N. 247 SENTENZA 20 giugno - 3 luglio 2007

Giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato.

Parlamento  -  Immunita'  parlamentari  -  Procedimento civile per il
  risarcimento  dei  danni  conseguenti  a dichiarazioni rese a mezzo
  stampa  da  un parlamentare - Deliberazione di insindacabilita' del
  Senato  della Repubblica Conflitto di attribuzione tra poteri dello
  Stato  sollevato  dal  Tribunale  di  Roma,  prima  sezione  civile
  Denunciata  mancanza di nesso funzionale tra le opinioni espresse e
  le  attivita'  parlamentari  -  Riproduzione  solo  parziale  delle
  dichiarazioni   del   parlamentare   oggetto   della   delibera  di
  insindacabilita',  liberamente rielaborate dal Tribunale ricorrente
  - Inammissibilita' del ricorso.
- Deliberazione  del  Senato della Repubblica del 23 marzo 2005 (doc.
  IV-quater, n. 26).
- Costituzione, art. 68, primo comma; norme integrative per i giudizi
  davanti alla Corte costituzionale, art. 26.
(GU n.27 del 11-7-2007 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Franco BILE;
  Giudici:  Giovanni  Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO,
Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso  QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA,
Gaetano  SILVESTRI,  Sabino  CASSESE,  Maria  Rita  SAULLE,  Giuseppe
TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  per  conflitto  di attribuzione tra poteri dello Stato
sorto  a  seguito della deliberazione del Senato della Repubblica del
23 marzo  2005 relativa alla insindacabilita', ai sensi dell'art. 68,
primo  comma della Costituzione, delle opinioni espresse dal senatore
Nando  Dalla  Chiesa,  nelle  dichiarazioni  rese  al  quotidiano «Il
Messaggero»  in  data  3  e  5 maggio e 14 luglio 2004, nei confronti
dell'on.  Cesare Previti, promosso con ricorso del Tribunale di Roma,
sezione  prima civile, notificato il 18 settembre 2006, depositato in
cancelleria  il  3 ottobre  2006  ed  iscritto  al  n. 6 del registro
conflitto tra poteri dello Stato 2006, fase di merito.
    Visto l'atto di costituzione del Senato della Repubblica;
    Udito   nell'udienza  pubblica  del  22 maggio  2007  il  giudice
relatore Maria Rita Saulle;
    Udito l'avvocato Stefano Grassi per il Senato della Repubblica.

                          Ritenuto in fatto

    1.  - Con il ricorso indicato in epigrafe, il Tribunale civile di
Roma  -  nel  corso  di  un procedimento civile promosso dal deputato
Cesare  Previti nei confronti del senatore Nando Dalla Chiesa, avente
ad  oggetto  la  richiesta  di  risarcimento dei danni sofferti dalla
parte   attrice,  a  seguito  della  pubblicazione  di  tre  articoli
asseritamente  diffamatori  a  firma  del  convenuto  -  ha sollevato
conflitto  di  attribuzione  tra poteri dello Stato nei confronti del
Senato  della Repubblica, in relazione alla deliberazione adottata il
23 marzo  2005  (Doc. IV-quater, n. 26), con cui si e' ritenuto che i
fatti,  per  i  quali  e'  in  corso  l'indicato procedimento civile,
concernono   opinioni   espresse   da   un   membro   del  Parlamento
nell'esercizio  delle  sue funzioni, con conseguente insindacabilita'
ai sensi dell'art. 68, primo comma, della Costituzione.
    Il  Tribunale  riferisce  che  il  3  e  il  5 maggio  nonche' il
14 luglio  2004  venivano  pubblicati  tre  articoli  sul  quotidiano
«L'Unita», a firma del senatore, relativi alla gestione dell'eredita'
della  marchesa  Anna  Maria  Casati  Stampa  nei  quali,  secondo il
deputato,  erano  contenute  notizie false finalizzate a diffamare la
sua immagine.
    In  particolare,  il ricorrente rileva che, con il primo articolo
dal  titolo  «La  Villa  della  Marchesina  sedotta  e  bidonata», si
descriveva  l'incarico  conferito  al deputato, a seguito del decesso
del marchese Camillo Casati, dai parenti della moglie di quest'ultimo
per   la  tutela  dei  loro  interessi  nella  causa  ereditaria  che
intendevano promuovere.
    Con  riferimento  a  tale articolo, il deputato contestava sia la
circostanza relativa al suddetto incarico, sia l'affermazione in esso
contenuta  secondo  cui egli, «dopo aver patrocinato le ragioni della
parte  offesa,  si  offri'  in soccorso alla parte vincente, ossia la
marchesina appena diciannovenne».
    L'attore  nega,  altresi',  la  veridicita'  della dichiarazione,
riportata  nel  suindicato articolo, con la quale si e' affermato che
«la  marchesina rimase, con quel patrimonio a lei intestato, affidata
alle sapienti mani del senatore Bergamasco» e del deputato.
    Parimenti non veritiera sarebbe, inoltre, l'asserzione secondo la
quale la cessione della Villa San Martino «sarebbe stata il frutto di
un'occulta regia del deputato, finalizzata a sottrarre all'ereditiera
tale  bene  ad  un  prezzo irrisorio da pagare con comode dilazioni»;
affermazione,  questa,  che farebbe apparire il deputato quale autore
di una frode ai danni della propria cliente.
    Quanto  al  secondo articolo, dal titolo «Signori, una coppola di
champagne»,  il  Tribunale deduce che esso si riferisce probabilmente
ad  infiltrazioni  mafiose,  sviluppandosi in forma di dialogo fra il
deputato  e altro Parlamentare, i quali commentano la precostituzione
di  un alibi per «spiegare verosimilmente il ribasso del prezzo ed il
rigetto della offerta da parte di altro acquirente».
    Infine,  con  riferimento  al  terzo  articolo,  dal titolo «Sono
ricco,  colto e ho fatto tutto da solo», viene riproposta «la notizia
gia'  adombrata»  nel primo articolo, secondo la quale «Berlusconi si
sarebbe  appropriato,  grazie  all'operazione  messa  in  essere» dal
deputato, di diversi beni appartenenti alla marchesina Casati Stampa.
    Il  Senato  della Repubblica, con delibera in data 23 marzo 2005,
approvando   la   proposta  della  Giunta  per  le  autorizzazioni  a
procedere,  ha  ritenuto  che  i  fatti  per  i  quali e' in corso il
procedimento  civile  nei  confronti del senatore concernono opinioni
espresse  da  un  membro  del  Parlamento  nell'esercizio  delle  sue
funzioni  e  ricadono, pertanto, nella previsione dell'art. 68, primo
comma, della Costituzione.
    Ad  avviso del Tribunale civile, diversamente da quanto sostenuto
nella  delibera  impugnata,  gli scritti del senatore, pubblicati sul
quotidiano  «L'Unita»,  «non risultano assolutamente collegati ad una
qualche attivita' istituzionale» del senatore stesso.
    In   proposito,   il  ricorrente  osserva  che  il  Senato  della
Repubblica  «ha  interpretato  in maniera erronea la nozione di nesso
funzionale»,  precisando, altresi', che questa Corte ha affermato che
«le  dichiarazioni  del  parlamentare  rese  all'esterno degli organi
parlamentari  sono  insindacabili  solo  ove  sia  riscontrabile  una
corrispondenza  sostanziale  di  contenuti della dichiarazione stessa
con atti parlamentari».
    2. - Il conflitto e' stato dichiarato ammissibile da questa Corte
con ordinanza n. 321 del 18 luglio 2006.
    3.  -  Il  ricorso,  unitamente  all'ordinanza suddetta, e' stato
notificato il 18 settembre 2006 e depositato il 3 ottobre 2006.
    4.  -  In  data  7 agosto  2006, si e' costituito il Senato della
Repubblica   eccependo   l'inammissibilita',   l'improcedibilita'  e,
comunque,  l'infondatezza  del  ricorso,  riservandosi  di depositare
memorie  e documenti a sostegno della legittimita' della pronuncia di
insindacabilita'.
    5.  -  Con memoria del 6 ottobre 2006 il Senato della Repubblica,
dopo   aver   richiamato   le   motivazioni   della   Giunta  per  le
autorizzazioni  a  procedere,  del  15 marzo  2005, sottolinea che le
opinioni   del  senatore  «costituiscono  non  soltanto  una  critica
espressa  in forma satirica nei confronti di un collega parlamentare,
ma  soprattutto  espressione  di un giudizio politico che da' vita ad
una puntuale controversia tra parlamentari, rispetto alla quale (...)
esistono  mezzi  di  tutela  non  giurisdizionale  che  consentono ad
ambedue le parti di rappresentare la propria posizione».
    Ad  avviso della difesa del Senato, le dichiarazioni del senatore
non   avrebbero   carattere  offensivo  e,  inoltre,  vi  sarebbe  un
«collegamento   delle   espressioni   satiriche  con  l'attivita'  di
supplenza  informativa in ordine a tematiche di stretta attinenza con
le funzioni parlamentari».
    La   resistente   precisa  che  la  Giunta  delle  elezioni,  nel
dichiarare  l'insindacabilita' delle opinioni del senatore, ha tenuto
conto   della   «rigorosa   giurisprudenza»  di  questa  Corte  sulla
necessita'  di  verificare la sussistenza del nesso funzionale tra le
opinioni  espresse  e  l'esercizio  delle  funzioni  parlamentari. In
particolare,  dopo  aver  osservato  che  la  Giunta  ha  «ampiamente
illustrato»   le  motivazioni  della  propria  decisione,  il  Senato
sottolinea  che  la  medesima,  nel procedere alla verifica del nesso
funzionale,  ha  considerato  anche  gli «atti parlamentari atipici o
addirittura  innominati», rinvenendo nelle dichiarazioni del senatore
«quel  tasso  di  politicita'  del  comportamento  che rappresenta il
carattere proprio del mandato parlamentare».
    La  difesa  del Senato, nel riportare la giurisprudenza di questa
Corte,  con  la  quale  si  e'  affermato  che  l'eventuale carattere
diffamatorio   delle   dichiarazioni  rese  da  un  parlamentare  non
impedisce   la   riconducibilita'   delle   stesse   nella  sfera  di
applicazione dell'art. 68, primo comma, della Costituzione, ribadisce
che  il  senatore ha esercitato «esclusivamente un diritto di critica
politica»   e  richiama,  a  tal  fine,  alcune  pronunce  sia  della
giurisprudenza ordinaria sia di quella di legittimita'.
    6.  -  Con  successiva  memoria  del 9 maggio 2007, la difesa del
Senato,  oltre a confermare le argomentazioni svolte nella precedente
memoria,  chiede, in via preliminare, che il conflitto sia dichiarato
inammissibile,  non  avendo  il  Tribunale  ricorrente  riportato  le
dichiarazioni  contenute  negli  articoli  pubblicati  sul quotidiano
«L'Unita», a firma del senatore.

                       Considerato in diritto

    1.  - Il conflitto di attribuzione sollevato dal Tribunale civile
di  Roma  investe  la  deliberazione  (Doc.  IVquater, n. 26), con la
quale,  il  23 marzo  2005,  il  Senato  della Repubblica ha ritenuto
insindacabili,    ai   sensi   dell'art. 68,   primo   comma,   della
Costituzione, le dichiarazioni contenute in tre articoli, a firma del
senatore,  pubblicati  sul quotidiano «L'Unita», il 3 ed il 5 maggio,
nonche'  il  14 luglio  2004 (per i quali e' in corso un procedimento
civile  per risarcimento danni), relativi alla gestione dell'eredita'
della  marchesa  Anna  Maria  Casati  Stampa  nei  quali,  secondo il
deputato,  erano  contenute  notizie false finalizzate a diffamare la
sua immagine.
    Secondo  il  Tribunale ricorrente, il Senato della Repubblica non
avrebbe  correttamente  inteso  il  concetto  di  nesso funzionale e,
dunque, ai fatti per i quali e' in corso il suddetto procedimento non
sarebbe applicabile l'art. 68, primo comma, della Costituzione.
    2.  -  La  difesa  del  Senato,  in  prossimita' dell'udienza, ha
eccepito l'inammissibilita' del ricorso, sostenendo che il ricorrente
non  avrebbe  precisato  le  espressioni  del  senatore  ritenute non
riconducibili  al  disposto  di  cui  all'art. 68, primo comma, della
Costituzione.
    2.1. - L'eccezione di inammissibilita' sollevata dal Senato della
Repubblica e' fondata.
    2.2.  -  Il  Tribunale civile di Roma, nell'atto introduttivo del
presente  giudizio,  ha  riprodotto solo alcuni stralci del contenuto
testuale   delle   dichiarazioni   rese  extra  moenia  dal  senatore
interessato:  contenuto  necessario  ai  fini dell'accertamento della
sussistenza   del   nesso   funzionale   tra   le  dichiarazioni  del
parlamentare e gli eventuali atti tipici.
    2.3. - Inoltre, l'autorita' giudiziaria ricorrente ha ricostruito
il  significato  delle  dichiarazioni del parlamentare attraverso una
libera  rielaborazione delle stesse, cosi' realizzando «una impropria
sovrapposizione  tra  l'oggettiva  rilevanza delle opinioni espresse»
dal  senatore  e  «l'interpretazione soggettiva che ne e' stata data»
dall'autorita'  giudiziaria,  che  non  consente  di cogliere in modo
esaustivo  l'oggetto  del contendere (cosi', in particolare, sentenza
n. 79 del 2005).
    2.4.  -  Le  carenze  descritte comportano la non autosufficienza
dell'atto  introduttivo del presente giudizio che si traduce, a norma
dell'art. 37   della   legge   11 marzo   1953,  n. 87  (Norme  sulla
costituzione  e  sul  funzionamento  della  Corte  costituzionale), e
dell'art. 26 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte
costituzionale,  nel  difetto di un requisito essenziale del ricorso,
che deve essere conseguentemente dichiarato inammissibile.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara  inammissibile  il ricorso per conflitto di attribuzione
tra  poteri  dello  Stato  proposto  dal Tribunale civile di Roma nei
confronti del Senato della Repubblica, indicato in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 20 giugno 2007.
                         Il Presidente: Bile
                        Il redattore: Saulle
                      Il cancelliere: Di Paola
    Depositata in cancelleria il 3 luglio 2007.
              Il direttore della cancelleria: Di paola
07C0909