N. 514 ORDINANZA (Atto di promovimento) 14 novembre 2006

Ordinanza  emessa  il  14  novembre  2006  dal tribunale di Prato nel
procedimento penale a carico di Tfah Afit

Reati  e  pene  -  Circostanze  del  reato  - Concorso di circostanze
  aggravanti  e  attenuanti - Divieto di prevalenza delle circostanze
  attenuanti  sulle  circostanze  inerenti alla persona del colpevole
  nel  caso  previsto dall'art. 99, quarto comma, cod. pen. (recidiva
  reiterata)  -  Contrasto  con  il  principio di ragionevolezza e di
  proporzionalita'  della  pena,  quale  accezione  del  principio di
  uguaglianza  -  Violazione del principio della funzione rieducativa
  della pena.
- Codice  penale,  art. 69, comma quarto, come modificato dall'art. 3
  della legge 5 dicembre 2005, n. 251.
- Costituzione, artt. 3 e 27, comma terzo.
(GU n.27 del 11-7-2007 )
                            IL TRIBUNALE

    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  nel procedimento penale
n. 3686/06 R.G.N.R. e n. 837/06 R.G. Dib. a carico di Tfah Afit, nato
in Marocco il 1° gennaio 1981, imputato:
        A)  del  delitto  p.  e  p. dall'art. 73, quinto comma d.P.R.
n. 309/1990  per  avere  illecitamente  detenuto, in esecuzione di un
medesimo   disegno   criminoso   -   senza  l'autorizzazione  di  cui
all'art. 17  stessa  legge  -  al  fine  di  cederla a terzi, duplice
sostanza  stupefacente,  del  tipo  cocaina  ed  eroina,  di cui alla
tabella  I,  per  grammi  complessivi  pari  a  0,8, contenuta in due
involucri  termosaldati  (ciascuno  per  sostanza diversa del peso di
grammi 0,4).
    In Prato l'11 luglio 2006.
        B)  del reato di cui all'art. 648, II comma c.p. (fattispecie
di  lieve  entita) per avere ricevuto, detenuto o comunque utilizzato
una  targa  per ciclomotore n. 28ZMJ proveniente da delitto contro il
patrimonio  (art. 647  c.p.  -  appropriazione  di  cosa  smarrita  o
art. 625  n. 7  c.p.  - furto aggravato di cosa esposta alla pubblica
fede)   della   quale  era  stato  denunciato  lo  smarrimento  dalla
proprietaria Leone Rosa in data 24 luglio 2006 alla Stazione dei C.C.
di Montecatini.
    Accertato in Prato l'11 ottobre 2006.
    Con  la  recidiva  reiterata, specifica ed infraquinquennale, con
riferimento anche al nominativo (alias: Hafid Mohamid).
    Tfah  Afit veniva arrestato e portato avanti a questo giudice per
la  convalida  nelle  forme  dei  rito direttissimo. L'arresto veniva
convalidato  e quindi l'imputato veniva ristretto in via cautelare in
carcere.  Il  processo  proseguiva  con  la richiesta del difensore e
l'adesione  del  p.m.,  di  applicazione  della pena di mesi dieci di
reclusione  e  di  Euro 2.000,00  di  multa,  cosi' calcolata: previa
concessione  delle  attenuanti  generiche  ritenute  equivalenti alla
recidiva  contestata; pena base: anni uno e mesi tre di reclusione ed
Euro 2.700  di multa; aumentata per la continuazione ad Euro 3.000 di
multa; ridotta di un terzo per la diminuente prevista dal rito.
    In  relazione  della  richiesta  di  applicazione  della  pena si
evidenziano tre problematiche:
        1)  -  il  p.m.  ha  considerato  l'ipotesi di cui al comma 5
dell'art. 73, d.P.R. n. 309/1990 come autonoma fattispecie di reato;
        2) - le attenuanti e in particolare il fatto di lieve entita'
di  cui  al  comma  5  dell'art. 73,  d.P.R.  n. 309/1990 non possono
prevalere sulla recidiva di cui all'art. 99, comma 4, c.p. in sede di
giudizio  di  bilanciamento  per  effetto  della  modifica  apportata
dall'art. 3  della  legge  5 dicembre  2005,  n. 251  al quarto comma
dell'art. 69 c.p.
        3) - la congruita' della pena proposta.
    Anzitutto  va  precisato  che  in  base alle indagini svolte e in
particolare  alla  luce delle s.i.t. rese da Affinito Luigi (al quale
l'imputato   aveva   prospettato   di   acquistare   lo  stupefacente
sequestrato),  non  sono emerse in concreto situazioni che comportino
il  proscioglimento  immediato  dell'imputato  ai sensi dell'art. 129
c.p.p.
    Quanto  alla fattispecie incriminatrice contestata, si rileva che
la  giurisprudenza  di  legittimita'  e'  univoca  1) nel qualificare
l'ipotesi  di  cui  al  comma 5 dell'art. 73, d.P.R. n. 309/1990 come
circostanza  attenuante  dell'ipotesi  base  descritta al primo comma
dell'art. 73 stessa legge.
    Ne'  la  situazione puo' dirsi mutata per effetto del comma 5-bis
dell'art. 73   d.P.R.   n. 309/1990   introdotto  dalla  novella  del
21 febbraio  2006  con  legge  n. 49  2)  per  il  sol  fatto  che la
disposizione  riferendosi al comma 5 parla genericamente di «ipotesi»
e  non  specificatamente  di  circostanza attenuante. Da questa prima
conclusione  ne  consegue  che, se e' vero che nulla vieta al p.m. di
contestare  un  reato  nella  sua  forma  circostanziata  attenuata o
aggravata, non per questo detta circostanza puo' essere esclusa da un
eventuale  giudizio  di  bilanciamento  disciplinato dall'art. 69 del
c.p.
    Peraltro,  e'  dal  1974  che  nel  nostro  ordinamento penale il
giudizio  di  bilanciamento e' esteso a tutte le circostanze e quindi
anche  a  quelle  ad effetto speciale, ad eccezione di quelle singole
ipotesi  3)  che  il legislatore ha inteso espressamente sottrarre al
predetto bilanciamento. Cio' premesso, e' certo che in considerazione
del  modestissimo  quantitativo  di sostanza stupefacente sequestrata
all'imputato  (ovvero  0,4 grammi lordi di cocaina e 0,4 grammi lordi
di  eroina)  e  avuto riguardo agli altri criteri elencati al comma 5
dell'art. 73  legge  stupefacenti, il fatto da ascrivere all'imputato
sarebbe  da  considerarsi  di  lieve  entita'.  Procedendo  oltre, va
considerato   che   all'imputato  e'  stata  contestata  la  recidiva
reiterata,   specifica  ed  infraquinquennale.  La  contestazione  e'
fondata  sotto  tutti i profili poiche' risulta che all'imputato, con
il  nome  di Hafid Mohamid, e' stata applicata dal Tribunale di Prato
la  pena  di mesi nove di reclusione e di lire 4.000.000 di multa per
detenzione  illecita  di sostanze stupefacenti con sentenza emessa il
12 novembre  2001  e  divenuta  irrevocabile il 5 febbraio 2002 ed e'
stato condannato alla pena di mesi dieci di reclusione ed Euro 400,00
di  multa per ricettazione ed altro (reati commessi il 12 marzo 2003)
con  sentenza  della  Corte di appello di Firenze del 15 ottobre 2004
divenuta irrevocabile il 20 gennaio 2005.
    Ebbene,  a  seguito  della  modifica introdotta dall'art. 3 della
legge  5 dicembre  2005,  n. 251,  nei casi previsti dal quarto comma
dell'art. 99  (recidiva  cosiddetta reiterata) e' stato introdotto il
divieto  di  prevalenza  delle  circostanze attenuanti sulle ritenute
aggravanti  ed  a  qualsiasi  altra circostanza per la quale la legge
stabilisca  una  pena  di  specie diversa o determini la pena in modo
indipendente  da  quella  ordinaria  del  reato.  Cio'  significa che
nell'attuale   formulazione   dell'art. 69,  quarto  comma  c.p.  gli
imputati recidivi reiterati all'esito di un giudizio di bilanciamento
a  loro  favorevole  (nei  limiti  consentiti  dalla  legge) potranno
tutt'al  piu' ottenere un «ritorno» alla fattispecieincriminatrice di
base.  In  dettaglio, l'odierno imputato, siccome recidivo reiterato,
anche  in  caso  di  bilanciamento  delle  circostanze  in favor rei,
dovrebbe  rispondere  della fattispecie del comma primo dell'art. 73,
d.P.R.  n. 309  del 1990 che, nella sua attuale formulazione, prevede
una  pena da sei a vent'anni di reclusione e una multa da euro 26.000
ad  euro 300.000: tutto questo per 0,4 grammi di cocaina + 0,4 grammi
di  eroina,  quantitativi  lordi si intende. A questa pena andrebbero
aggiunti  almeno altri due anni di reclusione e poco meno di 9.000,00
E di multa per la continuazione che per i recidivi reiterati comporta
un  aumento non inferiore a un terzo della pena prevista per il reato
piu' grave.
    Anche  partendo dal minimo della pena edittale (sei anni e 26.000
euro), con l'aumento minimo di continuazione predeterminato per legge
e  con  la  riduzione massima prevista dal primo comma dell' art. 444
c.p.p.,  si  perviene  a  una  pena  di cinque anni e quattro mesi di
reclusione  e  di  quasi  euro 24.000 di multa. Una pena siffatta non
puo'   non   apparire  manifestamente  sproporzionata  rispetto  alla
gravita' dei fatti contestati e, in ultima analisi, al loro disvalore
sociale.   Prima  della  novella  del  2005  questo  giudice  avrebbe
certamente  ritenuto  i  fatti di «lieve entita» e dette attenuanti -
peraltro   rigorosamente   oggettive   -   sarebbero  state  ritenute
prevalenti   in  sede  di  bilanciamento  rispetto  ad  un'aggravante
strettamente «inerente alla persona del colpevole» quale la recidiva.
D'altronde,  i  limiti  edittali della disposizione di cui al comma 5
dell'art. 73,  d.P.R.  n. 309 del 1990, ricompresi tra uno a sei anni
di  reclusione  e  tra  3.000  e  26.000  Euro di multa, ed un minimo
aumento  di  continuazione  per  la  ricettazione  di  una  targa per
ciclomotore,  sarebbero  stati  sicuramente  idonei  ad  esaurire  il
disvalore  penale  dei  fatti  per  cui  e' processo. Quindi, la pena
proposta  dalle  parti  sarebbe,  secondo  questo  giudice, congrua e
proporzionata  rispetto  alla  gravita'  dei reati contestati nonche'
alla  finalita' rieducativa della pena, ma non e' applicabile a causa
della  novella del 2005 che ha parzialmente «blindato» il giudizio di
bilanciamento  delle  circostanze in relazione ad una certa categoria
di  rei (rectius: recidivi reiterati) e che non consente a costoro di
«adire»  in  concreto  l'attenuante  della lieve entita' del fatto ai
sensi  del  comma  quinto  dell'art. 73, d.P.R. n. 309 del 1990 e del
cpv. dell'art. 648 del c.p.
    Aspetti  di  incostituzionalita'  paiono  profilarsi in relazione
alle seguenti norme:
        a)  all'art. 3  della  Costituzione  e quindi al principio di
ragionevolezza  e  proporzionalita'  della  pena, quale accezione del
principio di uguaglianza.
    Puo'  darsi  per acquisito che il principio di uguaglianza di cui
all'art. 3,  primo  comma, Cost., esige che la pena sia proporzionata
al  disvalore  del  fatto  illecito  commesso, in modo che il sistema
sanzionatorio adempia al contempo alla funzione di difesa sociale e a
quella   di   tutela   delle   posizioni   individuali   (cfr.  Corte
costituzionale  n. 408/1989  e  nello stesso senso sentenze nn. 343 e
422  del  1993).  lI  legislatore  del  2005, precludendo ai recidivi
reiterati  ogni  possibilita'  di  ottenere un giudizio di prevalenza
delle circostanze attenuanti, pare avere oltrepassato il limite della
ragionevolezza  nell'esercizio del proprio potere discrezionale dando
luogo  ad  una  disparita'  di  trattamento che viola il principio di
uguaglianza.  L'attuale disciplina del quarto comma dell'art. 69 c.p.
impedisce  il  riconoscimento  dell'attenuante di cui al comma quinto
dell'art. 73,   d.P.R.   a   prescindere   dal  dato  quantitativo  e
qualitativo   della  sostanza  stupefacente  detenuta  illecitamente,
facendo  dipendere  siffatta valutazione dalla ricorrenza di elementi
personalistici  che  nulla hanno a che vedere con la struttura di una
circostanza  che  il  legislatore  aveva  definito  facendo esclusivo
riferimento   ad   indicatori   di  tipo  oggettivo  (ovvero:  mezzi,
modalita', circostanze dell'azione, ovvero qualita' e quantita' delle
sostanze).
    Dalla  previsione normativa novellata nel 2005 possono conseguire
non  solo  disparita'  di  trattamento  sanzionatorio  per situazioni
fattuali  obiettivamente  omogenee:  e'  il  caso  di un quantitativo
minino  di sostanza stupefacente detenuta in concorso da due soggetti
di cui uno sia recidivo reiterato e che quindi non potrebbe usufruire
dell'attenuante   della   lieve   entita';   ma,   financo,  risposte
sanzionatorie piu' gravi per casi indiscutibilmente meno gravi: e' il
caso di chi, recidivo reiterato, pur detenendo quantitativi minimi di
stupefacente  non  possa  ottenere  il riconoscimento dell'attenuante
piu'   volte   citata   rispetto   a  chi,  incensurato,  ne  detenga
quantitativi  assolutamente superiori. Nel caso in esame, ad esempio,
non  c'e' dubbio che potrebbero usufruire dell'attenuante della lieve
entita'   del   fatto  coloro  che  detenessero  illecitamente  anche
quantitativi cento volte superiori (i.e. 60 grammi lordi che di norma
contengono  una  percentuale di principio attivo molto piu' limitata)
dell'imputato  odierno  sol perche' incensurati. Ancora, in linea con
l'eccezione  difensiva, si consideri che analoga preclusione vale per
i  tossicodipendenti  e  per gli assuntori di sostanze stupefacenti o
psicotrope  che  abbiano riportato precedenti condanne e ai quali sia
stata  contestata  la  recidiva  reiterata.  Parita'  di  trattamento
imposta  dalla disposizione di cui al comma 4 dell'art. 69 c.p. e che
prescinde  dalla particolare situazione personale di questi soggetti,
che  il  legislatore  ha  gia'  dimostrato  di  considerare  in altre
disposizioni  a fondamento di previsioni piu' miti volte ad agevolare
il recupero sociale di queste particolari categorie di rei.
        b) all'art. 27, terzo comma, della Costituzione.
    La    Consulta   in   diverse   pronunce   ha   riconosciuto   la
costituzionalizzazione   del   principio   di   necessaria  lesivita'
dell'illecito  penale  4).  In  mancanza di una norma espressa in tal
senso,  detto principio e' stato ricavato dalle lettura combinata non
solo  dagli  artt. 25  e  27  Cost. ma anche da un complesso di altri
principi,  quale  in  specie  quello di inviolabilita' della liberta'
personale  ex  art. 13  Cost.,  di  liberta'  di  manifestazione  del
pensiero  ex  art. 21  Cost.,  di liberta' morale sul piano politico,
religioso  ed etico e via dicendo. In tal senso si e' posto l'accento
sulla  locuzione  «fatto  commesso»  contenuta  nell'art. 25, secondo
comma   Cost.  valorizzando  il  suo  stretto  collegamento  sia  con
l'art. 27,  primo  comma  che,  sancendo il carattere personale della
responsabilita'   penale,   impone  altresi'  un  limite  strutturale
dell'illecito penale 5), sia con il terzo comma che, attribuendo alla
pena  funzione rieducativa, implica necessariamente una delimitazione
dell'illiceita' penale ad una sfera selezionata di valori.
    In  relazione  alle conseguenze del reato, mentre l'art. 25 Cost.
distingue  le  pene  (secondo comma) dalle misure di sicurezza (terzo
comma),  l'art. 27,  terzo comma pone in luce la funzione rieducativa
della  pena complementare alla ineliminabile funzione retributiva. Un
illustre  insegnamento 6) ha segnalato da tempo l'incostituzionalita'
delle   norme   che   configurino   ipotesi   di  criminose  tali  da
compromettere  la  duplice  funzione della pena e, in particolare, di
norme  che  creino  fattispecie  tali  da  impedire  o  rendere  piu'
difficoltoso  il  reinserimento  sociale  di determinate categorie di
soggetti  gia'  sottoposti  a  sanzione  penale.  Benche' nel caso di
specie  non  venga direttamente in rilievo una sanzione penale bensi'
la  preclusione  imposta  al  giudice  di  formulare  un  giudizio di
prevalenza  di  una  o  piu'  circostanze  attenuanti  rispetto  alla
recidiva  reiterata,  nondimeno  la  nuova  formulazione dell'art. 69
comma 4 c.p. pare censurabile sotto il profilo della violazione della
funzione  rieducativa della pena. E' palese infatti lo squilibrio tra
le  due  funzioni  presente  nel  nuovo  disposto normativo dove alla
contrazione  dell'aspetto  retributivo  e'  corrisposta  una  vera  e
propria  invasione  della  sfera  di  operativita'  delle  misure  di
sicurezza e/o, finanche, di prevenzione.
    Ora,  poiche'  il potere discrezionale conferito al giudice nella
scelta  e nella quantificazione della pena da irrogare in concreto e'
strettamente funzionale a garantire l'adeguamento della sanzione alle
condizioni  personali  del  reo  e alla sua colpevolezza e quindi, in
ultima   analisi,   a   garantire  il  perseguimento  della  funzione
rieducativa   indicata   dal  terzo  comma  dell'art. 27  Cost.,  una
riduzione  del  potere  in  questione  trova  il  suo limite naturale
nell'impossibilita' per il giudice di irrogare o applicare al reo una
pena  proporzionata  alla  gravita'  del  fatto  commesso. Si intende
significare  che  una  pena  sproporzionata  non puo' ontologicamente
assolvere  a  quella particolare funzione che la Carta costituzionale
le demanda ma, al contrario, la compromette irrimediabilmente.
    Pare  a  questo  giudice  che  codesta  corte,  sulla  scorta  di
considerazioni  similari,  sia giunta a dichiarare costituzionalmente
illegittime  previsioni  di  sanzioni  penali  ritenendo  che la loro
manifesta  mancanza  di  proporzionalita'  rispetto ai fatti-reato si
traducesse   in   violazioni  dell'art. 27,  terzo  comma,  Cost.  In
particolare,  la sentenza n. 343 del 1993 ha affermato che «la palese
sproporzione  del  sacrificio  della  liberta'  personale», provocata
dalla  previsione  di  una  sanzione  penale manifestamente eccessiva
rispetto al disvalore dell'illecito, «produce (...) una vanificazione
del fine rieducativo della pena prescritto dall'art. 27, terzo comma,
che  di  quella  liberta'  costituisce  una garanzia istituzionale in
relazione  allo stato di detenzione». A partire almeno dalla sentenza
della  Corte  cost.  2 luglio  1990,  n. 313 la finalita' rieducativa
della  pena  non e' «limitata alla sola fase dell'esecuzione» ma deve
ritenersi    costituire    «una   delle   qualita'   essenziali   che
caratterizzano  la pena nel suo contenuto ontologico e l'accompagnano
da quando nasce, nell'astratta previsione normativa, fino a quando in
concreto si estingue».
    Cio'  implica  che la finalita' rieducativa impronta di se' anche
il  momento  applicativo della pena che e' presidiato dagli strumenti
normativi   offerti   al   giudice  per  adeguare,  con  la  maggiore
puntualita'  e  rispondenza  al  fatto  e  alle  caratteristiche  del
soggetto, il trattamento sanzionatorio. Confligge quindi, a parere di
chi  scrive,  con  tale finalita' la norma dell'art. 69 comma 4, c.p.
che, privando il giudice di un fondamentale strumento attuativo della
finalita'  rieducativa  della  pena,  comporta l'applicazione di pene
microscopicamente  inique e irragionevoli rispetto al reale disvalore
del fatto-reato commesso.
    La  questione sollevata appare rilevante nel giudizio de quo dato
che  questo  giudicante ritiene congrua la pena richiesta dalle parti
che  hanno adottato come cornice edittale di base quella prevista dal
comma  quinto  dell'art. 73,  d.P.R.  n. 309 del 1990 ma che non puo'
trovare  applicazione  per  effetto  della  modifica del quarto comma
dell'art. 69  del  c.p.  operata  dall'art. 3  della legge 5 dicembre
2005, n. 251.
          1)  Cfr.  da  ultimo  Cass.  sez.  4, Sentenza n. 18377 del
          12 aprile  2006  Ud. (dep. 25 maggio 2006 ) ed ancora Cass.
          sez.  4,  sentenza n. 38879 del 29 settembre 2005 Ud. (dep.
          21 ottobre 2005 ) Rv. 232429 che ha espressamente affermato
          come,    «in   tema   di   stupefacenti,   la   concessione
          dell'attenuante  del  fatto  di lieve entita' (articolo 73,
          comma  quinto,  d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309) non modifica
          il titolo del reato, ma incide solo sulla valutazione della
          gravita' del fatto».
          2)  Vedi  sul  punto  le  osservazioni  esposte dal giudice
          Paternostro   di   questo   tribunale   nell'ordinanza   di
          rimessione  del  20  luglio  2006  nel  procedimento penale
          n. 2301/06  R.G.N.R.  e  n. 567/06  R.G.  Dib.  a carico di
          Cherraki Said.
          3)  E' il caso dell'art. 7 comma 2 del d.l. n. 152 del 1991
          che  vieta  la  prevalenza o l'equivalenza delle attenuanti
          sull'aggravante  per  aver  commesso un delitto avvalendosi
          delle  condizioni  previste  dall'art. 416-bis  del  codice
          penale  ovvero  al  fine  di  agevolare  l'attivita'  delle
          associazioni  previste  dallo stesso articolo; e' ancora il
          caso  del  terzo  comma dell'art. 1 legge n. 15 del 1980 in
          relazione  all'aggravante della commissione di un reato per
          finalita'   di   terrorismo   o  di  eversione  dell'ordine
          democratico.
          4) Cfr. da ultimo Corte cost. sent. n. 0265 del 2005 che ha
          ribadito  come  il  principio  di offensivita' operi su due
          piani,  rispettivamente,  della  previsione nonnativa sotto
          forma  di  precetto  rivolto  al  legislatore  di prevedere
          fattispecie che esprimano in astratto un contenuto lesivo e
          dell'applicazione    giurisprudenziale   (offensivita'   in
          concreto),    quale   criterio   interpretativo-applicativo
          affidato   al   giudice   (vedi  pure  le  sentenze  citate
          nn. 360/1995, 263 e 519/2000, ove viene definita la duplice
          sfera  di  operativita'  in  astratto  e  in  concreto, del
          principio  di  necessaria  offensivita',  quale criterio di
          conformazione  legislativa delle fattispecie incrimmatici e
          quale canone interpretativo per il giudice.
          5)  Detto limite si traduce nell'esigenza di ricorrere alla
          responsabilita'  da  illecito civile (o amministrativo) per
          realizzare  esigenze di tutela incompatibili con l'esigenza
          di colpevolezza.
          6) Cfr. F. Bricola, Teoria Generale del reato p. 82.
                                   P. Q. M.
              Visti gli artt. 134 Cost. e 23 legge n. 87/53;
              Dichiara  rilevante  e  non manifestamente infondata la
          questione   di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 69,
          quarto  comma c.p., come modificato dall'art. 3 della legge
          5 dicembre  2005,  n. 251, nella parte in cui vi e' divieto
          di    prevalenza   delle   circostanze   attenuanti   sulle
          circostanze  inerenti  alla persona del colpevole, nel caso
          previsto dall'art. 99 quarto comma c.p.
              Dispone  la  sospensione  del  giudizio  in  corso e la
          trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.
              Dispone  che  la cancelleria provveda alla notifica del
          presente  provvedimento  al  Presidente  del  Consiglio dei
          ministri  ed  alla  sua  comunicazione  ai Presidenti della
          Camera e del Senato.
                  Prato, addi' 14 novembre 2006
                         Il giudice: Petragnani Gelosi
          07C0902