N. 167 ORDINANZA 18 aprile - 11 maggio 2007

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Straniero   e   apolide   -  Espulsione  amministrativa  -  Reato  di
  trattenimento,  senza  giustificato  motivo,  nel  territorio dello
  Stato  in  violazione  dell'ordine di allontanamento del questore -
  Arresto   obbligatorio   -   Lamentata   irragionevolezza   nonche'
  violazione della liberta' personale - Eccezione di inammissibilita'
  per  difetto di rilevanza, per aver il rimettente manifestato dubbi
  in ordine alla convalida dell'arresto - Reiezione.
Straniero   e   apolide   -  Espulsione  amministrativa  -  Reato  di
  trattenimento,  senza  giustificato  motivo,  nel  territorio dello
  Stato  in  violazione  dell'ordine di allontanamento del questore -
  Trattamento  sanzionatorio  -  Reclusione  da  uno a quattro anni -
  Denunciata  irragionevolezza e disparita' di trattamento rispetto a
  fattispecie analoghe; violazione dei principi di proporzionalita' e
  della  finalita'  rieducativa  della pena nonche' della liberta' di
  circolazione   -   Questione  identica  ad  altra  gia'  dichiarata
  inammissibile - Manifesta inammissibilita'.
- D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 14, comma 5-ter, primo periodo,
  come sostituito dall'art. 1 della legge 12 novembre 2004, n. 271.
- Costituzione, artt. 3, 16 e 27.
Straniero   e   apolide   -  Espulsione  amministrativa  -  Reato  di
  trattenimento,  senza  giustificato  motivo,  nel  territorio dello
  Stato  in  violazione  dell'ordine di allontanamento del questore -
  Arresto   obbligatorio   -   Lamentata   irragionevolezza   nonche'
  violazione  della  liberta'  personale  -  Questione  fondata su un
  quadro  normativo ipotetico e quindi priva di rilevanza - Manifesta
  inammissibilita'.
- D.Lgs.  25 luglio  1998, n. 286, art. 14, comma 5-quinquies, ultimo
  periodo,  come sostituito dall'art. 1 della legge 12 novembre 2004,
  n. 271.
- Costituzione, artt. 3 e 13.
(GU n.19 del 16-5-2007 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Franco BILE;
  Giudici:  Giovanni  Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO,
Romano   VACCARELLA,  Paolo  MADDALENA,  Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso
QUARANTA,  Franco  GALLO,  Luigi  MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino
CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nei  giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 14, commi 5-ter
e  5-quinquies, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo
unico  delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione
e   norme   sulla   condizione   dello  straniero),  come  sostituiti
dall'art. 1  della  legge  12 novembre  2004,  n. 271 (Conversione in
legge,   con  modificazioni,  del  decreto-legge  14 settembre  2004,
n. 241,  recante  disposizioni  urgenti  in materia di immigrazione),
promossi  con  ordinanze  del 20 gennaio, del 29 marzo e del 18 marzo
2005  dal  Tribunale di Genova; del 24 febbraio (n. 4 ordinanze), del
17  marzo,  del  13 aprile  (n. 2  ordinanze),  del  19  maggio,  del
16 luglio  (n. 3  ordinanze)  e  del  21 luglio 2005 dal Tribunale di
Torino;  del 25 maggio 2005 (n. 2 ordinanze) dal Tribunale di Milano;
del   6 dicembre   (n. 3  ordinanze)  e  del  27 ottobre  2005  (n. 6
ordinanze)  dal  Tribunale  di  Torino,  rispettivamente  iscritte ai
nn. 268,  306,  307, da 333 a 337, 352, 353, 457, da 496 a 499, 519 e
520  del  registro  ordinanze 2005 ed ai nn. da 57 a 59, da 90 a 94 e
407  del registro ordinanze 2006, pubblicate nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica, nn. 21, 24, 27, 29, 39, 41 e 43 - 1ª serie speciale
-   dell'anno 2005   e  nn. 10,  14  e  42  -  1ª  serie  speciale  -
dell'anno 2006.
    Visti  gli  atti  di  intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  Camera  di  consiglio  del 21 marzo 2007 il giudice
relatore Gaetano Silvestri.
    Ritenuto  che il Tribunale di Genova in composizione monocratica,
con  ordinanza  del  20 gennaio  2005  (r.o.  n. 268  del  2005),  ha
sollevato  -  in  riferimento  agli  artt. 3 e 27, terzo comma, della
Costituzione - questione di legittimita' costituzionale dell'art. 14,
comma 5-ter,  del  decreto  legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo
unico  delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione
e   norme   sulla   condizione   dello  straniero),  come  sostituito
dall'art. 1  della  legge  12 novembre  2004,  n. 271 (Conversione in
legge,   con  modificazioni,  del  decreto-legge  14 settembre  2004,
n. 241,  recante  disposizioni  urgenti  in materia di immigrazione),
nella  parte in cui prevede la pena della reclusione da uno a quattro
anni  per  lo  straniero che, senza giustificato motivo, si trattenga
nel   territorio   dello   Stato   in   violazione   dell'ordine   di
allontanarsene,  impartitogli  dal  questore  a  norma del precedente
comma 5-bis;
        che  il  Tribunale,  all'esito  del  giudizio  abbreviato nei
confronti  di  persona  trattenutasi  in Italia nonostante la rituale
notifica  dell'ordine  di  lasciare  il  Paese,  deve  procedere alla
deliberazione  della  sentenza, e ritiene che i valori edittali della
sanzione    da   infliggere   per   il   caso   di   condanna   siano
irragionevolmente  alti,  comportando una violazione del principio di
uguaglianza e di necessaria finalizzazione rieducativa della pena;
        che,  secondo  il  rimettente,  l'inasprimento  sanzionatorio
attuato  con  la  legge  n. 271  del  2004  per  il reato di indebito
trattenimento  nel  territorio dello Stato non risponderebbe a mutate
esigenze   di   politica   criminale,   ma  alla  sola  finalita'  di
«surrettiziamente ripristinare l'arresto obbligatorio», come dovrebbe
desumersi  dalla successione riscontrabile tra la sentenza n. 223 del
2004  di  questa  Corte  (che aveva dichiarato l'illegittimita' della
previsione   concernente   l'arresto   per   il  reato  de  quo),  il
decreto-legge  n. 241  del  2004  (il  cui  tenore, ferma restando la
natura  contravvenzionale  della  fattispecie,  mirava  a  sopprimere
formalmente  la  previsione  processuale dichiarata illegittima) e la
citata  legge  di  conversione  (segnata  invece dalla trasformazione
dell'indebito  trattenimento  in  fattispecie  delittuosa, e di fatto
mirata - come risulterebbe da vari passaggi dei lavori parlamentari -
a  fissare  la pena in guisa da consentire, a norma dell'art. 280 del
codice  di  procedura penale, l'adozione della misura cautelare della
custodia in carcere, e da legittimare, conseguentemente, la rinnovata
previsione dell'arresto obbligatorio);
        che  il  giudice  a quo ravvisa, nella specie, una violazione
dell'art. 3  Cost.,  in  ragione  dell'assenza di una giustificazione
dell'inasprimento  sanzionatorio  realmente  connessa ad un mutamento
sostanziale del fenomeno regolato;
        che    comunque    la    previsione   edittale   della   pena
contrasterebbe,  specie  in  riferimento  al  limite  minimo,  con il
principio  di  proporzionalita', essendo tra l'altro riferibile ad un
reato di mero pericolo;
        che  sarebbe incongrua, in particolare, la parificazione oggi
esistente  della  pena  fissata per l'indebito trattenimento a quella
comminata  nella prima parte dell'art. 13, comma 13-bis, dello stesso
d.lgs.  n. 286  del 1998, che punisce lo straniero gia' colpito da un
provvedimento  giudiziale di espulsione e rientrato indebitamente nel
territorio dello Stato;
        che infatti, a parere del rimettente, la condotta di indebito
reingresso  sarebbe  ben  piu'  grave  di  quella  in  esame, perche'
realizzata - con un comportamento attivo e non semplicemente omissivo
- da un soggetto gia' responsabile di altro reato e gia' destinatario
di  un  provvedimento  che  presuppone la sua concreta pericolosita',
tanto  che,  nell'impianto  sanzionatorio  originario, il trattamento
delle figure poste a confronto era ben differenziato;
        che un'ulteriore violazione del principio di uguaglianza (per
l'analogo   trattamento   di  fattispecie  tra  loro  eterogenee)  si
riscontrerebbe  raffrontando  la  norma  censurata  con la previsione
della seconda parte del citato comma 13-bis dell'art. 13, a sua volta
riformata  nel 2004, visto che il minimo edittale ancor oggi previsto
per la condotta dello straniero rientrato in Italia dopo l'esecuzione
di  due  precedenti  provvedimenti di espulsione coincide esattamente
con il minimo fissato, nella norma de qua, per il comportamento assai
meno significativo dell'inottemperanza al primo ordine del questore;
        che   l'asserita  sproporzione  per  eccesso  delle  sanzioni
comminate  dall'art. 14, comma 5-ter, emergerebbe anche dal raffronto
di  tale  disposizione con previsioni incriminatrici non comprese nel
citato   d.lgs.  n. 286  del  1998,  ed  in  particolare  con  quella
dell'art. 650  del  codice  penale, assimilabile alla norma censurata
perche'   relativa   anch'essa  a  fenomeni  di  disobbedienza  verso
provvedimenti  assunti  per  ragioni  di ordine pubblico, e per altro
sanzionata assai meno gravemente;
        che  la violazione del principio di proporzionalita', secondo
il   rimettente,   priverebbe   la  pena  della  necessaria  funzione
rieducativa, posto che l'autore del reato non potrebbe viverla se non
come  punizione  immeritata,  con  conseguente induzione ad ulteriori
comportamenti trasgressivi;
        che   lo   stesso   Tribunale   di   Genova  in  composizione
monocratica, con ordinanze del 18 e del 29 marzo 2005 (r.o. nn. 307 e
306  del 2005), ha nuovamente sollevato - in riferimento agli artt. 3
e  27,  terzo comma, Cost. - questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 14,   comma 5-ter,   del   d.lgs.  n. 286  del  1998,  come
sostituito  dall'art. 1  della  legge n. 271 del 2004, nella parte in
cui  prevede  la  pena  della reclusione da uno a quattro anni per lo
straniero che, senza giustificato motivo, si trattenga nel territorio
dello Stato in violazione dell'ordine di allontanarsene, impartitogli
dal questore a norma del precedente comma 5-bis;
        che  le  predette  ordinanze,  deliberate  nell'ambito di due
giudizi  celebrati  con  rito  direttissimo  per il reato di indebito
trattenimento,  sono  analoghe,  nel  percorso  argomentativo  e  nel
petitum,   al  provvedimento  adottato  dal  medesimo  rimettente  il
20 gennaio 2005 (r.o. n. 268 del 2005), gia' sopra descritto;
        che il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, si e' costituito nei tre
giudizi   indicati  con  atti  di  identico  tenore,  rispettivamente
depositati  il  14  giugno 2005 (r.o. n. 268 del 2005) ed il 5 luglio
2005 (r.o. nn. 306 e 307), chiedendo che le questioni sollevate siano
dichiarate infondate;
        che, ad avviso della difesa erariale, l'evoluzione del quadro
sanzionatorio  per  effetto  della  legge n. 271 del 2004 non sarebbe
affatto  irragionevole,  posto che il reato di indebito trattenimento
era  gia'  in  precedenza  considerato grave (tanto da prevedersi per
esso  l'obbligatorieta'  dell'arresto),  e  che residuano pur dopo la
riforma - riguardo a fattispecie di rilevanza effettivamente minore -
forme  di  responsabilita'  per  mera  contravvenzione (come nel caso
dell'omessa  richiesta  di  rinnovo  del  permesso  di soggiorno gia'
ottenuto);
        che  sarebbe ingiustificato, in particolare, l'assunto di una
sensibile  differenza  di  gravita'  tra la fattispecie dell'indebito
trattenimento  e  le  ipotesi  previste  al comma 13-bis dell'art. 13
dello stesso d.lgs. n. 286 del 1998, il cui trattamento sanzionatorio
e' stato in sostanza parificato, e sarebbe per altro verso arbitrario
il  raffronto  istituito  tra la norma censurata e la contravvenzione
delineata   all'art. 650   cod.   pen.,   posta  la  rilevanza  e  la
particolarita'  degli  interessi  pubblici  sottesi alle disposizioni
penali in materia di immigrazione;
        che  il  Tribunale di Torino in composizione monocratica, con
ordinanza del 24 febbraio 2005 (r.o. n. 333 del 2005), ha sollevato -
in  riferimento  agli artt. 3 e 27, terzo comma, Cost. - questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 14,  comma 5-ter,  del d.lgs.
n. 286  del  1998, come sostituito dall'art. 1 della legge n. 271 del
2004,  nella  parte  in cui prevede la pena della reclusione da uno a
quattro  anni  per  lo  straniero  che, senza giustificato motivo, si
trattenga  nel  territorio  dello  Stato in violazione dell'ordine di
allontanarsene,  impartitogli  dal  questore  a  norma del precedente
comma 5-bis;
        che  il  rimettente  deve valutare una richiesta congiunta di
applicazione  della pena, ai sensi dell'art. 444 cod. proc. pen., per
il  reato  di  indebito  trattenimento,  ma dubita della legittimita'
della norma che fissa i valori edittali della sanzione, assumendo che
tale  previsione sarebbe irrazionale, e comunque discriminatoria, per
il  trattamento  piu'  severo  previsto rispetto a quello concernente
altre  condotte,  del  tutto assimilabili eppure sanzionate in misura
assai minore, o addirittura immuni da conseguenze penali;
        che  il giudice a quo, a tale proposito, si riferisce a norme
contenute  nello  stesso  d.lgs.  n. 286  del  1998,  che  riguardano
ulteriori  condotte  di  inottemperanza  all'ordine  di  lasciare  il
territorio  dello  Stato, punite solo con la pena dell'arresto da sei
mesi  ad  un  anno  (in  caso  di espulsione conseguente alla mancata
richiesta  di  rinnovo  del  permesso  di  soggiorno)  o  addirittura
penalmente  irrilevanti  (come  nel caso dell'espulsione disposta dal
Ministro  dell'interno  a  norma  del comma 1 dell'art. 13 del citato
d.lgs n. 286 del 1998);
        che, secondo il rimettente, il Legislatore non avrebbe dovuto
differenziare   il   trattamento   penale  delle  varie  condotte  di
inottemperanza in ragione della causa del provvedimento di espulsione
rimasto  ineseguito,  posto che la lesione del bene giuridico sarebbe
per  tutte  identica,  e  per  tutte  si  realizzerebbe con l'inutile
scadenza del termine per l'abbandono del territorio nazionale;
        che  il  Legislatore piuttosto, in osservanza del criterio di
proporzionalita',  avrebbe  dovuto  assimilare  il  trattamento della
condotta  in  esame a quello di comportamenti previsti da altre norme
di  tutela  dell'ordine  pubblico,  come il gia' citato art. 650 cod.
pen.  e  l'art. 2  della  legge  27 dicembre 1956, n. 1423 (Misure di
prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza),
che punisce la contravvenzione al foglio di via obbligatorio;
        che  in  particolare,  a  parere  del  rimettente,  la  piena
comunanza  di  struttura  e  di  oggetto  giuridico tra le previsioni
appena  citate  e  quella  censurata comproverebbe che il piu' severo
trattamento  dipende,  nella  specie,  dalla  cittadinanza  straniera
dell'autore  della violazione, e quindi introduce una discriminazione
inammissibile,  se  riferita  ad  un  diritto fondamentale qual e' la
liberta' della persona;
        che  l'incongruenza  del  trattamento  sanzionatorio rispetto
alle  caratteristiche  offensive  della condotta sarebbe documentata,
secondo  il giudice a quo, anche dall'evidente finalismo dell'opzione
compiuta  con  la legge n. 271 del 2004, volta a fissare una pena che
consentisse, a mente dell'art. 280 cod. proc. pen., l'applicazione di
una misura cautelare carceraria e dunque, pur dopo la sentenza n. 223
del 2004 di questa Corte, la previsione dell'arresto obbligatorio;
        che    la   sproporzione   per   eccesso   della   previsione
sanzionatoria  determinerebbe  anche  la  violazione  del terzo comma
dell'art. 27  Cost.,  atteso  che la finalita' rieducativa della pena
deve  essere assicurata non solo con riguardo alla fase esecutiva, ma
anche in sede di astratta comminazione, e che detta finalita' sarebbe
vanificata da una punizione manifestamente eccessiva dell'interessato
(e' richiamata la sentenza n. 343 del 1993 di questa Corte);
        che  anche in tale giudizio, con atto depositato il 26 luglio
2005,  e'  intervenuto  il  Presidente  del  Consiglio  dei ministri,
rappresentato   e   difeso   dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,
chiedendo che la questione sia dichiarata infondata;
        che,  secondo  la  difesa  erariale,  il quadro sanzionatorio
scaturito  dalla  legge  n. 271  del  2004  non sarebbe affetto dalle
incongruenze   denunciate,   posto   che   l'indebito   trattenimento
conseguente  all'ingresso  illegale  od  a  condotte similari sarebbe
reato  assimilabile  alle altre ipotesi punite in misura equivalente,
mentre  la comparazione con l'art. 650 cod. pen. e con l'art. 2 della
legge n. 1423 del 1956 sarebbe arbitraria, non assumendo rilievo, per
tali    fattispecie,   interessi   come   l'osservanza   di   vincoli
internazionali ed il governo dei flussi migratori;
        che  del  resto,  a  conferma della corretta dosimetria della
pena da parte del Legislatore, nel testo unico delle leggi in materia
di  immigrazione  permangono  reati  di natura contravvenzionale, con
pene  assimilabili  a  quelle  previste  dalle  norme  incriminatrici
assunte  a  tertia comparationis, come l'indebito trattenimento dello
straniero espulso per non aver sollecitato il rinnovo del permesso di
soggiorno;
        che  il  Tribunale  di  Torino in composizione monocratica ha
sollevato  -  in  riferimento agli artt. 3 e 27, terzo comma, Cost. -
numerose   ed  ulteriori  questioni  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 14,   comma 5-ter,   del   d.lgs.  n. 286  del  1998,  come
sostituito dall'art. 1 della legge n. 271 del 2004;
        che  in  particolare il rimettente ha deliberato, nell'ambito
di giudizi celebrati con rito abbreviato o direttissimo, ciascuno nei
confronti  di  un  cittadino straniero imputato del reato di indebito
trattenimento,  i  seguenti  provvedimenti: ordinanza del 24 febbraio
2005  (r.o.  n. 334  del  2005), ordinanza del 24 febbraio 2005 (r.o.
n. 335  del  2005),  ordinanza  del 24 febbraio 2005 (r.o. n. 336 del
2005),  ordinanza del 17 marzo 2005 (r.o. n. 337 del 2005), ordinanza
del  19 maggio  2005  (r.o. n. 457 del 2005), ordinanza del 16 luglio
2005  (r.o.  n. 496  del  2005),  ordinanza  del 16 luglio 2005 (r.o.
n. 497  del  2005),  ordinanza  del  16 luglio  2005 (r.o. n. 498 del
2005), ordinanza del 21 luglio 2005 (r.o. n. 499 del 2005), ordinanza
del  6 dicembre  2005 (r.o. n. 57 del 2006), ordinanza del 6 dicembre
2005 (r.o. n. 58 del 2006), ordinanza del 6 dicembre 2005 (r.o. n. 59
del  2006),  ordinanza  del  27 ottobre  2005  (r.o. n. 90 del 2006),
ordinanza  del  27 ottobre  2005 (r.o. n. 91 del 2006), ordinanza del
27 ottobre  2005 (r.o. n. 92 del 2006), ordinanza del 27 ottobre 2005
(r.o.  n. 93 del 2006), ordinanza del 27 ottobre 2005 (r.o. n. 94 del
2006), ordinanza del 27 ottobre 2005 (r.o. n. 407 del 2006);
        che dette ordinanze sono analoghe, nel percorso argomentativo
e  nel  petitum, al provvedimento adottato dal medesimo rimettente il
24 febbraio 2005 (r.o. n. 333 del 2005), gia' sopra descritto;
        che il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso  dall'Avvocatura generale dello Stato, e' intervenuto in tutti
i  giudizi,  con  atti  depositati  rispettivamente il 26 luglio 2005
(r.o.  nn. 334,  335,  336,  337  del 2005), il 18 ottobre 2005 (r.o.
n. 457 del 2005), il 2 novembre 2005 (r.o. nn. 496, 497, 498, 499 del
2005),  il 28 marzo 2006 (r.o. nn. 57, 58, 59 del 2006), il 26 aprile
2006 (r.o. nn. 90, 91, 92, 93, 94 del 2006), il 7 novembre 2006 (r.o.
n. 407 del 2006);
        che  gli  atti  di  intervento  citati  si caratterizzano per
l'identico  percorso  argomentativo, analogo a quello gia' illustrato
per  il  giudizio  concernente  l'ordinanza n. 333 del 2005, e per la
richiesta che la questione sia dichiarata infondata;
        che  il  Tribunale di Torino in composizione monocratica, con
due  ordinanze di identico tenore, deliberate il 13 aprile 2005 (r.o.
nn. 352  e  353  del  2005),  ha sollevato, in riferimento all'art. 3
Cost.,   questione   di   legittimita'  costituzionale  dell'art. 14,
comma 5-ter, prima parte, del d.lgs. n. 286 del 1998, come modificato
dall'art. 1  della  legge n. 271 del 2004, nella parte in cui prevede
la  pena della reclusione da uno a quattro anni per lo straniero che,
senza giustificato motivo, si trattenga nel territorio dello Stato in
violazione  dell'ordine  di allontanarsene, impartitogli dal questore
ai sensi del precedente comma 5-bis;
        che  in entrambi i casi e' inoltre sollevata - in riferimento
agli  artt. 3  e  13 Cost. - questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 14,  comma 5-quinquies, ultimo periodo, dello stesso d.lgs.
n. 286  del  1998, come modificato dall'art. 1 della legge n. 271 del
2004,  nella  parte  in  cui  prevede  l'arresto  obbligatorio  dello
straniero che, senza giustificato motivo, si trattenga nel territorio
dello Stato in violazione del precedente comma 5-ter;
        che,  in  ciascuno dei due procedimenti indicati, una persona
di   cittadinanza   straniera,   accusata   del   reato  di  indebito
trattenimento,  e'  stata  presentata  al  giudice  rimettente per la
convalida  dell'arresto  e per il successivo giudizio direttissimo, e
che  lo stesso giudice, nel sollevare le questioni sopra indicate, ha
disposto  la sospensione del procedimento di convalida, ordinando nel
contempo la liberazione dell'arrestata;
        che,  a parere del Tribunale, il comma 5-ter dell'art. 14 del
testo unico in materia di immigrazione delinea una previsione di mera
disobbedienza  all'ordine  di  allontanarsi,  la  quale  non dovrebbe
assumere,  neppure  indirettamente,  il  senso  d'una sanzione per il
fatto  antecedente  dell'ingresso  clandestino  nel  territorio dello
Stato, che l'ordinamento considera fatto penalmente irrilevante;
        che  il  rimettente  reputa  di  conseguenza irragionevole la
previsione di un diverso trattamento sanzionatorio, nell'ambito della
stessa  norma  censurata, per identiche condotte di disobbedienza, le
quali  si  distinguerebbero  tra  loro  solo in base alle circostanze
culminate con il provvedimento di espulsione rimasto privo di esito;
        che  una tale sperequazione non potrebbe essere giustificata,
in  particolare, con riguardo al carattere legale o non dell'ingresso
o  della  precedente  permanenza  nel  territorio  nazionale, perche'
sarebbe   altrimenti   contraddetta  la  scelta  legislativa  di  non
sanzionare, per se sola, la condizione di clandestinita';
        che,  sempre  secondo il rimettente, sarebbero ingiustificate
anche  le  differenze  di  trattamento  sanzionatorio  tra  la  norma
censurata  e  l'art. 650  cod.  pen., o l'art. 2 della legge 1423 del
1956,  ove  pure  viene  incriminata  la  violazione  dell'ordine  di
lasciare  un  luogo  determinato, con la differenza, semmai, che tale
ultima   ipotesi  si  riferirebbe  per  definizione  ad  un  soggetto
comprovatamente pericoloso;
        che  la  violazione  del  principio di ragionevolezza sarebbe
palese  una  volta considerato come il Legislatore del 2004, a parere
del  Tribunale, si sia astenuto da ogni valutazione sostanziale circa
l'intrinseca  gravita' del reato in questione, ed abbia semplicemente
voluto  «reagire»  alla  sentenza  di  questa  Corte n. 223 del 2004,
creando le premesse per una nuova previsione di arresto obbligatorio;
        che   secondo   il   giudice   a  quo,  una  volta  stabilita
l'illegittimita'  della norma incriminatrice nella parte in cui fissa
il  massimo  della  pena  in quattro anni di reclusione, risulterebbe
illegittima    anche    la    previsione    di    cui    all'art. 14,
comma 5-quinquies, del d.lgs. n. 286 del 1998, proprio per le ragioni
gia'  indicate  nella  citata sentenza n. 223 del 2004: la previsione
dell'arresto  sarebbe contraria al disposto degli artt. 3 e 13 Cost.,
se (nuovamente) riferita ad un reato che non consentisse, in seguito,
l'applicazione di «alcuna misura cautelare»;
        che il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso  dall'Avvocatura  generale  dello Stato, e intervenuto nei due
giudizi  con  atti  di  identico tenore, depositati il 9 agosto 2005,
chiedendo   che   le  questioni  siano  dichiarate  inammissibili  o,
comunque, infondate;
        che  sarebbe  inammissibile,  in  particolare,  la  questione
concernente  l'arresto  prescritto  per  lo  straniero inottemperante
all'ordine  di allontanamento, posto che lo stesso rimettente avrebbe
manifestato  «dubbi»  in  merito  alla  richiesta convalida, cosi' da
porre in evidenza l'irrilevanza della questione medesima;
        che sarebbero comunque infondate le censure espresse riguardo
al  quadro sanzionatorio scaturito dalla legge n. 271 del 2004, posto
che  l'inottemperanza  all'ordine  di  espulsione  conseguente  ad un
ingresso   illegale   nel   territorio  dello  Stato  (o  a  condotte
equivalenti)  era  gia'  prima  trattata  severamente  (specie con la
previsione dell'arresto obbligatorio), e che residuano pene piu' miti
per  le condotte meno gravi (come l'indebito trattenimento di chi non
abbia chiesto il rinnovo del permesso di soggiorno);
        che  gli  specifici  interessi  sottesi  alle norme penali in
materia   di   immigrazione   non  consentirebbero  comparazioni  con
ulteriori  e  diverse  fattispecie di inottemperanza (come l'art. 650
cod.  pen.  o  l'art. 2  della legge n. 1423 del 1956), i cui livelli
sanzionatori,  d'altronde,  sarebbero  non casualmente assimilabili a
quelli  della  meno  grave  figura  di  indebito  trattenimento dello
straniero;
        che  il  Tribunale di Milano in composizione monocratica, con
due  ordinanze di identico tenore, deliberate il 25 maggio 2005 (r.o.
nn. 519  e 520 del 2005), ha sollevato - in riferimento agli artt. 3,
16   e   27,   terzo   comma,   Cost.  -  questione  di  legittimita'
costituzionale  dell'art. 14,  comma 5-ter,  prima  parte, del d.lgs.
n. 286  del  1998, come modificato dall'art. 1 della legge n. 271 del
2004,  nella  parte  in cui prevede la pena della reclusione da uno a
quattro  anni  per  lo  straniero  che, senza giustificato motivo, si
trattenga  nel  territorio  dello  Stato in violazione dell'ordine di
allontanarsene,  impartitogli  dal  questore  ai sensi del precedente
comma 5-bis;
        che  secondo  il rimettente, il quale procede in due distinti
giudizi  con  rito abbreviato per fatti di indebito trattenimento, la
previsione  di  pena  contenuta  nella norma censurata e' palesemente
sproporzionata  rispetto  all'offesa che la condotta tipica reca agli
interessi  tutelati  dall'incriminazione  (e'  citata  la sentenza di
questa  Corte  n. 341 del 1994), ed anche rispetto ai vantaggi che il
sacrificio  di  liberta'  del  condannato  comporta per quegli stessi
interessi (sentenza n. 409 del 1989);
        che  detta  sproporzione  contrasterebbe  con il principio di
uguaglianza  e  vanificherebbe  il  fine  rieducativo  della pena (e'
richiamata  la  sentenza  n. 343  del  1993), comportando inoltre una
indebita  restrizione della liberta' di circolazione, che neppure per
gli stranieri potrebbe essere limitata da prescrizioni manifestamente
irragionevoli  (vengono richiamate le sentenze n. 62 del 1994, n. 144
del 1970 e n. 104 del 1969);
        che  secondo  il  Tribunale  sarebbe eccessiva, anzitutto, la
misura  minima  della  pena  prevista  dalla norma censurata, poiche'
rispetto    a   tale   sanzione   risultano   uniformate   situazioni
soggettivamente   ed   oggettivamente   diverse,   che   spaziano  da
fattispecie  di minimo allarme sociale ad altre di significato lesivo
piu' marcato;
        che anche la previsione concernente il massimo edittale della
pena,   a   parere   del   giudice   a  quo,  sarebbe  manifestamente
irragionevole,  posto che la quadruplicazione della misura originaria
non  troverebbe  giustificazione  in  un  incremento  del significato
lesivo  del fatto, ma solo nella volonta' legislativa di ripristinare
l'arresto  obbligatorio  in  flagranza,  dopo  la sentenza n. 223 del
2004,  senza  una  formale  violazione  dei  principi  nell'occasione
enunciati da questa Corte;
        che     l'attuale     livello    della    sanzione    sarebbe
ingiustificatamente  analogo a quello previsto per fatti di rilevanza
assai  maggiore,  come  il  reato di cui all'art. 14, comma 5-quater,
dello  stesso  d.lgs.  n. 286  del  1998,  che consiste nell'indebito
reingresso di persona gia' espulsa dal territorio nazionale, e dunque
in  una  condotta ben piu' grave della mera inottemperanza all'ordine
di allontanamento;
        che d'altra parte i valori di pena della norma censurata sono
molto   piu'   elevati   di  quelli  che  caratterizzano  fattispecie
riguardanti,  a  parere  del  Tribunale, comportamenti essenzialmente
analoghi  a quello in considerazione, in quanto pertinenti a fatti di
inottemperanza  ad  un  divieto o ad un obbligo: l'inosservanza di un
provvedimento  dell'autorita',  di  cui  all'art. 650  cod.  pen;  la
contravvenzione  al  foglio  di  via  obbligatorio, di cui all'art. 2
della  legge  n. 1423 del 1956; la contravvenzione ai divieti od agli
obblighi   imposti   a  fini  di  prevenzione  della  violenza  nelle
manifestazioni  sportive,  di  cui  all'art. 6,  comma 6, della legge
13 dicembre  1989,  n. 401 (Interventi nel settore del giuoco e delle
scommesse clandestini e tutela della correttezza nello svolgimento di
manifestazioni  sportive),  sanzionata in via alternativa con la pena
pecuniaria e con quella detentiva, e tra l'altro concernente soggetti
gia'  denunciati  o  condannati  per  gravi  reati,  o  comunque gia'
coinvolti in episodi di violenza;
        che il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso  dall'Avvocatura  generale dello Stato, e' intervenuto nei due
giudizi  con atti di identico tenore, depositati il 15 novembre 2005,
chiedendo che le questioni siano dichiarate infondate;
        che  gli  atti  di  intervento  citati  si caratterizzano per
l'identico  percorso  argomentativo, analogo a quello gia' illustrato
per  il  giudizio  concernente  l'ordinanza n. 333 del 2005, e per la
comune richiesta che la questione sollevata sia ritenuta infondata.
    Considerato  che  tutte  le ordinanze fin qui descritte sollevano
questione  di  legittimita' costituzionale dell'art. 14, comma 5-ter,
primo  periodo, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo
unico  delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione
e   norme   sulla   condizione   dello  straniero),  come  sostituito
dall'art. 1  della  legge  12 novembre  2004,  n. 271 (Conversione in
legge,  con  modificazioni,  del  decreto  legge  14 settembre  2004,
n. 241,  recante  disposizioni  urgenti  in materia di immigrazione),
nella  parte in cui prevede la pena della reclusione da uno a quattro
anni  per  lo  straniero che, senza giustificato motivo, si trattenga
nel   territorio   dello   Stato   in   violazione   dell'ordine   di
allontanarsene,  impartitogli  dal  questore  a  norma del precedente
comma 5-bis;
        che  la  norma  viene  censurata  per  i valori asseritamente
troppo  elevati  della  pena  edittale, con riferimento generalizzato
all'art. 3  della  Costituzione  e con riguardo anche, per alcuni dei
rimettenti, agli artt. 16 e 27, terzo comma, Cost.;
        che  i  giudici  a  quibus  - dopo aver ricordato che la pena
originariamente  prevista  per  il  reato  di  indebito trattenimento
consisteva  nell'arresto  da  sei  mesi  ad un anno, e che, a seguito
delle  modifiche  recate  dalla  legge  n. 271  del 2004, la medesima
condotta  e'  oggi  punita  con la reclusione da uno a quattro anni -
rilevano nel complesso che l'inasprimento sarebbe stato attuato senza
alcuna sostanziale modifica del fenomeno criminoso sottostante, e per
cio'   stesso   in   violazione  dei  principi  di  ragionevolezza  e
proporzionalita' della pena;
        che   le  pene  comminate  dalla  norma  censurata  sarebbero
palesemente   sproporzionate   per  eccesso  rispetto  alla  gravita'
effettiva  del  fatto  incriminato - che consisterebbe in un reato di
pericolo,  non  sintomatico  per se' di pericolosita' sociale - e non
assicurerebbero  un  adeguato  bilanciamento  tra il sacrificio della
liberta'  personale  del  condannato ed i vantaggi che ne derivano in
termini   di   tutela   degli  interessi  protetti  dalla  previsione
incriminatrice;
        che, inoltre, la pena minima attualmente prevista dalla norma
censurata,  data  la  sua  entita',  non consentirebbe di modulare il
trattamento  sanzionatorio  per  le  varie  ed eterogenee fattispecie
riconducibili   alla  previsione  astratta,  cosi'  determinando  una
violazione del principio di uguaglianza (in particolare, r.o. nn. 519
e 520 del 2005);
        che,  nel  complesso, i rimettenti pongono in comparazione il
trattamento sanzionatorio dell'indebito trattenimento e quello, assai
piu'  mite,  previsto  da disposizioni ritenute assimilabili, perche'
concernenti  a  loro volta condotte di inottemperanza a provvedimenti
adottati  dall'autorita' amministrativa per ragioni di sicurezza e di
ordine  pubblico,  evocando  in  particolare:  l'art. 650  del codice
penale   (recante   la   rubrica   «Inosservanza   dei  provvedimenti
dell'Autorita»),  che  prevede  l'arresto fino a tre mesi o l'ammenda
fino  ad  euro  206;  l'art. 2  della legge 27 dicembre 1956, n. 1423
(Misure  di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la
sicurezza),   relativo   alla   contravvenzione   al  foglio  di  via
obbligatorio,  punita  con  l'arresto  da  uno a sei mesi; l'art. 14,
comma 5-ter, seconda parte, del d.lgs. n. 286 del 1998, relativo allo
straniero  espulso  per  non  aver chiesto il rinnovo del permesso di
soggiorno in precedenza ottenuto, punito con l'arresto da sei mesi ad
un  anno;  l'art. 6,  comma 6,  della  legge 13 dicembre 1989, n. 401
(Interventi  nel  settore  del giuoco e delle scommesse clandestini e
tutela   della   correttezza   nello  svolgimento  di  manifestazioni
sportive),  relativo alla contravvenzione ai provvedimenti di divieto
ed  obbligo  finalizzati  a  prevenire  atti di violenza nel corso di
manifestazioni  sportive,  punita con la multa o con la reclusione da
tre  a  diciotto mesi (in particolare, per l'ultima fattispecie, r.o.
nn. 519 e 520 del 2005);
        che  i  giudici  a quibus istituiscono anche una comparazione
tra   la   norma   censurata   e   talune  previsioni  incriminatrici
caratterizzate   da   analoghi  livelli  sanzionatori,  asseritamente
riguardanti  condotte assai piu' gravi, evocando in particolare varie
figure  di  indebito  reingresso dello straniero nel territorio dello
Stato  (art. 13,  comma 13-bis,  primo  e secondo periodo, e art. 14,
comma 5-quater, del d.lgs. n. 286 del 1998);
        che  tutte  le  ordinanze  di  rimessione,  tranne  due (r.o.
nn. 352  e  353  del  2005),  prospettano  il  contrasto tra la norma
censurata ed il terzo comma dell'art. 27 Cost., in quanto la relativa
previsione  sanzionatoria, essendo priva di proporzionalita' rispetto
al fatto incriminato, non potrebbe assolvere alla necessaria funzione
rieducativa della pena;
        che  il  Tribunale  di  Milano  prospetta anche la violazione
dell'art. 16 Cost., in quanto la previsione di pene irragionevoli per
il   reato  di  indebito  trattenimento  comporterebbe  una  illecita
compressione  del  diritto di libera circolazione delle persone (r.o.
nn. 519 e 520 del 2005);
        che  il  Tribunale  di  Torino, con alcune delle ordinanze in
epigrafe,  solleva  anche  questione  di  legittimita' costituzionale
dell'art. 14,  comma 5-quinquies,  ultimo  periodo, del d.lgs. n. 286
del  1998,  come  sostituito dall'art. 1 della legge n. 271 del 2004,
nella parte in cui prevede l'arresto obbligatorio dello straniero che
si  trattenga nel territorio dello Stato in violazione del precedente
comma 5-ter, primo periodo (r.o. nn. 352 e 353 del 2005);
        che,  ad  avviso  del  rimettente,  la disposizione censurata
violerebbe   gli   artt. 3   e   13   Cost.,  poiche'  la  previsione
dell'arresto,   una   volta  stabilita  l'illegittimita'  della  pena
edittale   pari   nel   massimo   a   quattro   anni  di  reclusione,
contrasterebbe  con  i  principi  di  ragionevolezza e inviolabilita'
della  liberta'  personale,  secondo  quanto gia' stabilito da questa
Corte con la sentenza n. 223 del 2004;
        che,  data  la  pertinenza di tutte le questioni sollevate al
trattamento   sanzionatorio   e   processuale   del   reato  previsto
dall'art. 14, comma 5-ter, primo periodo, del d.lgs. n. 286 del 1998,
puo' essere disposta la riunione dei relativi giudizi;
        che,    preliminarmente,    va   disattesa   l'eccezione   di
inammissibilita'  sollevata dall'Avvocatura dello Stato riguardo alle
questioni concernenti l'arresto dello straniero accusato del reato di
indebito  trattenimento (ordinanze nn. 352 e 353 del 2005), in quanto
i  «dubbi»  manifestati  dal  rimettente in ordine alla convalida del
provvedimento  non riguardano la ricorrenza dei relativi presupposti,
ma  soltanto,  e  propriamente, la legittimita' della norma applicata
per operare l'arresto;
        che  le  questioni di legittimita' costituzionale concernenti
l'art. 14,  comma 5-ter,  primo periodo, del d.lgs. n. 286 del 1998 -
come  sostituito  dall'art. 1  della  legge  n. 271  del  2004 - sono
sostanzialmente  le  medesime  che  questa  Corte  ha gia' dichiarato
inammissibili con la sentenza n. 22 del 2007;
        che  dunque,  non  essendovi  ragione  per  discostarsi dalle
valutazioni    recentemente    compiute,    deve    dichiararsi    la
inammissibilita'  manifesta  delle  questioni in esame nella presente
sede;
        che   anche   la  questione  di  legittimita'  costituzionale
concernente  la rinnovata previsione dell'arresto obbligatorio per il
reato  di  indebito trattenimento (art. 14, comma 5-quinquies, ultimo
periodo,  del  d.lgs.  n. 286  del  1998, come sostituito dall'art. 1
della legge n. 271 del 2004) e' manifestamente inammissibile;
        che   infatti   detta   questione,  costruita  sulla  pretesa
illegittimita'  costituzionale  della norma che fissa in quattro anni
il  massimo  edittale della pena per il delitto in considerazione, e'
interamente fondata - come gia' rilevato con la citata sentenza n. 22
del  2007  per  una  fattispecie  analoga  -  su  un quadro normativo
ipotetico, cioe' quello che avrebbe dovuto scaturire da un intervento
manipolativo  sul  trattamento  sanzionatorio,  e  dunque e' priva di
rilevanza.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Riuniti i giudizi,
    dichiara   la   manifesta  inammissibilita'  delle  questioni  di
legittimita' costituzionale dell'art. 14, comma 5-ter, primo periodo,
del  decreto  legislativo  25 luglio  1998, n. 286 (Testo unico delle
disposizioni  concernenti  la  disciplina  dell'immigrazione  e norme
sulla  condizione dello straniero), come sostituito dall'art. 1 della
legge   12 novembre   2004,   n. 271   (Conversione   in  legge,  con
modificazioni,  del  decreto-legge 14 settembre 2004, n. 241, recante
disposizioni  urgenti in materia di immigrazione), nella parte in cui
prevede  la  pena  della  reclusione  da  uno  a  quattro anni per lo
straniero che, senza giustificato motivo, si trattenga nel territorio
dello Stato in violazione dell'ordine di allontanarsene, impartitogli
dal  questore  a  norma  del  precedente  comma 5-bis,  sollevate, in
riferimento  agli  artt. 3, 16 e 27 della Costituzione, dai Tribunali
di Genova, Torino e Milano, con le ordinanze indicate in epigrafe;
    Dichiara   la   manifesta  inammissibilita'  delle  questioni  di
legittimita'   costituzionale  dell'art. 14,  comma 5-quinquies,  del
d.lgs.  n. 286  del  1998,  come  sostituito  dall'art. 1 della legge
n. 271  del  2004,  nella parte in cui prevede l'arresto obbligatorio
dello  straniero  che  si  trattenga  nel  territorio  dello Stato in
violazione  del  precedente comma 5-ter, primo periodo, sollevate, in
riferimento  agli artt. 3 e 13 Cost., dal Tribunale di Torino, con le
ordinanze indicate in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 18 aprile 2007.
                         Il Presidente: Bile
                       Il redattore: Silvestri
                      Il cancelliere: Fruscella
    Depositata in cancelleria l'11 maggio 2007.
                      Il cancelliere: Fruscella
07C0651