N. 508 ORDINANZA (Atto di promovimento) 30 marzo 2007

Ordinanza  emessa il 30 marzo 2007 dal G.I.P. del Tribunale di Milano
nel procedimento penale a carico di Bernardini Marco ed altri

Processo penale - Prove - Atti relativi ad intercettazioni illegali -
  Procedura per la distruzione - Udienza camerale fissata dal giudice
  per  le indagini preliminari a seguito della richiesta del pubblico
  ministero   di   disporre  la  distruzione  dei  documenti  formati
  attraverso  la  raccolta  illegale  di  informazioni - Modalita' di
  svolgimento  -  Mancata previsione: della possibilita' di esercizio
  di  attivita'  istruttoria  su  richiesta delle parti, di poteri di
  intervento   del   giudice,  della  partecipazione  necessaria  dei
  difensori  delle  persone indagate in relazione alla formazione dei
  documenti  di  cui  si chiede la eliminazione - Lesione del diritto
  alla prova - Violazione del principio del contraddittorio.
- Codice di procedura penale, art. 240, commi 3, 4, 5 e 6.
- Costituzione,  artt. 24, comma secondo, e 111, commi primo, secondo
  e quarto.
Processo penale - Prove - Atti relativi ad intercettazioni illegali -
  Procedura  per  la  distruzione - Redazione, all'esito dell'udienza
  camerale  davanti  al  giudice  per  le indagini preliminari, di un
  verbale  relativo  alle  operazioni  di  distruzione  che  non puo'
  contenere alcun riferimento al contenuto degli atti di cui e' stata
  disposta la eliminazione - Lesione del diritto di difesa.
- Codice di procedura penale, art. 240, commi 3, 4, 5 e 6.
- Costituzione, art. 24.
Processo penale - Prove - Atti relativi ad intercettazioni illegali -
  Procedura  per  la distruzione - Previsione, all'esito dell'udienza
  camerale  davanti  al  giudice  per  le indagini preliminari, della
  immediata  distruzione dei documenti illegalmente formati - Lesione
  dei diritti soggettivi delle persone offese dal reato.
- Codice di procedura penale, art. 240, commi 3, 4, 5 e 6.
- Costituzione, art. 24, primo comma.
Processo penale - Prove - Atti relativi ad intercettazioni illegali -
  Procedura  per  la distruzione - Previsione, all'esito dell'udienza
  davanti  al  giudice  per  le indagini preliminari, della immediata
  distruzione  dei  documenti  illegalmente formati - Redazione di un
  verbale  relativo  alle  operazioni  di  distruzione  che  non puo'
  contenere alcun riferimento al contenuto degli atti di cui e' stata
  disposta la eliminazione - Irragionevolezza - Lesione del principio
  dell'obbligatorieta' dell'esercizio dell'azione penale.
- Codice di procedura penale, art. 240, commi 3, 4, 5 e 6.
- Costituzione, art. 112.
(GU n.27 del 11-7-2007 )
                            IL TRIBUNALE

    Ha  pronunciato  la  seguente ordinanza nel procedimento penale a
carico  -  tra  gli  altri  -  di  Bernardini  Marco, Bidini Rolando,
Bilancetta  Stefano,  Bresciani  Fabio,  Bolognesi  Moreno,  Cipriani
Emanuele,  Cocomello  Alessia,  Dovile  Gregorio, Ghioni Fabio, Iezzi
Pierguido,  Mancini  Marco,  Nuzzi  Giovanni, Rizzo Nicolo', Sasinini
Guglielmo,  Serreli  Giorgio,  Spagnuolo  Antonio  Michele,  Tavaroli
Giuliano, in cui si procede anche per i seguenti reati:
    Capo A
    Ghioni   Fabio,   Sasinini  Guglielmo,  Mancini  Marco,  Tavaroli
Giuliano,  Cipriani  Emanuele,  Iezzi  Pierguido, Rizzo Nicolo' Maria
Fabrizio,  Bernardini Marco, Bresciani Fabio, Serreli Giorgio, Dovile
Gregorio,  Spagnuolo  Antonio  Michele, Bilancetta Stefano, Cocomello
Alessia,  Nuzzi  Giovanni,  delitto di cui all'art. 426 c.p., perche'
Tavaroli, Cipriani, Mancini, Bernardini con il ruolo di organizzatori
e  promotori,  si  associavano  con  agenti  e  ufficiali  di polizia
giudiziaria,  in  servizio  permanente effettivo ovvero in congedo ed
attivi come investigatori privati nonche' con identificando personale
in  servizio  presso  i  sistemi  informativi dello Stato, sfruttando
l'organizzazione  di mezzi e persone della direzione Security Pirelli
e  quindi  Telecom  e  Tim  messe  a disposizione dal Tavaroli e suoi
sodali,    nonche'   l'organizzazione   aziendale   dell'agenzia   di
investigazione  zione  Polis  d'Istinto  s.r.l. e System Group S.a.s.
messe  a  disposizione  dal  Cipriani,  e  l'organizzazione  di mezzi
apprestato  dall'investigatore  privato  Marco  Bernardini nonche' le
fonti  informative  dei  servizi di sicurezza messe a disposizione da
persone  in  corso  d'identificazione  per compiere una pluralita' di
delitti  ed in particolare: corruzione di pubblici ufficiali per atti
contrari  ai  doveri d'ufficio, ossia atti di indagine clandestine ed
illecite,  utilizzazione  a  fini  patrimoniali di segreti d'ufficio,
ovverosia  di  informazioni  tratte  da  banche  dati  del  Ministero
dell'Interno  del  Ministero  delle  Finanze  e  del  Ministero della
Giustizia,  consultabili  solo  da  pubblici ufficiali per motivi del
loro ufficio, nonche' di informazioni riservate acquisite dai servizi
di   informazione   dello   Stato  Italiano  e  di  Stati  stranieri,
utilizzazione  dei  dati  relativi al traffico storici di utenze TIM,
attinti  tramite  l'applicativo  Radar,  accessi  abusivi  a  sistemi
informatici,  appropriazione  indebita  in danno del gruppo Telecom -
Pirelli   principale   committente   di   Cipriani,   acquisizione  e
procacciamento illeciti di notizie e documenti attinenti la sicurezza
dello  Stato  di  cui  e'  vietata  la  divulgazione,  in  violazione
dell'art. 262   cp   accessi   ed   intrusioni  illeciti  in  sistemi
informatici  di  banche,  aziende,  privati  cittadini  ricoprendo  i
seguenti ruoli:
        Tavaroli  Giuliano,  in  qualita' di responsabile progetti di
sicurezza internazionale nell'ambito della Direzione Security Pirelli
dal  1°  aprile  1996,  responsabile Sicurezza affiliate nel medesimo
ambito dal 1° giugno 1998, responsabile Direzione Security in Pirelli
dal  1°  gennaio  1999 al 28 febbraio 2003, quindi responsabile della
Funzione  Security  del Gruppo Telecom Italia, sotto il cui controllo
era stato ricondotto il Centro Nazionale Autorita' Giudiziaria per la
gestione  delle  intercettazioni,  mantenendo  comunque  incarico  in
Pirelli  per  attivita'  di  consulenza  per  la  Security,  ideatore
unitamente  al  Cipriani  dei  meccanismi  di drenaggio delle risorse
economiche di Pirelli-Telecom, committente degli incarichi delittuosi
svolti dall'associazione;
        Iezzi   Pierguido,   assunto   in   Pirelli  in  qualita'  di
responsabile  qualita'  e  sicurezza sistemi informativi dal 2 giugno
2000,  dal  1°  giugno 2001 responsabile sicurezza delle informazioni
Pirelli,  dal  16 novembre 2001 responsabile IT Security Telecom, dal
1° marzo 2003 direttore della Security Pirelli;
        Cipriani  Emanuele, in qualita' di amministratore della Polis
d'Istinto  S.r.l.,  gia'  S.a.s.,  amministratore  della System Group
S.a.s.,  nonche'  amministratore  di  fatto  delle societa' Wordwilde
Consultants   Security   Ltd   e   Security  Research  advisors  Ltd,
investigatore   privato  titolare  di  licenza,  organizzatore  della
struttura  operativa  che  svolgeva gli incanchi commissionati, anche
avvalendosi   delle  prerogative  e  delle  immunita'  proprie  della
funzione di console onorario di paese straniero;
        Bernardini  Marco  in  qualita'  di  socio assieme a Spinelli
Giampaolo  e  legale  rappresentante  della  Global Security Services
S.n.c.»   socio   nella   «Detector   S.r.l.»  ulteriore  agenzia  di
investigazione  in fiorenti rapporti di affari con il medesimo gruppo
Telecom-Pirelli,  gia'  operativo  per  conto  di  Cipriani,  quindi,
organizzatore  di  una  struttura  simile a quella di Cipriani che ne
continua gli illeciti incarichi;
        Mancini  Marco,  in  qualita'  di alto funzionario del Sismi,
stabile collaboratore di Cipriani e Tavaroli con i quail organizza la
raccolta  sistematica  di  informazioni  riservatissime  in  grado di
assicurare  fiducia nel gruppo Pirelli-Telecom e quindi stabilita' al
consorzio  delittuoso che fondava sui cospicui fondi aziendali per la
Security il perno della poliedrica e multiforme attivita' illecita;
        Ghioni  Fabio  quale  responsabile  del  settore  Information
Security  presso  la  Telecom  e  responsabile  del c.d. «tiger team»
costituito presso il predetto settore, addetto ad effettuare illeciti
accessi  in  sistemi  informatici di aziende e privati, finalizzati a
controllarne il contenuto;
        Sasinini  Guglielmo,  quale  consulente della Pirelli e della
Telecom,  incaricato  di  redigere  dossier  su individui ed aziende,
suscettibili di essere approfonditi dai fornitori del gruppo;
        Rizzo  Nicolo',  gia' sottufficiale dell'Arma dei Carabinieri
in  qualita'  di  investigatore  privato, amministratore della Althon
S.r.l., stabile collaboratore di Emanuele Cipriani sub appaltatore di
parte delle pratiche illecite commissionate al Cipriani;
        Bresciani  Fabio, in qualita' di appartenente alla Polizia di
Stato,   stabile   collaboratore   del   Cipriani,  con  funzione  di
intermediazione,  raccolta,  consegna  e pagamento degli accertamenti
compiuti presso le banche dati in uso alle forze di polizia per conto
dell'associazione;
        Bilancetta  Stefano,  appartenente  alla squadra mobile della
Questura  di  Firenze  e  Cocomello  Alessia,  in servizio presso UPG
questura  di  Prato  stabili,  «terminalisti»  dell'associazione  per
delinquere,  effettuavano per lo piu' su incarico mediato di Cipriani
gli accertamenti alla banca dati in uso alle forze di polizia;
        Serreli  Giorgio,  gia'  ufficiale superiore della Guardia di
Finanza,   in   qualita'   di  investigatore  privato,  collaboratore
dell'Agenzia Investigativa Minerva, stabile collaboratore di Emanuele
Cipriani,  con  funzione  di  intermediazione,  raccolta,  consegna e
pagamento   degli   accertamenti   compiuti   presso  la  banca  dati
dell'anagrafe tributaria;
        Dovile  Gregorio,  brigadiere  dei  Carabinieri  effettivo al
Centro  Operativo  della  Dia  di  Firenze, stabile collaboratore del
Cipriani  nelle attivita' illecite e per le quali metteva al servizio
dell'associazione le proprie prerogative;
        Spagnuolo Antonio Michele, assistente di PS in congedo dal 26
aprile   2006,   in  qualita'  di  pubblico  ufficiale  che  mette  a
disposizione  le  proprie  prerogative  per  atti  di  indagine,  sia
dinamiche sia mediante ricerche in banche dati;
        Nuzzi  Giovanni,  in  qualita' di ufficiale di PG in servizio
presso  la  Procura  della Repubblica presso il Tribunale di Firenze,
che   procurava   sistematicamente   al  Cipriani  gli  estratti  del
casellario  generale  giudiziale  relativamente  alle persone fisiche
investigate dal Cipriani.
    In Milano e altrove con condotta permanente dal 2000.
    Capo H
    Bresciani  Fabio,  Cocomello  Alessia,  Bilancetta Stefano, Tilli
Paolo,  delitto di cui agli artt. 81 cpv. 319, c.p. perche', con piu'
atti  esecutivi  del medesimo disegno criminoso, in concorso fra loro
in  qualita'  agenti  di  agenti  di  PS  e  di  Polizia Giudiziaria,
percepivano  retribuzione  concordata  in  Euro 30-50 ad accertamento
perche'   comunicassero   precedenti  di  polizia  acquisiti  tramite
consultazione  della  banca  dati  telematica  in  uso  alle Forze di
Polizia dei nominativi richiesti; in Firenze dal 2000.
    Capo I
    Vezzi Spartaco, Bidini Rolando, delitto di cui agli artt. 81 cpv.
319,  c.p.  perche',  con  piu'  atti  esecutivi del medesimo disegno
criminoso,  in  concorso  fra  loro  in  qualita' di impiegati presso
l'Ufficio  unico delle Entrate dell'Agenzia delle Entrate di Firenze,
percepivano  retribuzione  concordata  in  Euro  20  ad  accertamento
perche'  comunicassero accertamenti sulla dichiarazione dei redditi e
visure  catastali  acquisiti  tramite  consultazione della banca dati
telematica  anagrafe  tributaria dei nominativi richiesti; in Firenze
dal 2003 al 2004.
    Capo M
    Tavaroli Giuliano, Iezzi Pierguido, Lombardi Alessandro, Cipriani
Emanuele,   Rizzo   Nicolo',   Bresciani  Fabio,  Cocomella  Alessia,
Bilancetta  Stefano,  Tilli  Paolo,  Nuzzi Giovanni, Galante Antonio,
Serreli  Giorgio,  Vezzi  Spartaco,  Bidini Rolando, Dovile Gregorio,
Spagnuolo  Antonio  Michele,  Bolognesi  Moreno,  reato p. e p. dagli
artt. 110, 81 cpv. 326 comma 3 c.p. perche', in concorso fra loro nei
ruoli che seguono:
        Tavaroli  Giuliano,  in  quallta' di responsabile progetti di
sicurezza internazionale nell'ambito della Direzione Security Pirelli
dal  1°  aprile  1996,  responsabile sicurezza affiliate nel medesimo
ambito dal 1° giugno 1998, responsabile direzione security in Pirelli
dal  1°  gennaio  1999 al 28 febbraio 2003, quindi responsabile della
Funzione  Security  del Gruppo Telecom Italia, sotto il cui controllo
era stato ricondotto il Centro nazionale autorita' giudiziaria per la
gestione  delle  intercettazioni,  mantenendo  comunque  incarico  in
Pirelli  per  attivita'  di  consulenza  per  la  security,  ideatore
unitamente  al  Cipriani  dei  meccanismi  di drenaggio delle risorse
economiche   di   Pirelli-Telecom,   committente   degli  in  carichi
delittuosi svolti dall'associazione;
        Iezzi   Pierguido,   assunto   in   Pirelli  in  qualita'  di
responsabile  quallta'  e  sicurezza sistemi informativi dal 2 giugno
2000,  dal  1°  giugno 2001 responsabile sicurezza delle informazioni
Pirelli,  dal  16 novembre 2001 responsabile IT Security Telecom, dal
1° marzo 2003 direttore della Security Pirelli;
        Lombardi Alessandro, in qualita' di dipendente della security
Pirelli dal 7 gennaio 2003, quindi transitato a Telecom dal 1° luglio
2004  al  31  maggio  2005  con  nuova  assunzione  in  Pirelli  come
responsabile della Sicurezza America Latina;
        Cipriani  Emanuele, in qualita' di amministratore della Polis
D'Istinto  S.r.l.,  gia' s.a.s., nonche amministratore di fatto delle
societa'  Wordwilde  Consultants  Security  Ltd  e  Security Research
Advisors Ltd, investigatore privato titolare di licenza;
        Rizzo  Nicolo', gia' sottufficiale dell'Arma dei Carabinieri,
in  quallta'  di  investigatore  privato, amministratore della Althon
S.r.l., stabile collaboratore di Emanuele Cipriani;
        Serreli  Giorgio,  gia'  ufficiale superiore della Guardia di
Finanza,   in   quailta'   di  investigatore  privato,  collaboratore
dell'Agenzia Investigativa Minerva, stabile collaboratore di Emanuele
Cipriani, tutti in funzione di istigatori e remuneratori dei pubblici
ufficiali;
        Bresciani  Fabio,  Bilancetta  Stefano, Cocomella Alessia, in
quallta'  di  appartenenti  alla  Polizia  di Stato, i primi due alla
Questura  di  Firenze,  la  terza  di  Prato,  agenti  di PG e PS, in
funzione di pubblici ufficiali;
        Spagnuolo   Antonio   Michele,   Bolognesi  Moreno,  Converso
Alessandro,  in  qualita'  di  appartenenti alla Polizia di Stato, il
primo assistente di PS in congedo dal 26 aprile 2006, il secondo e il
terzo ispettori di PS tutti all'epoca dei fatti in servizio presso il
compartimento di Polizia Stradale di Torino;
        Nuzzi  Giovanni,  in  qualita'  di  Brigadiere  dell'Arma dei
Carabinieri,  gia'  in servizio presso la Sezione di PG della Procura
della Repubblica di Firenze, in funzione di pubblico ufficiale;
        Galante  Antonio, in qualita' di appartenente alla Guardia di
Finanza,   in  servizio  presso  il  Nucleo  Provinciale  di  Polizia
Tributaria di Novara, in funzione di pubblico ufficiale;
        Dovile  Gregorio,  ufficiale di polizia giudiziaria effettivo
al  Centro  operativo  della  DIA  di Firenze in funzione di pubblico
ufficiale;
        Vezzi  Spartaco  e  Bidini  Rolando,  in  servizio  impiegato
dell'Ufficio unico delle entrate di' Firenze, in funzione di pubblici
ufficiali, i pubblici ufficiali, dopo aver avuto abusivo accesso alla
banca  dati  telematica  del  Ministero dell'interno SDI e alla banca
dati   telematica   dell'anagrafe   tributaria,  per  procurare  agli
investigatori  privati  il  profitto  patrimoniale  consistito  nella
remunerazione  pattuita  con i clienti dell'agenzia e per procurare a
loro  stessi il profitto consistito nel prezzo della loro corruzione,
comunicavano dati segreti acquisiti mediante accesso alle banche dati
di  cui disponevano per motivi del loro ufficio, secondo la analitica
tabella  allegata  (inciso prima eliminato, a seguito di richiesta in
tal  senso avanzata dal p.m. in data 4 agosto 2006, e poi reinserito,
a  seguito  del  deposito  dell'integrazione  di  richiesta di misura
cautelare effettuato in data 31 agosto 2006, con relative tabelle che
di seguito si riportano);
    In particolare Emanuele Cipriani, per ogni incarico ricevuto dava
mandato  a  Fabio  Bresciani  di  controllare i precedenti di polizia
risultanti  dalla  banca dati SDI; inoltre su espresso incarico della
sicurezza Pirelli, sotto il nome di «operazione filtro» nonche' della
sicurezza  Telecom, sotto il nome di «operazione Scanning», fatturate
in  realta'  da  WCS e SRA per la complessiva somma di Euro 2.343.081
per   «operazione  filtro»  dal  2000  al  2004  e  Euro 409.471  per
«operazione  scanning»  nel  2004,  dava mandato a Fabio Bresciani di
controllare  al  terminale  SDI i precedenti di polizia del personale
che sarebbe stato assunto da Pirelli e da Telecom;
    Bresciani  quindi svolgeva questi accertamenti delegandoli a suoi
colleghi Bilancetta Stefano Tilli Paolo e Cocomella Alessia;
    Altre   volte   il   Cipriani   Emanuele   compiva   le  medesime
interrogazioni sui precedenti di polizia tramite Dovile Gregorio;
    Infine,  sempre  in  merito  alla comunicazione dei precedenti di
poilzia  consultati  tramite,  banca  dati SDI, a volte provvedeva lo
stesso Pizzo Nicolo', incaricando Galante Antonio;
    Infine  il Cipriani riceveva la comunicazione di dati relativi ai
redditi  delle  persone investigate tramite Serreli Giorgio che a sua
volta  delegava  l'accertamento  a  Vezzi  Spartaco  e Bidini Rolando
accertato  in  Milano  e consumato in Milano, Firenze, Novara, Torino
dal 2000;
        Bidini Rolando ad integrazione del Capo M):
        in  qualita'  di  pubblico  ufficiale dipendente dell'ufficio
unico   delle  Entrate  di  Firenze,  risulta  aver  sistematicamente
compiuto   accessi   abusivi   al  sistema  telematico  dell'anagrafe
tributaria   per   trasmettere   dietro   pagamento   notizie   sulla
composizione dei redditi, sui negozi effettuati, sulle risultanze del
catasto,  sui  dati  anagrafici  dei  soggetti  che  il  Cipriani gli
indicava  tramite  Giorgio  Serreli  ed  in  particolare risulta aver
compiuto,  nei  tempi  di  seguito  riportati,  gli  accertamenti sui
soggetti, «indagati» dal Cipriani, nelle sotto elencate pratiche:
      Omissis.
        Z0056803 Galizia Carlo 7 maggio 1947 - 5 febbraio 2003;
        Z0056703 Dini Silvio 5 marzo 1965 - 19 febbraio 2003;
        Z0056803 Marcolin Sandro 12 maggio 1945 - 10 febbraio 2003;
        Z0056703   Mattavelli  Giampietro  1°  settembre  1971  -  19
febbraio 2003.
    Bolognesi  Moreno,  ad  integrazione  del Capo M), in ordine agll
accessi abusivi allo SDI per comunicare, dietro compenso il contenuto
dei  precedenti di polizia risultante dalla banca dati telematica del
Ministero  dell'Interno risultano dall'informativa del 29 agosto 2006
consegnati  al  Cipriani  dati sui precedenti di polizia dei seguenti
soggetti:
      Omissis.
        Z0056803 Marcolin Sandro 12 maggio 1945 - 9 febbraio 2003.
    Cocomello  Alessia,  ad integrazione del Capo M), sulla posizione
di  questo pubblico ufficiale in servizio presso l'UPG della Questura
di   Prato   si  reputa  sufficiente  indicare  i  dati  collazionati
nell'ultima  informativa  del  29  agosto  2006  senza  ulteriormente
riportare   ulteriori   episodi,   per  altro  puntualmente  indicati
nell'informativa  depositata  l'8  febbraio 2006, essendo sufficiente
contestare   545  violazioni  del  segreto  d'ufficio  a  seguito  di
corruzione relative a persone fisiche di cui sono stati controllati i
precedenti di polizia tramite la banca dati telematica SDI:
      Omissis.
        Z0056803 Galizia Carlo 7 maggio 1947 - 4 luglio 2003;
        Z0056703 Dini Silvio 5 marzo 1965 - 14 febbraio 2003;
        Z0056703   Mattavelli  Giampietro  1°  settembre  1971  -  14
febbraio 2003
    Premesso  che  il  p.m. in data 16 novembre 2006, chiedeva che il
giudice  per le indagini preliminari procedesse alla distruzione - ai
sensi dell'articolo 240, commi 3 e 5 cpp - di n. 4 documenti relativi
ai  soggetti  Galizia  Carlo,  Dini  Silvio,  Mattavelli Giampietro e
Marcolin   Sandro,  in  quanto  frutto  della  illegale  raccolta  di
informazioni  personali da parte di Cocomello Alessia, Bidini Rolando
e  Bolognesi  Moreno,  il  giudice  fissava la procedura in camera di
consiglio come stabilita dalla citata normativa;
    Alla udienza del 2 marzo 2007, il p.m. chiedeva volersi rimettere
alla  Corte  costituzionale  l'articolo 240 cpp. per violazione degli
articoli 3, 24 e 112 Cost.;
    Le  difese  delle  persone  offese  Galizia, Mattavelli e Dini si
associavano  alla richiesta del p.m., denunciando altresi' violazione
dell'articolo 24 Cost.;
    La  difesa  dell'indagato Ghioni chiedeva rimettersi alla Corte i
commi  3  e  5 dell'articolo 240 cpp. per violazione dell'articolo 24
Cost.
    Le   questioni  di  costituzionalita'  poste  dalle  parti  sopra
indicate appaiono rilevanti e non manifestamente infondate.
    1. - L'oggetto della procedura di distruzione.
    Il  presente sub-procedimento camerale concerne la distruzione di
report  personali,  formati  a  carico di Galizia Carlo, Dini Silvio,
Mattavelli  Giampietro  e  Marcolin Sandro e asseritamente contenenti
dati illegalmente tratti dalla anagrafe tributaria e dalla banca dati
SDI.  Per  la migliore comprensione della vicenda e' bene esplicitare
che  i  documenti  cartacei  inoltrati  dal  p.m.  per  la udienza di
distruzione  e  allegati  al fascicolo del procedimento descrivono il
contenuto  di  file  informatici  conservati  in  un  DVD  oggetto di
sequestro  (perche'  cosi',  originariamente, questi rapporti vennero
memorizzati dall'indagato CIPRIANI). Cio' per chiarire che oggetto di
eventuale  distruzione  finale dovrebbero chiaramente essere predetti
file  (eventualmente  a  disposizione  delle  parti richiedenti), nei
quali  sono  indicate  le informazioni riservate riguardanti ciascuna
della  persone offese e che non sono stati integralmente stampati per
ragioni di tutela della riservatezza delle persone coinvolte.
    2. - La rilevanza della questione.
    La  attuale procedura e' avviata per consentire la esecuzione del
disposto  di  cui all'articolo 240 cpp. nella versione modificata con
legge  n. 259  del  22 settembre 2006; quindi la applicazione di tale
disposizione  -  in particolare dei commi 2, 3, 4, 5 e 6 - e' materia
di  cognizione  diretta  nel  caso  di  specie.  Cio'  detto, si deve
altresi'  tenere  presente  che l'odierno procedimento pende (tra gli
altri)  per  il reato di associazione a delinquere nonche' per quelli
di  corruzione e di rivelazione di segreto di ufficio, ove la notizia
rivelata  e'  esattamente  quella  riportata  nei documenti di cui si
chiede   la   distruzione   (ovvero  dati  estratti  da  banche  dati
ministeriali  ad  uso  istituzionale).  Quindi  la  eliminazione  dei
documenti  in  questione comporterebbe la contestuale eliminazione di
una  prova  diretta  del fatto materiale oggetto di contestazione. Di
qui la rilevanza, anche in concreto, della questione in discussione.
    3. - La non manifesta infondatezza delle censure prospettate.
    Preliminarmente   alla   indicazione  delle  ritenute  violazioni
costituzionali,  e'  indispensabile  definire il contenuto precettivo
delle disposizioni in discorso, nella sola interpretazione che pare a
questo  giudice sostenibile. L'articolo 240, comma terzo cpp sancisce
che,  allorche'  il  p.m. acquisisca «documenti formati attraverso la
illegale  raccolta  di  informazioni»,  entro  48  ore egli chieda al
g.i.p.  di  disporne  la  distruzione.  Il  giudice  deve fissare una
udienza  camerale  e - «sentite le parti comparse» -, nel caso in cui
ritenga   sussistente   il   presupposto   oggettivo  della  illegale
formazione   dei  documenti,  deve  ordinare  la  distruzione  (comma
quinto).
    Delle  operazioni di distruzione e' redatto apposito verbale, nel
quale  si  deve dare atto delle modalita' e dei mezzi usati oltre che
dei soggetti interessati, ma senza alcun riferimento al contenuto dei
documenti   (comma   sesto).   Questo   verbale,  per  effetto  della
contestuale  modifica  operata  sull'articolo  512  cpp., puo' essere
oggetto  di  lettura  dibattimentale,  con  piena utilizzabilita' nel
processo.
    Ora,  si ritiene che la unica possibile interpretazione di questa
successione  normativa  sia quella che impone di avviare la procedura
di  distruzione  nel  piu'  breve tempo possibile. In particolare, il
riferimento  al  giudice  delle  indagini  preliminari come autorita'
procedente  e  la  previsione  della formazione di un verbale ammesso
alle letture dibattimentali, fa ritenere che la udienza ad hoc dovra'
trovare  collocazione  nella  fase  delle  indagini.  E'  vero che la
rigorosa  previsione  di  un termine stretto per il p.m. - di sole 48
ore  dalla  acquisizione  dei documenti illegalmente formati - per la
richiesta  di  fissazione  della  udienza  al g.i.p., non puo' essere
intesa  come 48 ore dalla materiale apprensione della documentazione.
Questo  perche'  il  p.m., attraverso le sue indagini, deve essere in
grado di affermare motivatamente la presenza di «illegale raccolta di
informazioni»,  che' altrimenti mancherebbe il presupposto stesso per
la  applicazione  della  legge.  In  piu'  il g.i.p., all'esito della
udienza  camerale, deve verbalizzare modalita' e mezzi utilizzati per
la formazione del documento da distruggere, il che comprova ancora di
piu'  che  su  tali  aspetti e' necessario che il pm sia pervenuto ad
accertamenti (da lui ritenuti) concludenti, da riversare al g.i.p. in
sede di udienza. Nondimeno, una volta che il p.m. - attraverso le sue
indagini  -  abbia  ragione di ritenere raggiunto il convincimento di
essere  in  presenza  di  documenti  illegalmente formati, deve senza
ritardo  chiedere  l'intervento del g.i.p. D'altronde il carattere di
urgenza  della  intera procedura, cosi' come la assoluta omissione di
ogni   riferimento   al   contenuto  del  documento  nel  verbale  di
distruzione,  e'  connaturato  alla  ratio  della  legge, la quale e'
palesemente  quella di togliere dalla circolazione il prima possibile
notizie  che  potrebbero  nuocere  alla riservatezza delle persone e,
mediatamente, alla reputazione e onorabilita' delle stesse.
    Cio' posto, pare a questo giudice che si debba valutare se questo
meccanismo,  a  presidio  dei predetti valori, sia compatibile con il
quadro  costituzionale,  ovvero  prevarichi  altri diritti di massimo
rango.
    Art. 24 Cost., secondo comma Cost. e art. 111 Cost.
    La questione e' sollevata in relazione alla posizione processuale
dell'indagato  nel  procedimento in cui viene attivata la sequenza di
cui all'articolo 240 cpp.
    Preliminarmente   e'  opportuno  un  breve  quadro  dei  principi
costituzionali  consolidati  in  materia  di  diritto  di  difesa  ex
articolo 24 Cost., nella articolazione del secondo comma. La Corte ha
-  da  tempo - piu' volte affermato che la inviolabilita' del diritto
di  difesa  comporta la necessita' che sia assicurato il diritto alla
prova,  circa  i  fatti  rilevanti  per la decisione, nelle forme del
contraddittorio  completo  ed  effettivo. Tra le molteplici pronunce,
Corte  cost.  n. 70/1961  che  sancisce che l'art. 24, secondo comma,
della Costituzione... e' compromesso allorche' il contraddittorio non
sia  assicurato  e  sussistono  ostacoli  processuali a far valere le
ragioni  delle  parti;  Corte  cost.  n. 133/1963,  ove  si  dice che
l'art. 24,  secondo  comma, della Costituzione..., pone come garanzia
essenziale della giurisdizione, il principio della inviolabilita' del
diritto  di  difesa  e  quello  del  contraddittorio,  che  del primo
costituisce  un  corollario imprescindibile e Corte cost. n. 70/1965,
che ribadisce analogo principio.
    D'altronde,  predetti  asserti  hanno  trovato consolidamento nel
novellato  articolo  111 Cost., il quale eleva a rango costituzionale
il  diritto  al  giusto  processo,  che  si  dice  essere solo quello
regolato  dal  principio  del  contraddittorio nella formazione della
prova  (Corte cost. n. 134/2002 e n. 368/2002 per la correlazione tra
diritto alla prova e diritto di difesa).
    Orbene,   ritiene  questo  giudice  che  la  procedura  disegnata
dall'articolo  240,  commi  3,  5  e 6 cpp. non rispetti tale canone.
Invero,  due  sono  gli  aspetti  ai  quali  si legano i dubbi di non
costituzionalita':  il  primo  -  in  ordine  logico  -  riguarda  le
modalita'  di  svolgimento  della  udienza  camerale  e il secondo il
risultato che con essa si consegue.
    La  legge  prefigura  una  udienza  camerale  semplificata (sulla
disomogeneita'  del  processo camerale rispetto a quello a cognizione
piena  cfr.  Corte  cost.  194/2005)  in  cui  e'  prevista  una mera
audizione  delle parti intervenute all'esito della quale si consolida
- in un verbale destinato ad essere letto nella fase processuale - il
risultato  consistente  nella  accertata  provenienza  illecita delle
notizie  utilizzate per la formazione dei documenti. Tenuto conto dei
tempi estremamente ristretti che il legislatore prevede per la intera
procedura   (udienza  da  fissare  entro  dieci  giorni  e  immediata
esecuzione  della  distruzione dei documenti alla presenza del p.m. e
dei  difensori  intervenuti),  non  sembra che la medesima preveda la
possibilita' di esercizio di attivita' istruttoria su richiesta delle
difese interessate, ne' di poteri di intervento da parte del giudice.
Non  solo,  ma  la  legge  non  contempla  neppure  la partecipazione
necessaria  dei  difensori  delle  persone indagate in relazione alla
formazione  dei  documenti  di cui si chiede la eliminazione. Dunque,
all'esito  di  una  cognizione sommaria, il giudice si trova a dovere
valutare  la  sussistenza,  sulla  sola  base delle indagini svolte e
presentate   dalla   accusa,  dei  presupposti  di  cui  al  comma  2
dell'articolo  240  cpp.  Il  tutto  con il fine di pre-costituire al
giudizio  una  prova  che  dovra'  essere successivamente valutata da
altro giudice.
    Con questo non si vuole affermare che la acquisizione della prova
non  possa  essere  - in astratto - anticipata rispetto alla sua fase
naturale.  Anzi,  nei  casi  di  incidente  probatorio,  l'anticipata
assunzione  della  prova  si  appalesa addirittura indispensabile per
l'acquisizione  al  processo  di  elementi  -  in  tesi  -  necessari
all'accertamento dei fatti e per garantire l'effettivita' del diritto
delle  parti  alla  prova,  che  sarebbe altrimenti irrimediabilmente
perduta   (Corte   cost.  n. 77/1994).  Tuttavia  tale  anticipazione
dovrebbe  avere  luogo  -  proprio  come  stabilito  nella ipotesi di
incidente  probatorio  dall'articolo 401, comma 50 cpp - con una pari
anticipazione   delle   forme  processuali,  in  grado  di  garantire
l'effettivo  contraddittorio  tra  le  parti  e  la pienezza del loro
diritto  alla  prova. Mentre le modalita' previste dalla normativa in
esame  - in quanto non in grado di garantire un contraddittorio reale
tra  le parti - sembrano comportare tanto la violazione dell'articolo
24,  secondo comma che, ancora prima, dell'articolo 111, commi 1°, 2°
e 4° della Costituzione.
    Ma la questione pare anche piu' complessa. Pure ove si garantisse
la  piena  esplicazione del diritto di difesa nella fase procedurale,
il  risultato finale, consistente nella redazione di apposito verbale
«nel  quale  si  da' atto della avvenuta .. detenzione o acquisizione
illecita  di  documenti..,  nonche' delle modalita' e dei mezzi usati
oltre  che dei soggetti interessati», non e' in grado di surrogare in
modo  integralmente equivalente il dato di conoscenza che si perde in
modo definitivo.
    Il  verbale  - come detto - «non puo' contenere alcun riferimento
al  contenuto degli stessi documenti». Questo comporta che il giudice
naturale,  davanti  al  quale l'indigato dovra' essere giudicato, non
potra'  mai  avere  cognizione  di  un  «fatto»  che  e' direttamente
rilevante  per  la prova del reato per il quale si procede e, piu' in
generale,  per il giudizio di responsabilita'. Ad esempio, la mancata
menzione  del contenuto del documento illegalmente formato, impedisce
all'indagato  di  contestare  successivamente  -  e  cioe' nella sede
processuale  propria  -  la  natura  delle informazioni riportate nel
documento  stesso.  In particolare non e' difficile prospettare come,
anche  nel  caso che qui interessa, la controprova della assenta (dal
Pm)  provenienza  illegale delle notizie riportate nei vari documenti
possa  passare attraverso la contestazione della verita' delle stesse
(ad  esempio  non  e'  vero che quella scheda contenente accertamenti
allo  SDI  o  alla  anagrafe tributaria utilizza notizie illegalmente
acquisite  perche'  i  dati riportati non sono veri e quindi non sono
stati  effettivamente  prelevati  dalla  banca dati, ma inventati dal
compilatore del documento). Questa possibilita' viene definitivamente
perduta  nel  momento  in  cui  il contenuto del documento, a seguito
della distruzione, scompare per sempre dal processo.
    O  ancora,  l'indagato  vuole  dimostrare che - ferma restando la
illecita  raccolta  -  non  ne  e'  lui l'autore e, per provare cio',
necessita'   di   conoscere  il  contenuto  dell'accertamento  SDI  o
tributario,  da  sottoporre  a  testimoni  chiamati  a confermare che
proprio  quel contenuto fu rivelato, al compilatore del documento, da
altri  pubblici  ufficiali  ovvero era gia noto per altra via. Questo
tipo  di  verifica non puo' essere condotta nel corso della procedura
di distruzione, la quale non e' volta ad accertare la responsabilita'
degli  indagati;  ma  non  puo'  neppure  essere  svolta  nella  fase
processuale, una volta che il contenuto del documento venga eliminato
in modo non reversibile.
    Oppure  -  in  caso  di condanna - il giudice dovra' valutare, ai
fini della commisurazione della pena, la gravita oggettiva del reato,
tra  l'altro  desumibile  dalla  gravita'  del  danno  cagionato alla
persona  offesa  (art. 133  cp).  Ma  questo  aspetto non potra' piu'
essere  oggetto  di prova o di interlocuzione da parte dell'indagato,
in  quanto  la  gravita'  della  condotta  e'  determinata  anche dal
contenuto  concreto  delle  informazioni  illecitamente  acquisite  e
divulgate  e  queste  informazioni  il  giudice  non  ha piu' modo di
conoscerle.
    In  breve,  la procedura di distruzione non e' solo una modalita'
di  anticipazione  nella formazione della prova - pure realizzata con
modalita'  che  non  garantiscono il diritto di difesa -, ma anche di
anticipata   eliminazione   definitiva   della   prova,  con  diretto
pregiudizio del diritto di difesa.
    Art. 24, quinto comma Cost.
    La  questione  si  pone in relazione alla posizione delle persone
offese nel presente giudizio.
    Agire in giudizio per la tutela dei propri diritti rappresenta la
prima garanzia che il costituente ha sancito nell'alveo della nutrita
serie  di  liberta' fondamentali contenute nel titolo I della parte I
della   carta.   Ma   il   diritto   di  azione  implica  una  tutela
giurisdizionale  effettiva  e  completa  (Cort cost. n. 70/1961). Nel
caso di specie, la tutela dei diritti soggettivi della persone offese
-  i  quali,  peraltro,  vanno  ricondotti  a  quella stessa area dei
diritti  delle  personalita'  che  si  vorrebbero  preservare  con la
normativa  in questione - rimane pregiudicata in via definitiva dalla
sparizione  del contenuto illegale raccolto a loro carico. Pare a chi
scrive  evidente  che, sia la prova del danno subito da tali soggetti
che   la  sua  quantificazione,  non  possa  prescindere  dal  tenore
obiettivo della informazione illegalmente acquisita. Si pensi al caso
di precedenti penali, per i quali era stata disposta la non menzione,
e che nondimeno finiscano nella disponibilita' di privati, cagionando
seri danni in relazione alla attivita' lavorativa dell'interessato; o
ad  accertamenti  allo  SDI  tali  da  palesare  abitudini  di vita o
frequentazioni strumentalizzabili in chiave discriminatonia. In tutte
queste  situazioni  chi  si  dice danneggiato dalla illegale raccolta
deve  potere dimostrare che cosa e' stato raccolto e quali pregiudizi
egli  ha  subito dalla non consentita propalazione di quelle notizie.
Eppero'  la  immediata  distruzione  del  documento,  con  definitiva
obliterazione  del  suo  contenuto,  priva la parte interessata della
possibilita'  di'  spendere  questo  dato fondamentale nel successivo
giudizio  civile  (o  nella  azione  esercitata  in  seno al giudizio
penale) per il risarcimento del danno. In una parola la vittima della
raccolta  illegale di informazioni non potra' mai mostrare davanti al
«suo» giudice il contenuto delle informazioni che lo riguardano;
    Art. 112 Cost.
    La questione e' posta dal Pm. Pare potersi affermare - come punto
di partenza - che il principio di obbligatorieta' della azione penale
riflette il rilievo costituzionale della attivita' di repressione dei
reati  in  quanto  conforme  ad un interesse pubblico generale (Corte
cost., n. 34/1973).
    Ebbene,  sembra  a  questo  giudice,  che  la celere e definitiva
distruzione  di  prove,  nella  fase delle indagini preliminari, puo'
vulnerare  suddetto  principio,  impedendo  al Pm di perseguire reati
anche  di  notevole  gravita'.  Tale  conclusione  si  fonda sul gia'
segnalato  presupposto  che  il verbale di distruzione, in cui non si
menziona  nulla  del  contenuto  del  documento,  non  e' in grado di
surrogare  integralmente la prova rappresentata dal documento stesso.
Detto  argomento  rappresenta  la  faccia  speculare  della  medaglia
relativa  alla  lesione dell'articolo 24, secondo comma cost.. Cioe',
nella  misura  in  cui  il  deficit  relativo  al  diritto  di difesa
dell'imputato  si  possa  tradurre  -  in  sede  processuale - in una
carenza  di  prova  a  carico  del medesimo, esattamente nel medesimo
istante  il  p.m.  avra'  definitivamente  perso  la  possibilita' di
perseguire  quel  reato,  non  disponendo  piu' della relativa prova.
Inoltre  la  repentina  distruzione della documentazione illegalmente
formata,  con eliminazione del suo contenuto, potra' rendere non piu'
possibile la identificazione di' eventuali correi non raggiunti dalle
indagini  nella  fase  in  cui  viene  obbligatoriamente  avviata  la
procedura di distruzione.
    Piu'  in  generale si ravvede una irragionevolezza di fondo della
normativa  in  oggetto,  in  comparazione con i valori che essa vuole
proteggere.  In particolare, non pare che la rapidissima eliminazione
dei  documenti  formati  mediante  illegali  acquisizioni  di notizie
rappresenti  l'unica modalita' possibile per tutelare il valore della
riservatezza e onorabilita' delle persone (il cui rilievo altrettanto
costituzionale  non e' messo in dubbio da questo giudice). Esempio di
un  possibile  contemperamento  si  trae  dalla  normativa in tema di
intercettazione.  Osserva  Corte  cost.  n. 281/1998:  in  materia di
intercettazioni   la   normativa   vigente  mira  a  contemperare  il
potenziale  contrasto  tra  i  due valori costituzionali espressi dal
diritto  dei  singoli individui alla liberta' e alla segretezza delle
loro  comunicazioni, riconosciuto come inviolabile dagli artt. 2 e 25
Cost.,  e  l'interesse pubblico a reprimere i reati e a perseguire in
giudizio  coloro  che  deilnquono  (sentenza n. 366 del 1991, nonche'
sentenze nn. 63 e 463 del 1994). Ne sono significativa espressione la
disciplina  dei  limiti  di ammissibilita' delle intercettazioni, dei
presupposti  e  delle forme del provvedimento del giudice, dei limiti
di  durata delle operazioni e dei provvedimenti di proroga (artt. 266
e  267, comma 3, cod. proc. pen.) nonche' la disciplina relativa allo
stralcio  delle  conversazioni  manifestamente  irrilevanti  e  delle
registrazioni di cui e' vietata l'utilizzazione, anche in vista della
tutela  dei  terzi  di  cui siano state occasionalmente registrate le
conversazioni   nel   corso   delle   operazioni  di  intercettazione
(art. 268, comma 6, cod. proc. pen.) e la previsione dei limiti e dei
divieti   di   utilizzazione  dei  risultati  delle  intercettazioni,
(artt. 270 e 272 c.p.p.).
    Questo bilanciamento, nel caso del novellato articolo 240 c.p.p.,
non  sembra  che sia stato raggiunto, avendo il legislatore preferito
privilegiare  le ragioni della riservatezza, con totale sacrificio di
altri  valori  di  rilievo costituzionale. Anzi, il fatto che proprio
quelle  disposizioni  a  protezione  della riservatezza della vittima
della  illegale raccolta di informazioni comportino la compromissione
delle  possibilita'  di  tutela del diritto soggettivo da parte della
vittima  stessa,  sembra  indice significativo della irragionevolezza
delle disposizioni in oggetto.
                              P. Q. M.
    Visto l'articolo 23, legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Dichiara   non   manifestamente   infondata   la   questione   di
legittimita'  costituzionale  dell'articolo  240,  commi  3, 4, 5, 6,
c.p.p.  -  come  modificati  con  legge 20 novembre 2006, n. 281 - in
relazione  agli  articoli  24,  primo  e  secondo, comma, 111, primo,
secondo  e  quarto  comma, 112 della Costituzione, per le motivazioni
sopra esposte;
    Dispone,  a  cura  della  cancelleria, la trasmissione degli atti
alla  Corte  costituzionale, previa notifica di questa ordinanza alle
parti  non presenti alla lettura del provvedimento, al Presidente del
Consiglio dei ministri e la sua comunicazione ai Presidenti delle due
Camere del Parlamento;
    Sospende il procedimento in corso.
        Milano, addi' 30 marzo 2007
                         Il giudice: Gennari
07C0896