N. 188 SENTENZA 5 - 14 giugno 2007

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.

Imposte   e   tasse   -   Norme   della   Regione  Campania  -  Tassa
  automobilistica  regionale  -  Esenzione  dal 1° gennaio 2005 per i
  veicoli   appartenenti   alle  categorie  internazionali  M1  e  N1
  alimentati  a  gas  metano  e GPL o azionati con motore elettrico -
  Ricorso del Governo - Denunciata invasione della competenza statale
  esclusiva in ordine alla disciplina dei tributi istituiti con leggi
  statali  - Successiva rinuncia al ricorso accettata dalla Regione -
  Estinzione parziale del processo.
- Legge  della  Regione  Campania  29 dicembre  2005,  n. 24, art. 23
  (modificativo   dell'art. 2,   comma 1,   della   legge   regionale
  24 dicembre 2003, n. 28).
- Costituzione,   art. 117,   comma   secondo,   lettera   e);  legge
  27 dicembre 1997, n. 449, art. 17, comma 5, lettere a) e b); d.P.R.
  5 febbraio  1953,  n. 39,  art. 20; norme integrative per i giudizi
  dinanzi alla Corte costituzionale, art. 25.
Ricerca  scientifica  e  tecnica  -  Norme  della  Regione Campania -
  Istituti   di   ricovero   e   cura   a   carattere  scientifico  -
  Sottoposizione degli IRCCS campani «alla vigilanza della Regione» -
  Ricorso  del Governo - Intervenuta abrogazione, in parte qua, della
  norma   censurata  -  Inattuazione  della  norma  medio  tempore  -
  Cessazione della materia del contendere.
- Legge  della  Regione  Campania  29 dicembre  2005,  n. 24, art. 7,
  comma 1.
- Costituzione, art. 117, comma terzo, artt. 117, 118, primo comma, e
  120, in combinato disposto; d.lgs. 16 ottobre 2003, n. 288, art. 1,
  comma 2.
Regioni (in genere) - Norme della Regione Campania - Attribuzione con
  legge  regionale  di  funzioni di indirizzo politico-amministrativo
  alla  Giunta  -  Ricorso  del  Governo  -  Violazione della riserva
  statutaria in materia di riparto di funzioni tra Giunta, Presidente
  e   singoli   assessori  e  Consiglio  regionale  -  Illegittimita'
  costituzionale.
- Legge  della  Regione  Campania  29 dicembre  2005,  n. 24, art. 4,
  comma 3.
- Costituzione,  art. 123;  statuto Regione Campania, artt. 20, punto
  1, e 31.
Ricerca  scientifica  e  tecnica  -  Norme  della  Regione Campania -
  Istituti   di   ricovero   e   cura   a   carattere  scientifico  -
  Sottoposizione  dell'attivita'  di  ricerca  degli IRCCS campani al
  controllo   della   Regione   -  Ricorso  del  Governo  -  Indebita
  interferenza  sull'attivita'  di controllo affidata dalla normativa
  statale al Ministero della salute Illegittimita' costituzionale.
- Legge  della  Regione  Campania  29 dicembre  2005,  n. 24, art. 7,
  comma 2.
- Costituzione, art. 117, comma terzo (artt. 117, 118, primo comma, e
  120,  in  combinato  disposto);  d.lgs.  16 ottobre  2003,  n. 288,
  art. 8, comma 3.
Ricerca  scientifica  e  tecnica  -  Norme  della  Regione Campania -
  Istituti  di ricovero e cura a carattere scientifico - Attribuzione
  al Presidente della Regione del potere di nominare i componenti del
  Consiglio di indirizzo e verifica degli IRCCS campani e alla Giunta
  regionale  del  potere  di  designare  tutti  i membri del Collegio
  sindacale  dei medesimi Istituti - Ricorso del Governo - Denunciata
  violazione  dell'Atto  d'intesa  tra Stato e Regioni che prevede la
  presenza   nei   suddetti   organi  di  una  componente  di  nomina
  ministeriale  -  Lamentata  esorbitanza  dalla  potesta'  regionale
  concorrente  in materia di tutela della salute, nonche' lesione del
  principio  di  leale collaborazione - Sopravvenuta dichiarazione di
  illegittimita'  costituzionale  della  norma  statale  dettante  le
  modalita'  di  composizione del Consiglio di indirizzo e verifica e
  del  Collegio sindacale, poi recepite nell'Atto di intesa assunto a
  parametro - Non fondatezza delle questioni.
- Legge  della  Regione  Campania  29 dicembre  2005,  n. 24, art. 7,
  commi 3 e 4.
- Costituzione, art. 117, comma terzo, artt. 117, 118, primo comma, e
  120,  in  combinato disposto; d.lgs. 16 ottobre 2003, n. 288; legge
  16 gennaio 2003, n. 3.
(GU n.24 del 20-6-2007 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Franco BILE;
  Giudici:  Giovanni  Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO,
Paolo  MADDALENA,  Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO,
Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE,
Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 4, terzo comma,
dell'art. 7,  primi  quattro  commi, e dell'art. 23 della legge della
Regione   Campania  29 dicembre  2005,  n. 24  (Disposizioni  per  la
formazione  del bilancio annuale e pluriennale della Regione Campania
-  legge  finanziaria  2006), promosso con ricorso del Presidente del
Consiglio dei ministri, notificato il 28 febbraio 2006, depositato in
cancelleria il 7 marzo 2006 ed iscritto al n. 43 del registro ricorsi
2006.
    Visto l'atto di costituzione della Regione Campania;
    Udito   nell'udienza   pubblica  dell'8 maggio  2007  il  giudice
relatore Ugo De Siervo;
    Uditi  l'avvocato  dello  Stato Paolo Cosentino per il Presidente
del  Consiglio  dei  ministri  e  l'avvocato  Vincenzo Cocozza per la
Regione Campania.

                          Ritenuto in fatto

    1. - Il Presidente del Consiglio dei ministri, con ricorso (n. 43
del 2006) notificato il 28 febbraio 2006 e depositato il successivo 7
marzo,   ha   sollevato   questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 4,   terzo  comma,  dell'art. 7,  primi  quattro  commi,  e
dell'art. 23  della  legge  della  Regione Campania 29 dicembre 2005,
n. 24   (Disposizioni  per  la  formazione  del  bilancio  annuale  e
pluriennale   della  Regione  Campania  -  legge  finanziaria  2006),
pubblicata nel B.u.r. n. 69 del 30 dicembre 2005.
    2.  -  L'art. 4,  comma 3,  della legge regionale n. 24 del 2005,
viene   censurato  poiche',  prevedendo  l'attribuzione  alla  Giunta
regionale  di  una  funzione  di  indirizzo  politico-amministrativo,
violerebbe  la  riserva  di  statuto  configurata dall'art. 123 della
Costituzione.  Infatti, la disposizione impugnata determinerebbe «una
modifica  del  sistema  di  relazioni tra gli organi regionali, cosi'
come   delineato   dal   vigente  Statuto  della  Regione,  il  quale
attribuisce  al Consiglio regionale la funzione di indirizzo politico
programmatico»  (art. 20, punto 1, della legge 22 maggio 1971, n. 348
recante  «Approvazione,  ai sensi dell'art. 123, secondo comma, della
Costituzione,  dello Statuto della Regione Campania») ed alla «Giunta
l'attuazione  delle  direttive  politiche e programmatiche decise dal
Consiglio»  (art. 31  dello  statuto).  Una  scelta  del  genere  non
potrebbe  quindi  essere  disposta con una ordinaria legge regionale,
perche' interviene in una materia rimessa in via esclusiva alla fonte
statutaria.
    3.  - In riferimento ai primi quattro commi dell'art. 7, relativi
agli  istituti  di  ricovero  e  cura a carattere scientifico (IRCCS)
presenti  sul  territorio campano, il ricorrente richiama la sentenza
di  questa Corte n. 270 del 2005 per la parte relativa agli IRCSS non
trasformati  in fondazioni. Con questa pronuncia, si sarebbe chiarito
che,   pur  non  essendo  la  normativa  afferente  a  tali  istituti
ascrivibile  alla  potesta'  legislativa statale di cui all'art. 117,
secondo  comma, lettera g), Cost., non trattandosi di enti nazionali,
ma  a quella regionale in tema di tutela della salute e della ricerca
scientifica,    nondimeno   l'esigenza   di   garantire   un'adeguata
uniformita'  al  sistema  e  la  tutela  di  alcuni interessi unitari
giustificano   l'attrazione   in   capo allo   Stato,   in   via   di
sussidiarieta',   di  funzioni  che  sarebbero  di  competenza  delle
Regioni.
    Con la legge 16 gennaio 2003, n. 3 (Disposizioni ordinamentali in
materia  di  pubblica  amministrazione), e con il decreto legislativo
16 ottobre  2003, n. 288 (Riordino della disciplina degli Istituti di
ricovero  e  cura  a  carattere  scientifico,  a  norma dell'art. 42,
comma 1, della legge 16 gennaio 2003, n. 3), lo Stato avrebbe avocato
a  se'  alcuni poteri ma, nel contempo, avrebbe affiancato ad essi la
previsione di una necessaria intesa con le Regioni, da raggiungere in
sede  di  Conferenza  Stato-Regioni, quanto alla determinazione delle
«modalita'  di  organizzazione,  di gestione e di funzionamento degli
Istituti  di  ricovero e cura a carattere scientifico non trasformati
in fondazioni». In data 1° luglio 2004 e' stata, quindi, stipulata la
predetta intesa.
    Pertanto, la parte ricorrente sostiene che nella disciplina degli
IRCCS non trasformati in fondazioni la potesta' legislativa regionale
dovrebbe  rispettare  i  principi  fondamentali  in materia di tutela
della  salute  «contenuti  nel  d.lgs. n. 288 del 2003 e nel relativo
Atto   di  intesa,  che  del  primo  costituisce  parte  integrante»,
profilandosi  altrimenti  la violazione, per un verso, dell'art. 117,
terzo  comma,  Cost.,  e,  per  altro  verso,  del principio di leale
collaborazione  desumibile  dal  combinato  disposto degli artt. 117,
118, primo comma, e 120 Cost.
    3.1.  -  Alla  luce  di  tali  premesse,  il  ricorrente  impugna
l'art. 7,  comma 1,  nella parte in cui sottopone gli IRCCS regionali
«alla  vigilanza  della  Regione», essendo in contrasto con l'art. 1,
comma 2,  del  d.lgs.  n. 288  del  2003,  che  conserva,  in capo al
Ministero  della  salute,  «le  funzioni  di vigilanza» sugli enti in
questione  e  che  -  pur  impugnato  -  non sarebbe stato dichiarato
illegittimo nella sentenza n. 270 del 2005.
    3.2.  - Lo stesso vizio inficerebbe il comma 2 del citato art. 7,
il  quale,  nel  sottoporre al controllo della Regione l'attivita' di
ricerca dei predetti istituti regionali, si porrebbe in contrasto con
l'art. 8,  comma 3,  del  d.lgs. n. 288 del 2003. In virtu' di questa
disposizione,  l'attivita'  di  ricerca  degli  IRCSS su cui grava un
obbligo  di  coerenza con il programma di ricerca sanitaria nazionale
di  cui all'art. 12-bis del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino
della  disciplina  in  materia  sanitaria,  a norma dell'art. 1 della
legge 23 ottobre 1992, n. 421), sarebbe sottoposta alla vigilanza del
Ministero della salute.
    3.3. - Il ricorrente censura, inoltre, il comma 3 dell'art. 7, il
quale  dispone che i componenti del Consiglio di indirizzo e verifica
degli  IRCCS sono «nominati dal Presidente della Regione, su proposta
dell'assessore  regionale  alla  sanita».  Dal  momento  che  non  si
contempla   alcuna   designazione   ministeriale,   la   disposizione
risulterebbe  in contrasto con l'art. 2, comma 1, della summenzionata
intesa a mente del quale il predetto Consiglio e' «composto da cinque
membri,  due  dei  quali nominati dal Ministro della salute e due dal
Presidente  della  Regione  ed il quinto, con funzioni di presidente,
nominato  dal  Ministro  della  salute,  sentito  il Presidente della
Regione».
    3.4. - E', infine, prospettata l'incostituzionalita' dell'art. 7,
comma 4,  relativo  alla  composizione  del  collegio sindacale degli
IRCCS,  i  cui  membri  sono  tutti «designati dalla Giunta regionale
della Campania, su proposta dell'assessore regionale alla sanita».
    Tale  previsione,  non  prevedendo alcun componente ministeriale,
violerebbe  l'art. 4  dell'intesa,  il  quale,  a  sua  volta, rinvia
all'art. 4 del d.lgs. n. 288 del 2003, ai sensi del quale il suddetto
organo  e'  composto  da  cinque  membri, «di cui due designati dalla
Regione,  uno  designato  dal Ministro dell'economia e delle finanze,
uno  dal Ministro della salute e uno dall'organismo di rappresentanza
delle autonomie locali».
    4.  -  E',  da  ultimo,  impugnato  l'art. 23  della stessa legge
regionale,  che  modifica l'art. 2, primo comma, della l.r. n. 28 del
2003,  e  aggiunge  il  seguente  comma: «Al fine di contribuire alla
riduzione   dell'inquinamento   atmosferico  derivante  dal  traffico
veicolare,  i veicoli appartenenti alle categorie internazionali M1 e
N1  alimentati  a  metano e GPL o azionati con motore elettrico, sono
esentati  dal  pagamento  della  tassa  automobilistica regionale dal
1° gennaio 2005».
    Il  ricorrente  ne  denuncia  l'incompatibilita'  con  l'art. 17,
comma 5,  lettere a)  e  b),  della  legge  27 dicembre  1997, n. 449
(Misure   per   la  stabilizzazione  della  finanza  pubblica),  che,
diversamente  da  quanto  stabilito  a  livello regionale, dispone la
riduzione  di  un  quarto  dell'importo  del  tributo  per i predetti
veicoli.  Per  i  veicoli  con motore elettrico, la normativa statale
violata   dall'impugnata   disposizione   e'   l'art. 20  del  d.P.R.
5 febbraio  1953,  n. 39,  che  prevede  l'esenzione quinquennale per
autoveicoli elettrici per il periodo di cinque anni a decorrere dalla
data del collaudo.
    Cio'  determinerebbe  la violazione dell'art. 117, secondo comma,
lettera e),  Cost., in materia di sistema tributario. Al riguardo, la
Corte  costituzionale avrebbe statuito che la suddetta tassa non puo'
considerarsi  un «tributo proprio» ex art. 119, secondo comma, Cost.,
trattandosi invece di tributo istituito con legge statale ascrivibile
alla   materia,   di   competenza   esclusiva  dello  Stato,  di  cui
all'art. 117,  secondo  comma,  lettera e),  Cost., nel cui ambito la
Regione  puo'  legiferare  soltanto  nei  limiti  e secondo le misure
stabilite dalla legge statale.
    5. - Con memoria depositata il 27 marzo 2006, si e' costituita in
giudizio la Regione Campania.
    5.1.  -  Per quanto riguarda l'impugnazione dell'art. 4, comma 3,
la  Regione  resistente rileva che detta previsione non introdurrebbe
nulla   di  innovativo  rispetto  al  sistema  di  governo  regionale
configurato  dalla  legge  costituzionale  n. 1  del 1999. La riforma
costituzionale  avrebbe  introdotto,  sino  alla  adozione  dei nuovi
statuti regionali, «una precisa forma di governo che ha profondamente
inciso   l'impianto   precedente.   In   tale  contesto,  determinate
competenze  dell'organo di governo sono del tutto conseguenti ed anzi
costituiscono  il  minimo  a  fronte  delle rilevanti responsabilita'
politiche ad esso imputate».
    Peraltro  la  resistente  afferma  che  la censurata disposizione
prevede   che   la   contestata  funzione  della  Giunta  sia  svolta
«nell'ambito  dell'indirizzo  politico  programmatico determinato dal
Consiglio regionale». In tal modo non si apporterebbe alcuna modifica
all'assetto  istituzionale prefigurato dalla Costituzione: «indirizzo
del  Consiglio, gestione politica (sulla base del primo) appartenente
all'organo  giuntale,  e  gestione  amministrativa  dei  dirigenti di
settore».
    5.2.  -  Al  fine  di  confutare  i rilievi d'incostituzionalita'
prospettati  in  relazione  all'art. 7,  commi 1,  2, 3 e 4, la parte
resistente ricostruisce, in via preliminare, il quadro legislativo di
riferimento  esistente  dopo  la  sentenza  n. 270 del 2005 di questa
Corte.
    La  legge  n. 3  del  2003  reca, all'art. 42, una delega «per la
trasformazione   degli  istituti  di  ricovero  e  cura  a  carattere
scientifico  in  fondazioni». Fra i principi a tal fine enunciati, la
lettera p) vincola il Governo a «prevedere che istituti di ricovero e
cura  a carattere scientifico di diritto pubblico, non trasformati ai
sensi  della  lettera a),  adeguino  la  propria  organizzazione e il
proprio  funzionamento ai principi, in quanto applicabili di cui alle
lettere d),  e),  h),  e  n), nonche' al principio di separazione fra
funzioni di cui alla lettera b), garantendo che l'organo di indirizzo
sia  composto  da  soggetti  designati  per  meta' dal Ministro della
salute e per l'altra meta' dal Presidente della Regione, scelti sulla
base   di   requisiti   di   professionalita'   e   di  onorabilita',
periodicamente  verificati,  e dal presidente dell'Istituto, nominato
dal  Ministro  della  salute,  e  che  le  funzioni di gestione siano
attribuite  ad  un  direttore  generale  nominato  dal  consiglio  di
amministrazione,   assicurando  comunque  l'autonomia  del  direttore
scientifico,   nominato   dal   Ministro  della  salute,  sentito  il
Presidente della Regione interessata».
    In attuazione di questa delega il d.lgs. 16 ottobre 2003, n. 288,
ha, tra l'altro, imposto nomine ministeriali nella composizione degli
organi  di  gestione  (art. 3)  e degli organi di controllo (art. 4).
L'art. 5  ha demandato ad una intesa in sede di Conferenza permanente
Stato-Regioni  l'organizzazione  ed  il funzionamento degli IRCCS non
trasformati in fondazioni.
    In  questo quadro e' stato stipulato l'accordo del 1° luglio 2004
sulla  organizzazione,  gestione  e  funzionamento  degli istituti di
ricovero   e   cura   a  carattere  scientifico  non  trasformati  in
fondazioni.  La Regione sottolinea al riguardo che tale intesa consta
sia  di disposizioni meramente riproduttive di vincoli gia' stabiliti
a  livello  legislativo,  sia  di  disposizioni  frutto  «del  libero
confronto negoziale fra Stato e Regioni».
    Dalla  premessa dell'intesa si evince che il fondamento normativo
di  alcune  delle  clausole  ivi contenute sarebbe costituito proprio
dall'art. 42,  comma 1, lettera p), della citata legge n. 3 del 2003.
In particolare, alla stregua di tale previsione, l'art. 2 dell'intesa
stabilisce che l'organo di indirizzo degli IRCCS non trasformati deve
essere  composto  da  soggetti designati per meta' dal Ministro della
salute  e  per  meta' dal Presidente della Regione. La stessa intesa,
poi,  all'art. 4,  prevede  la  nomina  di un collegio sindacale, nel
rispetto di quanto stabilito dall'art. 4 del d.lgs. n. 288 del 2003.
    Peraltro,  con  la  successiva sentenza n. 270 del 2005, la Corte
costituzionale  ha  riconosciuto  una  ampia  competenza  legislativa
regionale  relativamente  all'ordinamento  di  questi  enti  pubblici
regionali,   ed  ha  affermato  che  pertanto  in  questo  ambito  la
Costituzione   vigente  «non  legittima  ulteriormente  una  presenza
obbligatoria  per  legge  di  rappresentanti ministeriali in ordinari
organi  di  gestione  di  enti  pubblici  che  non  appartengono piu'
all'area  degli  enti  statali, ne' consente di giustificare in alcun
modo,  in  particolare  sotto il profilo della competenza a dettare i
principi  fondamentali,  che  il  legislatore statale determini quali
siano  le  istituzioni pubbliche che possano designare la maggioranza
del consiglio di amministrazione delle fondazioni».
    Per  effetto  di tali considerazioni, la Corte ha - tra l'altro -
dichiarato  la parziale incostituzionalita' di numerose disposizioni,
fra  cui  l'art. 42,  comma 1, lettere b), e p), della legge n. 3 del
2003;  l'art. 1, comma 2, l'art. 3, commi 2 e 3, e l'art. 4, comma 3,
del d.lgs. n. 288 del 2003.
    5.3. - Sulla base di questa ricostruzione del quadro normativo di
riferimento,   la   Regione   ritiene,   in   via   preliminare,  che
l'impugnazione  riguardi  esclusivamente  la  disciplina regionale in
quanto applicabile agli IRCCS non trasformati in fondazioni.
    Quanto  alla asserita violazione dell'art. 1, comma 2, del d.lgs.
n. 288  del  2003,  da parte dell'art. 7, commi 1 e 2, le funzioni di
vigilanza  e di controllo delle attivita' degli IRCCS, demandate alla
Regione,  non  escluderebbero  analoghi  poteri in capo al Ministero,
trattandosi   «di   verifiche   attinenti   a  finalita'  differenti,
funzionali  alle  specifiche  competenze  programmatiche  che ciascun
soggetto  pubblico  mantiene  in  tale  ambito  (es.  piano sanitario
nazionale, programmazione sanitaria regionale)». Per quanto concerne,
in  particolare,  la  funzione  di controllo, contrariamente a quanto
sostenuto dall'Avvocatura dello Stato, la sentenza n. 270 del 2005 ha
dichiarato  l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 2, del
d.lgs.  n. 288  del  2003  in  relazione alle parole «e di controllo»
riferite alla funzione attribuita al Ministro della salute.
    Quanto  alle censure relative al comma 3 dello stesso art. 7, che
non  contempla  designazioni  ministeriali  circa la composizione del
Consiglio  di  indirizzo  e  verifica degli IRCCS campani, la Regione
osserva  che  l'art. 2,  comma 1, dell'intesa (che si assume violato)
sarebbe   in  realta'  meramente  riproduttivo  di  una  disposizione
legislativa  che  la  Corte  ha  dichiarato  incostituzionale e cioe'
dell'art. 42, comma 1, lettera p).
    Con  riguardo  al comma 4 dell'art. 7, relativo alla composizione
del   collegio   sindacale   degli   istituti  in  parola,  la  norma
dell'accordo  che si ritiene disattesa (art. 4) reca un rinvio mobile
all'art. 4   del   d.lgs.   n. 288  del  2003,  anch'esso  dichiarato
incostituzionale  dalla  Corte  costituzionale proprio nella parte in
cui  imponeva  una  precisa  composizione  del  collegio  stesso  con
rappresentanti statali.
    5.4. - Quanto, infine, ai rilievi d'incostituzionalita' mossi nei
confronti  dell'art. 23  della  l.r.  n. 24  del  2005, la resistente
osserva  che le sentenze della Corte costituzionale, richiamate dalla
difesa erariale, avrebbero caducato leggi regionali che intervenivano
sui   meccanismi  e  sulle  modalita'  di  applicazione  dell'imposta
incidendo   sulla  disciplina  sostanziale,  mentre  la  disposizione
impugnata  atterrebbe  esclusivamente  alla  «misura» della tassa che
gia'  la  normativa  statale,  anche  se limitatamente, attribuiva al
potere   di   variazione   della  Regione.  Nell'ambito  delle  nuove
competenze   regionali,   per   la   resistente   appare  ancor  piu'
giustificabile un tale, limitato intervento della Regione.
    6.  -  Con  atto  di  rinuncia  parziale, notificato alla Regione
Campania  in  data  18 luglio  2006,  il Presidente del Consiglio dei
ministri  ha  dichiarato di rinunciare alla impugnazione dell'art. 23
della legge regionale della Campania n. 24 del 2005, considerato che,
con  la  legge regionale 20 marzo 2006, n. 4 (Integrazione alla legge
regionale  29 dicembre  2005,  n. 24,  ed  interpretazione  autentica
dell'art. 23),  la suddetta Regione si e' adeguata ai rilievi esposti
nel ricorso governativo.
    7.   -  In  prossimita'  dell'udienza,  la  Regione  Campania  ha
depositato  una  memoria  con la quale ribadisce l'infondatezza delle
questioni di legittimita' costituzionale sollevate dallo Stato.
    7.1  -  In  relazione  alla  censura avente per oggetto l'art. 4,
comma 3, la resistente sostiene, ad integrazione delle considerazioni
gia'  sviluppate  nell'atto  di  costituzione  in  giudizio,  che  la
previsione  sospettata  d'incostituzionalita'  si  rivela  «meramente
riproduttiva della formula legislativa statale» e che, d'altra parte,
la  contestata  scelta legislativa appare «pienamente coerente con la
nuova forma di governo regionale che la norma transitoria della legge
costituzionale  n. 1  del  1999  ha  posto  in  essere e con la nuova
formulazione  dell'art. 121  Cost.».  In  forza  di  tale riforma, la
Regione   ritiene   che   «l'obiettivo   di   fondo  del  legislatore
costituzionale  sia  stato quello di attribuire all'organo consiliare
una  funzione  piu'  propriamente  programmatoria  e di controllo, di
individuazione  degli  indirizzi  generali e degli obiettivi di fondo
della politica regionale, riservando all'organo esecutivo la concreta
attuazione  di  quegli  indirizzi e di quegli obiettivi attraverso il
governo della Regione».
    7.2. - Per quanto riguarda l'art. 7, comma 1, la difesa regionale
sottolinea la «piena coincidenza tra l'oggetto della impugnativa e la
modifica  apportata  dalla  Regione»  con la legge regionale n. 4 del
2006. Quest'ultima, infatti, ha eliminato proprio l'attribuzione alla
Regione della funzione di vigilanza oggetto di doglianza nel ricorso.
Pertanto,  l'innovazione legislativa intervenuta dovrebbe determinare
la cessazione della materia del contendere.
    7.3.  -  Il  dubbio  d'incostituzionalita'  relativo  all'art. 7,
comma 2,  che  sottopone l'attivita' di ricerca dei suddetti Istituti
alla  funzione  di  controllo  della  Regione  appare,  a detta della
resistente, infondato alla luce della giurisprudenza costituzionale e
alla  stregua del tenore della stessa normativa legislativa statale a
tal fine invocata.
    Cio' anzitutto per la distinzione tra «vigilanza» e «controllo» e
poi  per  il  fatto  che,  con  la sentenza n. 270 del 2005, la Corte
avrebbe   affermato   che,   con   la  riforma  del  Titolo  V  della
Costituzione,  gli  Istituti  in  esame  rientrano tra le istituzioni
sanitarie  soggette  alla  competenza  legislativa  regionale. Questa
lettura   del   testo  costituzionale  giustificherebbe,  secondo  la
resistente, la previsione di un controllo regionale sull'attivita' di
ricerca, soprattutto sul piano contabile della gestione finanziaria.
    Quanto  al secondo profilo, lo stesso art. 8, comma 3, del d.lgs.
n. 288   del   2003,  invocato  dalla  difesa  erariale  quale  norma
interposta,  dispone  che  la  predetta  attivita'  di  ricerca debba
risultare   conforme   agli  «atti  di  programmazione  regionale  in
materia».
    7.4.  -  Quanto alle censure relative ai commi 3 e 4 dell'art. 7,
la  Regione  ribadisce  le implicazioni conseguenti alla riconosciuta
incostituzionalita'  delle  disposizioni legislative statali, oggetto
nell'Intesa  di  «mera  ricognizione e riproduzione» ovvero di rinvio
mobile.

                       Considerato in diritto

    1.  -  Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri ha sollevato
questioni    di    legittimita'    costituzionale    in   riferimento
all'articolo 4,  comma 3, all'art. 7, commi 1, 2, 3, 4, e all'art. 23
della   legge   della   Regione   Campania  29 dicembre  2005,  n. 24
(Disposizioni  per  la  formazione del bilancio annuale e pluriennale
della Regione Campania - legge finanziaria 2006).
    Le censure concernenti l'art. 4, comma 3, muovono dal rilievo che
tale  disposizione,  attribuendo  una  funzione di indirizzo politico
amministrativo  alla  Giunta  regionale, altererebbe il sistema delle
relazioni  tra  gli  organi  regionali  delineato dagli artt. 20 e 31
dello  statuto regionale in tema di forma di governo, con conseguente
violazione  dell'art. 123  della  Costituzione che riserva alla fonte
statutaria tale disciplina.
    Le  censure  relative all'art. 7, comma 1, muovono dalla asserita
lesione  dei  principi fondamentali contenuti nel decreto legislativo
16 ottobre  2003, n. 288 (Riordino della disciplina degli Istituti di
ricovero  e  cura  a  carattere  scientifico,  a  norma dell'art. 42,
comma 1,  della  legge  16 gennaio  2003,  n. 3),  ed  in particolare
dell'art. 1,  comma 2  del  citato  decreto,  il quale manterrebbe in
capo al Ministro della salute le funzioni di vigilanza e controllo su
tali enti. Si lamenta, altresi', la violazione del principio di leale
collaborazione  desumibile  dal  combinato  disposto degli artt. 117,
118, primo comma, e 120 Cost.
    Con  riguardo  all'art. 7,  comma 2,  della  legge  della Regione
Campania,   il   ricorrente  censura  la  previsione  che  assoggetta
l'attivita'  di  ricerca  degli  IRCCS  al  controllo  della Regione,
assumendo  la  violazione  dei principi fondamentali posti dal d.lgs.
n. 288  del  2003  ed  in  particolare  della  previsione,  contenuta
nell'art. 8, comma 3, che sottopone tale attivita' alla vigilanza del
Ministro  della  salute.  Anche in tal caso vi sarebbe una violazione
del  terzo  comma  dell'art. 117  Cost.  e  del  principio  di  leale
collaborazione.
    Le censure relative all'art. 7, commi 3 e 4, muovono invece dalla
asserita   violazione   dei   principi   fondamentali  posti  da  due
disposizioni  dell'Atto di intesa del 1° luglio 2004 (Organizzazione,
gestione  e  funzionamento  degli  istituti  di  ricovero  e  cura  a
carattere   scientifico   non   trasformati  in  fondazioni,  di  cui
all'art. 5  del  d.lgs.  16 ottobre 2003, n. 288 e dell'art. 8, sesto
comma,   della   legge   5  giugno 2005  2003,  n. 131),  intesa  che
costituirebbe   «parte   integrante»  del  d.lgs.  n. 288  del  2003.
Precisamente,  il comma 3 e' impugnato nella parte nella parte in cui
non  prevede  la  designazione  ad opera del Ministro della salute di
alcuno  dei  componenti  del  Consiglio di indirizzo e verifica degli
IRCCS campani, riservandone la nomina al Presidente della Regione, su
proposta  dell'assessore  regionale  alla  sanita'.  Tale  previsione
contrasterebbe  con  l'art. 2, comma 1, della citata intesa il quale,
invece,  dispone  che il consiglio e' «composto da cinque membri, due
dei  quali  nominati  dal  Ministro della salute e due dal presidente
della  regione ed il quinto, con funzioni di presidente, nominato dal
Ministro  della  salute,  sentito  il presidente della regione». Cio'
ridonderebbe   in   violazione  dei  principi  fondamentali  espressi
dall'atto  di  intesa  e dello stesso d.lgs. n. 288 del 2003, nonche'
del principio di leale collaborazione.
    Le medesime censure sono svolte con riguardo all'art. 7, comma 4,
in  relazione al quale l'Avvocatura lamenta la violazione dell'art. 4
dell'atto  di  intesa  che,  con  riguardo  alla  nomina del collegio
sindacale, rinvia a quanto previsto dall'art. 4 del d.lgs. n. 288 del
2003,  il  quale  dispone  che  il collegio sindacale «e' composto da
cinque  membri, di cui due designati dalla Regione, uno designato dal
Ministro dell'economia e delle finanze, uno dal Ministro della salute
e uno dall'organismo di rappresentanza delle autonomie locali».
    Infine,  e'  impugnato  l'art. 23 della legge regionale n. 24 del
2005 in relazione all'art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.
    2. - In via preliminare questa Corte prende atto dell'intervenuta
rinuncia  da  parte  del  Governo alla censura relativa a tale ultima
disposizione,   dal  momento  che  l'art. 1  della  successiva  legge
regionale della Campania 20 marzo 2006, n. 4 (Integrazione alla legge
regionale  29 dicembre  2005,  n. 24,  ed  interpretazione  autentica
dell'art. 23),  avrebbe  modificato  l'art. 23  della legge regionale
n. 24  del 2005 adeguandosi pienamente ai rilievi esposti nel ricorso
statale.  Avendo  la  difesa  regionale accettato questa rinuncia, ai
sensi dell'art. 25 delle Norme integrative per i giudizi dinanzi alla
Corte   costituzionale,   deve  essere  dichiarata  l'estinzione  del
giudizio in parte qua.
    3.  -  Sempre  in  via  preliminare  deve  essere  dichiarata, in
conformita'   alla  richiesta  in  tal  senso  della  resistente,  la
cessazione  della  materia  del  contendere in relazione alla censura
avente  ad oggetto l'art. 7, comma 1, della legge regionale n. 24 del
2005,  la  quale  riguardava  esclusivamente  la  parte in cui questa
disposizione  prevede  la  sottoposizione  degli IRCCS alla vigilanza
della Regione. L'art. 2 della legge regionale della Campania n. 4 del
2006  ha  abrogato, nel primo comma dell'art. 7 della legge n. 24 del
2005,   proprio   le   parole   «e   alla  vigilanza».  L'intervenuta
modificazione  della  disposizione  oggetto di censura deve ritenersi
satisfattiva  delle  pretese  del  ricorrente, mentre non risulta che
essa,  nella  sua  originaria  formulazione, abbia avuto applicazione
medio tempore.
    4.  -  La  censura  relativa  all'art. 4,  comma 3,  della  legge
regionale n. 24 del 2005 e' fondata.
    Questa  Corte  ha  avuto  piu'  volte  occasione di affermare che
l'art. 123  della Costituzione, quale modificato ad opera della legge
costituzionale   22 novembre  1999,  n. 1  (Disposizioni  concernenti
l'elezione   diretta   del   Presidente   della  Giunta  regionale  e
l'autonomia  statutaria  delle Regioni), e della legge costituzionale
18 ottobre  2001,  n. 3  (Modifiche  al  titolo V della parte seconda
della  Costituzione),  prevede l'esistenza nell'ordinamento regionale
ordinario  di  alcune vere e proprie riserve normative a favore della
fonte  statutaria  rispetto alle competenze del legislatore regionale
(si  vedano  le sentenze n. 196 del 2003, n. 2 e n. 372 del 2004), il
quale  quindi  e'  vincolato  dalle  scelte  operate  mediante questa
speciale fonte normativa.
    Fra  i  contenuti  necessari  dello  statuto regionale, l'attuale
art. 123  Cost.  indica  anzitutto  «la forma di governo e i principi
fondamentali di organizzazione e funzionamento», mentre il previgente
art. 123  Cost.  si  riferiva  piu' genericamente «all'organizzazione
interna della Regione».
    Nella   Regione  Campania  risulta  tuttora  vigente  lo  statuto
approvato  con  legge  22 maggio 1971, n. 348 (Approvazione, ai sensi
dell'art. 123,  comma secondo della Costituzione, dello Statuto della
Regione  Campania),  a  causa  del  mancato  esercizio  del potere di
revisione,  complessiva  o anche parziale, successivamente alla legge
costituzionale  n. 1  del  1999.  Tale statuto risulta caratterizzato
dall'attribuzione  esclusiva  al  Consiglio  regionale  del potere di
determinazione   dell'«indirizzo   politico   programmatico»   e  dal
controllo sulla sua attuazione, mentre alla Giunta si attribuiscono i
compiti  di  «attuare  le direttive politiche e programmatiche decise
dal  Consiglio»  e  di  «compiere  tutti  gli atti e adottare tutti i
provvedimenti  amministrativi,  nelle  materie  attribuite o delegate
alla  regione,  che non siano di competenza del Consiglio, nel quadro
delle  direttive  politiche  e  programmatiche  decise dal Consiglio»
(artt. 20 e 31). A fronte di tale assetto, la norma impugnata - al di
la'  di  ogni  possibile  valutazione  di  merito, che potrebbe anche
essere  favorevole,  ma  che  non  spetta  a questa Corte esprimere -
benche'  affermi  il  necessario  rispetto  del  potere consiliare di
determinazione  «dell'indirizzo  politico-programmatico», attribuisce
in realta' a tutta una serie di organi regionali (al Presidente della
Regione, alla Giunta, ai singoli Assessori, all'Ufficio di Presidenza
del Consiglio) alcune funzioni del tutto estranee alla configurazione
statutaria,  come  le funzioni di indirizzo politico amministrativo e
di  definizione degli obiettivi, nonche' di controllo (tutto cio' va,
evidentemente,  letto in relazione alla contestuale attribuzione alla
dirigenza amministrativa - operata dallo stesso art. 4 impugnato - di
«autonomi  poteri  di  spesa e di organizzazione delle risorse umane,
strumentali e di controllo»).
    Non  puo'  essere condivisa la tesi, sostenuta dalla difesa della
resistente, che la modifica dell'organizzazione interna della Regione
(ed  ora  almeno in larga parte riconducibile alla «forma di governo»
della  Regione),  sia  stata  operata  automaticamente dalle profonde
innovazioni costituzionali introdotte dalla legge costituzionale n. 1
del  1999:  al contrario, proprio quest'ultima legge costituzionale -
come  ben  noto  -  ha  contestualmente  riformato  in  modo incisivo
l'art. 123  Cost.,  affidando  alla  fonte  statutaria  il compito di
modificare   ed   integrare  i  precedenti  statuti  regionali  anche
adeguando    l'organizzazione   fondamentale   della   Regione   alle
modificazioni apportate all'assetto elettorale degli organi regionali
di  vertice ed al processo di accrescimento delle funzioni regionali,
in  parte gia' intervenuto ed in parte progettato, nonche' anche alle
trasformazioni  nel frattempo intervenute nell'assetto della pubblica
amministrazione,   fra   le   quali   certamente  anche  le  notevoli
innovazioni  in  tema  di rapporto fra politica ed amministrazione. A
fronte  di  tale  situazione, le Regioni avrebbero dovuto sviluppare,
attraverso  apposite e complete disposizioni statutarie, le rilevanti
innovazioni  costituzionali  ed  istituzionali  originate dalle nuove
scelte  operate  a  livello nazionale, in tal modo anche riducendo il
rischio  dell'assenza  di  normative  adeguate  alle novita' comunque
prodottesi,   a  tutela  della  necessaria  trasparenza  e  legalita'
dell'azione  regionale. D'altra parte, se originariamente la adozione
degli  statuti  e'  stata necessitata entro brevi termini determinati
dal  legislatore  statale  (si  veda l'art. 6 della legge 10 febbraio
1953,  n. 62  recante  norme  in tema di costituzione e funzionamento
degli  organi  regionali,  modificata  dalla  legge 23 dicembre 1970,
n. 1084),  l'adeguamento  alle modifiche costituzionali e legislative
intervenute  non  puo'  essere  rinviato  sine  die (come sembrerebbe
implicito  per  quelle  regioni che in un periodo di oltre sette anni
non  hanno  proceduto  a  modifiche  statutarie  ne' complessive, ne'
parziali),  a  meno  del manifestarsi di rischi particolarmente gravi
sul  piano  della funzionalita' e legalita' sostanziale di molteplici
attivita' delle regioni ad autonomia ordinaria.
    La   stessa  adozione  da  parte  della  Regione  Campania  della
disposizione   impugnata   dimostra   la  necessita'  di  sostanziali
modificazioni  per adeguarsi ai mutamenti intervenuti sul piano della
rappresentativita'  politica  degli  organi  regionali  ed alle nuove
configurazioni   dei  rapporti  fra  le  classi  politiche  e  l'alta
dirigenza.
    Tuttavia,  le  scelte  fondamentali  in  ordine  al riparto delle
funzioni tra gli organi regionali, ed in particolare tra il Consiglio
e  la  Giunta,  alla loro organizzazione e al loro funzionamento sono
riservate  dall'art. 123  Cost.  alla  fonte statutaria. Tale riserva
impedisce   al   legislatore   regionale  ordinario,  in  assenza  di
disposizioni statutarie, di disciplinare la materia.
    La  necessita'  di garantire lo spazio riservato in via esclusiva
alla fonte statutaria puo' essere, del resto, apprezzata considerando
lo  stesso  principio  che  il  legislatore  regionale avrebbe voluto
affermare:  la  censurata  disposizione  non  fa  che  riprodurre  il
principio  della distinzione fra politica e amministrazione, ribadito
da  ultimo,  dopo  precedenti  enunciazioni  a  livello  legislativo,
dall'art. 4   del   d.lgs.  30 marzo  2001,  n. 165  (Norme  generali
sull'ordinamento  del  lavoro  alle  dipendenze delle amministrazioni
pubbliche),  ma  la  sua  inclusione nel «contenuto necessario» dello
statuto  equivale  ad  una sua duratura affermazione nell'ordinamento
regionale.
    Del  resto,  quasi  tutti  gli  statuti  adottati dopo la riforma
dell'art. 123  Cost. hanno consacrato, tra i principi fondamentali di
organizzazione   e   funzionamento,   proprio   il   principio  della
distinzione  fra  politica  e  amministrazione e questa Corte ha gia'
avuto   modo  di  riconoscere  come  la  materia  dell'organizzazione
amministrativa della Regione sia attribuita alla competenza residuale
delle  regioni,  da  esercitare,  peraltro nel rispetto dei «principi
fondamentali di organizzazione e funzionamento» fissati negli statuti
(sentenza n. 233 del 2006).
    L'art. 4,   comma 3,   della   legge   della   Regione  Campania,
intervenendo  a  disciplinare  il  riparto  di  funzioni  tra Giunta,
Presidente e singoli assessori da un lato, e Consiglio dall'altro, in
assenza   del   previo   adeguamento  dello  statuto  alle  modifiche
introdotte  dalla  legge  cost. n. 1 del 1999, ha pertanto violato la
riserva  statutaria posta dall'art. 123 Cost. Deve, pertanto, esserne
dichiarata l'illegittimita' costituzionale.
    4.  -  La  censura  relativa  all'art. 7,  comma 2,  della  legge
regionale n. 24 del 2005 e' fondata.
    Questa  Corte ha gia' avuto occasione di affermare nella sentenza
n. 422  del  2006,  in riferimento ad una disposizione legislativa di
un'altra  Regione,  ma  del  tutto  analoga,  che la previsione di un
sistema  regionale di controllo sull'attivita' di ricerca degli IRCCS
disciplinata   dall'art. 8   del  d.lgs.  n. 288  del  2003,  produce
«un'indubbia   interferenza   sull'attivita'   di  vigilanza  che  la
normativa  statale  affida  al  Ministero  della salute, senza alcuna
ragione  giustificativa», dal momento che incide sulla verifica della
rispondenza  delle  attivita'  di  ricerca  degli  IRCCS al programma
nazionale  di ricerca sanitaria predisposto dal Ministero, mentre non
vi  e'  dubbio  che spetti allo Stato la determinazione dei programmi
della  ricerca  scientifica  a  livello  nazionale  ed internazionale
(art. 12-bis  del  d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, recante «Riordino
della  disciplina  in  materia  sanitaria,  a norma dell'art. 1 della
legge  23 ottobre 1992, n. 421»; si veda anche la sentenza n. 270 del
2005, al punto 10 del «considerato in diritto»).
    Se  quindi  non  vi  e'  dubbio  che  una  disciplina come quella
censurata  e'  illegittima,  poiche' impedisce allo Stato di vigilare
sul  conseguimento  degli  obiettivi  del  programma nazionale, cio',
tuttavia,   non  esclude  che  la  Regione  possa  comunque  svolgere
autonomamente  una  propria  attivita'  di  monitoraggio sui «singoli
progetti  dei  quali  ogni  regione abbia assunto, specificamente, la
responsabilita' della realizzazione» (sentenza n. 422 del 2006).
    5.  -  Le  censure  relative all'art. 7, commi 3 e 4, della legge
regionale n. 24 del 2005 non sono fondate.
    L'Avvocatura  individua  il profilo di illegittimita' del comma 3
dell'art. 7  nel  fatto  che  esso,  nel  disciplinare  la nomina dei
componenti  del  consiglio  di  indirizzo e verifica degli IRCCS, non
prevede     «alcuna    designazione    ministeriale».    Del    pari,
l'illegittimita'  del comma 4 e' ravvisata nel fatto che la norma non
contempla  «alcuna componente ministeriale» tra i membri del collegio
sindacale.
    Questa Corte, con la sentenza n. 270 del 2005, pur non negando la
legittimita'     di    alcuni    profili    organizzativi    uniformi
nell'ordinamento  degli IRCCS e, soprattutto, di alcuni significativi
poteri  statali,  specie  la'  dove  viene  in rilievo l'attivita' di
ricerca  scientifica,  ha  concluso, sul piano della composizione dei
loro  organi, che il nuovo Titolo V della Costituzione «non legittima
ulteriormente  una  presenza obbligatoria per legge di rappresentanti
ministeriali  in ordinari organi di gestione di enti pubblici che non
appartengono  piu'  all'area  degli  enti  statali,  ne'  consente di
giustificare  in  alcun  modo,  in  particolare  sotto il profilo del
rispetto  della  competenza a dettare i principi fondamentali, che il
legislatore  statale  determini  quali siano le istituzioni pubbliche
che possano designare le maggioranze del consiglio di amministrazione
delle fondazioni» (si veda il punto 11 del «considerato in diritto»).
    Su   questa   base   e'   stata,   tra   l'altro,  dichiarata  la
illegittimita'    costituzionale   della   lettera p)   del   comma 1
dell'art. 42  della legge n. 3 del 2003, nella parte in cui riservava
al Ministro della salute la designazione di taluni membri dell'organo
di  indirizzo  degli  IRCCS  non  trasformati,  nonche'  dell'art. 4,
comma 3,  del d.lgs. n. 288 del 2003, nella parte in cui prevedeva la
designazione ministeriale di taluni componenti del collegio sindacale
degli IRCCS trasformati in fondazioni.
    Il  ricorrente,  al  fine di giustificare la asserita lesione del
terzo   comma   dell'art. 117   Cost.   e   del  principio  di  leale
collaborazione,  denuncia  la  violazione,  da  parte dei commi 3 e 4
dell'art. 7,  di  quanto e' previsto in due disposizioni dell'Atto di
intesa  del  1° luglio  2004.  In particolare deduce il contrasto con
l'art. 2,  il  quale  ha  riprodotto  l'art. 42, comma 1, lettera p),
della legge n. 3 del 2003 relativamente alla composizione dell'organo
di  indirizzo  degli  IRCCS  non  trasformati,  nonche'  con l'art. 4
dell'Intesa il quale rinvia all'art. 4 del d.lgs. n. 288 del 2003 per
la composizione del collegio sindacale.
    Peraltro questa Intesa, stipulata prima della sentenza n. 270 del
2005,   anzitutto  assume  espressamente  a  proprio  fondamento  due
disposizioni  di  legge  che  sono  state profondamente modificate da
quest'ultima  sentenza:  l'art. 42,  comma 1, lettera p), della legge
n. 3  del  2003  e'  stata  dichiarato  in  parte  costituzionalmente
illegittimo;   l'art. 5   del  d.lgs.  n. 288  del  2003  sembrerebbe
prevedere  l'intesa  come un nuovo tipo di fonte normativa, allorche'
invece  la  sentenza n. 270 del 2005, al punto 19 del «considerato in
diritto»,  la  ha  qualificata  non  come  «una  vera e propria fonte
normativa»,  ma solo come una modalita' consensuale di determinazione
delle  caratteristiche  comuni  di  questi  istituti  in  ambiti  non
predeterminati da disposizioni legislative.
    Inoltre  l'art. 42,  primo  comma, lettera p), della legge delega
n. 3  del  2003  e'  stato  dichiarato incostituzionale proprio nella
parte  in cui contempla membri di designazione ministeriale (sentenza
n. 270 del 2005) e anche l'art. 4 del d.lgs. n. 288 del 2003 e' stato
dichiarato incostituzionale per le stesse ragioni.
    Essendo  pertanto  venute meno alcune delle fondamentali premesse
dell'Intesa    a   seguito   di   dichiarazioni   di   illegittimita'
costituzionale   ed   essendo   state  dichiarate  costituzionalmente
illegittime   le  disposizioni  legislative  riprodotte  nell'art. 2,
comma 1, e nell'art. 4 dell'Atto di intesa ed assunte a parametro nel
ricorso, appare evidente la mancanza di fondamento delle censure.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara  l'illegittimita'  costituzionale  dell'art. 4, comma 3,
della   legge   della   Regione   Campania  29 dicembre  2005,  n. 24
(Disposizioni  per  la  formazione del bilancio annuale e pluriennale
della Regione Campania - legge finanziaria 2006);
    Dichiara  l'illegittimita'  costituzionale  dell'art. 7, comma 2,
della legge della Regione Campania n. 24 del 2005;
    Dichiara   estinto,  per  intervenuta  rinuncia  accettata  dalla
controparte,  il  giudizio  concernente  l'art. 23  della legge della
Regione   Campania  n. 24  del  2005,  promosso  dal  Presidente  del
Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe;
    Dichiara  cessata  la  materia  del  contendere  in  ordine  alle
questioni  di legittimita' costituzionale dell'art. 7, comma 1, della
legge  della Regione Campania n. 24 del 2005 promosse, in riferimento
all'art. 117, terzo comma, della Costituzione e al principio di leale
collaborazione  desumibile  dal  combinato  disposto degli artt. 117,
118,  primo  comma,  e  120  Cost.,  dal Presidente del Consiglio dei
ministri con il ricorso indicato in epigrafe;
    Dichiara  non fondate le questioni di legittimita' costituzionale
dell'art. 7,  commi 3  e  4, della legge della Regione Campania n. 24
del  2005, sollevate, in riferimento all'art. 117, terzo comma, Cost.
e  al  principio  di  leale  collaborazione  desumibile dal combinato
disposto  degli  artt. 117,  118,  primo  comma,  e  120  Cost.,  dal
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  con il ricorso indicato in
epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 5 giugno 2007.
                         Il Presidente: Bile
                       Il redattore: De Siervo
                      Il cancelliere: Fruscella
    Depositata in cancelleria il 14 giugno 2007.
                      Il cancelliere: Fruscella
07C0780