N. 176 ORDINANZA 22 maggio - 1 giugno 2007

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Circolazione  stradale  -  Guida  di  motoveicolo  per  il  quale  e'
  richiesta  la patente di categoria A da parte di soggetto munito di
  patente  di  categoria  B  -  Previsione nel d.lgs. n. 152 del 1999
  della stessa sanzione amministrativa contemplata per la guida senza
  patente  -  Denunciata  esorbitanza della norma delegata dai limiti
  della   legge   delega   -   Questione   fondata  su  una  premessa
  interpretativa   non   confortata   dall'esegesi  degli  interventi
  normativi  e  delle  decisioni  della  Corte in materia e avente ad
  oggetto  una norma non applicabile al caso sottoposto all'esame del
  rimettente - Manifesta inammissibilita' per difetto di rilevanza.
- Codice  della  strada  (d.lgs.  30 aprile  1992, n. 285), art. 116,
  commi 13  e  18, come sostituiti rispettivamente dalle lettere a) e
  b) del comma 1 dell'art. 19 del d.lgs. 30 dicembre 1999, n. 507.
- Costituzione, art. 76.
(GU n.22 del 6-6-2007 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Franco BILE;
  Giudici:  Giovanni  Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO,
Paolo  MADDALENA,  Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO,
Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE,
Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dei  commi 13  e  18
dell'art. 116  del  decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo
codice   della   strada),   come   rispettivamente  sostituiti  dalle
lettere a)  e  b)  del  comma 1  dell'art. 19 del decreto legislativo
30 dicembre 1999, n. 507 (Depenalizzazione dei reati minori e riforma
del  sistema  sanzionatorio,  ai sensi dell'articolo 1 della legge 25
giugno 1999,  n. 205),  nel procedimento civile vertente tra Giovanni
Kavalakis   e  la  Prefettura  di  Genova  promosso  dalla  Corte  di
cassazione  con  ordinanza  del 3 maggio 2006, iscritta al n. 590 del
registro  ordinanze  2006 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 1, 1ª serie speciale, dell'anno 2007.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  Camera  di  consiglio  del 9 maggio 2007 il giudice
relatore Luigi Mazzella.
    Ritenuto  che,  con  ordinanza  del  3 maggio  2006,  la Corte di
Cassazione   ha   sollevato,   in   riferimento   all'art. 76   della
Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dei commi 13 e
18  dell'art. 116  del  decreto  legislativo  30 aprile  1992, n. 285
(Nuovo  codice  della  strada), come rispettivamente sostituiti dalle
lettere a)  e  b)  del  comma 1  dell'art. 19 del decreto legislativo
30 dicembre 1999, n. 507 (Depenalizzazione dei reati minori e riforma
del  sistema  sanzionatorio,  ai sensi dell'articolo 1 della legge 25
giugno 1999,  n. 205),  nella  parte  in  cui dette norme prevedono e
sanzionano,  quale  illecito  amministrativo,  la condotta di chi, in
possesso  di patente di abilitazione alla guida di categoria B, guidi
un veicolo per il quale e' richiesta la patente di categoria A;
        che,  come  riferisce  la  Corte  rimettente,  con ricorso al
Giudice  di  pace di Genova del 21 dicembre 2001 G. K. aveva proposto
opposizione avverso l'ordinanza-ingiunzione emessa in data 31 ottobre
2001  del  Prefetto di Genova, con la quale gli era stata irrogata la
sanzione  amministrativa  di  lire 4.000.000 per la violazione di cui
all'art. 116,  commi 13  e  18, del codice della strada, accertata il
30 giugno  dello stesso anno, perche', munito di patente di categoria
B conseguita nel 2000, aveva circolato alla guida di un motociclo, di
potenza  pari  a  Kw  19,50,  per  cui  era  necessaria la patente di
categoria A;
        che   in   quella  sede  l'opponente  aveva  dedotto  la  non
applicabilita'  alla  fattispecie delle menzionate disposizioni e, in
via  subordinata,  l'illegittimita'  costituzionale  della  stessa in
relazione  agli articoli 76 e 3 Cost., rispettivamente per eccesso di
delega   e  per  violazione  dei  principi  di  ragionevolezza  e  di
eguaglianza;
        che l'adito giudice, ritenuta la manifesta infondatezza delle
eccezioni  di illegittimita' costituzionale e sussistenti gli estremi
della contestata violazione, aveva tuttavia respinto l'opposizione;
        che  contro  tale  sentenza  il K. aveva proposto ricorso per
cassazione, deducendo, con il primo motivo del ricorso, la violazione
e  falsa  applicazione dell'art. 116, commi 13 e 18, del codice della
strada  e,  con  il  secondo  e  subordinato motivo, l'illegittimita'
costituzionale  delle  norme  predette,  gia'  denunciata  in sede di
merito;
        che  con  il  primo  motivo il ricorrente, prendendo le mosse
dalla  sentenza  della Corte costituzionale 10 gennaio 1997 n. 3, con
la   quale   e'   stata  dichiarata  l'illegittimita'  dell'art. 116,
comma 13,  del  d.lgs.  n. 285 del 1992, nel testo all'epoca vigente,
nella  parte  in cui assoggettava a sanzione penale colui che, munito
di  patente  di  categoria B, C o D, guidasse un veicolo per il quale
era  richiesta la patente di categoria A, affermava che, a seguito di
tale  pronuncia,  la  guida  di  motocicli,  per  cui e' richiesta la
patente di tipo A, non costituisce piu' reato;
        che,  di  conseguenza,  proseguiva  il  ricorrente, la delega
contenuta  nella  legge 25 giugno 1999, n. 205 (Delega al Governo per
la  depenalizzazione dei reati minori e modifiche al sistema penale e
tributario),  che  conferiva  al  Governo l'incarico di depenalizzare
alcuni  reati  previsti  dal  codice della strada, non avrebbe potuto
comprendere,   nella   previsione   del   legislatore   delegato,  un
comportamento  non  piu'  costituente  reato  a  seguito della citata
pronuncia del giudice delle leggi;
        che, con il secondo motivo di ricorso, in via subordinata, il
ricorrente  deduceva  che,  ove  il  predetto art. 116, comma 13, del
codice della strada fosse ritenuto applicabile al caso in esame, esso
avrebbe  dovuto  essere  ritenuto costituzionalmente illegittimo, per
eccesso  di  delega suddetta, poiche' il legislatore delegato avrebbe
potuto   trasformare   in   illeciti   amministrativi  i  soli  fatti
costituenti  reato all'epoca della legge di delegazione e non avrebbe
avuto   il   potere   di   prevedere   nuove   ipotesi   di  illecito
amministrativo,  quale  la  guida  con  patente  di  categoria  B  di
motocicli   di   categoria   A,   ancorche'  corrispondenti  a  fatti
originariamente  configurati  quali  reato  nel  «nuovo  codice della
strada» del 1992;
        che,   secondo   la   Corte   rimettente,   l'interpretazione
costituzionalmente   orientata,  proposta  con  il  primo  motivo  di
ricorso, non e' praticabile dato che, a suo giudizio, nel particolare
contesto  normativo  del  codice  della strada, vigente all'epoca del
fatto,  questo  non  poteva  che  essere sussunto sotto la previsione
dell'art. 116,  comma 13,  del  d.lgs.  n. 285  del  1992, cosi' come
sostituito  dall'art. 19,  comma 1, lettera a), del d.lgs. n. 507 del
1999,  che  contempla  quale  illecito amministrativo il fatto di chi
conduce  «autoveicoli o motoveicoli senza avere conseguito la patente
di guida»;
        che  infatti,  secondo  la  Corte,  tutte  le  altre analoghe
ipotesi  di violazioni relative al titolo abilitativo di guida, erano
contemplate  dall'art. 125  del  codice medesimo, che le configurava,
fin  dalla sua originaria formulazione, quali illeciti amministrativi
sanzionati  con il pagamento di somme notevolmente inferiori a quelle
previste  per la guida senza patente, e tra tutte le altre ipotesi di
guida  di  veicoli  con  patente  diversa da quella prescritta per la
corrispondente  categoria, non figurava quella relativa alla guida di
motoveicolo  di categoria A con patente di tipo B. («Chiunque, munito
di  patente  di  categoria [...] B, C o D guida un autoveicolo per il
quale  e'  richiesta una patente di categoria diversa da quella della
patente di cui e' in possesso...»);
        che conseguentemente, tenuto conto che la disposizione di cui
all'art. 125  si pone in rapporto di specialita' rispetto a quella di
cui  all'art. 116,  la fattispecie di guida di veicoli di categoria A
da  parte  di  soggetti muniti di patente B, non poteva che ritenersi
compresa  nell'ambito  della previsione generale di cui all'art. 116,
comma 13,  relativa  alla  guida  di veicoli senza aver conseguito la
patente prescritta;
        che  tali  considerazioni  dovrebbero  comportare, secondo la
Corte   rimettente,   l'accoglimento  della  sollevata  questione  di
legittimita'   costituzionale  dell'art. 116,  commi 13  e  18,  come
sostituiti  dall'articolo 19,  comma 1 del d.lgs. n. 507 del 1999, in
riferimento  all'art. 76  della  Costituzione, per eccesso di delega,
nella  parte  in cui tali norme si riferiscono anche al comportamento
di  chi, in possesso di patente di categoria B (o anche C e D), guidi
motoveicoli  per i quali e' richiesta la patente di categoria A; dato
che,  al  momento del conferimento della delega al Governo, contenuta
nell'art. 5   comma 1,  lett  a)  della  legge  n. 205  del  1999  in
precedenza   citata,   finalizzata   a   «trasformare  in  violazioni
amministrative  [...] i reati di cui al decreto legislativo 30 aprile
1992 n. 285, ad eccezione degli artt. 100, comma 14, 186, 187 e 189»,
la  guida,  con patente di categoria B, di motoveicoli richiedenti la
patente  di categoria A, non rientrava tra i fatti costituenti reato,
ai  sensi  della  vigente  disciplina  della circolazione stradale e,
pertanto,  non  avrebbe  potuto  essere  «depenalizzata», vale a dire
trasformata   in  illecito  amministrativo  dal  previsto  intervento
legislativo delegato;
        che  e'  intervenuto  in giudizio il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata infondata;
        che,  osserva  l'Avvocatura, la delega contenuta nella n. 205
del 1999 prevedeva non solo la trasformazione dell'illecito penale in
illecito  amministrativo  nelle materie da essa indicate, ma anche la
riforma  complessiva  delle  discipline  sanzionatorie  nelle  stesse
materie;
        che,  inoltre,  secondo  l'Avvocatura,  nella  giurisprudenza
della Corte costituzionale e' stato piu' volte affermato il principio
in  base  al  quale  le disposizioni della legge delega devono essere
integrate  con  il  criterio della ragionevolezza ed inoltre che tale
criterio costituisce il parametro e il limite del potere di controllo
e   di  intervento  della  Corte  sull'esercizio  in  concreto  della
discrezionalita'  riconosciuta al legislatore delegato; che, nel caso
in  esame,  con  l'introduzione  della norma censurata il legislatore
delegato ha colmato una lacuna dell'ordinamento, creatasi per effetto
della  dichiarazione  di  incostituzionalita'  della previgente norma
incriminatrice,  e  che quindi, nella specie, la discrezionalita' del
legislatore  delegato  doveva ritenersi esercitata in modo corretto e
ragionevole.
    Considerato  che  la  Corte  di cassazione dubita, in riferimento
all'art. 76  della  Costituzione,  della  legittimita' costituzionale
dell'articolo 116,  commi 13  e  18 del decreto legislativo 30 aprile
1992,  n. 285, cosi' come sostituiti dall'articolo 19, comma 1, lett.
a)   e   b),   del   decreto  legislativo  30 dicembre  1999,  n. 507
(Depenalizzazione   dei   reati   minori   e   riforma   del  sistema
sanzionatorio,  ai  sensi dell'articolo 1 della legge 25 giugno 1999,
n. 205), nella parte in cui detti commi prevedono e sanzionano, quale
illecito  amministrativo,  la condotta di chi, in possesso di patente
di  abilitazione  alla  guida di categoria B, guidi un veicolo per il
quale e' richiesta la patente di categoria A;
        che,  secondo  il rimettente, le norme censurate, proprio per
effetto   del   predetto   decreto  legislativo,  sono  destinate  ad
applicarsi,  oltre  ai casi di guida senza patente tout court da esse
testualmente previsti, anche alla fattispecie di guida di motoveicolo
con  patente  inidonea,  con  conseguente  applicazione a tale ultima
fattispecie  della  stessa  sanzione  amministrativa  prevista per la
guida senza patente;
        che  secondo  la  Corte  di  cassazione,  il  citato  decreto
legislativo,  determinando  la  sottoposizione  della  fattispecie di
guida  con  patente  B (o anche C o D) di motoveicolo per il quale e'
prescritta  la patente di categoria A alla sanzione amministrativa da
esso  introdotta  per  le fattispecie di guida senza patente, avrebbe
esorbitato  dai limiti della legge delega, in violazione dell'art. 76
della Costituzione;
        che,  invero,  prosegue  il rimettente, la legge delega aveva
conferito  al  Governo  esclusivamente  l'incarico  di  depenalizzare
alcuni  reati  previsti  dal  codice  della strada, trasformandoli in
violazioni amministrative;
        che, in seguito alla sentenza della Corte costituzionale n. 3
del  1997, la guida di motocicli, richiedenti la patente di categoria
A,  da  parte  di chi e' in possesso della patente di categoria B non
costituisce  piu'  reato, per cui l'inquadramento di tale fattispecie
nell'ambito  della  previsione  dell'art. 116,  commi 13  e  18,  che
avrebbe  disposto  il  legislatore  delegato  del 1999, eccederebbe i
limiti fissati dalla legge di delegazione;
        che  la  questione  sollevata  dal  rimettente  poggia su una
premessa  interpretativa - l'applicabilita' dell'art. 116, commi 13 e
18,  alla  ipotesi di guida di motoveicolo con cilindrata superiore a
125  cc  da  parte di soggetto in possesso di patente B -, che non e'
confortata  dall'esegesi degli interventi normativi e delle decisioni
di questa Corte in materia;
        che, invero, in base alla formulazione originaria del decreto
legislativo  n. 285  del  1992, tutte le ipotesi di guida con patente
diversa  da  quella  prescritta  erano  regolamentate  dall'art. 125,
comma 3,  il quale comminava una mera sanzione amministrativa, mentre
l'art. 116,  commi 13  e  18  erano  riferibili  esclusivamente  alla
fattispecie di guida senza alcun titolo abilitativo;
        che   successivamente,   con   le   modificazioni   apportate
all'art. 125,  comma 3,  dal  decreto  legislativo 10 settembre 1993,
n. 360  (Disposizioni  correttive  e  integrative  del  codice  della
strada, approvato con decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285), il
legislatore  ha  introdotto un'elencazione analitica delle ipotesi di
guida  con  patente inidonea soggette a sanzione amministrativa ed ha
escluso da tale elencazione proprio l'ipotesi di guida di motoveicolo
con  patente  inidonea,  in  tal  modo legittimando l'interpretazione
dell'art. 116,  comma 13,  in  base  alla  quale  tale  norma dovesse
abbracciare  anche  l'ipotesi  di  guida  di  motoveicolo con patente
inidonea;
        che  in  seguito questa Corte (sentenza n. 246 del 1995), pur
dichiarando  l'inammissibilita'  della  questione proposta per la sua
interferenza   con   la   discrezionalita'   del  legislatore,  aveva
stigmatizzato  l'irrazionalita'  di  tale  assimilazione quoad poenam
della  guida  di  moto con patente inidonea alle fattispecie di guida
senza  patente tout court, invitando il legislatore a provvedere alla
differenziazione delle due tipologie di condotte;
        che  successivamente  questa  Corte, con la sentenza n. 3 del
1997,  di fronte alla persistente inerzia del legislatore, dichiarava
l'illegittimita'  costituzionale  dell'art. 116, comma 13, del codice
della strada, nella parte in cui puniva con la sanzione penale, colui
che, munito di patente di categoria B, C o D, guida un veicolo per il
quale  e'  richiesta  la  patente  di  categoria  A,  avendo ritenuto
arbitraria  la  previsione  da  parte del legislatore di una sanzione
(penale)  di  maggiore  gravita'  per  tale  condotta,  rispetto alla
sanzione amministrativa prevista per la condotta di chi, munito della
stessa  patente di categoria B, guida un autoveicolo per il quale sia
richiesta una patente superiore;
        che  in  tale quadro normativo e giurisprudenziale l'art. 19,
comma 1,  lettera a)  del  d.lgs. n. 507 del 1999, conformemente alla
legge   di  delega,  si  e'  limitato  a  sostituire,  nell'art. 116,
comma 13,  la sanzione amministrativa della somma da euro 2338 a euro
9357  alla  sanzione penale precedentemente in vigore, ma ha lasciato
del  tutto  inalterata  la  individuazione  della condotta sanzionata
dalla  norma  censurata,  che,  anche  dopo  la riforma del 1999, non
comprende  la guida di motoveicolo con patente diversa dalla A, cosi'
come  gia'  disposto  dalla  citata sentenza di questa Corte n. 3 del
1997 per quanto attiene al testo anteriore alla riforma;
        che  peraltro  questa  Corte  (ordinanza  n. 208 del 2004) ha
avuto  gia' modo di chiarire che con la sentenza n. 3 del 1997 non e'
stata  solo dichiarata illegittima la sanzione penale prevista per la
fattispecie  di  guida di motociclo con patente inidonea, ma e' stata
eliminata  dall'ordinamento  la  stessa assimilazione tra guida senza
patente  e  guida  (di  motoveicolo) con patente diversa da quella di
categoria  A,  e  che pertanto la fattispecie di guida di motoveicolo
con  cilindrata superiore a 125 cc, per il quale e' richiesta patente
di  categoria  A, da parte di soggetto munito di patente di categoria
B, non e' disciplinata, neppure dopo la riforma del 1999, dalla norma
censurata dal rimettente;
        che,   inoltre,   con   l'art. 2,  comma 3,  lettera b),  del
decreto-legge  27  giugno 2003,  n. 151 (Modifiche ed integrazioni al
codice  della  strada)  convertito,  con  modificazioni,  dalla legge
1° agosto  2003,  n. 214  (non  applicabile,  ratione  temporis, alla
fattispecie    all'esame   del   rimettente),   il   legislatore   ha
esplicitamente  disposto  l'allargamento  delle  ipotesi di guida con
patente inidonea di cui all'art. 125, comma 3, punite con la sanzione
amministrativa  lieve, fino a comprendervi la fattispecie di guida di
motociclo  con  patente  inidonea, per cui in ogni caso neppure nella
disciplina  attualmente in vigore la fattispecie sottoposta all'esame
del giudice rimettente e' disciplinata dalla norma censurata;
        che,   pertanto,   la   questione   deve   essere  dichiarata
manifestamente  inammissibile  per  difetto  di rilevanza, perche' la
norma  applicabile al caso sottoposto all'esame del rimettente non e'
l'art. 116, commi 13 e 18, come erroneamente il rimettente ritiene.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87  e  9,  comma 2,  delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara   la   manifesta  inammissibilita'  della  questione  di
legittimita'  costituzionale  dei  commi 13  e  18  dell'art. 116 del
decreto  legislativo  30 aprile  1992,  n. 285  (Nuovo  codice  della
strada),  come  rispettivamente  sostituiti dalle lettere a) e b) del
comma 1 dell'art. 19 del decreto legislativo 30 dicembre 1999, n. 507
(Depenalizzazione   dei   reati   minori   e   riforma   del  sistema
sanzionatorio,  ai  sensi dell'articolo 1 della legge 25 giugno 1999,
n. 205),  sollevata,  in  riferimento all'art. 76 della Costituzione,
dalla Corte di cassazione con l'ordinanza in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 22 maggio 2007.
                         Il Presidente: Bile
                       Il redattore: Mazzella
                       Il cancelliere: Melatti
    Depositata in cancelleria il 1° giugno 2007.
                       Il cancelliere: Melatti
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