N. 249 ORDINANZA 20 giugno - 3 luglio 2007

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Imposte  e  tasse  - Imposta sul valore aggiunto (I.V.A.) - Ritardato
  versamento  dell'Iva  trimestrale  -  Irrogazione  della  sanzione,
  vigente  al  momento del fatto, nella misura da due a quattro volte
  l'importo  non  versato  -  Lamentato contrasto con il principio di
  ragionevolezza  -  Non  applicabilita' della disposizione impugnata
  nel giudizio a quo Conseguente difetto di rilevanza della questione
  - Manifesta inammissibilita'.
- D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 44, secondo comma.
- Costituzione, art. 3, primo e secondo comma.
Imposte  e  tasse  - Imposta sul valore aggiunto (I.V.A.) - Ritardato
  versamento  dell'Iva trimestrale - Applicabilita' dell'istituto del
  «ravvedimento  operoso»  nel  caso  di ritardato pagamento in buona
  fede dell'imposta - Mancata previsione - Lamentato contrasto con il
  principio  di  ragionevolezza - Inapplicabilita' delle disposizioni
  censurate  al  caso  di  specie  - Conseguente difetto di rilevanza
  della questione - Manifesta inammissibilita'.
- D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 13, commi 1 e 2.
- Costituzione, art. 3, primo e secondo comma.
Imposte  e  tasse  - Imposta sul valore aggiunto (I.V.A.) - Ritardato
  versamento   dell'Iva   trimestrale   -   Irrogazione  di  sanzione
  amministrativa  pari al trenta per cento dell'importo non versato -
  Lamentata  irragionevole  identita'  di  trattamento  sanzionatorio
  rispetto  alle  piu'  gravi  ipotesi di omesso o parziale pagamento
  dell'imposta   Individuazione   delle  condotte  punibili  e  delle
  relative  sanzioni  rimesse  alla  discrezione  del  legislatore  -
  Esercizio non arbitrario ne' irragionevole della scelta legislativa
  - Manifesta inammissibilita' della questione.
- D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, art. 13, comma 1.
- Costituzione, art. 3, primo e secondo comma.
Imposte  e  tasse  - Imposta sul valore aggiunto (I.V.A.) - Ritardato
  pagamento  in  buona  fede  dell'Iva  trimestrale - Applicazione di
  circostanze attenuanti - Mancata previsione - Dedotta disparita' di
  trattamento   rispetto   all'ipotesi   del   ritardato   versamento
  dell'imposta   con  «contestuale»  pagamento  della  soprattassa  -
  Eterogeneita'  delle  situazioni  poste  a  raffronto  -  Manifesta
  infondatezza della questione.
- D.Lgs.  18 dicembre  1997,  n. 471,  art. 13, comma 1, in combinato
  disposto  con  l'art. 48,  primo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972,
  n. 633.
- Costituzione, art. 3, primo e secondo comma.
(GU n.27 del 11-7-2007 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Franco BILE;
  Giudici:  Giovanni  Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO,
Paolo  MADDALENA,  Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO,
Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE,
Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale dell'art. 13, comma 1,
del  decreto  legislativo  18 dicembre  1997,  n. 471  (Riforma delle
sanzioni  tributarie  non  penali  in  materia di imposte dirette, di
imposta  sul  valore  aggiunto  e di riscossione dei tributi, a norma
dell'articolo 3,  comma 133, lettera q, della legge 23 dicembre 1996,
n. 662);   dell'art. 13,   commi 1   e  2,  del  decreto  legislativo
18 dicembre   1997,  n. 472  (Disposizioni  generali  in  materia  di
sanzioni  amministrative  per  le  violazioni  di norme tributarie, a
norma  dell'articolo 3,  comma 133,  della  legge  23 dicembre  1996,
n. 662);  degli  artt. 44,  secondo  comma,  e  48,  primo comma, del
decreto  del  Presidente  della  Repubblica  26 ottobre  1972, n. 633
(Istituzione e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto), promosso
con  ordinanza  del  13 febbraio  2006  dalla  Commissione tributaria
regionale  della  Liguria  nel  giudizio vertente tra l'Agenzia delle
entrate  -  Ufficio  di Genova 1 e la s.a.s. Arti Grafiche Sobrero di
Mauro  Sobrero & C., iscritta al n. 591 del registro ordinanze 2006 e
pubblicata  nella  Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 1, 1ª serie
speciale, dell'anno 2007.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  Camera  di  consiglio  del 4 giugno 2007 il giudice
relatore Franco Gallo.
    Ritenuto  che,  con  Ordinanza  emessa  il  13 febbraio  2006, la
Commissione  tributaria  regionale  della  Liguria  - nel corso di un
giudizio tributario di appello avverso la sentenza con cui il giudice
di   primo  grado,  in  accoglimento  del  ricorso  proposto  da  una
contribuente,  aveva  annullato la cartella di pagamento in relazione
alla  sanzione  inflitta per il ritardo nel pagamento dell'IVA dovuta
per  il primo trimestre dell'anno 1995 - ha sollevato, in riferimento
all'art. 3,  primo  e secondo comma, della Costituzione, questione di
legittimita'  costituzionale  degli  artt. 13,  comma 1,  del decreto
legislativo   18 dicembre   1997,   n. 471  (Riforma  delle  sanzioni
tributarie  non  penali in materia di imposte dirette, di imposta sul
valore   aggiunto   e   di   riscossione   dei   tributi,   a   norma
dell'articolo 3,  comma 133, lettera q, della legge 23 dicembre 1996,
n. 662), e 13, commi 1 e 2, del decreto legislativo 18 dicembre 1997,
n. 472  (Disposizioni  generali in materia di sanzioni amministrative
per  le  violazioni  di  norme  tributarie,  a norma dell'articolo 3,
comma 133,  della  legge  23 dicembre  1996,  n. 662);  nonche', «per
quanto   di   ragione»,  delle  disposizioni  sanzionatorie  «vigenti
all'epoca della commessa violazione» contestata alla contribuente con
l'impugnata  cartella  di  pagamento, e cioe' degli artt. 44, secondo
comma,  e  48,  primo  comma,  del  d.P.R.  26 ottobre  1972,  n. 633
(Istituzione e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto);
        che  il  giudice  rimettente  premette  che, nella specie, la
contribuente  ha  versato  l'IVA trimestrale il 4 maggio 1995, invece
del 3 maggio 1995, con il ritardo di un giorno rispetto alla scadenza
del  termine  previsto  dalla legge, e che per questa violazione deve
applicarsi  non  gia'  la  sanzione  ridotta prevista, per il caso di
«ravvedimento  operoso», dai denunciati artt. 13, comma 1, del d.lgs.
n. 472  del 1997 e 48, primo comma, del d.P.R. n. 633 del 1972, ma la
sanzione inflitta con l'atto impugnato dalla contribuente e prevista,
nella  misura ordinaria, dall'ugualmente denunciato art. 13, comma 1,
del  d.lgs.  n. 471  del  1997 (pari al 30 per cento dell'importo non
versato);
        che,  ad  avviso  del giudice a quo, l'applicabilita' di tale
sanzione  nella misura ordinaria deriva dal fatto che la contribuente
-  pur  avendo versato l'imposta entro trenta giorni dalla data della
commessa  violazione  (cioe'  entro  il  3 giugno 1995) e prima della
contestazione  di  questa - non ha avuto la soggettiva consapevolezza
di  aver  commesso  una  violazione  tributaria  e,  pertanto, non ha
provveduto  al pagamento, contestualmente a quello del tributo, anche
della  sanzione  ridotta  e  degli  interessi moratori maturati, come
richiesto, al fine di beneficiare della riduzione della sanzione, dai
citati  artt. 13,  comma 1,  del  d.lgs.  n. 472 del 1997 e 48, primo
comma, del d.P.R. n. 633 del 1972;
        che,  quanto  alla non manifesta infondatezza delle sollevate
questioni,  la  Commissione tributaria regionale afferma che le norme
denunciate   si   pongono   in   contrasto  con  l'evocato  parametro
costituzionale per due aspetti;
        che,   per   un   primo   aspetto,   dette   norme  sarebbero
irragionevoli perche' stabiliscono l'identica sanzione pecuniaria del
30  per  cento  dell'importo  non  versato,  senza  differenziarla in
relazione   alle   tre   diverse   ipotesi   di  violazione  previste
dall'art. 13,   comma 1,   del   d.lgs.  n. 471  del  1997,  e  cioe'
dell'omesso,  parziale o ritardato pagamento dell'imposta, pur avendo
ciascuna  di  tali ipotesi una «diversa gravita' sia sotto il profilo
oggettivo del danno cagionato all'erario, sia sotto quello soggettivo
dell'atteggiamento psicologico del contravventore»;
        che,  per un secondo aspetto, le stesse norme, nell'escludere
l'applicazione  dell'istituto  del  «ravvedimento operoso» al caso di
ritardato  pagamento  in buona fede dell'imposta, sarebbero parimenti
irragionevoli,  perche'  riservano  un trattamento sanzionatorio piu'
sfavorevole   nell'ipotesi  in  cui  il  ritardo  nel  pagamento  sia
contenuto  in  trenta giorni dalla scadenza del termine e consegua ad
un errore commesso in buona fede dal contribuente, rispetto alla piu'
grave  ipotesi  in  cui  il contribuente, pur scientemente ritardando
fino  a  trenta  giorni  il versamento cui e' tenuto, puo' godere del
beneficio  della riduzione della sanzione per «ravvedimento operoso»,
mediante  il  contestuale  versamento  del  tributo,  della  sanzione
ridotta e degli interessi moratori;
        che,  quanto alla rilevanza, il giudice a quo osserva che: a)
il  ritardo  di  un  solo  giorno  nel  pagamento  dell'imposta rende
plausibile l'allegazione di buona fede da parte della contribuente ed
esclude  la  lesione di un apprezzabile interesse pubblico; b) solo a
seguito  dell'accoglimento  della sollevata questione di legittimita'
costituzionale   potrebbe   essere   rigettato   l'appello   proposto
dall'ufficio   finanziario   e   confermata   (sia  pur  con  diversa
motivazione)   la   sentenza   di   primo   grado,   favorevole  alla
contribuente;
        che  e'  intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato,  chiedendo  «che  la  questione di legittimita' costituzionale
sollevata sia dichiarata inammissibile ed infondata»;
        che,  a parere della difesa erariale, le questioni sono tutte
inammissibili:  a)  quella relativa all'art. 13 del d.lgs. n. 471 del
1997    (disposizione    ritenuta   applicabile   alla   fattispecie,
dall'Avvocatura generale, per il principio del favor rei), perche' il
rimettente  chiede  che  la  Corte  costituzionale,  con una sentenza
additiva,  delinei  un sistema di sanzioni a scaglioni, proporzionale
alla   durata   del   ritardo  nel  pagamento  dell'imposta,  la  cui
introduzione dovrebbe essere necessariamente prevista dal legislatore
e   che  comporterebbe,  comunque,  elementi  di  complessita'  nella
procedura  di  riscossione,  tali  da  compromettere la speditezza di
quest'ultima;  b)  quella  relativa all'art. 13 del d.lgs. n. 472 del
1997, perche' tale norma (entrata in vigore il 1° aprile 1998) non e'
retroattivamente  applicabile  al  caso  di  specie  (concernente una
violazione   commessa   il   4 maggio   1995);   c)  quella  relativa
all'art. 44,  secondo comma, del d.P.R. n. 633 del 1972, perche' tale
disposizione  non  e'  applicabile  alla  fattispecie, dovendo invece
retroattivamente  applicarsi  (in  forza  del principio del favor rei
stabilito dall'art. 3, comma 3, del citato d.lgs. n. 472 del 1997) la
piu'  favorevole sanzione prevista dall'art. 13 del d.lgs. n. 471 del
1997;  d) quella relativa all'art. 48, primo comma, del d.P.R. n. 633
del  1972  (disposizione  ritenuta  applicabile ratione temporis alla
fattispecie),  perche'  e'  sollevata  dal  rimettente «per quanto di
ragione», senza ulteriore motivazione;
        che,  per  l'Avvocatura  generale  dello  Stato, la questione
relativa   all'art. 13  del  d.lgs.  n. 471  del  1997  (disposizione
ritenuta  applicabile per il suddetto principio del favor rei), oltre
che inammissibile, e' anche infondata, perche' la sanzione del 30 per
cento  della  somma  non versata, prevista per i casi di ritardo e di
omissione   nel  versamento  del  tributo,  non  puo'  ritenersi  ne'
eccessiva (in considerazione della ben maggiore pena pecuniaria, pari
da  due a quattro volte l'importo non versato, sancita dal previgente
art. 44,  comma 2, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633) ne' arbitraria
(in  considerazione  sia  della finalita' di deterrenza propria della
sanzione;  sia  del fatto che il ritardo e l'omissione del versamento
riguardano  imposte  gia'  dichiarate  dal  contribuente  e,  quindi,
celermente  recuperabili  dagli uffici tributari mediante l'emissione
diretta  di  cartelle  esattoriali;  sia,  infine,  del  fatto che il
legislatore, proprio allo scopo di attenuare le suddette sanzioni nel
caso  in  cui  il ritardo del versamento non superi trenta giorni, ha
predisposto - prima con l'art. 48, primo comma, del d.P.R. n. 633 del
1972  e  poi  con  l'art. 13,  comma 1,  del d.lgs. n. 472 del 1997 -
l'istituto   del   «ravvedimento  operoso»,  istituto  del  quale  il
contribuente, nella specie, non si e' avvalso);
        che, per la stessa Avvocatura, e' comunque infondata anche la
questione  relativa  all'art. 48,  primo comma, del d.P.R. n. 633 del
1972  (considerato  applicabile  ratione  temporis alla fattispecie),
perche'  nessun  rilievo  puo'  attribuirsi  alla  buona  fede  della
contribuente   e   perche'   detta   disposizione  -  consentendo  al
contribuente di effettuare, in via di sanatoria, l'adempimento omesso
o irregolarmente eseguito, alla condizione di versare contestualmente
una   soprattassa   pari   al   5  per  cento  dell'imposta  relativa
all'operazione  omessa  o  irregolare  -  prevede  il beneficio della
riduzione  delle sanzioni in conseguenza di una forma di autodenuncia
della  violazione con contestuale pagamento; ipotesi, questa, che non
e'  equiparabile  ai casi di omesso o ritardato versamento, nei quali
l'amministrazione  finanziaria, senza alcuna «operosa» collaborazione
del   contribuente  ed  affrontando  onerosi  costi,  deve  accertare
l'illecito,  recuperare  il tributo e gli interessi, nonche' irrogare
la sanzione.
    Considerato che la Commissione tributaria regionale della Liguria
dubita,  in  riferimento  all'art. 3,  primo  e  secondo comma, della
Costituzione, della legittimita' degli artt. 13, comma 1, del decreto
legislativo   18 dicembre   1997,   n. 471  (Riforma  delle  sanzioni
tributarie  non  penali in materia di imposte dirette, di imposta sul
valore   aggiunto   e   di   riscossione   dei   tributi,   a   norma
dell'articolo 3,  comma 133, lettera q, della legge 23 dicembre 1996,
n. 662), e 13, commi 1 e 2, del decreto legislativo 18 dicembre 1997,
n. 472  (Disposizioni  generali in materia di sanzioni amministrative
per  le  violazioni  di  norme  tributarie,  a norma dell'articolo 3,
comma 133,  della  legge  23 dicembre  1996,  n. 662);  nonche', «per
quanto di ragione», degli artt. 44, secondo comma, e 48, primo comma,
del   d.P.R.   26 ottobre  1972,  n. 633  (Istituzione  e  disciplina
dell'imposta sul valore aggiunto);
        che,  ad  avviso  del  giudice  rimettente,  le  disposizioni
denunciate  si  pongono  in  contrasto  con  l'art. 3  Cost., perche'
omettono  di graduare la sanzione - fissata nella misura unica del 30
per  cento  dell'importo  non versato - in relazione alle tre diverse
ipotesi  (previste  dal censurato art. 13, comma 1, del d.lgs. n. 471
del  1997)  dell'omesso, parziale o ritardato pagamento dell'imposta,
pur  avendo  ciascuna di tali ipotesi una «diversa gravita' sia sotto
il profilo oggettivo del danno cagionato all'erario, sia sotto quello
soggettivo dell'atteggiamento psicologico del contravventore»;
        che   inoltre,   per   lo   stesso  rimettente,  le  suddette
disposizioni violerebbero l'evocato parametro costituzionale perche',
nell'escludere   l'applicazione   dell'istituto   del   «ravvedimento
operoso»  nel caso di ritardato pagamento in buona fede dell'imposta,
riserverebbero  irragionevolmente  un  trattamento sanzionatorio piu'
sfavorevole  all'ipotesi  in  cui  (come nella specie) il ritardo nel
pagamento  sia  contenuto  in  trenta  giorni dalla commissione della
violazione  e  sia  dovuto  ad  un  errore commesso in buona fede dal
contribuente,  rispetto  alla piu' grave ipotesi in cui quest'ultimo,
pur scientemente ritardando fino a trenta giorni il versamento cui e'
tenuto,  puo' godere del beneficio della riduzione della sanzione per
«ravvedimento   operoso»,  mediante  il  contestuale  versamento  del
tributo, della sanzione ridotta e degli interessi moratori;
        che  le  questioni sono in parte manifestamente inammissibili
ed in parte manifestamente infondate;
        che  la  questione  concernente l'art. 44, secondo comma, del
d.P.R. n. 633 del 1972 e' manifestamente inammissibile per difetto di
rilevanza,  perche',  come  eccepito  dalla  difesa erariale, di tale
disposizione  il  rimettente  non deve fare applicazione nel giudizio
principale;
        che  infatti  -  come  ammesso dallo stesso rimettente - alla
fattispecie   non  e'  applicabile  la  sanzione  prevista  da  detto
articolo,  vigente  al  momento  della  commissione  della violazione
(4 maggio  1995), perche' tale disposizione prevede una sanzione piu'
grave  (da  due  a  quattro  volte  l'importo  non versato) di quella
successivamente  prevista  per  la  stessa  violazione  dall'art. 13,
comma 1,  del  d.lgs.  n. 471 del 1997 (30 per cento dell'importo non
versato),  con  conseguente  applicabilita' di quest'ultimo articolo,
quale  legge  piu'  favorevole, in forza del principio del favor rei,
introdotto  dall'art. 3,  comma 3,  del  d.lgs.  n. 472  del  1997 ed
entrato   in  vigore  anteriormente  all'instaurazione  del  giudizio
principale  («Se  la  legge  in  vigore  al  momento  in cui e' stata
commessa la violazione e le leggi posteriori stabiliscono sanzioni di
entita'  diversa,  si  applica la legge piu' favorevole, salvo che il
provvedimento di irrogazione sia divenuto definitivo»);
        che  anche la questione concernente il «ravvedimento operoso»
di  cui  all'art. 13,  commi 1  e  2,  del  d.lgs. n. 472 del 1997 e'
manifestamente inammissibile per difetto di rilevanza;
        che,  infatti, le disposizioni censurate non sono applicabili
nella  specie,  ancorche'  l'art. 25,  comma 1,  dello stesso decreto
legislativo  preveda l'applicazione delle disposizioni da esso recate
-  e  quindi  anche di quelle denunciate - alle violazioni non ancora
contestate  o  per le quali la sanzione non sia stata ancora irrogata
alla  data  di  entrata  in vigore del decreto medesimo, e cioe' alla
data del 1° aprile 1998;
        che,  in  particolare, tale inapplicabilita' deriva dal fatto
che la violazione consistente nel tardivo pagamento dell'IVA e' stata
commessa  il  4 maggio  1995  e,  pertanto,  l'efficacia  retroattiva
stabilita  in  via  generale  dal  menzionato  art. 25,  comma 1,  e'
impedita  dalla  gia' intervenuta scadenza, alla data dell'entrata in
vigore  della  norma  censurata  (1° aprile  1998,  come  si e' sopra
ricordato),  del  termine  da questa previsto per la regolarizzazione
del  mancato  pagamento  del  tributo  o dell'acconto, e cioe' trenta
giorni dalla data della violazione (quindi, entro il 3 giugno 1995);
        che   il   contribuente,  per  ottenere  la  riduzione  delle
sanzioni,  avrebbe  dovuto  provvedere  alla  regolarizzazione  della
violazione  ai  sensi  e nei termini di cui all'art. 48, primo comma,
primo  periodo,  del d.P.R. n. 633 del 1972, vigente al momento della
violazione  medesima,  e cioe' entro trenta giorni dalla scadenza del
termine  relativo  alla  liquidazione nella quale l'operazione doveva
essere  computata;  ovvero, con applicazione di sanzioni gradatamente
maggiorate  in  relazione  alla  data  della  regolarizzazione, entro
trenta  giorni  dalla scadenza del termine per la presentazione della
dichiarazione annuale, oppure entro il termine di presentazione della
dichiarazione  per  l'anno  successivo,  oppure  -  ancora - entro il
termine  di  presentazione  della  dichiarazione  per il secondo anno
successivo;
        che  deve  dichiararsi  la  manifesta  inammissibilita' anche
della questione concernente l'art. 13, comma 1, del d.lgs. n. 471 del
1997,   nella   parte  in  cui  tale  disposizione  non  prevede  una
graduazione della sanzione per i tre diversi casi di omesso, parziale
o ritardato versamento dell'imposta;
        che   al   riguardo   va   ricordato   che,  per  consolidato
orientamento  di  questa Corte, la discrezionalita' legislativa circa
l'individuazione   delle   condotte   punibili,   la   scelta   e  la
quantificazione  delle  relative  sanzioni  puo' essere censurata, in
sede  di giudizio di costituzionalita', soltanto ove il suo esercizio
ne  rappresenti un uso distorto o arbitrario, cosi' da confliggere in
modo  manifesto  con  il  canone  della  ragionevolezza (ex plurimis,
sentenze  n. 22  del 2007, n. 325 e n. 144 del 2005, n. 364 del 2004;
ordinanze  n. 71  del  2007, n. 346, n. 292, n. 169 e n. 45 del 2006,
n. 158 e n. 364 del 2004);
        che   la  norma  censurata  non  appare  ne'  arbitraria  ne'
irragionevole, perche' la previsione, per ciascuna delle tre suddette
ipotesi  di  violazione, dell'identica sanzione pecuniaria del 30 per
cento  dell'importo  non  versato  e'  conforme al principio (vigente
anche  nell'ordinamento  civile,  in  forza dell'art. 1218 del codice
civile)   dell'equiparazione   -   ai   fini  della  configurabilita'
dell'inadempimento   dell'obbligazione  -  tra  mancata  ed  inesatta
esecuzione della prestazione;
        che,   nella   specie,   l'eventuale  differenziazione  delle
sanzioni  in  relazione al ritardo nell'adempimento dell'obbligazione
non    trova   ostacolo   nella   norma   denunciata,   ma   consegue
all'applicazione  delle attenuanti previste dal citato art. 48, primo
comma,  primo  periodo, del d.P.R. n. 633 del 1972, il quale consente
la regolarizzazione, entro un certo termine, degli adempimenti omessi
od  irregolarmente  eseguiti,  in  difetto  della quale la violazione
resta sanzionata come in origine;
        che  la  sollevata  questione  e',  pertanto,  manifestamente
inammissibile,   perche'   si   risolve  nella  critica  rivolta  dal
rimettente  alla scelta discrezionale effettuata dal legislatore, tra
una  pluralita'  di soluzioni costituzionalmente legittime, in ordine
all'entita'  delle  sanzioni  applicabili  alla violazione contestata
alla contribuente;
        che,  nel  merito,  e'  manifestamente infondata la questione
concernente il combinato disposto degli artt. 13, comma 1, del d.lgs.
n. 471  del 1997 e 48, primo comma, del d.P.R. n. 633 del 1972, nella
parte  in  cui  esclude  l'applicazione di attenuanti nell'ipotesi di
ritardato pagamento in buona fede dell'imposta;
        che il giudice a quo pone a raffronto situazioni radicalmente
diverse,   nel   denunciare   come  irragionevole  la  disparita'  di
trattamento    sanzionatorio    tra    detta   ipotesi   (comportante
l'irrogazione  della  sanzione  nella  misura  ordinaria) e quella di
ritardato  versamento  dell'imposta,  con  «contestuale» pagamento di
soprattassa   entro  un  certo  termine  e  prima  dell'inizio  delle
procedure    di    constatazione    della   violazione   (comportante
l'inflizione,  in  luogo  della piu' grave sanzione ordinaria, di una
soprattassa proporzionale all'importo non versato);
        che,  in  particolare,  il  contribuente,  mentre nella prima
ipotesi  non  denuncia  la violazione da lui commessa (e, quindi, non
evita    all'ufficio    tributario   di   procedere   alla   relativa
constatazione)  ne' corrisponde spontaneamente alcun importo a titolo
di  soprattassa  per  il  ritardo,  nella seconda ipotesi previene la
constatazione della violazione e sana l'irregolarita' corrispondendo,
nel    termine   fissato   dalla   legge,   anche   la   soprattassa,
«contestualmente» al tributo;
        che, pertanto, solo in quest'ultima ipotesi viene soddisfatta
la   ratio   legislativa  di  concedere  un'agevolazione  fiscale  al
contribuente  che eviti agli uffici tributari di procedere ad onerose
constatazioni della violazione tributaria commessa;
        che,  nella  specie, la contribuente avrebbe potuto usufruire
dell'agevolazione anche dopo il pagamento del tributo, corrispondendo
la   soprattassa   nei   termini   di   legge,   e  cio'  perche'  la
«contestualita»  del  pagamento  della  soprattassa  e  del  tributo,
richiesta  dall'art. 48,  primo comma, del d.P.R. n. 633 del 1972 per
la  riduzione delle sanzioni, deve ritenersi sussistente anche quando
detti  pagamenti  avvengano  entro il limite temporale previsto dalla
legge, sia pure in date diverse;
        che  la stessa contribuente ha, invece, lasciato decorrere il
termine  fissato  dalla  norma  senza  provvedere  al pagamento della
soprattassa previsto per godere del beneficio della sanzione ridotta,
tanto  che  nel frattempo e' intervenuta anche la constatazione della
violazione;
        che,   pertanto,   nella  fattispecie  oggetto  del  giudizio
principale  non  puo'  essere  soddisfatto l'intento del legislatore,
posto  a fondamento della censurata norma agevolativa, di incentivare
uno  spontaneo  e  tempestivo  ravvedimento  del  contribuente, prima
dell'attivazione delle procedure di constatazione della violazione;
        che  l'eterogeneita'  delle  situazioni poste a raffronto dal
rimettente esclude, dunque, la denunciata disparita' di trattamento.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara   la   manifesta  inammissibilita'  delle  questioni  di
legittimita'  costituzionale:  a)  dell'art. 44,  secondo  comma, del
d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (Istituzione e disciplina dell'imposta
sul  valore  aggiunto);  b)  dell'art. 13,  commi 1  e 2, del decreto
legislativo   18 dicembre  1997,  n. 472  (Disposizioni  generali  in
materia  di  sanzioni  amministrative  per  le  violazioni  di  norme
tributarie,   a   norma   dell'articolo 3,   comma 133,  della  legge
23 dicembre  1996,  n. 662);  c)  dell'art. 13,  comma 1, del decreto
legislativo   18 dicembre   1997,   n. 471  (Riforma  delle  sanzioni
tributarie  non  penali in materia di imposte dirette, di imposta sul
valore   aggiunto   e   di   riscossione   dei   tributi,   a   norma
dell'articolo 3,  comma 133, lettera q, della legge 23 dicembre 1996,
n. 662);  questioni  sollevate dalla Commissione tributaria regionale
della  Liguria,  in  riferimento  all'art. 3,  primo e secondo comma,
della Costituzione, con l'ordinanza indicata in epigrafe;
    Dichiara   la   manifesta   infondatezza   della   questione   di
legittimita'  costituzionale  del  combinato disposto degli artt. 13,
comma 1,  del  decreto  legislativo  18 dicembre  1997, n. 471, e 48,
primo  comma,  del  d.P.R.  26 ottobre  1972, n. 633, sollevata dalla
medesima   Commissione   tributaria   regionale   della  Liguria,  in
riferimento  all'art. 3,  primo  e secondo comma, della Costituzione,
con l'ordinanza indicata in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 20 giugno 2007.
                         Il Presidente: Bile
                         Il redattore: Gallo
                      Il cancelliere: Di Paola
    Depositata in cancelleria il 3 luglio 2007.
              Il direttore della cancelleria: Di paola
07C0911