N. 450 ORDINANZA (Atto di promovimento) 18 gennaio 2007

Ordinanza  emessa  il  18  gennaio  2007 dal tribunale di Potenza sul
ricorso proposto da S.E.M. S.p.A. - Societa' Esattorie Meridionali

Procedimento  civile  -  Spese processuali - Ricorso per la nomina di
  curatore  ad  eredita'  giacente  -  Cessazione  della giacenza per
  carenza  di attivo ereditario - Liquidazione delle spettanze dovute
  al  curatore  a  titolo  di  onorario  e  di  rimborso  delle spese
  sostenute per l'adempimento dell'incarico - Previsto onere a carico
  del  ricorrente  alla  stregua  della  normativa  vigente  - Omessa
  previsione  dell'anticipazione  erariale per le spese e gli onorari
  spettanti  al  curatore  nel caso di cessazione della procedura per
  carenza   dell'attivo   ereditario   -  Denunciata  violazione  del
  principio  di  ragionevolezza  -  Asserita  lesione  del diritto di
  difesa.
- Decreto  del  Presidente  della  Repubblica 30 maggio 2002, n. 115,
  art. 8, comma 1.
- Costituzione, artt. 3 e 24.
(GU n.24 del 20-6-2007 )
                            IL TRIBUNALE

    Ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento iscritto al
n. 81/2005  R.G.  Vol.  Giur.,  avente  ad  oggetto  la  nomina di un
curatore all'eredita' giacente del defunto Moscogiuri Francesco, nato
a  Viggiano  (Potenza)  il 13 ottobre 1937 e deceduto a Marsicovetere
(Potenza)  il  9  dicembre  1999,  su  istanza della «S.E.M. S.p.A. -
Societa'  Esattorie Meridionali», con sede in Potenza, in persona del
legale rappresentante pro-tempore.

                                  I

    Con  ricorso  depositato il 15 febbraio 2005, la «S.E.M. S.p.A. -
Societa'  Esattorie  Meridionali»  adiva  il  Tribunale  di  Potenza,
chiedendo  la nomina di un curatore all'eredita' giacente del defunto
Moscogiuri  Francesco, nato a Viggiano (Potenza) il 13 ottobre 1937 e
deceduto  a  Marsicovetere (Potenza) il 9 dicembre 1999. Assumendo di
essere  creditrice del de cuius, nella qualita' di concessionaria del
servizio  di  riscossione dei tributi per la Provincia di Potenza, la
ricorrente  deduceva  che i suoi successibili ex lege - nelle persone
di  Moscogiuri  Cosimo  Rocco,  Moscogiuri  Enrico, Moscogiuri Lucia,
Moscogiuri  Lucia, Moscogiuri Antonietta e Moscogiuri Vincenza Anna -
avevano  congiuntamente  rinunziato  all'eredita',  a mezzo di rogito
redatto  dal notaio Beatrice Simone da Potenza il 6 maggio 2000, rep.
n. 39396.  Acquisiti  taluni documenti, con decreto reso il 19 aprile
2005,   il  giudice  designato  nominava  il  curatore  dell'eredita'
giacente  nella  persona  dell'avv. Michele  De Bonis da Potenza. Con
dichiarazione  depositata  il  10 maggio 2005, quest'ultimo accettava
l'incarico  conferitogli, prestando il giuramento di rito all'udienza
camerale del 9 giugno 2005. Il decreto di nomina era pubblicato nella
Gazzetta   Ufficiale   della   Repubblica  italiana  -  Foglio  delle
inserzioni  del 15 giugno 2005, n. 137, avviso C-12077 (a pagamento).
Con   relazione   depositata   il   13  febbraio  2006,  il  curatore
dell'eredita'  giacente  rendeva  il  conto  della  propria gestione,
riferendo, tra l'altro: 1) che Tempone Pasqualina, coniuge superstite
del  de  cuius,  aveva  dichiarato  l'inesistenza  di  beni  mobili o
immobili di cui lo stesso fosse proprietario o possessore in vita; 2)
che  l'inesistenza  di  beni  immobili  era  stata  confermata  dalla
consultazione   dei   registri  immobiliari;  3)  che  l'espletamento
dell'incarico  conferitogli aveva comportato l'anticipazione di spese
per euro 225,47 (duecentoventicinque virgola quarantasette).
    Pertanto,   egli   chiedeva  l'approvazione  del  rendiconto,  la
liquidazione  (ove  possibile)  del  compenso spettantegli secondo la
tariffa   professionale   ed   il  rimborso  delle  spese  anticipate
nell'espletamento    dell'incarico    conferitogli.   Instaurato   il
contraddittorio  nei confronti della ricorrente, il giudice designato
si riservava per la decisione all'udienza del 9 giugno 2006.

                                 II

    Secondo   l'interpretazione   datane   dalla   giurisprudenza  di
legittimita'  (in epoca anteriore all'entrata in vigore del d.P.R. 30
maggio  2002  n. 115,  portante  il  «testo  unico delle disposizioni
legislative  e  regolamentari  in materia di spese di giustizia»), la
definizione di «ausiliario del giudice» come colui che esercitava una
funzione  strumentale  al  provvedimento  che  il  giudice emetteva a
chiusura  di  un  determinato  procedimento  non  si  poteva ritenere
esaustiva,   dal  momento  che,  come  pure  era  stato  generalmente
evidenziato  dalla dottrina, si palesava necessario prendere in esame
anche  elementi  estrinseci  e  formali  (quali  l'essere l'ausiliare
estraneo  all'ufficio  ed  alle  parti,  l'avere egli prestato la sua
attivita'  in  relazione ad un processo od in occasione dello stesso,
al  fine  precipuo  di consentirne lo svolgimento o di realizzarne le
finalita'  particolari,  l'aver  ricevuto  l'incarico  da  un  organo
giudiziario,    l'essere    l'incarico   stesso   caratterizzato   da
temporaneita'   ed  occasionalita)  (vedasi,  in  motivazione:  Cass.
SS.UU., 21 novembre 1997, n. 11619).
    Si  doveva,  cosi',  ritenere  che ausiliare del giudice fosse il
privato  «esperto  in  una  determinata  arte  o  professione»  e, in
generale,  idoneo  «al  compimento  di  atti  che il giudice non puo'
compiere  da  solo» (cosi' l'art. 68 cod. proc. civ.) temporaneamente
incaricato  di  una  pubblica  funzione,  il  quale, sulla base della
nomina  effettuata  da un organo giurisdizionale secondo le norme del
codice o di leggi speciali, prestava la sua attivita' in occasione di
un  processo,  in  guisa  da  renderne  possibile  lo  svolgimento  o
consentirne la realizzazione delle particolari sue finalita'.
    In  tale  ottica,  ben  poteva il curatore dell'eredita' giacente
essere  annoverato  tra  gli  «ausiliari del giudice», ricorrendo gli
elementi, obiettivi e subbiettivi, innanzi indicati. Doveva, infatti,
sul  punto  anche  considerarsi  che  gli  artt. 528  ss.  cod.  civ.
attribuivano   specificamente   al  pretore  al  tribunale,  dopo  le
modifiche  apportate dall'art. 145 del d.lgs. l9 febbraio 1998 n. 51)
il compito di provvedere alla conservazione del patrimonio ereditario
nel caso in cui il chiamato non fosse nel possesso dei beni ereditari
e   non   avesse   ancora  accettato  l'eredita';  che  tale  compito
notoriamente  veniva  svolto  mediante  il  compimento  di  numerose,
complesse  e multiformi attivita', che il pretore (il Tribunale, dopo
le  modifiche  apportate dagli artt. 105 e 144 del d.lgs. l9 febbraio
1998  n. 51, rispettivamente, agli artt. 782 s. cod. proc. civ. e 529
s.  cod. civ.) poteva non essere «in grado di compiere da se' solo» e
che  invece  richiedevano l'assistenza di «esperti in una determinata
arte o professione» o di «persona idonea» (art. 68, primo comma, cod.
proc.  civ.);  che la strumentalita' del compito affidato al curatore
rispetto  a  quello  del  pretore  (del  tribunale, dopo le modifiche
apportate  dagli  artt. 105  e 144 del d.lgs. l9 febbraio 1998 n. 51,
rispettivamente,  agli  artt. 782  s.  cod.  proc. civ. e 529 s. cod.
civ.)  emergeva  chiaramente  sia  dalla  prestazione del giuramento,
previsto  dall'art. 193  disp.  att. cod. proc. civ., di «custodire e
amministrare  fedelmente  i beni dell'eredita», sia dall'attivita' di
direzione e di sorveglianza svolta costantemente dalla stesso pretore
(dallo  stesso  tribunale,  dopo le modifiche apportate dall'art. 105
del d.lgs. l9 febbraio 1998 n. 51) ai sensi dell'art. 782 cod. .proc.
civ.  e  caratterizzata da appositi provvedimenti lungo l'intero iter
del  procedimento,  sia  dal provvedimento finale con il quale veniva
dichiarata  chiusa la procedura, al quale consegnivano l'approvazione
del  rendiconto  e  la  consegna  all'erede del patrimonio ereditario
convenientemente  gestito  (vedasi,  in motivazione: Cass. SS.UU., 21
novembre 1997, n. 11619).
    Ne'  a  conclusioni contrarie poteva pervenirsi in considerazione
del  fatto che l'art. 68 cod. proc.. civ non annoverasse - in termini
espliciti - il curatore dell'eredita' giacente tra gli «ausiliari del
giudice»,  perche' esso apertamente definiva tali soltanto il custode
ed  il consulente tecnico d'ufficio, ma, prevedendo «altri ausiliari»
nei  «casi previsti dalla legge o quando ne sorga la necessita», dava
adito  ad  una  categoria  aperta,  nella  quale  rientravano tutti i
soggetti  privati  chiamati a prestare la loro attivita' in occasione
di un processo ed in relazione a concrete necessita' individuabili di
volta in volta dal giudice (od anche dal cancelliere o dall'ufficiale
giudiziario).
    Ne',  per  altro  aspetto, si poteva ritenere che il procedimento
camerale  non  fosse  idoneo  ad  assicurare  il  rispetto di diritti
soggettivi  e  del principio del contraddittorio. In particolare, non
era  conferente  il rilievo che la liquidazione del compenso atteneva
ad  un  diritto  soggettivo, perche' la tutela di quest'ultimo veniva
assicurata  sia  in prime cure, con la partecipazione al procedimento
di  ogni controinteressato, sia in sede di gravame con il ricorso per
cassazione  ai  sensi dell'art. 111 Cost., mentre l'omessa previsione
da parte del legislatore del principio del doppio grado di merito non
violava precetti di natura costituzionale.
    Doveva,  pertanto,  conclusivamente ritenersi che, in forza degli
artt. 68  cod. proc. civ. e 52 disp. att. cod. proc. civ., il compito
di  liquidare il compenso al curatore dell'eredita' giacente spettava
allo  stesso  pretore  (allo  stesso  tribunale,  dopo  le  modifiche
apportate   dall'art. 145   del   d.lgs.   l9   febbraio  1998  n. 51
all'art. 528  cod.  civ.)  che l'avesse in precedenza nominato: cio',
peraltro, nel rispetto della ratio dell'art. 52 disp. att. cod. proc.
civ.,  essendo parso al legislatore che il giudice che avesse seguito
l'attivita'  dell'ausiliare  nel  corso del suo diuturno espletamento
fosse  meglio informato della qualita' e dell'importanza della stessa
ed  in  grado  di  provvedere meglio di altri, ex causa cognita, alla
liquidazione  del  compenso (vedasi, in motivazione: Cass. SS.UU., 21
novembre 1997,n. 11619).
    In  seguito,  l'art. 3, lett. n, del d.P.R. 31 maggio 2002 n. 115
ha  tipizzato  la  piu' ampia figura dell'«ausiliare del magistrato»,
definendolo  come «il perito, il consulente tecnico, l'interprete, il
traduttore  e qualunque altro soggetto competente, in una determinata
arte  o  professione  o comunque idoneo al compimento di atti, che il
magistrato o il funzionario addetto all'ufficio puo' nominare a norma
di legge».
    Ad ogni buon conto, la ricostruzione proposta in precedenza dalla
giurisprudenza di legittimita' con riguardo alla natura giuridica del
curatore  dell'eredita' giacente appare, sostanzialmente, compatibile
con l'attuale nozione di «ausiliario del magistrato», essendo rimasti
immutati  i  caratteri  distintivi  di  siffatta figura nel novellato
contesto del sistema normativo.
    Pertanto,  la  liquidazione  delle  «spettanze»  (comprensive  di
«onorario»  e  «rimborso  delle  spese  sostenute  per  l'adempimento
dell'incarico»:  art. 49,  primo  comma,  del  d.P.R.  30 maggio 2002
n. 115)   dovute  al  curatore  dell'eredita'  giacente  (al  termine
dell'incarico espletato) e' ora disciplinata dall'art. 168 del d.P.R.
30  maggio  2002  n. 115,  il  quale  -  al  pari  che per ogni altro
«ausiliario»  di  nomina  giudiziale  - ne riconosce la competenza al
«magistrato che procede».

                                 III

    Posta  in  siffatti  termini  la configurazione del c.d. «diritto
vivente», e' il caso di precisare che il legislatore si e' limitato a
prevedere  la  cessazione  della curatela (recte: della giacenza) per
accettazione  dell'eredita'  (art. 532  cod. civ.). Cio' non di meno,
l'interpretazione dottrinale ha individuato altre cause di cessazione
della  giacenza,  fra le quali rientra anche la carenza (originaria o
sopravvenuta)   di   attivo  ereditario  (ipotesi  verificatasi,  per
l'appunto, nella fattispecie sub judice).
    Ora,  l'obbligazione  relativa  alle spettanze dovute al curatore
dell'eredita'  giacente  e'  normalmente  destinata  a gravare su chi
acquista  l'eredita'  (quindi, anche in caso di devoluzione ex lege a
favore dello Stato, ai sensi dell'art. 586 cod. civ.).
    Viceversa,  il  principio enunciato in ordine alla corresponsione
dell'onorario  ed  al  rimborso delle spese al curatore dell'eredita'
giacente  non  puo'  valere  nell'ipotesi  di  carenza  (originaria o
sopravvenuta)  di  attivita', non essendovi alcun soggetto chiamato a
subentrare nell'universum jus defuncti.
    Tuttavia,  il legislatore non ha dettato una disciplina specifica
in subjecta materia.
    Con  riferimento al rimborso delle spese relative al procedimento
di  nomina del curatore dell'eredita' giacente che sia stato promosso
d'ufficio, l'art. 148 del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 si e' limitato
a distinguere le «spese prenotate a debito» (il contributo unificato;
i  diritti di copia) e le «spese anticipate dall'erario» (le spese di
spedizione; le indennita' di trasferta degli ufficiali giudiziari per
le  notificazioni  richieste  d'ufficio;  le indennita' e le spese di
viaggio  spettanti  a  magistrati  ed appartenenti agli uffici per il
compimento  di  atti  del  procedimento  fuori  della  sede in cui si
svolge;  le  spese  per la pubblicita' dei provvedimenti giudiziari),
stabilendo  che  entrambe siano poste a carico dell'erede, in caso di
accettazione   successiva,   ovvero  a  carico  del  curatore,  nella
qualita',  se  il  procedimento  si  conclude  senza  che. intervenga
accettazione.
    Secondo la relazione governativa al d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115,
«...  la  norma  in  commento recepisce l'istituto del recupero delle
spese  cosi'  come esso vive nell'ordinamento sulla base dei principi
generali»,   per   cui,   «all   `esito   della  procedura  (tendente
all'inventario,  alla  gestione,  alla liquidazione dell'eredita), il
giudice  pone  le  spese  in  questione  a carico del curatore, nella
qualita'; quindi a carico dell'eredita' (devoluta allo Stato ai sensi
dell'art. 586  c.c.)»; viceversa, «se successivamente alla nomina del
curatore     dell'eredita'    giacente,    interviene    accettazione
dell'eredita', con conseguente cessazione delle funzioni da parte del
curatore,  ex art. 532 c.c., il giudice pone le spese della procedura
a carico dell'erede».
    «Naturalmente, se l'eredita' giacente e' a istanza di parte, o di
parte  ammessa al patrocinio a spese dello Stato, ritornano le regole
generali».  In  altri  termini,  si  applica  la  disciplina  dettata
dall'art. 8  del  d.P.R.  30 maggio 2002 n. 115, secondo cui le spese
del  procedimento  sono  anticipate  dalla  parte  ovvero, in caso di
ammissione  al  patrocinio  a  spese  dello  Stato,  sono  anticipate
dall'erario  o prenotate a debito secondo la previsione dell'art. 131
del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115.
    Piu'   specificamente,   con   riguardo   agli   «ausiliari   del
magistrato»,  l'art.  131,  terzo comma e quarto comma, lett. c), del
d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 dispone che gli onorari sono prenotati a
debito   (ove  non  ne  sia  possibile  la  ripetizione),  mentte  le
indennita'  e le spese di viaggio, nonche' le spese per l'adempimento
dell'incarico, sono anticipate dall'erario.
    Pertanto,  in  caso  di procedimento promosso su istanza di parte
ammessa  al  patrocinio  a spese dello Stato, l'onere economico delle
spettanze  dovute  al curatore dell'eredita' giacente, qualora vi sia
carenza  (originaria  o  sopravvenuta) di attivita', viene comunque a
gravare  sull'erario  secondo il distinto regime della prenotazione a
debito (onorari) o dell'anticipazione (indennita' e spese di viaggio;
spese per l'adempimento dell'incarico).
    Viceversa,  in  caso di procedimento promosso su istanza di parte
non ammessa al patrocinio a spese dello Stato, la carenza (originaria
o  sopravvenuta)  di  attivita' pone la questione dell'individuazione
del  soggetto  obbligato  alla  corresponsione  dell'onorario  ed  al
rimborso   delle  spese  nei  confronti  del  curatore  dell'eredita'
giacente.
    In  totale  assenza  di  specifici  riferimenti  nell'ordinamento
vigente,   non  resterebbe  all'interprete  che  applicare  la  norma
generale  dell'art. 8,  primo comma, del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115
(ricalcata  sul  testo  dell'art. 90  cod.  proc. civ.), in base alla
quale  il  costo della giacenza (onorario e spese) verrebbe a gravare
sulla  parte proponente l'istanza di nomina del curatore, non potendo
esservi alcun acquisto jure hereditario.

                                 IV

    Su  tali  premesse in punto di diritto, l'adito giudicante valuta
di   dover   sollevare   d'ufficio   la   questione  di  legittimita'
costituzionale  dell'art. 8,  primo  comma, del d.P.R. 30 maggio 2002
n. 115  («testo  unico delle disposizioni legislative e regolamentari
in  materia  di spese di giustizia»), denunciando la violazione degli
artt;  3  e  24 Cost., nella parte in cui esso non prevede che, nella
procedura  di  eredita' giacente attivata su istanza di parte, di cui
sia  dichiarata la cessazione per carenza (originaria o sopravvenuta)
di  attivita',  le  spese  e gli onorari al curatore siano anticipate
dall' erario.

                                  V

    La  questione  appare rilevante ai fini della decisione. Difatti,
il  procedimento non puo' essere definito indipendentemente dalla sua
risoluzione,  per  la  semplice  ragione che la rigorosa applicazione
della  norma  richiamata nell'attuale formulazione farebbe gravare su
colui   che  abbia  chiesto  la  nomina  del  curatore  dell'eredita'
giacente,   non   soltanto   le   spese   della   procedura  (secondo
l'elencazione  contenuta  nell'art. 148  del  d.P.R.  30  maggio 2002
n. 115),  ma anche i costi della gestione (in particolare, l'onorario
da corrispondere e le spese da rimborsare al curatore).

                                 VI

    La questione non e' manifestamente infondata.
    Difatti,  se  e'  vero  che  la  sopportazione  delle spese della
procedura    trova    la    sua    giustificazione    nell'assunzione
dell'iniziativa  volta  alla dichiarazione della giacenza ereditaria,
essendo  preciso  interesse  dell'istante  addivenire alla nomina del
curatore  (ad  esempio,  per  esercitare  un  diritto o un'azione nei
confronti   dell'eredita),   non   altrettanto   puo'  dirsi  per  la
sopportazione dei costi della gestione.
    Invero,  gli effetti dell'amministrazione esercitata dal curatore
sono  destinati a riverberarsi, rispettivamente, a vantaggio di colui
a  cui  favore  si  devolve il relictum, nel caso di cessazione della
giacenza  per  acquisto  dell'eredita'  (anche  da parte dello Stato,
nell'ipotesi  prevista  dall'art. 586  cod.  civ.) ovvero a vantaggio
dello  Stato,  nel  caso  di  cessazione  della  giacenza per carenza
(originaria o sopravvenuta) di relictum.
    In  quest'ultima  ipotesi, piu' precisamente, non essendovi, come
si  e'  detto,  devoluzione di beni a favore di un altro soggetto, la
ratio   della  giacenza  si  esaurisce  nella  tutela  dell'interesse
pubblico alla definizione dei rapporti facenti capo al de cuius.
    Per  cui,  sarebbe  contrario  ai  canoni della logicita' e della
ragionevolezza  addossare  i  costi  della  gestione a chi, in ultima
analisi,   non  possa  ritrarne  alcun  vantaggio  (anche  sul  piano
extrapatrimoniale).  Ed altrettanto varrebbe ove si volesse negare al
curatore  il  diritto  alla  percezione  dell'onorario maturato ed al
rimborso  delle  spese  anticipate  (con  una  palese  disparita'  di
trattamento    rispetto    all'ipotesi    del   successivo   acquisto
dell'eredita),  cagionandogli  un  duplice  danno  sia per il mancato
guadagno  che  per  la  sofferta  perdita  (in  proposito  si possono
richiamare  -  per  l'evidente  analogia  juris  -  le argomentazioni
sottese    alla   declaratoria   di   illegittimita'   costituzionale
dell'art. 146,  terzo  comma, del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 per la
mancata  previsione tra le «spese anticipate dall'erario» delle spese
e  degli  onorari  al curatore del fallimento: Corte Cost., 28 aprile
2006, n. 174).
    Peraltro,  l'onerosita'  dei  costi  della  gestione  rischia  di
frustrare  e  vanificare  la stessa tutelabilita' dell'interesse alla
nomina di un curatore per la conservazione del patrimonio ereditario.
Cio'  anche  ove  si  tenga  conto  che non sempre e' possibile avere
esatta cognizione della consistenza e del valore dell'asse ereditario
al momento in cui si adisce il tribunale per la nomina del curatore.
    Per   cui,  l'istante  verrebbe  ad  accollarsi  l'alea  connessa
all'eventualita'  (non  sempre prevedibile) di una damnosa hereditas,
rischiando  di  essere  esposto alla paradossale sopravvenienza di un
pregiudizio   conseguente  all'assunzione  di  un'iniziativa  diretta
(secondo  l'intenzione  del  legislatore:  art. 528  cod.  civ.) alla
tutela  di  un  interesse  personale.  Con la conseguenza che sarebbe
precluso l'esercizio meditato e ponderato del diritto di difesa.
    Il  che rende indispensabile l'intervento del giudice delle leggi
per   l'adeguamento  del  sistema  normativo,  stante  la  verificata
impossibilita'  di interpretazioni costituzionalmente orientate della
disciplina vigente.
    Pertanto, sussistendo i presupposti stabiliti dall'art. 23, terzo
comma,  della  legge  11  marzo  1953 n. 87, il giudicante dispone la
sospensione  del  presente  procedimento e la trasmissione degli atti
alla   Corte   costituzionale  per  la  decisione  incidentale  della
questione pregiudiziale.
                              P. Q. M.
    Pronunziando nel procedimento promosso, con ricorso depositato il
15   febbraio   2005,  dalla  «S.E.M.  S.p.A.  -  Societa'  Esattorie
Meridionali»,   con   sede   in   Potenza,   in  persona  del  legale
rappresentante pro tempore, per la nomina di un curatore all'eredita'
giacente  del defunto Moscogiuri Francesco, nato a Viggiano (Potenza)
il 13 ottobre 1937 e deceduto a Marsicovetere (Potenza) il 9 dicembre
1999, cosi' provvede:
        1)  solleva  d'ufficio,  ritenutane  la  rilevanza  e  la non
manifesta  infondatezza,  la questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 8,  primo  comma,  del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 («testo
unico  delle  disposizioni  legislative e regolamentari in materia di
spese  di  giustizia»),  in  relazione agli artt. 3 e 24 Cost., nella
parte  in  cui  esso  non  prevede  che,  nella procedura di eredita'
giacente  attivata  su  istanza  di  parte,  di cui sia dichiarata la
cessazione  per  carenza (originaria o sopravvenuta) di attivita', le
spese e gli onorari al curatore siano anticipate dall'erario;
        2)   dispone   la   trasmissione   degli   atti   alla  Corte
costituzionale;
        3) sospende il presente procedimento;
        4)   ordina  che,  a  cura  della  cancelleria,  la  presente
ordinanza venga notificata alla ricorrente, al curatore dell'eredita'
giacente  ed  al Presidente del Consiglio dei ministri, nonche' venga
comunicata al Presidente del Senato della Repubblica ed al Presidente
della Camera dei deputati.
    Cosi' deciso il 28 dicembre 2006.
                   Il giudice designato: Lo Sarado
07C0769