N. 431 ORDINANZA (Atto di promovimento) 5 maggio 2006
Ordinanza emessa il 5 maggio 2006 dal tribunale amministrativo regionale della Campania - Napoli, sul ricorso proposto da Ummarino Bartolomeo contro Commissario delegato per l'emergenza socio economica ambientale del bacino idrico del fiume Sarno ed altro. Giustizia amministrativa - Tribunali amministrativi regionali - Controversie relative alla legittimita' delle ordinanze e dei conseguenziali provvedimenti commissariali adottati in tutte le situazioni di emergenza dichiarate ai sensi dell'art. 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225 - Competenza, in via esclusiva, in primo grado, attribuita al Tribunale amministrativo regionale del Lazio - sede di Roma - Irragionevole deroga al principio della competenza del Tribunale amministrativo regionale della Regione in cui il provvedimento e' destinato ad avere incidenza - Violazione del diritto di difesa e del principio del giudice naturale - Violazione del principio del decentramento territoriale della giurisdizione amministrativa. - Decreto-legge 30 novembre 2005, n. 245, art. 3, commi 2-bis, 2-ter e 2-quater, introdotti dalla legge 27 gennaio 2006, n. 21. - Costituzione, artt. 3, 24, 25 e 125.(GU n.24 del 20-6-2007 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza ai sensi dell'art. 23, comma 2, legge n. 87/1953, sul ricorso n. 8314/2005 R.G. proposto dall'ing. Bartolomeo Ummarino, in proprio ed in qualita' di capogruppo del Raggruppamento temporaneo di professionisti, rappresentato e difeso dagli avv. Antonio Molfini, Tiziana Roda' e Domenico Marrazzo, coi quali e' elettivamente domiciliato in Napoli, alla via Ponte di Tappia, n. 82; Contro la Presidenza del Consiglio dei ministri - Commissario delegato per il superamento dell'emergenza socio-economico-ambientale del bacino idrico del fiume Sarno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, presso il cui ufficio distrettuale di Napoli, alla via Diaz, n. 11, e' legalmente domiciliato; e nei confronti dell'ing. Francesco Rodriquez, funzionario Gori S.p.A.; per l'annullamento dell'ordinanza n. 303 dell'8 luglio 2005, nella parte in cui attribuisce le funzioni di direttore dei lavori all'ing. Francesco Rodriquez, per le «opere di completamento della rete fognaria del Comune di Corbara (Salerno), tipo A-B1 e B2-C»; Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'amministrazione intimata; Visti gli atti tutti della causa; Uditi i difensori delle parti presenti alla pubblica udienza del 16 marzo 2006, come da verbale, relatore il primo referendario dott. Pierluigi Russo; Ritenuto e considerato, in fatto ed in diritto, quanto segue: F a t t o Con il ricorso in epigrafe, l'ing. Bartolomeo Ummarino ha impugnato l'ordinanza n. 303, prot. n. 6650/ord.4, datata 8 luglio 2005, emessa dal Commissario delegato ex o.P.C.m. n. 3270 del 12 marzo 2003, per lo stato di emergenza socio-economico-ambientale per l'area del bacino idrografico del fiume Sarno, nella parte in cui attribuisce le funzioni di direttore dei lavori all'ing. Francesco Rodriquez, funzionario della Gori S.p.A., per le «opere di completamento della rete fognaria del Comune di Corbara (Salerno), tipo A-B1 e B2-C». A sostegno della richiesta di annullamento del provvedimento ha dedotto i seguenti motivi: 1) Violazione e falsa applicazione degli artt. 17 e 27 legge n. 109 dell'11 febbraio 1994 e successive modifiche - difetto assoluto di motivazione - eccesso di potere per irragionevolezza, illogicita' manifesta e contraddittorieta'; 2) Violazione e falsa applicazione dell'art. 17, commi 11 e 12, legge n. 109/1994 e successive modifiche; violazione dell'art. 3, legge n. 241/1990; violazione art. 97 Cost.; violazione dei principi di non discriminazione, di parita' di trattamento, di trasparenza e del favor partecipationis; difetto assoluto di motivazione; 3) Violazione e falsa applicazione art. 5, legge 24 febbraio 1992, n. 225; violazione e falsa applicazione artt. 50, 62, 123 e 124 d.P.R. n. 554 del 21 dicembre 1999; inesistenza dei presupposti; eccesso di potere. Si e' costituita in giudizio l'amministrazione statale intimata, attraverso il patrocinio dell'Avvocatura dello Stato, che ha chiesto in via pregiudiziale l'applicazione dell'art. 2 del decreto-legge 30 novembre 2005, convertito con modificazioni con legge 27 gennaio 2006, n. 21, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 28 gennaio 2006, n. 23, in base al quale la controversia rientra nella competenza del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con sede in Roma. Alla pubblica udienza del 16 marzo 2006, la causa e' stata trattenuta in decisione. D i r i t t o 1. - Il Collegio ritiene di dover sollevare d'ufficio la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 3, commi 2-bis, 2-ter e 2-quater, del decreto-legge 30 novembre 2005, aggiunti dalla legge di conversione 27 gennaio 2006, n. 21. In base al suddetto comma 2-bis, «In tutte le situazioni di emergenza dichiarate ai sensi dell'articolo 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992 n. 225, la competenza di primo grado a conoscere della legittimita' delle ordinanze adottate e dei consequenziali provvedimenti commissariali spetta in via esclusiva, anche per l'emanazione di misure cautelari, al Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con sede in Roma». Dispone, poi, il comma 2-ter che: «Le questioni di cui al comma 2-bis sono rilevate d'ufficio. Davanti al giudice amministrativo il giudizio e' definito con sentenza succintamente motivata ai sensi dell'art. 26 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, e successive modificazioni, trovando applicazione i commi 2 e seguenti dell'articolo 23-bis della stessa legge». Infine, ai sensi del comma 2-quater: «Le norme di cui ai commi 2-bis e 2-ter si applicano anche ai processi in corso. L'efficacia delle misure cautelari adottate da un tribunale amministrativo diverso da quello di cui al comma 2-bis permane fino alla loro modifica o revoca da parte del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con sede in Roma, cui la parte interessata puo' proporre il ricorso». 2. - La rilevanza della questione ai fini del presente giudizio e' palese, atteso che la controversia ha ad oggetto l'ordinanza emessa in data 8 luglio 2005 dal Commissario delegato, ex o.P.C.m. n. 3270 del 12 marzo 2003, per lo stato di emergenza socio-economico-ambientale per l'area del bacino idrografico del fiume Sarno, per la quale trova immediata applicazione il predetto jus superveniens, che, come si e' detto, riguarda anche i processi pendenti. Alla stregua delle richiamate previsioni, infatti, come richiesto, dalla difesa erariale, questo tribunale amministrativo regionale - ove non dubitasse della incostituzionalita' delle stesse - dovrebbe dichiarare l'improcedibilita' del ricorso con sentenza succintamente motivata, stante la propria incompetenza. E' appena il caso di aggiungere che, in generale, deve ritenersi rilevante, ai sensi e per gli effetti dell'art. 23, comma 2, legge n. 87/1953, non soltanto la questione che involge la normativa applicabile per la definizione del giudizio nel merito, ma anche quella che riguarda le regole che disciplinano il processo, quali quelle che delimitano i poteri del giudice (cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 137 del 1983). Concludendo sul punto, a fronte della rilevata compressione della potestas iudicandi di questo Collegio, a processo instaurato, e della «soluzione obbligata» della fase di giudizio in cui esso si trova, per effetto di una normativa che si sospetta di incostituzionalita' - per quanto si chiarira' innanzi - appare rilevante, hic et nunc, la questione di costituzionalita' dell'art. 3, commi 2-bis, ter e quater, della legge n. 21/2006. 3. - Oltre che rilevante, la questione appare non manifestamente infondata, profilandosi ragionevoli dubbi di costituzionalita' sulle disposizioni di legge richiamate, sotto molteplici aspetti. 3.1. - Ad avviso del Collegio, la normativa introdotta dal legislatore con l'art. 3, comma 2, da bis a quater, della legge n. 21/2006 contrasta innanzitutto con l'art. 3 della Costituzione. Come si e' detto, la normativa in esame prevede, per tutte le situazioni di emergenza dichiarate ai sensi dell'art. 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, l'attribuzione di una competenza funzionale al Tribunale amministrativo regionale del Lazio a conoscere della legittimita' delle ordinanze adottate, cioe' per atti che possono assumere un'incidenza limitata ad uno specifico ambito territoriale, come nel caso di specie, ove e' contesta l'attribuzione dell'incarico di direttore dei lavori per opere di completamento della rete fognaria del Comune di Corbara (SA). Invero, tale deroga alle ordinarie regole di riparto della competenza comporta una disparita' di trattamento, per la tutela giurisdizionale delle rispettive posizioni giuridiche, tra soggetti in situazioni identiche, vale a dire tra i destinatari delle ordinanze adottate dagli organi governativi o dai commissari delegati, nelle situazioni di dichiarata emergenza, aventi efficacia limitata al territorio di una regione, rispetto ai destinatari dei provvedimenti, aventi lo stesso ambito di efficacia, adottati in via ordinaria, in genere dagli organi esponenziali di enti territoriali regionali o sub regionali. In definitiva, mentre l'impugnazione di provvedimenti emessi nell'esercizio delle ordinarie attribuzioni rientra nella competenza del tribunale amministrativo regionale del luogo ove i provvedimenti hanno incidenza, ai sensi dell'art. 3 della legge n. 1034/1971, laddove sia stata dichiarata la situazione di emergenza ai sensi del citato art. 5, comma 1, della legge n. 225/1992, l'impugnazione dei provvedimenti volti alla cura dei medesimi interessi, idonei a produrre le stesse conseguenze e ad incidere su identiche posizioni soggettive, adottati dagli organi governativi o dai commissari all'uopo nominati, rientra nella competenza inderogabile del Tribunale amministrativo regionale del Lazio. Tale diversita' di trattamento non appare giustificabile in relazione alla particolare consistenza dell'interesse pubblico perseguito dai suddetti provvedimenti, considerato che nel vigente sistema non esiste una distribuzione di competenza tra i diversi tribunali amministrativi regionali in dipendenza della maggiore o minore rilevanza degli interessi sottesi all'esercizio delle pubbliche funzioni. Peraltro, ove venisse in ipotesi introdotta, essa apparirebbe in contrasto con l'art. 125 Cost. - sul quale si tornera' piu' innanzi - che pone su un piano paritario i diversi tribunali amministrativi distribuiti su base regionale. Ma appare decisiva la considerazione che il rilievo dell'interesse tutelato non muta in base alla circostanza per cui venga curato attraverso i normali strumenti ordinamentali ovvero attraverso strumenti ed organi extra ordinem, che si vengono a sovrapporre alle ordinarie competenze e procedure per ragioni di particolare urgenza. Difatti, le situazioni che giustificano la dichiarazione dello stato di emergenza non si giustificano per il particolare rilievo dell'interesse considerato, ma per l'urgenza di provvedere nei casi di «calamita' naturali, catastrofi o altri eventi che, per intensita' ed estensione, debbono essere fronteggiati con mezzi e poteri straordinari» e che difficilmente potrebbero essere adeguatamente affrontati in assenza di agili rimedi, immediatamente efficaci. Orbene, se la straordinarieta' degli eventi da fronteggiare giustifica la straordinarieta' dei poteri di carattere sostanziale all'uopo previsti, invece la sottoposizione degli atti adottati, nell'ambito dell'accertata situazione di emergenza, ad un peculiare regime d'impugnazione appare del tutto irrazionale e sembra comportare un'ingiustificata lesione dell'art. 3 della Costituzione. Va peraltro aggiunto, ad ulteriore dimostrazione dell'irragionevolezza del disegno complessivo che ne consegue, che mentre il suesposto regime derogatorio concerne le ordinanze e gli atti commissariali, invece i provvedimenti governativi che dichiarano le situazioni di emergenza, ai sensi del citato art. 5 della legge n. 225/1992, continuano a rientrare nell'ordinaria competenza del Tribunale amministrativo regionale, laddove siano destinati ad esplicare una limitata efficacia territoriale. Questo giudice remittente non ignora la sentenza della Corte costituzionale n. 189/1992, con la quale e' stato ritenuto compatibile con il dettato costituzionale l'art. 4 della legge 12 aprile 1990, n. 74, che attribuisce al Tribunale amministrativo regionale Lazio la competenza esclusiva sull'impugnazione degli atti del Consiglio superiore della magistratura. Tuttavia, in quella circostanza la deroga all'ordinario criterio di riparto della competenza, basato sulla sede di servizio del pubblico dipendente, e' stata valutata in linea con il canone di ragionevolezza per «la particolare posizione assicurata al Consiglio superiore della magistratura nell'organizzazione dei pubblici poteri e la peculiarita' dello status dei magistrati ordinari». Le suddette argomentazioni non sono evidentemente utilizzabili nella vicenda in esame, in cui la deviazione dalle regole generali di distribuzione della competenza fra gli organi giurisdizionali, indicate nell'art. 3 della legge n. 1034/1971, non appare supportata da alcuna plausibile ragione, dotata di copertura costituzionale, tale da giustificare la disparita' di trattamento che si viene ad operare tra situazioni eguali, con conseguente lesione dei principi desumibili dall'art. 3 della Costituzione. 3.2. - In secondo luogo, le disposizioni in esame appaiono in contrasto con l'art. 24 della Costituzione, in quanto l'attrazione delle controversie ivi previste presso il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, piuttosto che presso gli organi giurisdizionali localmente istituiti, indubbiamente comporta un ingiustificato aggravio della tutela giurisdizionale, per l'evidente maggiore difficolta', non solo in termini di costi, per i soggetti incisi nelle loro posizioni soggettive nell'esercitare le relative azioni. Cio' vale sia per la fase transitoria in cui i giudizi pendenti trasmigrano al Tribunale amministrativo regionale del Lazio sia per le future nuove controversie che, secondo la nuova normativa, dovrebbero essere ab initio instaurate presso detto organo giudicante. Sul punto giova rammentare che la Corte ha ritenuto, in un caso in cui il legislatore aveva disposto l'estinzione ope legis di giudizi pendenti (art. 10, comma primo, legge n. 425/1984), che siffatta disposizione, in quanto «preclude al giudice la decisione di merito imponendogli di dichiarare d'ufficio l'estinzione dei giudizi pendenti, in qualsiasi stato e grado si trovino alla data di entrata in vigore della legge sopravvenuta», percio' stesso «viola il valore costituzionale del diritto di agire, in quanto implicante il diritto del cittadino ad ottenere una decisione di merito senza onerose reiterazioni» (Corte costituzionale, sentenza n. 123 del 1987). Sebbene la fattispecie in esame sia diversa da quella oggetto della citata pronuncia, il principio, tuttavia, e' nello stesso modo applicabile. Accade infatti, nel caso presente, che chi abbia gia' un giudizio pendente davanti al Tribunale amministrativo regionale locale debba proseguire altrove nella propria iniziativa giudiziaria (addirittura rimanendo esposto ad una seconda pronuncia cautelare sollecitata dalla parte soccombente davanti al giudice adito prima dell'entrata in vigore della legge in questione). 3.3. - Altro profilo di incostituzionalita' va ravvisato, inoltre, nella violazione del principio del giudice naturale precostituito per legge, di cui all'art. 25 della Costituzione. La norma ora citata, stabilendo che «nessuno puo' essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge», esclude, come la stessa Corte costituzionale ha affermato nella sentenza n. 393 del 2002, «che vi possa essere una designazione tanto da parte del legislatore con norme singolari, che deroghino a regole generali, quanto da altri soggetti, dopo che la controversia sia insorta»; ed invero, perche' tale principio possa considerarsi rispettato, occorre che «[...] la regola di competenza sia prefissata rispetto all'insorgere della controversia». 3.4. - Si prospetta, infine, il contrasto delle norme in esame con l'art. 125, secondo comma, della Costituzione, in base al quale «Nella regione sono istituiti organi di giustizia amministrativa di primo grado, secondo l'ordinamento stabilito da legge della Repubblica». Tale previsione, esprimendo il principio dell'articolazione su base regionale degli organi statali di giustizia amministrativa di primo grado, implica conseguentemente il rilievo e la garanzia costituzionale della sfera di competenza degli stessi. Tale sfera di competenze costituzionalmente garantita non ha ragione di subire deroghe nella materia di cui trattasi, in cui le singole situazioni di emergenza hanno rilievo spiccatamente locale, con conseguente efficacia territoriale limitata dei relativi provvedimenti adottati dai soggetti delegati alla cura delle varie situazioni emergenziali. In altri termini, l'attribuzione delle controversie in questione, svincolata da ogni criterio di distribuzione territoriale, finisce per svuotare di contenuto la richiamata previsione dell'art. 125, secondo comma, della Costituzione, violando il principio ivi contenuto, attraverso una sorta di gerarchia tra i Tribunale amministrativo regionale territoriali, incompatibile con il dettato e lo spirito della norma costituzionale. 4. - Per tutte le suesposte considerazioni, deve sollevarsi la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 2-bis, comma 2-ter, comma 2-quater, della legge n. 21/2006, per contrasto con gli artt. 3, 24, 25 e 125 della Costituzione. Deve pertanto essere disposta la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale per la decisione della predetta questione di legittimita' costituzionale, sospendendosi il giudizio instaurato con il ricorso in epigrafe, fino alla restituzione degli atti da parte della medesima Corte.
P. Q. M. Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di costituzionalita' dell'art. 3, commi 2-bis, 2-ter e 2-quater, del d.l. 30 novembre 2005 n. 245, introdotti con la legge di conversione del 27 gennaio 2006 n. 21, e conseguentemente solleva la questione di legittimita' costituzionale delle norme citate per contrasto con gli artt. 3, 24, 25 e 125 della Costituzione. Dispone, ai sensi dell'art. 23, comma 2, della legge 11 marzo 1953, n. 87, l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e la sospensione del presente giudizio. Manda alla segreteria per la notificazione della presente ordinanza alle parti in causa, al Presidente del Consiglio dei ministri nonche' ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Cosi' deciso in Napoli, nella Camera di consiglio del 16 marzo 2006. Il Presidente: Onorato L'estensore: Russo 07C0745