N. 400 ORDINANZA (Atto di promovimento) 3 novembre 2006

Ordinanza emessa il 3 novembre 2006 dal giudice di pace di Torino sul
ricorso proposto da Ftoutou Abdelhamid contro il Prefetto di Torino

Straniero  -  Espulsione  amministrativa  - Ricorso in opposizione al
  decreto  di  espulsione  -  Presentazione  a  mezzo posta - Mancata
  previsione  -  Ingiustificata  diversa disciplina rispetto a quanto
  previsto  per  il  ricorso  alla  Commissione  tributaria  e per il
  ricorso  in opposizione contro l'ordinanza-ingiunzione, in seguito,
  rispettivamente,   alle   sentenze   della   Corte   costituzionale
  n. 520/2002 e n. 98/2004 - Incidenza sul diritto di difesa.
- Decreto  legislativo 25 luglio 1998, n. 286, art. 13, comma 8, come
  modificato  dall'art. 1,  comma 2,  del  decreto legge 14 settembre
  2004, n. 241, convertito in legge 12 novembre 2004, n. 271.
- Costituzione, artt. 3 e 24.
(GU n.22 del 6-6-2007 )
                         IL GIUDICE DI PACE

    A  scioglimento  della riserva assunta all'udienza del 26 ottobre
2006, nel giudizio di opposizione a decreto di espulsione promosso da
Ftoutou  Abdelhamid,  assistito d'ufficio dall'avv. Gianluca Nargiso,
contro il Prefetto di Torino.

                           P r e m e s s o

    Con  ricorso  presentato  a  mezzo posta e protocollato in arrivo
dalla cancelleria di questo giudice in data 28 settembre 2006 il sig.
Ftoutou  Abdelhamid  ha impugnato il decreto di espulsione n. 3032/06
emesso il 1° settembre 2006 dal Prefetto della Provincia di Torino.
    Il  ricorso  e'  stato sottoscritto personalmente dal ricorrente,
che  al  momento  della  spedizione  si  trovava trattenuto presso il
Centro  di  permanenza  temporanea «Brunelleschi» di Torino, in forza
del provvedimento del Questore di Torino emesso il 1° settembre 2006.
    Con  il  decreto di fissazione dell'udienza di comparizione delle
parti  emesso  il  5 ottobre 2006 il giudice di pace, rilevato che lo
straniero  aveva  sottoscritto  personalmente  il ricorso e non aveva
rilasciato  mandato  alle liti ad alcun legale, ha disposto la nomina
di  un  difensore  d'ufficio  ai  sensi dell'art. 13, comma 8, d.lgs.
n. 286/1998.
    All'udienza  di comparizione del 26 ottobre 2006 il difensore del
ricorrente  ha  insistito per l'ammissibilita' del ricorso presentato
dallo straniero e, nel merito, ne ha chiesto l'accoglimento.
    La Prefettura di Torino non si e' costituita.
    La  Questura  di  Torino - Ufficio immigrazione, il giorno stesso
dell'udienza  ha  trasmesso  note illustrative a mezzo telefax, nelle
quali  ha chiesto il rigetto del ricorso. Alle note ha allegato copia
dei  decreti  di  espulsione  e  di  trattenimento, nonche' copia del
verbale delle sommarie informazioni rese dallo straniero il 31 agosto
2006 al momento del fermo presso la Questura di Torino.
    Per  la  decisione della controversia sottoposta al suo esame, il
giudice  di  pace  e' preliminarmente tenuto a valutare se sia o meno
ammissibile  il  ricorso  presentato  dallo  straniero  a  mezzo  del
servizio  postale  invece  che  con il deposito presso la cancelleria
dell'ufficio. Nel caso si negasse legittimita' alla presentazione del
ricorso  a  mezzo  posta,  la  controversia  si  risolverebbe con una
pronuncia  sulla inammissibilita' della domanda ed al giudice sarebbe
precluso l'esame del merito della controversia.
    Poste   le  suindicate  premesse,  questo  giudice  dubita  della
legittimita'   costituzionale   dell'art. 13,   comma  8  del  d.lgs.
n. 286/1998, nella parte in cui non prevede che il ricorso avverso il
decreto  prefettizio  di espulsione possa essere presentato anche con
il  mezzo  del  servizio  postale,  per  le  ragioni  che si vanno ad
esporre.
   Sulla rilevanza della questione di legittimita' costituzionale
    L'art. 13,  comma  8  del  d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, recante
Testo    Unico   delle   disposizioni   concernenti   la   disciplina
dell'immigrazione  e  norme sulla condizione dello straniero, prevede
che  lo  straniero  possa  sottoscrivere  personalmente il ricorso in
opposizione  al  decreto  di espulsione, ma non dispone espressamente
che  il  ricorso  possa  essere  inoltrato anche a mezzo del servizio
postale.
    Il  giudice  di pace rimettente e' chiamato ad applicare l'ottavo
comma  del  citato  articolo  13  al  fine  di valutare se il ricorso
presentato  dal  sig.  Ftoutou  a  mezzo  posta  sia  da considerarsi
ammissibile o meno.
    In mancanza di una espressa previsione normativa che contempli la
possibilita'  di  presentazione  del  ricorso  a  mezzo  del servizio
postale, il giudice dovrebbe ritenere che l'opposizione al decreto di
espulsione  sia  ritualmente  proposta  soltanto  con il deposito del
ricorso nella cancelleria del giudice territorialmente competente.
    Sotto questo profilo, la questione di legittimita' costituzionale
appare  rilevante,  dal  momento  che  la disposizione che si intende
sottoporre   al   vaglio  della  Corte  costituzionale  deve  trovare
applicazione  nel giudizio de quo e si configura come determinante ai
fini della decisione.

                  Sulla non manifesta infondatezza

    La  Corte costituzionale ha in passato affrontato con la sentenza
n. 520/2002    la   questione   della   legittimita'   costituzionale
dell'art. 22,  commi  1  e  2  del  d.lgs.  31  dicembre 1992, n. 246
(Disposizioni  sul processo tributario in attuazione della delega del
governo contenuta nell'art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413),
nella  parte  in  cui  non  prevedeva che il ricorso alla Commissione
tributaria  potesse  essere  presentato  oltre che con il deposito in
cancelleria anche con l'invio a mezzo del servizio postale.
    Successivamente,  con  la  sentenza  n. 98/2004,  ha esaminato la
questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 22 della legge
24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale) nella parte in
cui   non   consentiva   l'utilizzo   del  servizio  postale  per  la
proposizione      del      ricorso      in     opposizione     contro
l'ordinanza-ingiunzione.
    Con  entrambe le sentenze la Corte ha dichiarato l'illegittimita'
delle disposizioni sottoposte al suo esame, ribadendo «l'esigenza, di
carattere    costituzionale,    che    le   norme   che   determinano
l'inammissibilita'  degli  atti  introduttivi  dei  giudizi  siano in
armonia con lo specifico sistema processuale cui si riferiscono e non
frappongano   ostacoli   all'esercizio  del  diritto  di  difesa  non
giustificati dal preminente interesse pubblico ad uno svolgimento del
processo  adeguato  alla  funzione  ad  esso assegnata» (Corte cost.,
sent. 18 marzo 2004, n. 98).
    L'estrema  semplicita'  delle  forme procedurali, che nel sistema
degli  artt. 22  e  seguenti  della  legge  n. 689/1981 consentono al
ricorrente  di  proporre  il  ricorso  personalmente  e  di  stare in
giudizio  senza  l'assistenza  di un difensore, oltreche' la completa
esenzione  da  ogni  tassa e imposta, ha condotto la Corte a ritenere
irragionevole  la mancata previsione della proponibilita' del ricorso
in opposizione a ordinanza-ingiunzione a mezzo del servizio postale.
    Analogamente,  la Corte ha ritenuto «del tutto privo di qualsiasi
razionale   giustificazione   assoggettare  nel  processo  tributario
(attesa  la  sua  configurazione  sia nella semplificazione delle sue
attivita'  processuali  sia nel sistema di assistenza tecnica e delle
ipotesi  di  legittimazione  diretta  e  personale  della  parte  sia
soprattutto  nella  ripartizione  della  competenza  territoriale con
rilevanza della sola sede dell'ufficio fiscale convenuto) il deposito
del  ricorso  e  degli atti relativi ai fini della costituzione delle
parti  ad  una  unicita'  di  forma  consistente  nella presentazione
personale  brevi  manu;  verrebbe  escluso  l'utilizzo  del  servizio
postale,   invece   ampiamente  utilizzato  per  le  comunicazioni  e
notifiche  specie  dalla  parte  pubblica.  Cio'  soprattutto  quando
l'intero  sistema  dei  processi  civili,  amministrativi e contabili
ammette  l'uso  di  mezzi  telematici  ed  informatici proprio per la
costituzione in giudizio e la presentazione di atti e documenti.».
    Modellandosi  su  forme  non  dissimili da quelle del giudizio di
opposizione   all'ordinanza-ingiunzione  e  di  quello  dinanzi  alle
Commissioni  tributarie  provinciali, il procedimento di impugnazione
del  decreto  prefettizio  di  espulsione  e' improntato alla massima
semplicita'  di  forme,  al  punto  che  il  legislatore si limita ad
individuare  il giudice competente per territorio (il giudice di pace
del  luogo in cui ha sede l'autorita' che ha disposto l'espulsione) e
a  prevedere esclusivamente il termine entro il quale il ricorso deve
essere  presentato,  senza  dettare  alcuna  disposizione procedurale
circa  il  successivo  svolgimento  del giudizio («Il giudice di pace
accoglie  o  rigetta il ricorso, decidendo con un unico provvedimento
adottato, in ogni caso, entro venti giorni dalla data di deposito del
ricorso»).
    Il   ricorso   puo'   essere   sottoscritto  anche  personalmente
dall'interessato  e  soltanto  dopo  la sua presentazione e' previsto
che,  se  sprovvisto  di difensore, il ricorrente sia assistito da un
difensore  designato  dal  giudice  nell'ambito dei soggetti iscritti
nella  tabella  di  cui  all'art. 29  delle  norme  di attuazione, di
coordinamento  e  transitorie  del  c.p.p. con ammissione al gratuito
patrocinio a spese dello Stato (art. 13, comma 8).
    Il processo, inoltre, e' completamente esente da tasse e imposte.
    La  ratio  della  disposizione sembra essere quella di rendere il
piu'  semplice possibile l'instaurazione del giudizio di impugnazione
al  fine di consentire allo straniero di ottenere una pronuncia sulla
legittimita'  del  provvedimento  di  espulsione nel piu' breve tempo
possibile.
    L'esigenza   di   garantire   la   semplicita'  e  l'immediatezza
dell'accesso   alla  giustizia  risulta  oltremodo  necessaria  e  si
considera  che  lo  straniero  cui sia stato notificato il decreto di
espulsione  viene  contestualmente raggiunto dall'ordine del questore
di  allontanarsi dal territorio dello Stato entro cinque giorni dalla
notifica  dell'espulsione  (art. 14,  comma  5-bis)  - termine al cui
decorso consegue il reato previsto e punito dall'art. 14, comma 5-ter
con  la  reclusione  da  uno a quattro anni - ovvero viene trattenuto
presso  un  centro  di  permanenza  temporaneo  in  attesa  che siano
acquisiti  dalle  autorita' consolari i documenti per l'espatrio e si
procuri  il  vettore  necessario  per il viaggio di rientro (art. 14,
comma 1, d.lgs. n. 286/1998).
    Tanto   nell'una   quanto  nell'altra  ipotesi  stante  l'estrema
ristrettezza  dei termini entro cui lo straniero e' tenuto a lasciare
il  territorio  nazionale ovvero viene trattenuto presso il Centro di
permanenza  temporanea  in  attesa  del  suo rimpatrio ad opera della
forza pubblica («per il tempo strettamente necessario» art. 14, comma
1),  al ricorrente deve essere garantita la possibilita' di adire nel
modo  piu'  rapido possibile l'autorita' giudiziaria territorialmente
competente a valutare la legittimita' del provvedimento di espulsione
sul  cui  presupposto  sono  emessi  l'ordine  di allontanamento o il
decreto di trattenimento presso il C.P.T.
    A  cio'  si  aggiunga che sovente il giudice di pace competente a
ricevere  il  ricorso  si trova geograficamente distante dal luogo in
cui  lo  straniero  ha  la  propria residenza ovvero da quello in cui
viene  trattenuto  presso un Centro di permanenza temporanea ai sensi
dell'art. 14, comma 1, d.lgs. n. 286/1998.
    Proprio  avuto riguardo alla peculiare situazione degli stranieri
trattenuti  presso  un  Centro di permanenza temporanea - ai quali il
divieto  di  uscire dal Centro rende impossibile eseguire il deposito
del  ricorso  presso la cancelleria del giudice di pace - l'inoltro a
mezzo   del  servizio  postale  sembra  costituire  l'unico  modo  di
presentazione del ricorso stesso.
    Considerazioni  non  dissimili valgono per i ricorsi sottoscritti
personalmente  dal ricorrente che si trovi gia' all'estero e proponga
l'impugnazione   per   il   tramite   delle   autorita'  consolari  o
diplomatiche  italiane.  In  tal  caso,  l'ottavo  comma  del  citato
articolo  13  prevede  che  «la  sottoscrizione del ricorso, da parte
della  persona  interessata,  e'  autenticata  dai  funzionari  delle
rappresentanze   diplomatiche   o   consolari,   che   provvedono   a
certificarne  l'autenticita'  e  ne  curano  l'inoltro  all'autorita'
giudiziaria».  Inoltro  che,  ragionevolmente non sembra poter essere
eseguito  se  non attraverso il servizio postale, a meno di non voler
gravare   le   autorita'   consolari   di   adempimenti  -  quali  la
domiciliazione  presso  soggetti  residenti  nella circoscrizione del
giudice adito - che la disposizione non prevede.
Sulle  disposizioni costituzionali che si assumono violate - Articoli
                      3 e 24 della Costituzione
    Alla  luce  dei  rilievi  sin qui esposti e dei principi espressi
dalla  Corte  costituzionale nelle sentenze n. 520/2002 e n. 98/2004,
il   giudice  rimettente  dubita  della  legittimita'  costituzionale
dell'art. 13,  comma 8 del d.lgs. n. 286/1998, nella parte in cui non
prevede  che  il ricorso avverso il decreto prefettizio di espulsione
possa essere presentato anche con il mezzo del servizio postale.
    Tale mancata previsione appare irragionevole rispetto all'estrema
semplificazione del sistema procedurale delineato dall'art. 13, comma
8 del d.lgs. n. 286/1998 e alla necessita' di garantire la piu' ampia
facilita'  di  accesso  alla  tutela  giurisdizionale, avuto riguardo
anche  alla  delicatezza  della  materia  sui  cui  il giudizio verte
(legittimita'   del   provvedimento   di  espulsione  dal  territorio
nazionale   e   correlativo  diritto  soggettivo  dello  straniero  a
stabilirsi  sul  territorio nazionale) e alla gravita' delle sanzioni
penali  e amministrative correlate all'espulsione (divieto di rientro
e  reclusione per il caso di illegittimo trattenimento sul territorio
nazionale o di rientro in violazione del divieto di rientro).
    Sotto  il  profilo dell'irragionevolezza, sembra a questo giudice
che  l'art. 13,  comma 8 del d.lgs. n. 286/1998 si ponga in contrasto
con il disposto dell'art. 3 della Costituzione, avuto riguardo, oltre
che  alla  omessa  previsione  del servizio postale come strumento di
presentazione del ricorso, sebbene il mezzo della posta risulti ormai
ampiamente  previsto  ed  utilizzato  come  strumento di trasmissione
degli   atti  nei  giudizi  ordinari  e  amministrativi,  anche  alla
disparita'  di trattamento tra colui che intende impugnare il decreto
di  espulsione  e la p.a. che si avvale ampiamente dell'invio di atti
processuali a mezzo posta e addirittura a mezzo fax.
    A tal proposito, non sembra fuori luogo rilevare incidentalmente,
che  proprio  nel  giudizio  in esame la Questura di Torino - Ufficio
Immigrazione,  ha  utilizzato  il telefax per inviare le proprie note
illustrative ed i documenti ritenuti rilevanti per la decisione della
controversia.
    Sotto  l'ulteriore  profilo  della illegittima e non giustificata
frapposizione  di  ostacoli  all'esercizio  del  diritto  di  difesa,
l'ottavo  comma del citato articolo 13, solleva dubbi di legittimita'
costituzionale anche in relazione all'art. 24, primo comma Cost.
    La  Corte  costituzionale, con la sentenza n. 98/2004 ha ribadito
il   proprio  precedente  orientamento  riaffermando  l'esigenza  «di
carattere    costituzionale,    che    le   norme   che   determinano
l'inammissibilita'  degli  atti  introduttivi  dei  giudizi  siano in
armonia con lo specifico sistema processuale cui si riferiscono e non
frappongano   ostacoli   all'esercizio  del  diritto  di  difesa  non
giustificati dal preminente interesse pubblico ad uno svolgimento del
processo  adeguato  alla  funzione  ad  esso assegnata» (Corte cost.,
sent. 18 marzo 2004, n. 98).
    Alla  luce  di  tali principi, questo giudice ritiene che non sia
manifestamente    infondato   il   dubbio   circa   la   legittimita'
costituzionale dell'ottavo comma dell'art. 13 d.lgs. n. 286 /1998.
                              P. Q. M.
    Solleva  questione  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 13
comma  8  del  d.lgs.  25 luglio 1998, n. 286, nella parte in cui non
prevede  che il ricorso avverso il decreto di espulsione possa essere
presentato  anche con il mezzo della posta, in relazione agli artt. 3
e 24 della Costituzione;
    Ordina  che  a  cura  della cancelleria la presente ordinanza sia
notificata  alle  parti in causa, nonche' al Presidente del Consiglio
dei  ministri,  e  sia  comunicata  ai  Presidenti  della  Camera dei
deputati  e  del Senato della Repubblica, ai sensi dell'art. 23 della
legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 87;
    Ordina  che  a cura della cancelleria la presente ordinanza venga
trasmessa alla Corte costituzionale insieme con gli atti del giudizio
e   con   la  prova  dell'avvenuta  notificazione  dell'ordinanza  al
Presidente  del  Consiglio  del  ministri  e  della  comunicazione ai
Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;
    Sospende  il  giudizio  in  corso sino alla pronuncia della Corte
costituzionale.
        Torino, addi' 3 novembre 2006
                     Il giudice di pace: Bologna
07C0707