N. 257 SENTENZA 20 giugno - 6 luglio 2007

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Giudizio   di   legittimita'  costituzionale  in  via  incidentale  -
  Intervento  -  Inosservanza  del  prescritto  termine  perentorio -
  Inammissibilita'.
- Legge 11 marzo 1953, n. 87, art. 25.
Finanza  regionale  -  Legge della Regione Puglia - Spese sanitarie -
  Prestazioni  sanitarie  erogate da strutture pubbliche e private in
  misura  eccedente  il  programma  preventivo  concordato - Prevista
  remunerazione  con  le  regressioni tariffarie fissate dalla giunta
  regionale  - Determinazione per l'anno 2003 del «tetto montante» in
  riferimento  ai  volumi di prestazioni erogate nel 1998 - Eccezioni
  di  inammissibilita'  per  carenza di motivazione sulla rilevanza e
  sulla non manifesta infondatezza - Reiezione.
- Legge della Regione Puglia, 7 marzo 2003, n. 4, art. 30, comma 4.
- Costituzione, artt. 3, 97 e 117, comma terzo.
Finanza  regionale  -  Legge della Regione Puglia - Spese sanitarie -
  Prestazioni  sanitarie  erogate da strutture pubbliche e private in
  misura  eccedente  il  programma  preventivo  concordato - Prevista
  remunerazione  con  le  regressioni tariffarie fissate dalla giunta
  regionale  - Determinazione per l'anno 2003 del «tetto montante» in
  riferimento  ai volumi di prestazioni erogate nel 1998 - Denunciata
  irragionevolezza  nonche'  violazione dei principi di eguaglianza e
  buon  andamento  della  pubblica  amministrazione e contrasto con i
  principi  fondamentali stabiliti dalla legislazione statale (d.lgs.
  n. 502  del 1992) - Questione identica ad altra gia' dichiarata non
  fondata   -  Assenza  di  nuovi  profili  di  censura  -  Manifesta
  infondatezza della questione.
- Legge della Regione Puglia, 7 marzo 2003, n. 4, art. 30, comma 4.
- Costituzione, artt. 3, 97 e 117, comma terzo.
Finanza  regionale  -  Legge della Regione Puglia - Spese sanitarie -
  Prestazioni  sanitarie  erogate da strutture pubbliche e private in
  misura  eccedente  il  programma  preventivo  concordato - Prevista
  remunerazione  con  le  regressioni tariffarie fissate dalla giunta
  regionale  - Determinazione per l'anno 2003 del «tetto montante» in
  riferimento  ai volumi di prestazioni erogate nel 1998 - Denunciato
  contrasto  con i principi fondamentali stabiliti dalla legislazione
  statale  (art. 8-quinquies del d.lgs. n. 502 del 1992) - Esclusione
  - Non fondatezza della questione.
- Legge della Regione Puglia, 7 marzo 2003, n. 4, art. 30, comma 4.
- Costituzione, art. 117, comma terzo.
(GU n.27 del 11-7-2007 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Franco BILE;
  Giudici:  Giovanni  Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO,
Paolo  MADDALENA,  Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO,
Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE,
Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nei  giudizi  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 30, comma 4,
della legge della Regione Puglia 7 marzo 2003, n. 4 (Disposizioni per
la  formazione del bilancio di previsione 2003 e bilancio pluriennale
2003-2005  della Regione Puglia), promossi con ordinanze del 19 e del
26 settembre   2005  dal  Tribunale  amministrativo  regionale  della
Puglia, sezione staccata di Lecce, rispettivamente iscritte ai numeri
565  e  566  del  registro ordinanze 2005 e pubblicate nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 48, 1ª serie speciale, dell'anno 2005;
    Visti  gli  atti di costituzione del Centro di analisi E4 s.r.l.,
del  Laboratorio  di  analisi dott. Valentino ed altri, della Regione
Puglia, della Azienda unita' sanitaria locale Lecce 1, nonche' l'atto
di intervento, fuori termine, della Federlab Italia;
    Udito   nell'udienza  pubblica  del  19  giugno 2007  il  giudice
relatore Alfonso Quaranta;
    Uditi  gli  avvocati  Arturo  Umberto Meo per la Federlab Italia,
Maria  Cristina  Lenoci e Fabrizio Lofoco per il Centro di analisi E4
s.r.l.,  Gianluigi  Pellegrino  e  Ernesto  Sticchi  Damiani  per  il
Laboratorio di analisi dott. Valentino ed altri, Stefano Rossi per la
Azienda unita' sanitaria locale Lecce 1 e l'avvocato Antonello Lirosi
per la Regione Puglia.

                          Ritenuto in fatto

    1.  - Il Tribunale amministrativo regionale della Puglia, sezione
staccata di Lecce, con due ordinanze (r.o. numeri 565 e 566 del 2005)
di  analogo  contenuto,  ciascuna  delle  quali emessa in un giudizio
avente  ad  oggetto  l'impugnazione  da  parte di strutture sanitarie
private  -  provvisoriamente  accreditate  con  il Servizio sanitario
nazionale  per  l'erogazione,  con oneri a carico del Fondo sanitario
regionale, di alcune prestazioni - degli atti e dei provvedimenti con
i  quali  la  Regione Puglia e le competenti Aziende unita' sanitaria
locali  avevano  proceduto  alla determinazione, per l'anno 2003, del
tetto di spesa relativo alle prestazioni sanitarie rese, ha sollevato
questione   di   legittimita'  costituzionale,  in  riferimento  agli
artt. 3,  97  e  117,  terzo comma, della Costituzione, dell'art. 30,
comma 4,   della  legge  della  Regione  Puglia  7 marzo  2003,  n. 4
(Disposizioni  per  la  formazione  del bilancio di previsione 2003 e
bilancio pluriennale 2003-2005 della Regione Puglia).
    2.  - Il rimettente premette di aver gia' sottoposto al vaglio di
costituzionalita'  il suddetto comma 4 dell'art. 30, secondo il quale
«a  norma dell'articolo 8-quinquies, comma 1, lettera d), del decreto
legislativo  n. 502  del  1992,  ove le strutture pubbliche e private
abbiano   erogato   volumi  di  prestazioni  eccedenti  il  programma
preventivo  concordato,  fissato  in  misura  corrispondente a quelli
erogati nel 1998, e il relativo limite di spesa a carico del servizio
sanitario  regionale, detti volumi sono remunerati con le regressioni
tariffarie fissate dalla Giunta regionale».
    Ricorda,  quindi,  come  la  relativa  questione sia stata decisa
dalla  Corte  costituzionale  con  la sentenza n. 111 del 2005, nella
quale  il  Giudice delle leggi ha individuato due distinti profili di
censura:   «il   primo  attiene  alla  ingiustificata  disparita'  di
trattamento  che  la  norma regionale impugnata avrebbe creato tra le
strutture   accreditate  di  sanita'  privata  e  quelle  di  sanita'
pubblica,  quale  si desumerebbe, in particolare, dal differente modo
in  cui  le  une  e  le  altre  sono finanziate. Il secondo concerne,
specificamente,   il   riferimento   all'anno 1998   ai   fini  della
quantificazione,  per l'anno 2003 (nel corso del quale le prestazioni
di  assistenza  specialistica  ambulatoriale sono state erogate), del
c.d.  «tetto  montante»,  ignorando cosi' l'effettivo andamento della
domanda  di prestazioni sanitarie proveniente dall'utenza nel periodo
intercorso tra le due annualita' indicate».
    La  Corte  costituzionale  ha  esaminato  partitamene  i suddetti
profili,  e  ha  dichiarato  la questione in parte inammissibile e in
parte non fondata.
    Ed infatti, da un lato, la disposizione denunciata, atteso il suo
contestuale  e  specifico  riferimento, unitario e indistinto, sia al
settore  pubblico che a quello privato, e' stata ritenuta non operare
alcuna  discriminazione  tra  gli stessi, sicche' la disposizione, di
per  se'  considerata, e' risultata non in contrasto con gli invocati
parametri  costituzionali degli artt. 3, 97 e 117 della Costituzione.
Dall'altro,  il riferimento - contenuto nella norma in questione - ai
volumi  di  prestazioni  e  ai  limiti  di spesa e' stata ritenuta il
frutto  di  una  scelta  discrezionale,  di  politica  sanitaria e di
contenimento della spesa, del legislatore regionale, la quale, tenuto
conto   della   ristrettezza  delle  risorse  finanziarie  dirette  a
soddisfare  le  esigenze  del  settore,  non  e' risultata viziata da
intrinseca irragionevolezza.
    3.  -  Tanto  premesso, il Tribunale amministrativo regionale, in
entrambe  le  ordinanze di rimessione, pur affermando di tenere ferme
le  conclusioni  alle  quali  e'  pervenuta  la Corte costituzionale,
ritiene che sussistano ulteriori profili di illegittimita' del citato
art. 30, comma 4, da sottoporre alla Corte medesima.
    4.  -  Il  giudice  a  quo  deduce  come,  proprio sulla base del
richiamato insegnamento della Corte, l'art. 30, comma 4, della citata
legge  regionale  n. 4  del  2003  appaia  confliggere con i principi
fondamentali fissati dal decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502
(Riordino   della   disciplina   in   materia   sanitaria,   a  norma
dell'articolo 1  della  legge  23 ottobre 1992, n. 421), e quindi con
l'art. 117,  terzo  comma, Cost., in quanto, pur prevedendo un limite
globale  e individuale (per ogni struttura) di spesa, non impone alle
amministrazioni  competenti  di procedere ad una valutazione e ad una
comparazione  dei  costi  e  della qualita' delle prestazioni erogate
dalle  varie  strutture sanitarie, nonche' al monitoraggio del flusso
della  domanda,  prima  di  procedere alla ripartizione delle risorse
finanziarie stanziate nel Fondo sanitario regionale.
    Il  Tribunale,  quindi,  pur  non  dubitando  del  fatto  che  la
programmazione  regionale  in materia debba tenere conto dell'entita'
delle  risorse finanziarie, afferma, tuttavia, che l'aver determinato
il tetto di spesa per il 2003, per ogni struttura, con riferimento al
solo  dato  storico del 1998, cristallizzerebbe in modo irragionevole
la situazione di mercato, laddove una corretta ed efficiente gestione
delle  risorse  finanziarie  imporrebbe  di  acquisire le prestazioni
dalle  strutture  piu'  efficienti,  che  dimostrano di incontrare il
favore  dell'utenza  erogando  prestazioni  di migliore qualita' ed a
costi  minori.  Cio'  darebbe  luogo,  altresi',  alla violazione dei
principi  del  buon  andamento  della  pubblica  amministrazione e di
uguaglianza.
    5.  - E', altresi', prospettata, in relazione all'art. 117, terzo
comma,  Cost.,  la  violazione  dei  principi  fondamentali stabiliti
dall'art. 8-quinquies,  comma 2, del suddetto d.lgs. n. 502 del 1992,
che  imporrebbe  alle  amministrazioni competenti di procedere ad una
valutazione  comparativa  dei costi e della qualita' prima di fissare
il  volume  di  prestazioni  che ogni Azienda unita' sanitaria locale
intende   acquistare   dalle   strutture   presenti  nell'ambito  del
territorio  di  competenza,  al fine, ad esempio, di fissare un tetto
montante  superiore  o  inferiore  rispetto  al  valore attuale delle
prestazioni rese nel 1998.
    6.  -  In data 6 dicembre 2005 ha depositato atto di costituzione
il Centro di analisi E4 s.r.l, parte ricorrente del giudizio a quo di
cui  all'ordinanza  n. 565  del 2005, che ha rinviato l'articolazione
delle prospettazioni difensive a una successiva memoria.
    7.  -  Il  successivo  19 dicembre  e' intervenuta, in entrambi i
giudizi,   con   distinte   memorie,  contenenti  analoghe  deduzioni
difensive, la Regione Puglia.
    La   Regione   ha   chiesto   che  la  questione  sia  dichiarata
inammissibile o non fondata e ha esposto le seguenti argomentazioni.
    8.  -  In  via  preliminare,  la  difesa della Regione, dopo aver
ricapitolato   il   quadro  normativo  di  riferimento,  ha  eccepito
l'inammissibilita'    della   questione   sollevata   dal   Tribunale
amministrativo  regionale  Puglia.  Cio'  in  quanto  le ordinanze di
rimessione sarebbero carenti in punto di motivazione sulla rilevanza,
limitandosi a richiamare il giudizio di costituzionalita' che gia' ha
riguardato l'art. 30, comma 4, della legge reg. n. 4 del 2003.
    Inammissibile sarebbe anche la censura prospettata in riferimento
all'art. 3  della  Costituzione,  in  quanto  non  risulta chiaro chi
sarebbe favorito dall'applicazione della norma denunciata.
    Sussisterebbe,  infine,  carenza  di  interesse  da  parte  delle
strutture  sanitarie  ricorrenti  nei  giudizi  a  quibus,  in quanto
dall'esame  delle precedenti ordinanze di rimessione risulterebbe che
per  il  1998  la  capacita' produttiva delle strutture private si e'
potuta esplicare senza limiti.
    Nel  merito,  la  Regione  Puglia  ritiene  la questione priva di
fondamento  in ragione della legittimita' dei limiti posti alla spesa
sanitaria  con riferimento a quella sostenuta in esercizi precedenti,
frutto  di  una  scelta  discrezionale  del  legislatore  di politica
sanitaria  e  di  contenimento della spesa, non viziata da intrinseca
irragionevolezza.
    Ne'  sussisterebbe la violazione dei principi fondamentali di cui
all'art. 8-quinquies  del  d.lgs.  502  del  1992,  dal  momento  che
l'attivita'   della   Regione,  nella  determinazione  del  tetto  di
prestazioni  rimborsabili  in  capo ai singoli operatori, non sarebbe
affatto  disancorata  dalla  valutazione comparativa della qualita' e
dei costi.
    In  proposito,  la  Regione  richiama l'art. 25 della legge della
Regione  Puglia  22 dicembre  2000,  n. 28 (Variazione al bilancio di
previsione per l'esercizio finanziario 2000), il quale stabilisce, al
comma 1,  che  «a  norma  del  decreto  legislativo n. 502 del 1992 e
successive  modificazioni  di cui agli articoli 8-quater, quinquies e
sexies   del  decreto  legislativo  n. 229  del  1999,  i  limiti  di
remunerazione    per   le   prestazioni   interessanti   l'assistenza
specialistica    e    ospedaliera   erogate   da   soggetti   privati
provvisoriamente  accreditati sono determinati, di norma annualmente,
nell'ambito  del  documento  di  indirizzo  economico-funzionale  che
costituisce  atto  di  indirizzo,  coordinamento  e programmazione in
materia   sanitaria   della  Regione  Puglia»,  e,  al  comma 2,  che
«nell'ambito  delle  linee  e dei limiti fissati dalla programmazione
regionale,  a norma dell'articolo 8-quinquies del decreto legislativo
n. 229   del   1999,  alle  Aziende  sanitarie  territoriali  compete
l'individuazione  dei  soggetti  interessati  tra  quelli  di  cui al
comma 1  del  presente  articolo,  l'individuazione  delle funzioni e
delle  attivita'  da  potenziare,  e depotenziare, la definizione dei
volumi,  della  tipologia  e  delle  modalita'  di  erogazione  delle
prestazioni  richieste, gli accordi contrattuali con detti soggetti e
la  verifica  del  loro  rispetto  anche in materia di appropriatezza
delle prestazioni erogate».
    Dette  disposizioni,  quindi,  integrerebbero  necessariamente il
contenuto  precettivo  della norma censurata, mettendo in luce la non
fondatezza della relativa questione di costituzionalita'.
    Infine,  la Regione espone come per effetto dell'art. 8, comma 6,
della  legge  5  giugno 2003,  n. 131 (Disposizioni per l'adeguamento
dell'ordinamento   della   Repubblica   alla   legge   costituzionale
18 ottobre 2001, n. 3), sia venuto meno il potere statale di adottare
atti di indirizzo e di coordinamento nella materia sanitaria.
    Infine,  ad  avviso  della  Regione,  il citato art. 8-quinquies,
nell'affermare  che  la  Regione e l'Azienda unita' sanitaria locale,
«anche  attraverso  valutazioni  comparative  della  qualita'  e  dei
costi»,  stipulano gli accordi contrattuali con i centri accreditati,
non  costituirebbe  principio generale della legislazione statale, ma
avrebbe mero valore procedimentale.
    9.  - In data 19 dicembre 2005 si e' anche costituita in giudizio
la Azienda unita' sanitaria locale Lecce 1 (r.o. n. 566 del 2005), la
quale  ha chiesto dichiararsi la inammissibilita' o la non fondatezza
della questione.
    In  via preliminare, la parte costituita deduce alcuni profili di
inammissibilita' e, in particolare, l'irrilevanza della questione, in
quanto,  ai  sensi dell'art. 25 della legge regionale n. 28 del 2000,
sussisterebbe la competenza della AUSL a determinare i tetti di spesa
e   -   nel   caso  in  cui  la  norma  denunciata  fosse  dichiarata
costituzionalmente  illegittima  - la AUSL non potrebbe adottare atti
con   contenuto  diverso  da  quelli  impugnati  dinanzi  al  giudice
amministrativo.
    Richiama,  altresi',  a  sostegno  del  difetto  di rilevanza, il
documento  di  indirizzo  economico-funzionale del Servizio sanitario
regionale   per   il   2003  e  triennale  2003-2005,  approvato  con
deliberazione della Giunta regionale n. 1326 del 4 settembre 2003, di
cui   il   provvedimento   di   determinazione  del  tetto  di  spesa
costituirebbe mera applicazione.
    La  questione sarebbe, inoltre, inammissibile, in quanto la norma
impugnata  sarebbe  gia'  stata  sottoposta, con analoghe censure, al
vaglio della Corte costituzionale, e l'ordinanza non sarebbe motivata
in modo sufficiente in ordine alla non manifesta infondatezza.
    Nel  merito,  la  AUSL  Lecce 1 ritiene la questione non fondata,
rilevando,  da  un  lato, come, alla luce della legislazione vigente,
l'accreditamento  abbia perso l'ordinaria connotazione, diventando il
risultato  di una complessa attivita' programmatoria condizionata dai
limiti  di  budget; dall'altro, che i tetti di spesa sarebbero in via
di  principio legittimi date le insopprimibili esigenze di equilibrio
finanziario e di razionalizzazione della spesa pubblica.
    10. - Si sono costituiti in giudizio (r.o. n. 566 del 2005) anche
il   Laboratorio   di  analisi  dott.  Valentino  ed  altre  analoghe
strutture,  deducendo  la  illegittimita'  costituzionale della norma
impugnata.
    Ad  avviso  delle  parti  private,  questa  violerebbe i principi
fondamentali  di  cui  al d.lgs. n. 502 del 1992 e darebbe luogo alla
lesione  degli  artt. 3  e 97 Cost., per la disparita' di trattamento
illegittimamente    determinatasi   a   fronte   della   aprioristica
attribuzione   di   risorse   economiche  alle  singole  strutture  a
prescindere  da  una verifica del reale andamento della domanda dalle
stesse  registrata,  dei  relativi  costi  sostenuti e dalla qualita'
delle prestazioni erogate.
    11.  - In prossimita' dell'udienza pubblica ha depositato memoria
il Centro di analisi E4 s.r.l.
    La  suddetta  parte  privata  aderisce alle censure formulate dal
giudice    rimettente    in    relazione   agli   evocati   parametri
costituzionali.
    12.  -  Anche  il Laboratorio di analisi dott. Valentino ed altre
analoghe  strutture,  in  prossimita'  dell'udienza  pubblica,  hanno
depositato  memoria,  con  la  quale ribadiscono le osservazioni gia'
svolte.
    13.  -  In  data 5 giugno 2007 la Regione Puglia, a sua volta, ha
depositato  memorie  contenenti analoghe prospettazioni difensive. La
Regione  ribadisce  le  difese  gia'  prospettate  sostenendo, in via
preliminare,  l'inammissibilita'  della  questione  sia per carente e
insufficiente  motivazione,  sia  per  la  mera  riproposizione delle
argomentazioni  precedentemente  sottoposte all'esame della Corte, e,
nel merito, l'infondatezza della questione stessa. In particolare, la
difesa  regionale  ha  ribadito che la determinazione del tetto delle
prestazioni   rimborsabili   in  capo ai  singoli  operatori  non  e'
disancorata  dalla valutazione comparativa della qualita' e dei costi
in  ragione  del  gia' richiamato art. 25 della legge regionale n. 28
del  2000, il cui contenuto precettivo integra quello della norma ora
impugnata.
    14. - In data 6 giugno 2007 ha depositato, fuori termine, atto di
intervento (r.o. n. 566 del 2005) la Federlab Italia.

                       Considerato in diritto

    1.  - Il Tribunale amministrativo regionale della Puglia, sezione
staccata  di Lecce, con le due ordinanze indicate in epigrafe, aventi
analogo   contenuto,   ha   sollevato   questione   di   legittimita'
costituzionale,  per violazione degli artt. 3, 97 e 117, terzo comma,
della  Costituzione, dell'art. 30, comma 4, della legge della Regione
Puglia  7 marzo  2003,  n. 4  (Disposizioni  per  la  formazione  del
bilancio  di  previsione 2003  e bilancio pluriennale 2003-2005 della
Regione Puglia).
    2.   -   La   disposizione  impugnata  stabilisce  che  «a  norma
dell'articolo 8-quinquies,    comma 1,    lettera d),   del   decreto
legislativo  n. 502  del  1992,  ove le strutture pubbliche e private
abbiano   erogato   volumi  di  prestazioni  eccedenti  il  programma
preventivo  concordato,  fissato  in  misura  corrispondente a quelli
erogati nel 1998, e il relativo limite di spesa a carico del servizio
sanitario  regionale, detti volumi sono remunerati con le regressioni
tariffarie fissate dalla Giunta regionale».
    3.  - Il rimettente premette di aver gia' sottoposto, nell'ambito
di  analoghi  giudizi,  al  vaglio  di  costituzionalita' la suddetta
disposizione  e  che la relativa questione e' stata ritenuta in parte
inammissibile  e in parte non fondata da questa Corte con la sentenza
n. 111 del 2005.
    Tuttavia,  pur  tenendo  ferme le conclusioni cui e' pervenuta la
Consulta,  il  giudice a quo ritiene che sussistano ulteriori profili
di  illegittimita'  della  disposizione  stessa,  che e' stata quindi
sottoposta nuovamente all'esame di questa Corte.
    4.  - In via preliminare, deve esser disposta la riunione dei due
giudizi,  ai  fini  di un'unica pronuncia, in ragione della identita'
delle questioni rimesse all'esame di questa Corte.
    5.  -  Ancora  in  via  preliminare,  deve essere ribadita, per i
motivi  esposti  nella ordinanza letta in udienza, l'inammissibilita'
dell'intervento della Federlab Italia, per tardivita'.
    6.  -  Va,  altresi',  rilevato che non possono essere accolte le
eccezioni  di inammissibilita' sollevate dalla Regione Puglia e dalla
Azienda unita' sanitaria locale Lecce 1 sotto i profili della carenza
di  motivazione  in  ordine  alla  rilevanza della questione, nonche'
della  insufficiente motivazione sulla non manifesta infondatezza, in
quanto   dall'esame   delle   ordinanze   di  rimessione  emerge  con
sufficiente chiarezza l'oggetto del giudizio.
    7.  -  La  norma  impugnata,  ad  avviso  del  rimettente,  nello
stabilire  un  limite di spesa al tempo stesso globale ed individuale
(per  ogni  struttura)  pari al valore attuale delle prestazioni rese
nel  1998, con riferimento all'anno 2003, senza prevedere «un sistema
(oggettivo  e  trasparente) in base al quale sia possibile verificare
se  la  ripartizione  delle  risorse  finanziarie e' fatta in maniera
efficiente  (pur  nei  limiti  delle  disponibilita'  di  bilancio)»,
sarebbe  in  contrasto  con  i  principi  fondamentali  stabiliti dal
decreto   legislativo   30 dicembre   1992,  n. 502  (Riordino  della
disciplina  in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della legge
23 ottobre  1992,  n. 421), in riferimento all'art. 117, terzo comma,
Cost.
    L'aver assunto come base per la determinazione del tetto di spesa
stabilito per il 2003, per ogni struttura pubblica o privata, solo il
dato storico riferito al 1998, senza prevedere alcuna valutazione ne'
dei   costi  ne'  del  flusso  della  domanda,  cristallizzerebbe  la
situazione  di  mercato  e determinerebbe, di conseguenza, la lesione
dei  principi  di  ragionevolezza,  di  buon andamento della pubblica
amministrazione e di uguaglianza.
    7.1.  -  Il  Tribunale amministrativo regionale ritiene, inoltre,
sempre  in relazione al parametro costituzionale di cui all'art. 117,
terzo  comma,  Cost., che risulterebbero lesi i principi fondamentali
fissati  dalla  legislazione statale con l'art. 8-quinquies, comma 2,
del  suddetto  d.lgs.  n. 502  del  1992,  nella  parte  in  cui esso
stabilisce  che le amministrazioni competenti devono procedere ad una
valutazione  comparativa dei costi e della qualita' dei servizi prima
della  fissazione  del  volume  di  prestazioni che ogni AUSL intenda
acquistare  dalle  strutture  presenti  nell'ambito  territoriale  di
rispettiva competenza.
    8.  -  Il rimettente prospetta, quindi, profili di illegittimita'
costituzionale soltanto in parte diversi da quelli gia' esaminati con
la sentenza n. 111 del 2005.
    Il Tribunale amministrativo regionale infatti, da un lato, deduce
l'illegittimita'  costituzionale  della norma regionale in questione,
in  ragione  della  fissazione di un limite di spesa individuale, per
ogni struttura pubblica o privata, senza un sistema di verifica della
ripartizione  delle  risorse,  anche  in  ragione di qualita' e costi
delle  prestazioni.  In  tal  modo, il rimettente ripropone, in forma
apparentemente  diversa - invocando i principi fondamentali di cui al
d.lgs. n. 502 del 1992 in relazione all'art. 117, terzo comma, Cost.,
la  cui irragionevole violazione si riverbererebbe sul buon andamento
della  pubblica  amministrazione  e sul principio di uguaglianza - le
stesse   censure   gia'   articolate   nel   precedente  giudizio  di
costituzionalita', conclusosi con la sentenza n. 111 del 2005.
    Dall'altro,  il  giudice  a  quo denuncia un ulteriore profilo di
incostituzionalita',  e  cioe'  la  lesione dei principi fondamentali
stabiliti   dall'art. 8-quinquies,   comma 2,  del  medesimo  decreto
legislativo,   che   impongono  alle  amministrazioni  competenti  di
procedere ad una valutazione di meritevolezza comparativa.
    In  proposito,  questa  Corte  osserva  che,  effettivamente,  la
censura da ultimo richiamata si presenta con caratteri di diversita',
e quindi di novita', rispetto a quelle in precedenza prospettate.
    9.  -  Tanto  premesso,  in  relazione al merito, la questione di
costituzionalita'  deve esser dichiarata manifestamente infondata con
riguardo alle censure che, come si e' accennato, ripropongono profili
di incostituzionalita' gia' sottoposti al vaglio di questa Corte.
    Cio'   a   prescindere   dal   fatto  che  il  rimettente  chiede
sostanzialmente  alla  Corte una pronuncia non meramente caducatoria,
ma  manipolativo-creativa, dal momento che il suo obiettivo e' quello
di  ottenere  una  decisione  che  sostituisca il criterio scelto dal
legislatore  regionale, con un intervento correttivo, a contenuto non
obbligato,  che  presuppone  una valutazione discrezionale, come tale
evidentemente   riservata  al  solo  legislatore  e  per  definizione
preclusa, invece, a questa Corte.
    10.  -  Orbene,  come  risulta dalla sentenza n. 111 del 2005, lo
stesso  Tribunale  amministrativo  regionale  aveva gia' censurato la
norma   de  qua  sotto  il  profilo  della  violazione  dei  principi
fondamentali  fissati dal d.lgs. n. 502 del 1992, ipotizzando come il
riferimento  ai  volumi di prestazioni sanitarie erogate nel 1998 (ed
al limite derivante dalla relativa spesa complessiva, sostenuta nello
stesso  anno)  determinasse una inammissibile sfasatura temporale tra
tali elementi e gli effettivi volumi di prestazioni (nonche' la spesa
corrispondente)  relativi  all'anno 2003,  senza  che  il legislatore
regionale  avesse  tenuto  in  alcun  conto l'andamento della domanda
registrato nel quinquennio intercorso tra il 1998 ed il 2003.
    A  tal  riguardo,  va  chiarito  che  questa Corte, con la citata
sentenza  n. 111  del  2005,  ha interpretato la norma censurata «nel
senso  che,  ai  fini della remunerazione per intero a valori attuali
(riferiti  cioe'  all'anno in cui effettivamente le prestazioni siano
state rese), i volumi delle prestazioni medesime, vale a dire la loro
quantita'  e,  correlativamente,  la  spesa  complessiva, non possono
essere superiori a quelli del 1998»; si e', pertanto, ritenuto che il
riferimento  all'anno 1998,  contenuto  nell'art. 30,  comma 4,  deve
essere   inteso   con  riguardo  sia  ai  volumi  quantitativi  delle
prestazioni sanitarie erogate, sia alla complessiva spesa sostenuta.
    Inoltre,   come  questa  Corte  ha  riconosciuto  con  la  citata
sentenza,  tale riferimento si presenta come «il frutto, da parte del
legislatore  regionale,  di  una  scelta  discrezionale  di  politica
sanitaria e di contenimento della spesa, la quale, tenuto conto della
ristrettezza  delle  risorse  finanziarie  dirette  a  soddisfare  le
esigenze   del   settore,   non   risulta   viziata   da   intrinseca
irragionevolezza».
    11.   -   Con   riguardo   al  nuovo  profilo  di  illegittimita'
costituzionale dell'art. 30, comma 4, della legge reg. n. 4 del 2003,
proposto  dal Tribunale amministrativo regionale pugliese, e cioe' la
mancanza  di  criteri che privilegino la meritevolezza, in ragione di
una  necessaria  comparazione  tra  tutte le strutture sanitarie, sia
pubbliche  che private, come, invece, stabilito dall'art. 8-quinquies
del  d.lgs. n. 502 del 1992, al fine, ad esempio, di fissare un tetto
montante  superiore  o  inferiore  rispetto  al  valore attuale delle
prestazioni rese nel 1998, la questione non e' fondata.
    12.  - Va rilevato, innanzitutto, che non vi e' corrispondenza di
ambiti  tra  la  norma  regionale censurata e la disposizione statale
dalla  quale  si  pretenderebbe  ricavare i principi fondamentali che
sarebbero stati violati.
    In  effetti,  l'art. 8-quinquies  del  d.lgs. n. 502 del 1992 non
puo'  essere  invocato  a sostegno dell'illegittimita' costituzionale
della  norma  de  qua,  dal momento che il criterio della valutazione
comparativa  dei  costi e della qualita' del servizio, al quale detto
comma  si richiama, attiene alla fase di determinazione dei volumi di
prestazioni che ogni AUSL intende acquistare dalle strutture presenti
sul  territorio,  mentre  la norma regionale, ora oggetto di censura,
riguarda  il  diverso  momento  della remunerazione delle prestazioni
rese  dalle strutture sanitarie in eccedenza rispetto ai quantitativi
risultanti  dai  programmi  preventivamente  concordati. Ne' e' senza
rilievo  la  considerazione  che  anche  la  suddetta  norma  statale
risponde  ad  una  ratio di programmazione e contenimento della spesa
sanitaria,   stabilendo   che   gli  accordi  e  i  contratti  devono
individuare  preventivamente  il  corrispettivo  da erogare (comma 2,
lettera d)  e rimettendo alle Regioni (comma 1, lettera d) il compito
di fissare i «criteri per la determinazione della remunerazione delle
strutture  ove queste abbiano erogato volumi di prestazioni eccedenti
il   programma   preventivo   concordato,  tenuto  conto  del  volume
complessivo  di  attivita'  e  del  concorso  allo stesso da parte di
ciascuna struttura».
    13.  -  Neppure  e'  senza  significato  che  dall'esame di varie
disposizioni  della  legislazione  sanitaria  statale, emerga come in
piu'  occasioni  il legislatore abbia fatto riferimento al sistema di
determinazione  della  spesa  sanitaria  sulla  base del dato storico
rappresentato  dall'esborso  effettuato in anni precedenti rispetto a
quello preso in considerazione. E cio' e' avvenuto proprio nella sede
delle   annuali   leggi   finanziarie,   vale  a  dire  in  una  sede
specificatamente  destinata alla fissazione dei principi in ordine al
finanziamento  della spesa necessaria per l'espletamento del servizio
di assistenza sanitaria in favore della popolazione.
    Al   riguardo,   si   puo'  richiamare,  come  capofila  di  tale
orientamento,   la   legge   23 dicembre   1994,  n. 724  (Misure  di
razionalizzazione  della  finanza pubblica), la quale, nel Capo I, la
cui  rubrica  reca  «Disposizioni  in materia sanitaria», all'art. 6,
comma 1,  ha  previsto che «la spesa per l'acquisto di beni e servizi
non   puo'   superare,  a  livello  regionale,  l'importo  registrato
nell'esercizio  1993 ridotto del 18 per cento per l'anno 1995, del 16
per cento per l'anno 1996 e del 14 per cento per l'anno 1997».
    Deve, altresi', essere richiamato anche l'art. 1, comma 32, della
legge  23 dicembre  1996  n. 662  (Misure  di razionalizzazione della
finanza  pubblica),  secondo  cui  «le Regioni, per l'esercizio 1997,
nell'ambito  delle  funzioni  previste  dall'articolo 2, comma 2, del
decreto   legislativo   30 dicembre   1992,   n. 502,   e  successive
modificazioni,   individuano,  nel  rispetto  dei  livelli  di  spesa
stabiliti per l'anno 1996, le quantita' e le tipologie di prestazioni
sanitarie  che  possono essere erogate nelle strutture pubbliche e in
quelle private».
    Il   criterio,   dunque,  di  ancorare  l'ammontare  della  spesa
sanitaria  ai  dati storici concernenti gli stanziamenti previsti per
anni  precedenti  e'  stato  piu'  volte  seguito  dalla legislazione
statale.  Ne e' prova, tra l'altro, la circostanza che, da ultimo, la
legge  27 dicembre  2006,  n. 296 (Disposizioni per la formazione del
bilancio  annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2007)
all'art. 1, comma 565, lettera a), ha reiterato il suddetto criterio,
stabilendo  che  «gli  enti  del  Servizio  sanitario nazionale [...]
concorrono  alla  realizzazione  degli  obiettivi di finanza pubblica
adottando  misure  necessarie a garantire che le spese del personale,
al  lordo  degli  oneri  riflessi  a  carico  delle amministrazioni e
dell'IRAP,  non superino per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009 il
corrispondente   ammontare   dell'anno 2004  diminuito  dell'1,4  per
cento».
    Alla luce delle considerazioni che precedono, non puo' ritenersi,
in  conclusione,  che  la censurata disposizione della Regione Puglia
possa  considerarsi  in contrasto con un principio fondamentale della
legislazione  statale  e,  in  particolare,  con  l'art. 8-quinquies,
comma 2,  del  d.lgs.  n. 502  del 1992, in riferimento all'art. 117,
terzo comma, della Costituzione.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Riuniti i giudizi,
    Dichiara  manifestamente  infondata  la questione di legittimita'
costituzionale  dell'art. 30,  comma 4,  della  legge  della  Regione
Puglia  7 marzo  2003,  n. 4  (Disposizioni  per  la  formazione  del
bilancio  di  previsione 2003  e bilancio pluriennale 2003-2005 della
Regione  Puglia),  sollevata,  in riferimento agli artt. 3, 97 e 117,
terzo   comma,   della  Costituzione,  dal  Tribunale  amministrativo
regionale  della  Puglia, sezione staccata di Lecce, con le ordinanze
indicate in epigrafe;
    Dichiara  non fondata la questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 30,  comma 4,  della  legge  della  Regione Puglia n. 4 del
2003,  sollevata,  in  riferimento  all'art. 117,  terzo comma, della
Costituzione,  dal  Tribunale  amministrativo regionale della Puglia,
sezione staccata di Lecce, con le ordinanze indicate in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 20 giugno 2007.
                         Il Presidente: Bile
                       Il redattore: Quaranta
                      Il cancelliere: Di Paola
    Depositata in cancelleria il 6 luglio 2007.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
                                                             Allegato
           Ordinanza letta all'udienza del 19 giugno 2007
    Rilevato che nel giudizio di cui all'ordinanza n. 566 del 2005 e'
intervenuta la Federlab Italia, con atto depositato il 6 giugno 2007;
    Considerato  che,  secondo  il  costante  orientamento  di questa
Corte,  sono  inammissibili  gli interventi proposti oltre il termine
stabilito  dall'art. 25  della  legge 11 marzo 1953, n. 87, computato
secondo  quanto  previsto  dall'art. 3  delle norme integrative per i
giudizi davanti alla Corte costituzionale; tale termine, infatti, per
costante orientamento di questa Corte, e' di natura perentoria (cfr.,
ex multis, sentenza n. 190 del 2006);
        che  essendo  questa  la  situazione  che ricorre nel caso di
specie, l'intervento deve essere dichiarato inammissibile.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara inammissibile l'intervento della Federlab Italia.
                         Il Presidente: Bile
07C0919