 febbraio 1988,
n. 42     (Disposizioni     correttive     e     di     coordinamento
sistematico-formale,  di  attuazione  e transitorie relative al testo
unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente
della  Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917), e 5, comma 4, del d.P.R.
22 luglio   1998,   n. 322  (Regolamento  recante  modalita'  per  la
presentazione  delle dichiarazioni relative alle imposte sui redditi,
all'imposta  regionale  sulle  attivita' produttive e all'imposta sul
valore  aggiunto,  ai  sensi  dell'articolo 3, comma 136, della legge
23 dicembre 1996, n. 662);
        che,  di  conseguenza,  solo dopo la chiusura della procedura
concorsuale sarebbe possibile - sempre ad avviso del rimettente - «la
verifica  della  debenza»  dell'IRPEG,  da  effettuarsi accertando se
sussista  una  differenza  positiva  tra il residuo attivo risultante
dalle  operazioni di liquidazione ed il patrimonio netto dell'impresa
all'inizio della procedura stessa;
        che,  aggiunge  il  giudice  a  quo, nell'ipotesi in cui tale
differenza  positiva  non  sussista  e,  quindi, non siano dovute ne'
l'IRPEG  ne'  -  conseguentemente  -  le ritenute a titolo di acconto
dell'imposta   gia'   effettuate   sugli   interessi   dei  «depositi
finanziari»  nel corso della procedura concorsuale, tali ritenute non
potrebbero  essere  rimborsate  dall'amministrazione finanziaria alla
liquidazione coatta amministrativa, ormai chiusa, ed il loro rimborso
«non  potrebbe  giovare  ad  alcun  soggetto, se non al fallito», non
essendo   prevista  dalla  legge  fallimentare  la  riapertura  della
procedura  per  consentire  detto  rimborso  in  favore dei creditori
eventualmente rimasti incapienti;
        che  pertanto,  per  il  giudice  a  quo, i creditori rimasti
incapienti  subirebbero un danno ingiustificato, perche' la procedura
concorsuale   sarebbe  stata  «impropriamente  gravata  da  un  onere
tributario  che non e' di competenza della massa dei creditori ma del
solo soggetto posto in liquidazione coatta tornato in bonis»;
        che  da  tali  premesse la Commissione tributaria provinciale
deduce l'illegittimita' costituzionale delle disposizioni denunciate,
le  quali,  non  prevedendo,  in  relazione  alle  suddette  ritenute
d'acconto,  una  specifica  disposizione  derogatoria dell'obbligo di
effettuarle  durante  la  pendenza delle procedure concorsuali: a) si
pongono  «in  contrasto con l'intento del legislatore di sollevare la
massa  creditoria  da qualsiasi onere tributario ai fini dell'imposta
personale  sul  reddito,  come  risulta  dalla  differenza del regime
previsto  [...]  tra IRPEG (poi IRES) ed ILOR (ora ICI: cfr. art. 10,
comma   6,   d.P.R.   n. 504/1992)»;  b)  evidenziano  «un'intrinseca
contraddittorieta'  tra  la  genericita'  della  previsione di cui al
quarto   comma   dell'art. 26,  d.P.R.  n. 600/1973  e  la  presenza,
nell'ambito dell'ordinamento delle imposte dirette, di una disciplina
speciale  prevista  dagli  artt. 125  (poi  183)  TUIR per il caso di
liquidazione coatta dell'impresa»; c) mostrano «la conseguente palese
irragionevolezza  della  disposizione contenuta nel medesimo art. 26,
con  conseguente  sospetto  d'incostituzionalita', oltre che sotto il
profilo  dell'art. 3  Cost. anche sotto quello degli artt. 54 [recte:
53] e 36»;
        che,  quanto  alla  rilevanza  della  sollevata questione, il
giudice a quo si limita ad affermare che l'eventuale dichiarazione di
illegittimita'  costituzionale  delle  norme  denunciate «condurrebbe
all'annullamento   del   rifiuto   di   rimborso»  impugnato,  mentre
«diversamente   troverebbe   ragione   la  tesi  dell'Amministrazione
Finanziaria»;
        che  e'  intervenuto  in giudizio il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato,  chiedendo dichiararsi inammissibile o, comunque, infondata la
questione;
        che in particolare, con riferimento agli artt. 36 e 53 Cost.,
la  difesa erariale eccepisce l'inammissibilita' della questione, per
difetto assoluto di motivazione da parte del giudice rimettente;
        che, con riferimento all'art. 53 Cost., l'Avvocatura generale
dello  Stato afferma che, nel caso in cui fosse possibile superare la
suddetta  eccezione  di carenza di motivazione, la questione dovrebbe
dichiararsi manifestamente infondata, perche' la Corte costituzionale
ha  gia'  riconosciuto  che  l'applicazione  dell'art. 26  del d.P.R.
n. 600  del 1973 non viola il principio di capacita' contributiva, in
quanto il presupposto d'imposta, da individuarsi nell'ammontare degli
interessi  maturati  su conto corrente, risulta pienamente realizzato
(ordinanza n. 174 del 2001);
        che,  con  riferimento all'art. 3 Cost., la stessa Avvocatura
adduce  quattro  motivi di inammissibilita' della questione: in primo
luogo,  perche' questa e' prospettata in modo da non renderne agevole
la  comprensione;  in secondo luogo, per difetto di descrizione della
fattispecie,  avendo  il  rimettente  omesso  di  precisare  se dalla
dichiarazione  finale  dei  redditi presentata (o da presentarsi) dal
commissario  liquidatore deriva un credito od un debito d'imposta per
la  contribuente;  in  terzo  luogo, per aberratio ictus, non essendo
stata  denunciata  la  norma riguardante le modalita' ed i termini di
presentazione  della  dichiarazione in caso di procedure concorsuali,
cioe'  l'art. 5, comma 4, del d.P.R. n. 322 del 1998; in quarto luogo
-   infine   -   perche'   il  giudice  a  quo  non  ha  tentato  una
interpretazione  costituzionalmente  orientata di tale norma, laddove
questa,  sulla  scorta anche della sentenza della Corte di cassazione
n. 10349  del  2003,  ben  potrebbe  interpretarsi  nel  senso che la
dichiarazione  finale  dei redditi puo' essere presentata anche prima
della   formale   chiusura   della  procedura,  con  diritto  per  il
commissario  liquidatore  di  richiedere  il  rimborso dell'eventuale
credito d'imposta;
        che,  in  prossimita' della riunione fissata per la camera di
consiglio,   la  difesa  erariale  ha  depositato  una  comunicazione
dell'Agenzia  delle  entrate  di  Napoli  1, datata 13 febbraio 2007,
attestante  che  la  parte  ricorrente  del  giudizio principale - la
s.p.a.  COSIDA  di  Assicurazioni  e Riassicurazioni, in liquidazione
coatta  amministrativa  -  «non ha ancora presentato la dichiarazione
dei  redditi  finale  di  cui  all'art. 5, comma 4, del d.P.R. n. 322
/1998».
    Considerato  che  la Commissione tributaria provinciale di Napoli
dubita,  in  riferimento  agli  artt. 3,  36 e 53 della Costituzione,
della   legittimita'   del   combinato   disposto  dei  commi 2  e  4
dell'art. 26  del  d.P.R.  29 settembre  1973,  n. 600  (Disposizioni
comuni  in materia di accertamento delle imposte sui redditi), «nella
parte  in  cui  non  prevede  l'esonero  dall'obbligo  delle ritenute
fiscali sugli interessi maturati nelle procedure concorsuali»;
        che,  ad  avviso del giudice rimettente, la norma denunciata,
imponendo   all'Ente  poste  italiane  e  alle  banche  l'obbligo  di
effettuare  le  ritenute sugli interessi e sui redditi di capitale, a
titolo  di  acconto  sull'IRPEG,  anche  nei  confronti  dei soggetti
sottoposti  a  procedure concorsuali, compresa la liquidazione coatta
amministrativa,  comporterebbe  che  -  nel  caso in cui la procedura
concorsuale si chiuda senza l'integrale soddisfacimento dei creditori
e  l'IRPEG  risulti  non dovuta in base alla dichiarazione finale dei
redditi,   da   presentarsi   dal  commissario  liquidatore  in  data
successiva  alla chiusura della procedura stessa - dette ritenute non
potrebbero mai essere chieste a rimborso dalla liquidazione coatta;
        che   pertanto,  secondo  il  giudice  a  quo,  la  procedura
concorsuale, nell'ipotesi da lui prospettata, sarebbe «impropriamente
gravata  da  un onere tributario che non e' di competenza della massa
dei  creditori  ma  del  solo  soggetto  posto in liquidazione coatta
tornato in bonis»;
        che  per  la  Commissione  tributaria provinciale, dunque, la
norma  denunciata:  a)  si  pone  «in  contrasto  con  l'intento  del
legislatore  di  sollevare  la  massa  creditoria  da qualsiasi onere
tributario  ai  fini dell'imposta personale sul reddito, come risulta
dalla  differenza  del  regime previsto [...] tra IRPEG (poi IRES) ed
ILOR  (ora  ICI:  cfr.  art. 10,  comma  6,  d.P.R. n. 504/1992)»; b)
evidenzia  «un'intrinseca contraddittorieta' tra la genericita' della
previsione  di cui al quarto comma dell'art. 26, d.P.R. n. 600/1973 e
la  presenza,  nell'ambito dell'ordinamento delle imposte dirette, di
una  disciplina  speciale prevista dagli artt. 125 (poi 183) TUIR per
il  caso  di  liquidazione coatta dell'impresa»; c) mostra, altresi',
«la  conseguente palese irragionevolezza della disposizione contenuta
nel medesimo art. 26, con conseguente sospetto d'incostituzionalita',
oltre che sotto il profilo dell'art. 3 Cost. anche sotto quello degli
artt. 54 [recte: 53] e 36»;
        che  la  questione  e' manifestamente inammissibile sotto due
diversi e concorrenti profili;
        che,  in  primo  luogo,  in  riferimento  a tutti i parametri
evocati,  il  rimettente,  pur  affermando  che  «la  verifica  della
debenza»  dell'IRPEG  (e,  quindi,  della  sussistenza del diritto al
rimborso  delle  ritenute effettuate ai sensi della norma denunciata)
puo'  effettuarsi  solo in base alla dichiarazione finale dei redditi
prevista  dall'art. 5, comma 4, del d.P.R. 22 luglio 1998, n. 322, ha
tuttavia  omesso di precisare se da tale dichiarazione finale risulti
o   no  il  credito  di  imposta  chiesto  a  rimborso  nel  giudizio
principale;
        che,  pertanto, tale carenza di descrizione della fattispecie
si  risolve  nel  difetto di motivazione sulla rilevanza, rendendo la
questione meramente ipotetica;
        che,  in  secondo  luogo,  il  giudice  a quo, in ordine alla
affermata  non manifesta infondatezza della questione, non ha fornito
alcuna  motivazione con riferimento ai parametri di cui agli artt. 36
e 53 Cost. e ne ha fornita una oscura con riferimento al parametro di
cui all'art. 3 Cost;
        che  la  rilevata  manifesta inammissibilita' della questione
deve  essere  dichiarata  da  questa  Corte  prescindendo  dalla  pur
evidente  erroneita'  delle  premesse  interpretative da cui muove il
rimettente, il quale: a) confonde tra fallimento (chiuso il quale, il
fallito  puo'  tornare in bonis) e liquidazione coatta amministrativa
(chiusa  la  quale,  a seguito del riparto finale di cui all'art. 213
del  regio  decreto 16 marzo 1942, n. 267, si estingue l'ente ad essa
sottoposto  e  non  e'  prevista  alcuna  ipotesi di riapertura della
procedura);  b)  non  tiene  conto  che  il  termine  previsto per la
presentazione  della dichiarazione finale dei redditi delle procedure
concorsuali,   in  quanto  costituisce  un  termine  massimo  («entro
l'ultimo  giorno  del  decimo  mese  successivo  a quello [...] della
chiusura   del  fallimento  e  della  liquidazione»,  come  stabilito
dall'art. 5,  comma 4,  primo  periodo,  del d.P.R. n. 322 del 1998),
deve  considerarsi  rispettato  anche  quando  la  dichiarazione  sia
presentata  prima  della  formale  chiusura  della procedura, purche'
questa possa ritenersi sostanzialmente chiusa e sussista un oggettivo
interesse  della  massa  dei creditori (come affermato dalla Corte di
cassazione  con  la  sentenza  n. 10349  del  2003);  c)  trascura di
considerare   che,   per   diritto   vivente,   l'ente  sottoposto  a
liquidazione  coatta  amministrativa  - nel caso in cui, dal conto di
gestione  e  dal  bilancio  finale,  le imposte sui redditi d'impresa
risultino  non  dovute  o  dovute per un ammontare inferiore a quello
delle  ritenute  d'acconto - ha diritto al rimborso totale o parziale
delle  ritenute d'acconto (Corte di cassazione, sentenze n. 12433 del
2004  e  n. 13154 del 1995, quest'ultima emessa proprio nei confronti
della   s.p.a.   COSIDA   di   Assicurazioni  e  Riassicurazioni,  in
liquidazione coatta amministrativa, ricorrente nel giudizio a quo).
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara   la   manifesta  inammissibilita'  della  questione  di
legittimita'  costituzionale  del  combinato disposto dei commi 2 e 4
dell'art. 26  del  d.P.R.  29 settembre  1973,  n. 600  (Disposizioni
comuni  in  materia  di  accertamento  delle  imposte  sui  redditi),
sollevata,  in  riferimento agli artt. 3, 36 e 53 della Costituzione,
dalla  Commissione  tributaria provinciale di Napoli, con l'ordinanza
indicata in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 19 marzo 2007.
                         Il Presidente: Bile
                         Il redattore: Gallo
                      Il cancelliere:Fruscella
    Depositata in cancelleria il 29 marzo 2007.
                      Il cancelliere:Fruscella
07C0411