N. 251 ORDINANZA 20 giugno - 3 luglio 2007

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Reati  tributari - Condono fiscale - Previsione della non punibilita'
  per  determinati  reati quale conseguenza del perfezionamento della
  procedura  -  Denunciata  violazione  delle norme costituzionali in
  materia  di  amnistia  e  di  ulteriori  parametri costituzionali -
  Incompleta descrizione della fattispecie oggetto del giudizio a quo
  Conseguente  non  autosufficienza  dell'ordinanza  di  rimessione -
  Impossibilita' di valutare la rilevanza della questione - Manifesta
  inammissibilita'.
- Legge 27 dicembre 2002, n. 289, art. 15, comma 7.
- Costituzione, artt. 3, 53, 54, 79 e 112.
(GU n.27 del 11-7-2007 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Franco BILE;
  Giudici:  Giovanni  Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO,
Paolo  MADDALENA,  Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO,
Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE,
Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale dell'art. 15, comma 7,
della  legge 27 dicembre 2002, n. 289 (Disposizioni per la formazione
del  bilancio  annuale  e pluriennale dello Stato - legge finanziaria
2003),  promosso  con  ordinanza dell'11 maggio 2006 dal Tribunale di
Spoleto  nel  procedimento penale a carico di P.U. ed altri, iscritta
al  n. 79  del  registro  ordinanze  2007 e pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 10, 1ª serie speciale, dell'anno 2007.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  Camera  di  consiglio  del 6 giugno 2007 il giudice
relatore Franco Gallo.
    Ritenuto  che, con ordinanza dell'11 maggio 2006, il Tribunale di
Spoleto - nel corso di un giudizio penale promosso nei confronti «dei
legali  rappresentanti»  di una societa' in nome collettivo, imputati
di  reati  tributari  per  evasione  dell'IVA e delle imposte dirette
relative  agli  anni  dal 1998 al 2000 - ha sollevato, in riferimento
agli  artt. 3,  53,  54,  79  e  112 della Costituzione, questione di
legittimita'   costituzionale  dell'art. 15  [rectius:  dell'art. 15,
comma 7,]  della  legge 27 dicembre 2002, n. 289 (Disposizioni per la
formazione  del  bilancio  annuale  e pluriennale dello Stato - legge
finanziaria  2003),  nella parte in cui prevede l'esclusione, ad ogni
effetto,  della  punibilita'  per i reati tributari in esso elencati,
nel caso di perfezionamento della definizione dei processi verbali di
constatazione da cui risultano i reati medesimi;
        che,  in punto di non manifesta infondatezza della questione,
il  giudice  a quo afferma che la norma censurata viola: a) l'art. 79
della Costituzione, perche', pur prevedendo, per il caso di «condono»
fiscale   influente   sui  suddetti  reati  tributari,  una  rinunzia
all'esercizio  della  potesta'  punitiva dello Stato talmente ampia e
generalizzata  da  non  trovare  riscontro  in  precedenti  leggi  di
«condono»  fiscale  e  da  produrre  un effetto identico a quello che
conseguirebbe  all'applicazione  di  una amnistia o di un indulto, e'
contenuta  in  una  legge  approvata  dal  Parlamento  a  maggioranza
semplice   e   non   con   la   «particolare  procedura  deliberativa
parlamentare,   richiedente   una   maggioranza  qualificata»,  quale
prevista  per  la  concessione  dell'amnistia  o dell'indulto; b) gli
artt. 3, 53, 54 e 112 della Costituzione, perche' - in violazione dei
limiti fissati dalla giurisprudenza della Corte costituzionale con le
sentenze  n. 369  del  1988  e  n. 427  del  1995 (in tema di condono
edilizio)   per   la  legittimita'  costituzionale  delle  norme  che
escludono la punibilita' di reati in conseguenza dell'applicazione di
misure legislative di «condono» - non trova giustificazione ne' nella
necessita'  di  porre  rimedio  ad  una  contingente  ed  eccezionale
«illegalita' di massa» (dato l'intervento di ben due provvedimenti di
clemenza in materia tributaria nel corso degli ultimi quindici anni e
dato  il  riordino  del  diritto penale tributario, realizzato con il
decreto  legislativo  10 marzo  2000,  n. 74),  ne'  nell'esigenza di
favorire  l'emersione  di  illeciti  tributari  «nascosti»  (data  la
definibilita' esclusivamente di carichi fiscali gia' noti all'ufficio
tributario  e per i quali e' gia' stato comunicato al contribuente un
avviso  di  accertamento, un verbale di constatazione od un invito al
contraddittorio),   cosi'   da  costituire  solo  una  manifestazione
dell'impotenza dello Stato a reperire adeguate risorse finanziarie ed
a  porre  in  essere  una  adeguata  azione di contrasto all'evasione
fiscale;
        che,  in  punto di rilevanza, il Tribunale rimettente osserva
che:  a)  alcuni  imputati  hanno richiesto in giudizio, ai sensi del
combinato  disposto  dell'art. 129  del  codice di procedura penale e
della  norma  censurata,  l'immediata declaratoria della causa di non
punibilita'  costituita dal perfezionamento della definizione fiscale
del  processo  verbale di constatazione n. 107 del 16 settembre 2002,
redatto  dalla  Guardia  di  finanza e dal quale erano emersi i reati
contestati;  b)  detto  perfezionamento  risulta dalla nota emessa il
7 dicembre   2004   dalla   competente  amministrazione  finanziaria,
attestante  l'avvenuto pagamento dell'importo previsto dalla legge, e
dalla  nota  del  1 luglio  2003, attestante l'inesistenza di carichi
pendenti risultanti dal sistema informativo dell'anagrafe tributaria;
c) la norma censurata deve essere, pertanto, applicata nel giudizio;
        che  e'  intervenuto  in giudizio il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato,  osservando  che  analoghe  questioni  sono  state  dichiarate
manifestamente   inammissibili   dalla   Corte   costituzionale   con
l'ordinanza n. 18 del 2006 e chiedendo che la sollevata questione sia
dichiarata «inammissibile ed infondata»;
        che   in   particolare,  secondo  l'Avvocatura  generale,  la
denunciata  violazione  dell'art. 79  Cost.  non sussiste, perche' vi
sono  profonde  differenze tra una «amnistia condizionata» (la quale,
ai  sensi  dell'art. 151 del codice penale, «estingue il reato, e, se
vi  e'  stata  condanna,  fa cessare l'esecuzione della condanna e le
pene  accessorie») e l'esclusione della punibilita' conseguente ad un
«condono» (il quale - come rilevato dalla Corte costituzionale con le
sentenze  n. 196  del  2004,  n. 427  del  1995  e  n. 369 del 1988 -
costituisce una complessa e varia fattispecie di sanatoria produttiva
di   effetti  estintivi,  subordinata  a  precise  condizioni  e,  in
particolare, a manifestazioni di volonta' degli interessati);
        che  le  censure riferite agli altri parametri costituzionali
evocati   sono,   sempre   per  l'Avvocatura  generale  dello  Stato,
inammissibili  e  infondate:  a) quella relativa all'art. 54 Cost. e'
inammissibile,  perche' non motivata; b) quella relativa all'art. 112
Cost.  e'  inammissibile,  perche', mentre la norma censurata produce
l'effetto  estintivo della punibilita' penale solo nel caso in cui il
perfezionamento  della  definizione fiscale sia intervenuto prima che
gli  interessati  abbiano  avuto  «formale conoscenza» dell'esercizio
dell'azione  penale nei loro confronti, l'ordinanza di rimessione non
precisa  se  nella  specie,  al momento di detto perfezionamento, gli
imputati  del  giudizio  a  quo  avessero  avuto  o  no tale «formale
conoscenza»;  c)  quella  relativa all'art. 53 Cost. e' inammissibile
per  difetto  di  rilevanza  ed  e',  comunque, infondata, perche' le
maggiori pretese tributarie dell'amministrazione finanziaria non sono
ancora  riscontrate  giudizialmente,  cosi'  che  appare  adeguata la
previsione, contenuta nella norma censurata, di una sorta di «accordo
transattivo»,  mediante il quale la pendenza fiscale e' definita, con
effetti  estintivi  penali, pagando una quota delle maggiori imposte,
ritenute  e  contributi;  d)  quella  relativa  all'art. 3  Cost.  e'
infondata, perche', da un lato, non e' possibile operare un raffronto
tra la disposizione denunciata e precedenti leggi di condono fiscale,
data  la  discrezionalita' del legislatore nella scelta - esercitata,
nella specie, in modo non irragionevole - dei mezzi e delle modalita'
per  la definizione delle contestazioni tributarie, e, dall'altro, il
rimettente,   nell'affermare   che   la  norma  censurata  non  trova
giustificazione  in  una  situazione  di  eccezionale «illegalita' di
massa» equiparabile a quella che ha indotto il legislatore ad emanare
le  leggi  di  condono edilizio, pone a raffronto situazioni tra loro
notevolmente diverse, tali da rendere non irragionevole la diversita'
di  presupposti  e  di  disciplina  del  condono  fiscale e di quello
edilizio.
    Considerato  che  il  Tribunale di Spoleto dubita, in riferimento
agli artt. 3, 53, 54, 79 e 112 della Costituzione, della legittimita'
dell'art. 15,   comma 7,   della   legge   27 dicembre  2002,  n. 289
(Disposizioni  per  la  formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello  Stato  -  legge  finanziaria 2003), nella parte in cui prevede
l'esclusione,   ad  ogni  effetto,  della  punibilita'  per  i  reati
tributari  in  esso  elencati,  nel  caso  di  perfezionamento  della
definizione  dei processi verbali di constatazione da cui risultano i
reati medesimi;
        che,  per il rimettente, la disposizione censurata si pone in
contrasto  con:  a) l'art. 79 della Costituzione, perche', pur avendo
essa  gli stessi effetti di una «amnistia condizionata», e' contenuta
in  una legge approvata dal Parlamento a maggioranza semplice e non a
maggioranza  qualificata, secondo quanto invece previsto per le leggi
di  amnistia  o  indulto; b) gli artt. 3, 53, 54 e 112 Cost., perche'
costituisce  una  manifestazione  di impotenza dello Stato a reperire
risorse  finanziarie  ed  a contrastare efficacemente l'evasione, non
trovando  giustificazione  ne'  nella  necessita'  di  ovviare ad una
eccezionale   situazione   di  «illegalita'  di  massa»  (esclusa  da
precedenti  provvedimenti  di  clemenza  in  materia tributaria e dal
recente  riordino  del  diritto  penale  tributario di cui al decreto
legislativo  10 marzo  2000,  n. 74  ), ne' nell'esigenza di favorire
l'emersione di evasioni fiscali (esclusa dalla definibilita' soltanto
di carichi fiscali gia' noti all'ufficio tributario);
        che la questione e' manifestamente inammissibile;
        che,  in  base  al  denunciato  art. 15, comma 7, della legge
n. 289  del  2002,  l'esclusione  della  punibilita'  penale  opera a
condizione  che  il  perfezionamento  del  condono  riguardi  i reati
tassativamente  elencati  nella stessa disposizione (primo periodo) e
che  tale  perfezionamento  sia intervenuto prima che il contribuente
abbia  avuto  «formale  conoscenza» dell'esercizio dell'azione penale
(terzo periodo);
        che,  nella specie, il rimettente si e' limitato ad affermare
che   l'imputazione   contestata   si  riferisce  a  reati  tributari
concernenti l'evasione dell'IVA e delle imposte dirette relative agli
anni  dal 1998 al 2000, che il verbale di constatazione oggetto della
definizione  fiscale  di  cui  alla  norma censurata reca la data del
16 settembre  2002 e che il perfezionamento della definizione fiscale
risulta   da   una   nota  emessa  dalla  competente  amministrazione
finanziaria in data 7 dicembre 2004;
        che,  pertanto,  il  Tribunale  ha  omesso di precisare sia i
reati  oggetto  del giudizio penale a quo (indicati nell'ordinanza di
rimessione  solo  con  le lettere alfabetiche del non allegato elenco
delle   imputazioni   contestate   agli   imputati),   sia   la  data
dell'esercizio   dell'azione  penale,  sia  la  data  della  «formale
conoscenza» da parte degli imputati di tale esercizio;
        che, in base al principio dell'autosufficienza dell'ordinanza
di  rimessione,  non e' possibile colmare le sopra evidenziate lacune
di  detta  ordinanza  attraverso  l'esame  diretto  del fascicolo del
giudizio principale;
        che  l'incompleta  descrizione  della fattispecie impedisce a
questa  Corte di valutare l'applicabilita' della norma denunciata nel
giudizio   principale   e,   quindi,  la  rilevanza  della  sollevata
questione.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara   la   manifesta  inammissibilita'  della  questione  di
legittimita'   costituzionale   dell'art. 15,  comma 7,  della  legge
27 dicembre 2002, n. 289 (Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale   e  pluriennale  dello  Stato  -  legge  finanziaria  2003),
sollevata,  in  riferimento  agli  artt. 3,  53,  54,  79 e 112 della
Costituzione,  dal  Tribunale  di Spoleto con l'ordinanza indicata in
epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 20 giugno 2007.
                         Il Presidente: Bile
                         Il redattore: Gallo
                      Il cancelliere: Di Paola
    Depositata in cancelleria il 3 luglio 2007.
              Il direttore della cancelleria: Di paola
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