N. 261 ORDINANZA 20 giugno - 6 luglio 2007

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Processo penale - Appello - Modifiche normative - Possibilita' per il
  pubblico  ministero  di  proporre  appello  contro  le  sentenze di
  proscioglimento  - Esclusione - Applicazione della nuova disciplina
  ai  procedimenti  in  corso  alla  data  di entrata in vigore della
  novella  -  Lamentata violazione dei principi di ragionevolezza, di
  parita'  delle  parti nel processo e di obbligatorieta' dell'azione
  penale    -    Sopravvenuta    dichiarazione    di   illegittimita'
  costituzionale  della  norma censurata - Restituzione degli atti ai
  giudici rimettenti.
- Cod.  proc.  pen.,  art. 593,  comma 2, come sostituito dall'art. 1
  della legge 20 febbraio 2006, n. 46.
- Costituzione, artt. 3, 111, comma secondo, e 112.
(GU n.27 del 11-7-2007 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Franco BILE;
  Giudici:  Giovanni  Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO,
Paolo  MADDALENA,  Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO,
Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE,
Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di legittimita' costituzionale dell'art. 593, comma 2,
del  codice  di  procedura  penale, come sostituito dall'art. 1 della
legge  20 febbraio  2006,  n. 46  (Modifiche  al  codice di procedura
penale,   in   materia   di   inappellabilita'   delle   sentenze  di
proscioglimento),  promosso  con  ordinanza  del 16 giugno 2006 dalla
Corte  di  appello  di Messina nel procedimento penale a carico di P.
S.,  iscritta al n. 64 del registro ordinanze 2007 e pubblicata nella
Gazzetta   Ufficiale   della  Repubblica  n. 9,  1ª  serie  speciale,
dell'anno 2007.
    Udito  nella  Camera  di  consiglio  del 6 giugno 2007 il giudice
relatore Giovanni Maria Flick.
    Ritenuto  che  la  Corte  di  appello di Messina ha sollevato, in
riferimento   agli   artt. 3,   111,   secondo  comma,  e  112  della
Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 593,
comma 2,  del codice di procedura penale, come sostituito dall'art. 1
della legge 20 febbraio 2006, n. 46 (Modifiche al codice di procedura
penale,   in   materia   di   inappellabilita'   delle   sentenze  di
proscioglimento),  «nella parte in cui preclude al pubblico ministero
la possibilita' di appellare contro le sentenze di proscioglimento»;
        che  la Corte di appello rimettente - chiamata a celebrare il
giudizio  di  secondo  grado  su  impugnazione del pubblico ministero
avverso  una  sentenza  di  assoluzione  -  adduce la rilevanza della
questione  di  costituzionalita',  stante la prescrizione, ex art. 10
della  citata  novella  n. 46  del 2006, della immediata applicazione
delle   nuove   norme   in   materia  di  inappellabilita'  anche  ai
procedimenti in corso;
        che,  quanto  al profilo della non manifesta infondatezza, il
giudice  a  quo  argomenta  innanzitutto  il  contrasto  della  norma
censurata  con  il  principio  di ragionevolezza espresso nell'art. 3
Cost.;
        che,  infatti,  i limiti all'appellabilita' delle sentenze di
proscioglimento   introdotti   dalla   legge  n. 46  del  2006  «solo
apparentemente»  soddisferebbero  «l'esigenza  di  parita'  garantita
dalla   disposizione  costituzionale»,  posto  che,  in  realta',  e'
unicamente  con  riferimento  all'organo  dell'accusa che tali limiti
assumono  «preponderanza e rilievo centrale», avendo solo il pubblico
ministero  interesse  ad  impugnare le sentenze di proscioglimento ed
essendo  gia' in precedenza inibito all'imputato l'impugnazione delle
sentenze di proscioglimento con formula piena;
        che  il  rimettente - consapevole della costante affermazione
della  Corte costituzionale secondo cui il principio di parita' delle
parti  nel  processo  non comporta necessariamente identita' dei loro
poteri  processuali  e  che  disparita' di trattamento sono possibili
purche'  trovino  «una  giustificazione  che  risponda  a  criteri di
ragionevolezza»  -  ritiene  che,  nel  caso  di  specie,  la  scelta
legislativa sia priva di ragionevole giustificazione;
        che   la   disciplina   censurata   si   risolverebbe   nella
soppressione  di  un mezzo di impugnazione a danno di una sola parte,
portatrice per di piu' «non di un interesse proprio bensi' di istanze
di  legalita'  e di difesa sociale», con conseguente violazione anche
del  principio  della  parita'  tra  le  parti sancito dall'art. 111,
comma 2, della Costituzione;
        che,  inoltre,  l'art. 593,  come  novellato, risulterebbe in
contrasto  con  il  principio  di  obbligatorieta' dell'azione penale
sancito dall'art. 112 della Costituzione.
    Considerato  che  il  dubbio  di  costituzionalita'  sottoposto a
questa Corte ha per oggetto la preclusione, conseguente alla modifica
dell'art. 593  del  codice  di  procedura penale ad opera dell'art. 1
della  legge  20 febbraio  2006,  n. 46,  dell'appello delle sentenze
dibattimentali di proscioglimento da parte del pubblico ministero;
        che,  successivamente  all'ordinanza  di  rimessione,  questa
Corte,  con  sentenza  n. 26 del 2007, ha dichiarato l'illegittimita'
costituzionale   dell'art. 1  della  legge  20 febbraio  2006,  n. 46
(Modifiche   al   codice   di   procedura   penale,   in  materia  di
inappellabilita'  delle sentenze di proscioglimento), «nella parte in
cui,  sostituendo  l'art. 593 del codice di procedura penale, esclude
che  il  pubblico  ministero  possa  appellare  contro le sentenze di
proscioglimento,    fatta   eccezione   per   le   ipotesi   previste
dall'art. 603,  comma 2,  del  medesimo  codice, se la nuova prova e'
decisiva»,  e  dell'art. 10,  comma 2,  della  citata legge n. 46 del
2006,  «nella  parte in cui prevede che l'appello proposto contro una
sentenza  di  proscioglimento dal pubblico ministero prima della data
di   entrata   in   vigore   della   medesima   legge  e'  dichiarato
inammissibile»;
        che, alla stregua della richiamata pronuncia di questa Corte,
gli  atti devono essere pertanto restituiti al giudice rimettente per
un nuovo esame della rilevanza della questione.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Ordina  la  restituzione  degli  atti  alla  Corte  di appello di
Messina.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 20 giugno 2007.
                         Il Presidente: Bile
                         Il redattore: Flick
                      Il cancelliere: Di Paola
    Depositata in cancelleria il 6 luglio 2007.
              Il direttore della cancelleria: Di paola
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