N. 429 ORDINANZA (Atto di promovimento) 19 luglio 2006

Ordinanza  emessa  il  19  luglio  2006  dal tribunale amministrativo
regionale  della  Campania  -  Napoli sui ricorsi riuniti proposti da
Tremiterra Errico ed altri contro comune di Carinaro ed altri

Espropriazione  per  pubblica  utilita'  -  Regione  Campania - Piani
  regolatori delle aree di sviluppo industriale - Vincoli preordinati
  all'espropriazione  -  Proroga  di  validita'  dei piani esistenti,
  anche   se   medio   tempore   scaduti  -  Violazione  del  diritto
  all'indennizzo  in caso di espropriazione - Incidenza sul principio
  di  uguaglianza  e  sui  principi di imparzialita' e buon andamento
  della pubblica amministrazione - Richiamo alle sentenze della Corte
  costituzionale nn. 179/1999 e 411/2001.
- Legge  della  Regione  Campania  13 agosto  1998,  n. 16,  art. 10,
  comma 9;  legge  della  Regione  Campania  11 agosto  2001,  n. 10,
  art. 77, comma 2.
- Costituzione, artt. 3, 42 e 97.
(GU n.24 del 20-6-2007 )
                IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

    Ha  pronunciato  la seguente ordinanza sui ricorsi nn. 697/1999 e
13593/2004  Reg.  Gen.,  proposti  da  Tremiterra  Errico, Tremiterra
Emilio, Tremiterra Pasquale, Tremiterra Carmina e Tinto Bianca, tutti
rappresentati  e difesi dagli avv. Pasquale ed Enrico Tremiterra, con
domicilio  eletto  in  Napoli  alla Il Traversa di Via Nicolardi, 85,
presso lo studio dell'avv. Maurizio Coppa;
    Contro il comune di Carinaro, in persona del sindaco pro tempore,
non   costituito;   nonche'  il  Consorzio  A.S.I.-Area  di  Sviluppo
Industriale  di  Caserta, in persona del legale rapp. te pro tempore,
rappresentato  e difeso, nel ricorso n. 697/1999 Reg. Gen., dall'avv.
Fulvio  Papa,  con domicilio eletto in Napoli alla Via dei Cimbri 23,
presso  lo  studio  dell'avv.  A. Di Monda, nel ricorso n. 13593/2004
Reg.  Gen. dall'avv.  Teresa Pagliaro, con domicilio eletto in Napoli
alla  Via  F. Verrotti 6, presso lo studio dell'avv. A. Capotosto; il
Ministero del bilancio e della programmazione economica poi Ministero
dell'economia  e  delle finanze, in persona del Ministro pro tempore,
rappresentato  e  difeso, ex lege, dall'Avvocatura distrettuale dello
Stato,  presso  i cui uffici domicilia, ope legis, in Napoli alla via
Diaz,  11  e nei confronti limitatamente al giudizio n. 697/1999 Reg.
Gen  della  Societa' Consortile Unica s.c.r.l., in persona del legale
rapp. te pro tempore, con sede in Aversa alla via Salvo D'Acquisto 5,
non  costituita  per  l'annullamento,  previa  sospensiva  guanto  al
ricorso n. 697/1999 Reg. Gen.:
        «del decreto del sindaco del comune di Carinaro prot. n. 7246
del  25  novembre  1998,  di  occupazione  temporanea  e  d'urgenza e
dell'avviso  prot. n. ri 7108, 7110, 7111, 7112, 7113 del 1° dicembre
1998 a firma del Presidente del Consorzio A.S.I. di Caserta, entrambi
notificati  il  14  dicembre 1998 a cura dello stesso Consorzio, e di
tutti  gli  atti e provvedimenti preordinati, connessi, presupposti e
conseguenti,  con  particolare  riferimento  a quelli riportati nelle
premesse dello stesso decreto e non conosciuti perche' mai notificati
e/o comunicati;
        nonche' per la declaratoria del diritto ex artt. 33 e ss. del
d.lgs.   n. 80/1998,   al   risarcimento   del  danno  ingiusto,  con
conseguente condanna degli intimati, in solido, ovvero quello di essi
che  sara'  ritenuto  legittimato passivo, al pagamento in favore dei
sig.  ri  Tremiterra  e  della  sig.ra Tinto Bianca, del valore degli
immobili  di  rispettiva  proprieta',  anche  in  funzione della loro
destinazione,  rivalutato fino alla data dell'emittenda sentenza, con
interessi  legali sulla somma rivalutata dalla data della occupazione
fino al soddisfo.»;
    Quanto  al  ricorso  n. 13593/2004  Reg. Gen. per l'annullamento,
previa sospensiva:
        «1)  del  decreto  di  esproprio  n. 5682 del 15 luglio 2004,
notificato  agli interessati nelle date 24 e 25 settembre 2004 con il
quale il comune di Carinaro, in persona del Responsabile dell'Ufficio
Tecnico,  pronunciava definitivamente l'espropriazione dei terreni di
proprieta'  dei  ricorrenti  in  favore  del  Consorzio per l'Area di
Sviluppo Industriale di Caserta;
        2)   di  tutti  gli  atti  ed  i  provvedimenti  preordinati,
connessi,  presupposti  e  conseguenti, con particolare riferimento a
quelli   riportati   nelle  premesse  dello  stesso  decreto,  e  non
conosciuti  perche'  mai  notificati e/o comunicati e comunque lesivi
degli   interessi   dei  ricorrenti»,  nonche'  per  la  declaratoria
dell'abusivita'  dell'occupazione  degli  immobili  di proprieta' dei
ricorrenti,  e  per  la  condanna «dell'amministrazione resistente al
pagamento  in  favore  dei  ricorrenti ed in ragione delle rispettive
quote  di  proprieta'  del  valore  venale  degli  immobili  oltre al
risarcimento  dei  danni sofferti, con rivalutazione, interessi dalla
data di occupazione fino al soddisfo».
    Visti i ricorsi ed i relativi allegati;
    Visti  gli  atti di costituzione in giudizio del Consorzio A.S.I.
di  Caserta  e  del  Ministero  del  bilancio  e della programmazione
economica  (poi  Ministero  dell'economia  e  delle  finanze), con le
annesse produzioni;
    Visti gli atti tutti di causa;
    Uditi  alla  udienza  pubblica  del  27 aprile 2006 - relatore il
Magistrato Dr. Cerpentieri - gli avv.ti riportati a verbale;

                              F a t t o

    Con il primo dei due ricorsi in esame - ritualmente notificato in
data  8-11-12 gennaio 1999, depositato nella segreteria del Tribunale
il  successivo  25  gennaio  e  iscritto al n. 697/1999 Reg. Gen. - i
ricorrenti,  proprietari  di  alcuni  immobili  ubicati nel comune di
Carinaro  e  distinti al catasto al foglio 4, p.lle 76 e 5178 - ex 49
(i sig. ri Tremiterra) e p.lla 258 (la sig.ra Tinto), hanno impugnato
il  decreto prot. n. 7246 del 25 novembre 1998 con cui il sindaco del
comune  di  Carinaro ha autorizzato il Consorzio A.S.I. di Caserta ad
occupare  in  via  temporanea  e  d'urgenza  le  suddette aree per la
realizzazione degli insediamenti produttivi e connesse infrastrutture
delle   societa'   consorziate   nella   societa'  consortile  «Unica
s.c.r.l.»,   diretti   a   produrre   l'intera  filiera  calzaturiera
dell'agglomerato   industriale  «Aversa  Nord-tenimento  comunale  di
Carinaro».
    Hanno  altresi'  impugnato  l'atto notificato in data 14 dicembre
1998  con  cui  il  suddetto  Consorzio ha comunicato - unitamente al
decreto     comunale     e     all'allegato     piano    particellare
grafico-descrittivo   -   la  data  di  inizio  delle  operazioni  di
occupazione  e di redazione dello stato di consistenza degli immobili
occupandi per il successivo giorno 11 gennaio 1999.
    A  sostegno del gravame i ricorrenti hanno dedotto diversi motivi
di incompetenza, violazione di legge e di eccesso di potere.
    In data 29 gennaio 1999 si e' costituito in giudizio il Ministero
del  bilancio  e  della programmazione economica, con mera memoria di
stile.
    Il  successivo  27  febbraio  1999  si e' costituito il Consorzio
A.S.I.  di  Caserta,  che  ha  contestato  la fondatezza del ricorso,
chiedendone il rigetto.
    Alla Camera di consiglio del 9 febbraio 1999, fissata per l'esame
dell'istanza  cautelare,  la  causa  e' stata cancellata per rinuncia
alla istanza di sospensiva.
    Con  deposito in data 14 ottobre 2002 l'Avvocatura dello Stato ha
prodotto documentazione.
    Con il secondo dei ricorsi in trattazione - notificato in data 18
novembre   2004,   depositato   nella  Segreteria  del  Tribunale  il
successivo  16  dicembre  e  iscritto  al  n. 13593/2004 - i medesimi
ricorrenti impugnano il decreto prot. n. 5682 del 15 luglio 2004, con
cui  il  comune  di  Carinaro  ha  infine  disposto  l'espropriazione
definitiva  delle  aree  gia'  oggetto  di occupazione, in favore del
Consorzio  per  l'Area  di  Sviluppo  Industriale  di Caserta, con la
medesima  finalita'  della  regione  degli  insediamenti produttivi e
connesse    infrastrutture   relativi   alla   filiera   calzaturiera
dell'agglomerato  industriale  «Aversa  Nord  - tenimento comunale di
Carinaro».
    In  data 11 febbraio 2005 si e' costituito il Consorzio A.S.I. di
Caserta  che  ha contestato la fondatezza del ricorso, chiedendone il
rigetto.
    Il  successivo  10  ottobre  2005 si e' costituito in giudizio il
Ministero dell'economia e delle finanze che, con successiva, generica
memoria,  ha concluso per l'inammissibilita' e per l'infondatezza del
ricorso.
    Alla camera di consiglio del 10 ottobre 2005, fissata per l'esame
dell'istanza  cautelare, la causa e' stata cancellata dal ruolo delle
«sospensive».
    Alla  udienza  pubblica  del  27 aprile 2006 entrambe le cause in
discussione sono state chiamate e assunte in decisione.

                            D i r i t t o

    Devesi  in  primo  luogo  dispone  in  rito  la  riunione dei due
fascicoli,  evidentemente  avvinti  da un palese nesso di connessione
sia oggettiva che soggettiva.
    Sempre  in  rito,  il  Collegio  riconosce  la sussistenza, nella
cognizione  delle  controversie  de  quibus,  della  giurisdizione di
questo    adito    giudice    amministrativo,   giusta   la   recente
chiarificazione  introdotta in materia dalla Corte costituzionale con
la  sentenza  11  maggio  2006,  n. 191  [la  Corte,  nel  dichiarare
l'illegittimita'  costituzionale  dell'art. 53,  comma  1,  del  t.u.
espropriazioni  «nella  parte  in  cui, devolvendo alla giurisdizione
esclusiva  del  giudice  amministrativo le controversie relative a «i
comportamenti  delle pubbliche amministrazioni e dei soggetti ad esse
equiparati»  non  esclude  i  comportamenti non riconducibii, nemmeno
mediatamente,  all'esercizio di un pubblico potere» ha nella sostanza
condiviso  l'indirizzo  dell'adunanza plenaria del Consiglio di Stato
(Con. Stato, ad. plen., 30 agosto 2005, n. 4; 16 novembre 2005, n. 9)
in   base  al  quale  esulano  dalla  cognizione  del  G.A..  solo  i
comportamenti  acquisitivi «meri», ma non anche i c.d. «comportamenti
amministrativi»,  ossia  i  casi,  quale  quello  in  esame,  di c.d.
«occupazione  acquisitiva»  in  cui  i dedotti fatti di irreversibile
trasformazione  del  fondo  anteriormente  al  (tardivo)  decreto  di
esproprio  si  inquadrino  comunque  in  tiri  complesso procedimento
amministrativo  (ancorche' di contestata legittimita), muovente dalla
inclusione  delle  aree  in  strumenti  urbanistici  introduttivi  di
vincoli  preordinati  all'esproprio e dalla dichiarazione di pubblica
utilita'  ed urgenza delle opere (trattandosi, in tutta evidenza, nel
caso   di  specie,  sotto  l'evidenziato  profilo,  di  comportamenti
senz'altro  riconducibili,  almeno  mediatamente, all'esercizio di un
pubblico potere)].
    Nel  merito,  il punto centrale della complessiva controversia e'
costituito  dalla  questione  della perdurante efficacia del piano di
sviluppo  dell'area  industriale  di  Caserta  del 16 gennaio 1968-28
luglio  1970  alla  data  degli impugnati atti presupposti di ambo le
procedure  in  discussione, quella occupativa e quella espropriativa,
costitutivi     della    dichiarazione    di    pubblica    utilita',
indifferibilita'   e   urgenza   delle  opere  (in  particolare,  con
riferimento  alla  delibera  del comitato direttivo del Consorzio ASI
intimato  n. 209  dell'11  ottobre  1998 di approvazione del progetto
esecutivo   degli   interventi   di   infrastrutturazione   alla  cui
realizzazione e' preordinata la procedura ablatoria oggetto di lite).
    La  decisione  e'  pregiudicata  dalla  questione di legittimita'
costituzionale,   rilevante   e   non  manifestamente  infondata,  in
relazione  ai  parametri  costituiti  dagli  artt. 3,  42  e 97 della
Costituzione,  dell'art.  10,  comma  9,  della legge regionale della
Campania  13  agosto  1998, n. 16, e dell'articolo 77, comma 2, della
legge  regionale  della  Campania  11  agosto  2001, n. 10, che hanno
prorogato (o rideterminato) i termini di efficacia del suddetto piano
di sviluppo industriale.
    Prima di procedere alla disamina di questo pregiudiziale profilo,
giova,  soprattutto  ai  fini della dimostrazione della rilevanza nel
presente  giudizio  della  ora  riferita  questione  di  legittimita'
costituzionale,  una  breve  ricapitolazione dei fatti di causa e dei
termini della controversia.
    Parte ricorrente, nel primo dei due ricorsi in esame (n. 697/1999
Reg.  Gen.),  diretto  avverso  l'occupazione  d'urgenza,  ha dedotto
l'insussistenza  della dichiarazione di pubblica utilita' delle opere
(che  avrebbero natura sostanzialmente privata), la mancata, rituale,
apposizione  preventiva  del  vincolo  preordinato all'espropriazione
(essendo  ampiamente  scaduti  i  termini  di  validita' del piano di
sviluppo industriale), l'omessa, preventiva fissazione dei termini ex
art.  13,  legge  n. 2359  del  1865, la inapplicabilita' dell'art. 1
della legge n. 1 del 1978 che consente la redazione contestuale dello
stato   di   consistenza   all'atto   dell'immissione   in  possesso,
l'omissione  di  qualsivoglia forma di pubblicita' e comunicazione di
avvio del procedimento, nonche' l'incompetenza del sindaco per essere
la competenza del dirigente, ex leggi 127 del 1997 e 191 del 1998.
    il  Consorzio  A.S.I.  resistente  ha  replicato  richiamando  la
delibera  del  comitato  direttivo consortile n. 209 dell' 11 ottobre
1998  di  approvazione  dei piani esecutivi di espropriazione per gli
insediamenti   industriali   di   Carinaro,  atto  avente  valore  di
dichiarazione  di  pubblica  utilita'  ex lege reg.le n. 16 del 1998;
affermando  l'avvenuta  fissazione  delle  date  di inizio e fine dei
lavori  e della procedura espropriativa nell'ambito della convenzione
stipulata  tra  il  Consorzio  e la societa' consortile «Unica s.c. a
r.l.»,  convenzione  richiamata negli atti del procedimento ablatorio
(la  data  di  inizio  corrisponderebbe  alla data della convenzione,
quella  di  ultimazione  sarebbe  stata indicata in cinque anni dalla
stipula  del  predetto  atto);  obiettando  la  non  necessita' della
comunicazione   di  avvio  del  procedimento,  stante  la  intrinseca
celerita'  dell'occupazione  d'urgenza; contestando infine l'eccepita
incompetenza  del sindaco ad adottare l'atto di occupazione d'urgenza
(trattandosi  di  procedura  complessa  attuatici  di  un  accordo di
programma).
    Con  il  secondo  dei ricorsi in esame parte ricorrente ha dunque
impugnato  il  sopravvenuto  decreto  di  esproprio,  deducendone  la
nullita'  per  carenza  di  potere, sia per effetto della invalidita'
derivata dai vizi degli atti presupposti gia' dedotti avverso la fase
dell'occupazione  d'urgenza,  sia  per  la  sopravvenuta  inefficacia
dell'occupazione  medesima  (per  scadenza  del  termine quinquennale
dell'occupazione     d'urgenza,    per    l'avvenuta    irreversibile
trasformazione   medio   tempore  delle  aree  occupate,  nonche'  la
intervenuta  scadenza  del termine di validita' decennale ex art. 25,
legge  n. 1/1978  del  piano  dell'area di sviluppo di Caserta del 16
gennaio  1968-28 luglio 1970 (cui sarebbero inapplicabili le proroghe
triennali  disposte con le leggi regionali n. 16 del 1998 e n. 10 del
2001,  come  gia' statuito da questa Sezione con sentenza n. 6882 del
2002).
    Il  Consorzio  di  sviluppo industriale ha replicato adducendo la
ordinatorieta'  del termine di conclusione del procedimento ablatorio
e  la  sentenza del Consiglio di Stato, sez. IV, n. 3130 del 2004, di
riforma  della  sentenza  di questo Tar n. 6882 del 2002, affermativa
della applicabilita' delle suddette proroghe di legge regionale.
    Cio'  premesso,  il  Collegio rileva in primo luogo, agli effetti
della  corretta  definizione  dell'ordine logico delle questioni, che
l'eventuale  accoglimento  di  talune  censure  procedurali  -  quali
l'incompetenza  del  sindaco  (per  la  competenza dirigenziale) o il
difetto  partecipativo  procedimentale  -  svolte  nel primo ricorso,
relativo  all'occupazione  d'urgenza,  non  risolverebbe  comunque la
complessiva  controversia,  anche  sul  piano del secondo contenzioso
inerente  il  decreto di espropriazione, attesa l'autonomia delle due
procedure  (per  cui l'annullamento dell'una non ha effetti caducanti
sulla  seconda,  come  invece  avverrebbe  nel  caso di vizio di atti
presupposti  tanto dell'occupazione quanto dell'espropriazione, quali
l'atto appositivo del vincolo preordinato all'espropriazione o l'atto
dichiarativo della pubblica utilita' dell'opera).
    La  disamina  delle  questioni  forinali-procedurali  dedotte nel
primo  contenzioso,  relativo  al decreto di occupazione, non riveste
dunque carattere logicamente pregiudiziale.
    Viene  invece  al  pettine  con  carattere di priorita' il «nodo»
della  perdurante  vigenza,  al  tempo  dell'adozione  degli  atti di
approvazione  del  progetto  (e di dichiarazione di pubblica utilita'
dell'intervento)  e  di  seguente  occupazione  d'urgenza (e, quindi,
realizzazione  effettiva  delle opere) dell'atto che ha impresso agli
immobili   oggetto   di  causa  il  vincolo  di  finalizzazione  alla
realizzazione     degli     insediamenti    produttivi    preordinato
all'esproprio. Si tratta insomma di stabilire se l'interesse pubblico
alla  realizzazione  delle opere di infrastrutturazione serventi allo
sviluppo  industriale  -  consacrato  nel piano del 1968-1970 - fosse
ancora  attuale  e  vigente (o, comunque, validamente prorogato) alla
data  della  procedura  ablatoria  che  ha  travolto  il  diritto  di
proprieta' dei ricorrenti.
    E'  da  precisare  che  questo profilo, sia pure in termini molto
stringati,  e'  dedotto  anche  nel  primo giudizio (n. 697/1999 Reg.
Gen.;  dove, alla pag. 4 dell'atto introduttivo, sotto il punto D del
motivo  I,  si  afferma:  «non  risulta che le opere progettate siano
state  precedute  da  una rituale apposizione del vincolo preordinato
all'espropriazione,  ne' che ne sussista uno temporalmente vigente»).
Esso  viene  poi  dibattuto  tra  le  parti  in  termini  piu' ampi e
dettagliati,  come  esposto  sopra,  nell'ambito del secondo giudizio
(n. 13593/2004 Reg. Gen.).
    Al  riguardo il Collegio non intende discostarsi dall'indicazione
derivante dalla gia' citata sentenza del Consiglio di Stato, sez. IV,
n. 3130  del  2004,  che  ha affermato la intervenuta proroga fino al
2004  dei  «vecchi»  piani  delle  aree di sviluppo industriale della
Campania  giusta  le sopra ricordate leggi regionali n. 16 del 1998 e
n. 10  del  2001.  Sennonche' il giudice di appello, nel ribaltare la
(contraria) tesi sostenuta nel 2002 da questa Sezione, ha giustamente
rilevato  d'ufficio l'oggettivo dubbio di legittimita' costituzionale
di  queste  leggi  regionali  che  avrebbero  «riesumato» piani «gia'
morti».  Ha  pertanto  rimesso  gli  atti al giudice delle leggi (con
distinta  ordinanza  n. 3278/2004  del  25  novembre 2003 - 20 maggio
2004)  perche'  fosse  affrontata  e  decisa la relativa questione di
costituzionalita'.  Questa  questione, a quello che consta dagli atti
(oltre che dalla rilevazione dai siti internet della Consulta e della
Giustizia amministrativa), non risulta ancora decisa.
    Ora,  consegue  da  quanto  sopra esposto che si palesa parimenti
rilevante nel presente giudizio la medesima questione di legittimita'
costituzionale  gia' sollevata dalla riferita pronuncia del Consiglio
di  Stato  nel  2004,  la  cui  non manifesta infondatezza, come gia'
anticipato, e' allo stesso modo in foto condivisa da questo Collegio,
negli esatti termini compiutamente ivi sviluppati dal Consiglio.
    La  fattispecie esaminata dal Consiglio di Stato - e' bene subito
precisare  -  aveva ad oggetto il medesimo piano regolatore dell'area
di  sviluppo  industriale di Caserta di cui si discute nella presente
controversia,  originariamente  approvato  con decreto del Presidente
del  Consiglio  dei  Ministri  del  16  gennaio 1968, poi integrato e
nuovamente approvato con il successivo decreto del 28 luglio 1970. In
quel caso come in quello che forma oggetto del presente giudizio «non
puo'  ragionevolmente  dubitarsi  che  lo  stesso  (piano di sviluppo
industriale),  per  effetto  dell'art. 25 della legge 3 gennaio 1978,
n. 1  (e dell'art. 52, secondo comma, del d.P.R 6 marzo 1978, n. 218)
sia effettivamente scaduto in data 28 luglio 1980, come correttamente
ritenuto»  in precedenti giudizi «di questa stessa sezione (decisioni
4723  e  4724  del  7  settembre  2000;  3349 del 21 giugno 2001)» [a
Sezione  IV  del  Consiglio  di  Stato,  nei  citati precedenti aveva
motivatamente   escluso  che  al  piano  consortile  in  esame  fosse
applicabile  l'articolo 11 della legge 31 maggio 1990, n. 128, che ha
prorogato  al  31  dicembre 1990 il termine di validita' dell'art. 25
della   legge  3  gennaio  1978,  n. 1,  non  potendo  ammettersi  la
prorogabilita' di un provvedimento non piu' efficace perche' scaduto,
nonche'   l'ulteriore   proroga  triennale  di  validita'  dei  piani
consortili  prevista  dal secondo comma dell'articolo 52 del d.P.R. 6
marzo  1978, n. 218 (nel testo novellato dall'articolo 25 della legge
3  gennaio  1978,  n. 1),  termine  a sua volta prorogato dal d.l. 13
febbraio  1981,  n. 19  (art.  2)  di tre anni (15 gennaio 1984), dal
decreto-legge  28  febbraio  1986,  n. 48 (art. 1) per un altro anno,
dall'art. 1  del  decreto-legge  20 novembre 1987, n. 474, fino al 30
giugno 1988, dall'art. 13 della legge 10 febbraio 1989, n. 48 fino al
31  dicembre  1989  ed all'art. 11 della legge 31 maggio 1990 n. 128,
fino al 31 dicembre 1990].
    Il   Consiglio  di  Stato,  sez.  IV,  nella  ripetuta  decisione
n. 3130/2004,  ha  preso  le mosse dalla considerazione che «le opere
comprese  nei  piani  regolatori  delle aree e dei nuclei di sviluppo
industriale   previsti   dal   d.P.R.  6  marzo  1978,  n. 218,  sono
considerate  di  pubblica  utilita',  urgenti  ed  indifferibili  per
effetto  dell'art. 53  del  citato  d.P.R. n. 218, con la conseguenza
che,  ai  fini  dell'adozione  di un provvedimento di espropriazione,
l'approvazione  dei  piani  implica  la  valutazione della preminenza
dell'interesse  pubblico su quello privato (Cd.S., IV, 3 giugno 1996,
n. 720)».  Ha  dunque  rilevato  che  i  predetti vincoli preordinati
all'esproprio,  giusta  l'art. 25  della  legge 3 gennaio 1978, n. 1,
hanno  durata  di  efficacia  decennale  e sono comunque reiterabili,
secondo  i  principi  generali,  «in  ragione di motivato esigenze di
pubblico  interesse, previo completo riesame dell'assetto urbanistico
dell'area  industriale  (C.d.S., II, 24 ottobre 1990 n. 438)», ovvero
possono   essere   prorogati   prima  della  loro  scadenza  (con  la
precisazione che la proroga, per sua stessa natura, si configura come
un  atto  accessorio rispetto ad un altro atto, principale, valido ed
efficace C.G.A., 25 gennaio1990, n. 2).
    Tutto cio' premesso, il Consiglio di Stato ha dunque esaminato la
questione  dell'applicabilita'  della  proroga  di efficacia disposta
dall'articolo 10, comma 9, della legge regionale 16 marzo 1998, n. 16
(recante «Assetto dei Consorzi per le aree di sviluppo industriale»),
interpretato  autenticamente dal secondo comma dell'articolo 77 della
successiva   legge  regionale  11  agosto  2001,  n. 10  (concernente
«Disposizioni di finanza regionale Anno 2001»).
    Il predetto articolo 10, rubricato «Piani regolatori delle aree e
dei  nuclei  industriali»,  al  comma  9,  dopo  aver  fissato in via
generale   la  efficacia  dei  piani  dei  Consorzi  in  dieci  anni,
espressamente  afferma «La validita' dei piani esistenti e' prorogata
per  tre  anni  dalla  data  di  entrata in vigore»; il secondo comma
dell'articolo  77  della  legge  regionale n. 10 del 2001, fornendone
l'interpretazione autentica, ha disposto che «la proroga di validita'
ed  efficacia  dei  Piani  Regolatori  delle Aree e dei Nuclei di cui
all'articolo  10, comma 9. della l.r. 13 agosto 1998, n. 16 e' intesa
nel  senso  che la stessa si applica a tutti i Piani esistenti, anche
se medio tempore scaduti».
    Il  giudice  di  appello  ha  quindi  respinto  l'interpretazione
«costituzionalmente  orientata»,  pure  avanzata  da  questa Sezione,
secondo  la  quale  l'espressione «medio tempore scaduti» non potesse
riferirsi indiscriminatamente a tutti i piani dei consorzi delle aree
di  sviluppo  industriale  comunque scaduti (ed indipendentemente dal
momento  della  scadenza), ma dovesse riferirsi esclusivamente a quei
piani  venuti  in  scadenza  tra il 1° gennaio 1991 (data di scadenza
dell'ultima  proroga degli stessi stabilita con norma statale e cioe'
con  la  legge  31 maggio 1990, n. 128) ed il 25 agosto 1998, data di
entrata in vigore della legge regionale 13 agosto 1998, n. 16.
    Per   ragioni   inerenti  la  lettera  della  norma  regionale  e
l'intenzione  del  legislatore il Consiglio di Stato ha invece optato
per una ricostruzione del significato della norma regionale nel senso
che  «sulla  base  del  significato  proprio  delle  parole contenute
nell'articolo  10,  comma  9,  della  legge  13 agosto 1998, n. 16, e
dell'effettiva    intenzione    del    legislatore,    autenticamente
interpretato  dal  secondo  comma  dell'articolo  77 della successiva
legge  11 agosto  2001, n. 10, non puo' ragionevolmente dubitarsi che
lo  scopo  delle ricordate disposizioni era proprio quello di rendere
validi  ed  efficaci  i  piani che i Consorzi per le aree di sviluppo
industriale  avevano  gia'  elaborato  anche  da tempo e che, dunque,
fossero  suscettibili  di  immediata  attuazione  ...  in  realta' la
voluntas  del  legislatore  e'  stata  -  evidentemente  -  quella di
«prorogare»  (impropriamente  ovvero  di  far rivivere) tutti i piani
approvati, in qualsiasi tempo scaduti».
    Da  qui  la  conclusione  della  sicura applicabilita' al caso di
specie  della  normativa contenuta nel comma 9 dell'articolo 10 della
legge   regionale   13   agosto   1998,  n. 16,  come  autenticamente
interpretato dal secondo comma dell'articolo 77 della legge 11 agosto
2001,  n. 10,  con  la conseguenza della piena efficacia ovvero della
rinnovata  vigenza  del piano regolatore consortile del Consorzio per
l'area  di sviluppo industriale di Caserta, approvato una prima volta
con  decreto  del  Presidente  del  Consiglio dei Ministri in data 16
gennaio   1978   e  successivamente,  a  seguito  di  un  ampliamento
territoriale dello stesso, con decreto del 28 luglio 1970.
    Ne   consegue   la   necessita',  sempre  in  linea  con  l'ampia
motivazione  fornita  sul punto dal Consiglio di Stato nel richiamato
precedente, che il Collegio proceda a delibare d'ufficio la questione
di  legittimita'  costituzionale  della ricordata normativa regionale
con  riferimento  agli  articoli  3,  42  e  97 della Costituzione in
relazione  alla  «ammissibilita'  di  una  siffatta  compressione del
diritto  di  proprieta',  che puo' essere sussunta nell'ipotesi della
reiterazione dei vincoli espropriativi».
    In  merito  il  Collegio  fa proprie le argomentazioni svolte sul
punto  dal  giudice  d'appello:  «premesso che, com'e' noto, ai sensi
dell'articolo  42,  terzo  comma,  della  Costituzione, la proprieta'
privata  puo'  essere,  nei  casi  preveduti  dalla  legge,  e  salvo
indennizzo,  espropriata  per  motivi  di  interesse  generale,  deve
rammentarsi  che  l'articolo  53  del  d.P.R.  6  marzo 1978, n. 218,
stabilisce  che  le  opere comprese nei piani regolatori delle aree e
dei  nuclei  di  sviluppo  industriale  sono  considerate di pubblica
utilita', urgenti ed indifferibili, con la conseguenza, per un verso,
che   l'approvazione   dei  predetti  piani  regolatori  comporta  la
valutazione  di  preminenza dell'interesse pubblico su quello privato
dispone  e, per altro verso, che i terreni compresi in tali strumenti
sono  sottoposti  ad  evidenti  vincoli  espropriativi.  Pertanto, la
questione che la Sezione deve delibare consiste nello stabilire se la
normativa   regionale,   disponendo  automaticamente  e  senza  alcun
incombente, istruttorio e/o procedimentale in capo ai consorzi per le
aree  di  sviluppo  industriale,  la  proroga  dei  piani  regolatori
consortili  esistenti,  anche  se medio tempore scaduti, abbia o meno
violato  il  principio della temporaneita' dei vincoli espropriativi,
nonche'  l'obbligo della puntuale motivazione in caso di reiterazione
e quello di prevedere il giusto indennizzo.
    La Corte costituzionale con la sentenza n. 179 del 20 maggio 1999
ha  espressamente  affermato,  al  riguardo,  che la reiterazione dei
vincoli  decaduti  (preordinati  all'espropriazione  o  con carattere
sostanzialmente   espropriativi)   ovvero  la  loro  proroga  in  via
legislativa  non  costituiscono  fenomeni per cio' solo inammissibili
dal  punto  di  vista  costituzionale, potendo in concreto sussistere
ragioni  giustificative, accertate attraverso la opportuna e motivata
valutazione  procedimenentale dell'amministrazione competente, ovvero
apprezzate  dalla  discrezionalita'  del  legislatore  entro i limiti
della  non irragionevolezza e della non arbitrarieta'. Sempre secondo
il  giudice  delle  leggi, devono, invece, considerarsi inammissibili
dal  punto  di  vista  costituzionale  le  reiterazioni  dei  vincoli
espropriativi  nei casi di proroga sine die o all'infinito (nel senso
cioe'  della  reiterazione  di  proroghe a tempo indeterminato che si
aggiungano  le  une alle altre), ovvero quando il limite temporale di
efficacia delle disposte reiterazioni e' indeterminato, cioe' non sia
certo,  preciso  e sicuro e quindi sia sostanzialmente irragionevole,
sempreche'  ovviamente  non sia stato previsto l'indennizzo (oltre il
periodo  tollerabile di durata del vincolo stesso). In altri termini,
il  Giudice  delle  leggi ha ammesso che la mera scadenza dei vincoli
preordinati   all'espropriazione   contenuti   in  uno  strumento  di
pianificazione  urbanistica  non  priva  l'amministrazione competente
alla  realizzazione  di  progetti  o  interventi relativi ad esigenze
generali  (in  funzione  dei  quali  e'  previsto il piano regolatore
stesso)  del  potere  di  reiterazione  degli  stessi, ove persistano
(ovvero   sopravvengano   anche)   situazioni  che  ne  impongano  la
realizzazione  anche  se  per finalita' diverse da quelle originarie,
sempreche'   tuttavia   la  predetta  reiterazione  sia  puntualmente
motivata   circa   la  necessita'  e  l'attualita'  di  acquisire  la
proprieta'   privata   (da   valutare  sulla  base  di  una  apposita
istruttoria procedimentale da cui emerga la prevalenza dell'interesse
pubblico   rispetto   a   quello   privato   da  sacrificare)  e  sia
contemporaneamente   prevista  anche  la  corresponsione  del  giusto
indennizzo al cittadino sacrificato.
    Con  successiva  pronuncia  n. 411  del 18 dicembre 2001 la Corte
costituzionale,  proprio  alla  stregua  degli  enunciati principi ha
dichiarato   l'illegittimita'  costituzionale  dell'articolo  52  del
d.P.R.  6  mazzo  1978,  n. 218,  proprio nella parte in cui consente
all'Amministrazione  di  reiterare  i  vincoli  scaduti,  preordinati
all'espropriazione   o   che   comportino   l'inedificabiita',  senza
previsione  di  indennizzo. Cio' precisato, la Sezione e' dell'avviso
che  nel  caso  di  specie, i delineati presupposti, idonei a rendere
compatibili  con  le  previsioni  costituzionali  la reiterazione dei
vincoli  espropriativi  scaduti,  non  sussistano. Invero, come si e'
gia'  avuto  modo  di  evidenziare, il comma 9 dell'articolo 10 della
legge  regionale  della  Campania  13 agosto 1998, n. 16, nell'ambito
della  regolamentazione  dell'efficacia  dei piani dei consorzi delle
aree di sviluppo industriale e dei nuclei industriali, fissata in via
generale  in  dieci  anni,  ha  stabilito  sic et simpliciter che «la
validita' dei piani esistenti e' prorogata per tre anni dalla data di
entrata  in  vigore».  Pur  a volersi ammettere che con riferimento a
tale  singola disposizione (autenticamente interpretata dall'articolo
77  della  legge  11  agosto  2001,  n. 10, nel senso che la predetta
proroga  di  validita' si applica a tutti i piani esistenti, anche se
medio  tempore  scaduti,  cosi'  ricomprendendovi  anche  quello  che
costituisce  oggetto  del  gravame in esame), la legge in esame possa
essere   considerata   come   una   legge  provvedimento  (sulla  cui
compatibilita'  con la Costituzione, da ultimo anche C.d.S., sez. IV,
11  marzo 2003, n. 1321). cio' non toglie che in concreto essa manchi
di  qualsiasi elemento volto a provare l'effettivo svolgimento di una
puntuale  procedura di valutazione degli interessi pubblici e privati
in  gioco  in  relazione  alla  necessita' ed all'attualita' da parte
della  pubblica  amministrazione di disporre della proprieta' privata
per realizzare un progetto di interesse generale, difettando altresi'
della  conseguente  adeguata  motivazione;  manca  inoltre  qualsiasi
previsione di indennizzo per la ulteriore compressione delle facolta'
di  godimento  del diritto di proprieta'. Ne' i delineati presupposti
possono  in  qualche  modo  ricavarsi  aliunde  ovvero  dal  contesto
normativo  in  cui  si  collocano  le  due disposizioni in esame; ne'
risultano dai lavori preparatori, di cui non vi e' traccia.
    Al contrario, la proroga generalizzata di tutti i piani esistenti
porta  ad  escludere  una  valutazione  analitica  delle esigenze che
possano   giustificare   la  proroga  dei  singoli  piani.  Non  puo'
ragionevolmente  dubitarsi,  sotto  tale  profilo,  che la richiamata
normativa  ha  cosi'  comportato  un'inammissibile  reiterazione  dei
vincoli  espropriativi scaduti, assoggettando ingiustificatamente, in
palese  contrasto  delle previsioni contenute nell'articolo 42, terzo
comma,  della  Costituzione,  le aree rientranti nel piano regolatore
dell'area  di  sviluppo  industriale  di  Caserta (tra cui quelle dei
ricorrenti), approvato una prima volta con decreto del Presidente del
Consiglio  dei  ministri  del  16 gennaio 1968 e poi, a seguito di un
ampliamento  dell'estensione  territoriale  dell'area consortile, con
decreto  del  28  luglio 1970, ad un ulteriore vincolo espropriativo,
senza  che siano state accertate e evidenziate le ragioni di pubblico
interesse   che   giustificavano   il   perdurante  sacrificio  della
proprieta'   privata   e   senza  alcuna  previsione  di  indennizzo.
Risultano,  altresi',  violati,  ad  avviso  della  sezione,  anche i
principi  di  ragionevolezza,  cui  deve attenersi intrinsecamente la
discrezionalita'  del  legislatore, nonche' i principi di legalita' e
di  buon  andamento,  cui  deve ispirare, ai sensi dell'art. 97 della
Costituzione,  l'azione amministrativa. Invero, come si e' gia' avuto
modo  si evidenziare, la normativa in esame proroga automaticamente e
indiscriminatamente  qualsiasi  piano  regolatore dei consorzi per le
aree  di  sviluppo  industriale  per  il  fatto  della  sua  semplice
esistenza,  indipendentemente  dal fatto che essi siano eventualmente
gia'  scaduti e per di piu' indipendentemente dal momento in cui essi
siano gia' venuti a scadenza.
    E'  noto,  al  riguardo,  che  la  proroga  di  un  provvedimento
amministrativo,   quale   provvedimento   di  secondo  grado,  accede
necessariamente  ad un precedente provvedimento esistente e efficace,
incidendo  proprio  sulla  sua  efficacia:  la  previsione  della cui
legittimita'  si  dubita,  appare pertanto evidentemente irrazionale,
rappresentando  una  vera  e  propria  contraddizione  in termini, la
proroga   di   un   provvedimento  non  piu'  efficace.  In  realta',
utilizzando  in  modo  distorto  lo  strumento  dell' interpretazione
autentica di una propria precedente norma legislativa, il legislatore
regionale,    con    disposizione   innovativa   (e   non   meramente
interpretativo)  ha  sostanzialmente  «riadottato» un precedente atto
amministrativo,  che aveva definitivamente esaurito il suo periodo di
efficacia ed era quindi del tutto incapace di produrre propri effetti
giuridici,   conferendogli   una   nuova   efficacia   (con   effetto
retroattivo) attraverso una ficitio iuris (cioe' l'interpretazione di
una norma giuridica che poteva logicamente e razionalmente riguardare
solo  i  piani  validi ed efficaci al momento della entrata in vigore
della  legge  13  agosto  1998,  n. 16): tutto cio' al di fuori delle
norme procedimenentali che ne disciplinavano l'emanazione e dunque in
patente  violazione  dell'articolo  97 della Costituzione. Cio' senza
contare che altrettanto irragionevolmente, in stridente contrasto con
il  principio  di  uguaglianza  sostanziale  sancito dall'articolo 3,
secondo  comma,  della  Costituzione,  la  riadozione o la. rinnovata
efficacia  attribuita  al  piano  regolatore  dell'area  di  sviluppo
industriale  di  Caserta  e'  avvenuta  ad oltre venti anni dalla sua
originaria  scadenza,  senza  che sia stata svolta alcuna valutazione
sulla  necessita' dell'intervento pubblico da realizzare in relazione
al sacrificio imposto al privato».
    Per  tutte le esposte ragioni il Collegio giudica rilevante e non
manifestamente  infondata la questione di legittimita' costituzionale
dell'articolo  10,  comma  9, della legge regionale della Campania 13
agosto  1998,  n. 16,  autenticamente  interpretato  dall'articolo 77
della  successiva legge regionale 11 agosto 2001, n. 10, in relazione
agli artt. 3, 42 e 97 della Costituzione.
    Ne  segue  la sospensione del giudizio e la rimessione degli atti
alla Corte costituzionale per la conseguente decisione.
                              P. Q. M.
    Non   definitivamente   pronunciando   sui  ricorsi  in  epigrafe
indicati,   ne  dispone  la  riunione  e  dichiara  rilevante  e  non
manifestamente  infondata la questione di legittimita' costituzionale
dell'articolo  10,  comma  9, della legge regionale dalla Campania 13
agosto  1998,  n. 16,  autenticamente  interpretato  dall'articolo 77
della  legge  regionale  11 agosto 2001, n. l0, per contrasto con gli
artt. 3,  42  e  97 della Costituzione. Dispone la trasmissione degli
atti  alla Corte costituzionale. Ai sensi dell'art. 23 della legge 12
marzo  1953,  n. 87, sospende il giudizio ed ordina che, a cura della
segreteria,  la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa
ed  al  Presidente  del  Consiglio dei ministri e che la stessa venga
comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.
    Cosi' deciso in Napoli, nella Camere di consiglio del 27 aprile e
del 22 giugno 2006.
                     Il Presidente: D'Alessandro
Il relatore: Carpentieri
07C0743