N. 521 ORDINANZA (Atto di promovimento) 26 febbraio 2007

Ordinanza   emessa  il  26  febbraio  2007  dal  tribunale  di  Udine
sull'istanza proposta da Di Giusto Gloria

Fallimento  e  procedure  concorsuali  -  Riabilitazione civile - Non
  menzione    nei   certificati   del   casellario   giudiziale   dei
  provvedimenti  concernenti  il  fallimento  (in  particolare, della
  sentenza dichiarativa di fallimento) nei casi in cui il fallito sia
  stato  riabilitato  con  sentenza  definitiva - Istanza di soggetto
  dichiarato  fallito  presentata  in  data successiva all'entrata in
  vigore  del  decreto  legislativo  n. 5 del 2006 che ha abrogato il
  procedimento   di   riabilitazione   -   Omessa   previsione  della
  possibilita',  per i soggetti dichiarati falliti anteriormente alla
  data  di  entrata  in vigore del decreto legislativo n. 5 del 2006,
  che  alla  stessa  data  non  avessero gia' ottenuto la sentenza di
  riabilitazione  civile,  nonche'  per i soggetti dichiarati falliti
  successivamente  all'entrata  in  vigore  del  predetto decreto, di
  conseguire   la   non   menzione  della  sentenza  dichiarativa  di
  fallimento  nei  certificati del casellario giudiziale - Denunciata
  violazione  dei  principi  di  uguaglianza  e  di  ragionevolezza -
  Asserita lesione del diritto di agire in giudizio.
- Decreto  legislativo 9 gennaio 2006, n. 5, artt. 17, 47, 128, 129 e
  150;  regio  decreto  [recte:  d.P.R.]  14 novembre  2002,  n. 313,
  artt. 24, 25 e 26.
- Costituzione, artt. 3, primo comma, e 24, primo comma.
(GU n.28 del 18-7-2007 )
                            IL TRIBUNALE

    Nel procedimento per riabilitazione civile n. 18/06, ha emesso la
seguente ordinanza.
    Vista l'istanza presentata da Di Giusto Gloria in data 10 ottobre
2006  per  ottenere la sentenza di riabilitazione civile ex art. 143,
di cui al r.d. 16 marzo 1942, n. 267;
    Visto il parere del p.m.;
    Rilevato  che  la  ricorrente  era  stata  dichiarata fallita con
sentenza  di data 5 giugno 1991 da questo tribunale e che con decreto
di  data  19 ottobre 2000 la procedura fallimentare veniva dichiarata
chiusa, per avvenuta ripartizione finale dell'attivo;
    Rilevato  che  la  ricorrente, essendo decorso il termine fissato
dall'art. 143,  n. 3  legge  fall.,  ha depositato l'istanza prevista
dall'art. 142 legge fall.;
    Rilevato  che con l'abolizione del pubblico registro dei falliti,
a   seguito   dell'abrogazione  dell'art. 50  legge  fall.,  disposta
dall'art. 47  del d.lgs. 9 gennaio 2006, n. 5, vengono meno tutti gli
aspetti  sanzionatori personali connessi con l'iscrizione del fallito
nel  predetto  registro  e le conseguenti incapacita', essendo venute
meno  tutte le incapacita' personali che colpivano il fallito, con le
sole  limitazioni previste dai novellati artt. 48 e 49 legge fall. in
tema  di  corrispondenza e di liberta' di circolazione, in attuazione
del  principio  contenuto  nell'art. 1, sesto comma, n. 4 della legge
delega  14 maggio  2005,  n. 80 ( «... modificare la disciplina delle
conseguenze   personali   del   fallimento,  eliminando  le  sanzioni
personali  e prevedendo che le limitazioni alla liberta' di residenza
e  di  corrispondenza  del  fallito siano connesse alle sole esigenze
della   procedura»)   e   parimenti  che  a  seguito  dell'abolizione
dell'art. 2, primo comma, lettera a) del d.P.R. n. 223/1967 contenuta
nell'art. 152  del  d.lgs.  n. 5/2006  e' stata soppressa la prevista
incapacita'  del  fallito  di  esercitare  il  diritto  di  voto e di
consulenza  per  la  circolazione  dei  mezzi di trasporto, contenuta
nella lettera e) dell'art. 3 della legge 8 agosto 1991, n. 264;
    Rilevato in particolare che in precedenza il fallito era iscritto
nel  pubblico  registro  dei  falliti  tenuto  presso  il  tribunale,
disciplinato  dall'art. 697  del  precedente codice di commercio (non
essendo  le  norme  sul  pubblico registro dei falliti previste dalla
legge  del  1942  mai  state emanate) e tale iscrizione comportava le
incapacita' previste dalla legge, fino a quando non veniva cancellata
per revoca del fallimento o per la pronunzia di riabilitazione;
    Considerato   che   nel   vigore   della   precedente  disciplina
dall'apertura  della  procedura  concorsuale  derivavano una serie di
incapacita'   personali   conseguenti   all'iscrizione  nel  pubblico
registro  dei falliti, che aveva valore costitutivo e comportavano la
perdita  dell'elettorato  attivo e passivo, nonche' delle limitazioni
alla  capacita'  di  esercitare determinate professioni, per le quali
era  prevista l'iscrizione in appositi albi e di assumere determinati
uffici,  quale quello di tutore, di curatore, di giudice popolare, di
amministratore  e  sindaco di societa' per azioni, di liquidatore, di
rappresentante  comune  degli obbligazionisti, di curatore ex art. 28
legge fall., di arbitro, agente di cambio ecc.;
    Rilevato   in   particolare   che   le   incapacita'   derivavano
indirettamente  dal  fatto  che la legge richiedeva, al fine di poter
ricoprire  determinati uffici o cariche pubbliche, o per l'iscrizione
in   determinati   elenchi   o   albi   professionali,  il  requisito
dell'esercizio  o  del pieno esercizio dei diritti civili e politici,
la  cui  privazione,  collegata alla dichiarazione di fallimento, era
sancita  dall'art. 2,  primo  comma, lettera a) del t. u. delle leggi
per la disciplina dell'elettorato attivo di cui al d.P.R. n. 223/1967
(che comportava l'incapacita' per il fallito di esercitare il diritto
di  voto  per  cinque  anni),  con  la conseguenza che il fallito non
poteva   ad  esempio  esercitare  l'attivita'  di  avvocato,  dottore
commercialista,  ragioniere,  mediatore,  agente  e rappresentante di
commercio, ne' svolgere professioni sanitarie, di magistrato, giudice
di  pace,  cancelliere, impiegato dello Stato, venditore di generi di
monopolio, ecc..., secondo le svariate previsioni delle singole leggi
speciali;
    Considerato  per  contro  che  non  sussiste,  ne'  sussisteva in
passato,  per  effetto  del  fallimento,  il divieto di esercitare la
professione  di  imprenditore  commerciale,  in quanto questo divieto
derivava  e deriva dalla condanna penale per bancarotta, che comporta
l'inabilitazione  all'esercizio  dell'impresa  commerciale  per dieci
anni  in  caso di bancarotta fraudolenta e fino a due anni in caso di
bancarotta  semplice,  salve  specifiche  previsioni di singole leggi
speciali sui requisiti di «moralita» o godimento dei diritti civili e
politici;
    Rilevato  che a seguito dell'abolizione del pubblico registro dei
falliti  e  delle correlate incapacita' previste dalla legge (art. 50
legge  fall.)  e  del  procedimento  di riabilitazione previsto dagli
artt. 142  -  145  del  testo  previgente  della  legge  fall.,  oggi
sostituito dal procedimento di esdebitazione, nonche' dell'abolizione
del  richiamato art. 2, comma primo, lettera a) del testo unico delle
leggi  per  la disciplina dell'elettorato attivo e per la tenuta e la
revisione  delle  liste  elettorali,  di cui al d.P.R. 20 marzo 1967,
n. 223  (v.  art. 152,  d.lgs. n. 5/2006), oltre a essere venute meno
tutele  incapacita'  previste  dalla legge (salve le singole ipotesi,
non connesse all'iscrizione nel registro dei falliti, come ad esempio
quella  prevista dall'art. 28, primo comma, lettera c)per la nomina a
curatore),  le  residue  incapacita'  personali  del fallito, cessano
automaticamente con la semplice chiusura del fallimento;
    Rilevato  che  parimenti  anche gli aspetti sanzionatori connessi
con   le  condizioni  di  «moralita»  relative  a  non  essere  stati
dichiarati  falliti,  richieste  dalla normativa di settore, appaiono
venute  meno,  dopo  l'abolizione  sia  del registro dei falliti, sia
della  procedura  di  riabilitazione  (v.  ad  esempio  la  l. r. del
Friuli-Venezia  Giulia, 5 dicembre 2005, n. 29, che all'art. 6, primo
comma,   lettera   a)  prevedeva  che  «...  non  possono  esercitare
l'attivita'  commerciale  in  sede  fissa  o sulle aree pubbliche: a)
coloro che siano stati dichiarati falliti, salvo che abbiano ottenuto
la riabilitazione», ecc...);
    Rilevato  d'altro  canto  che la procedura di riabilitazione deve
ritenersi  definitivamente  abrogata,  anche  per  i  fallimenti gia'
chiusi  alla  data di entrata in vigore del d.lgs. n. 5/2006, (pur in
assenza di una dichiarazione espressa del d.lgs. n. 5/2006), non solo
per  il  venir  meno  degli aspetti sanzionatori prima esaminati, che
devono  necessariamente  essere applicati a tutti i soggetti falliti,
ma  anche  perche'  agli  artt. 142  -  145 vecchio testo della legge
fallimentare,  non  puo'  certamente  essere  applicato  il principio
dell'ultrattivita'    sancito    dall'art. 150    della    disciplina
transitoria,  che  attiene  ai  soli  procedimenti di fallimento e di
concordato fallimentare pendenti alla data di entrata in vigore della
nuova disciplina, che vanno definiti secondo la legge anteriore e non
alla  procedura  di riabilitazione (ivi non menzionata) e attinente a
procedure  concorsuali necessariamente gia' definite, con l'emissione
del  relativo decreto di chiusura e quindi non rientranti nell'ambito
dell'art. 150,   atteso   che   il   procedimento  di  riabilitazione
presuppone   la   chiusura   del   fallimento   e  anche  per  logico
coordinamento  fra  le  norme,  dato  che l'abrogazione dell'art. 50,
operata  dall'art. 47  del  d.lgs.  n. 5/2006,  che  ne costituiva il
presupposto,  fa  conseguentemente venir meno anche la necessita' del
procedimento di riabilitazione;
    Rilevato,  sotto tale profilo, che il legislatore ha ben chiarito
nella  relazione  illustrativa  al  decreto  legislativo,  recante la
riforma  organica delle procedure concorsuali all'art. 151 (150), che
in  attuazione del principio della legge delega, sono stati soppressi
il  pubblico  registro  dei falliti e il propedeutico procedimento di
riabilitazione,  oltre  all'incapacita'  di  esercitare il diritto di
voto,   con  le  conseguenti  limitazioni  legate  al  mancato  pieno
godimento  dei  diritti  civili  e politici, rendendo evidente la non
necessita' del procedimento di riabilitazione, anche per i fallimenti
gia' chiusi alla data di entrata in vigore della novellata normativa;
    Rilevato,   tuttavia,   che   con  la  chiusura  della  procedura
fallimentare, aperta sotto il vigore della precedente disciplina, pur
cessando  automaticamente  tutte  le residue incapacita' del fallito,
non  e'  possibile  cancellare  (c.d.  non  menzione  nel  casellario
generale  e  in  quello civile) dal casellario giudiziale la sentenza
dichiarativa  di  fallimento iscritta a mente degli artt. 17, secondo
comma  legge  fall.  (nel testo vigente anteriormente all'abrogazione
disposta  dall'art. 52  del  d.P.R.  14 novembre 2002, n. 313) e 686,
primo  comma,  lettera  b),  n. 2),  ed  oggi sulla base dell'art. 3,
lettera  q)  del citato T. U. n. 313/2002, dato che tale eliminazione
(o  non  menzione)  e'  tutt'ora  possibile solamente o per la revoca
della  dichiarazione  di fallimento (art. 5, lettera l) del T. U. ) o
per  la  riabilitazione  civile  ottenuta  con  sentenza  passata  in
giudicato  (v.  artt. 24,  25, lettera n) e 26, lettera b) del d.P.R.
14 novembre  2002,  n. 213, dettato in tema di casellario giudiziale,
che  ha  abrogato le norme del codice di procedura penale di cui agli
artt. 685  - 690, oltre che l'art. 17, secondo comma legge fall., nel
testo anteriormente vigente);
    Rilevato che dopo l'abrogazione dell'ultimo periodo dell'art. 17,
secondo  comma,  legge  fall.,  intervenuta  con l'art. 52 del d.P.R.
n. 313/2002, (T. U. delle disposizioni legislative e regolamentari in
materia  di  casellario  giudiziale),  la  sentenza  dichiarativa  di
fallimento  deve  venir  iscritta  nel  casellario giudiziale a mente
dell'art. 3,   lettera q)   del   citato   T.  U.,  mentre  la  nuova
disposizione   dell'art. 17   legge   fall.,  introdotta  dal  d.lgs.
n. 5/2006   pur  confermando,  coerentemente  con  lo  spirito  della
riforma,  l'assenza di qualsiasi riferimento alle norme del T. U. sul
casellario giudiziale, nulla innova, ne' precisa al riguardo;
    Rilevato   per   contro   che  la  non  menzione  della  sentenza
dichiarativa di fallimento, tanto nel casellario generale, quanto nel
casellario  penale e in quello civile a richiesta dell'interessato e'
tutt'ora  possibile  solamente  nel  caso  in  cui  il  fallito abbia
ottenuto  con sentenza definitiva la riabilitazione civile (v. i cit.
artt. 24, 25, lettera n) e 26, lettera b) del T. U. n. 313/2002), con
la  conseguenza  che anche per i fallimenti dichiarati dopo l'entrata
in  vigore della novella, a seguito dell'abrogazione del procedimento
di riabilitazione, non e' piu' possibile ottenere la non menzione nel
casellario  giudiziale,  in  assenza di un qualsiasi procedimento che
consenta  all'autorita'  giudiziaria  di  provvedere  in tal senso, a
seguito della chiusura del fallimento;
    Considerato,  pertanto,  che  se  da  un lato sono venute meno le
ragioni  che  rendevano  necessaria  la  procedura di riabilitazione,
dall'altro lato la permanenza in vigore sia delle norme del T. U. che
prevedono  l'iscrizione della sentenza dichiarativa di fallimento nel
casellario  giudiziale, sia delle norme che prevedono la eliminazione
o   la  non  menzione  della  sentenza  dichiarativa  di  fallimento,
solamente in seguito o a sentenza definitiva di revoca del fallimento
o a sentenza definitiva di riabilitazione civile, non consentono piu'
la  cancellazione dal casellario giudiziale di tale formalita', anche
dopo  la  chiusura  della  procedura,  con  palese compromissione dei
diritti  civili  delle  persone  sottoposte  a  fallimento  e  chiara
contrarieta'  allo  spirito  della  riforma,  che intendeva eliminare
tutte le conseguenze sanzionatorie connesse al fallimento;
    Considerato  in  particolare che l'abolizione del procedimento di
riabilitazione previsto dagli originari artt. 142 - 145, legge fall.,
comporta  anche  per  i  soggetti  falliti  dichiarati  con  le norme
anteriormente  in vigore che non avessero ancora maturato i requisiti
per  richiedere  la riabilitazione prima dell'abolizione del relativo
procedimento o che, comunque, non avessero presentato al tribunale la
relativa  istanza  prima  del 16 luglio 2006, come nel caso in esame,
ove  la  ricorrente  ha  depositato  l'istanza  dopo l'abolizione del
procedimento  di  riabilitazione,  l'impossibilita'  di  ottenere  la
cancellazione   (non   menzione)   della   sentenza  dichiarativa  di
fallimento dal casellario giudiziale;
    Considerato  che  tale situazione crea una palese e inammissibile
disparita'  di trattamento, non solo fra coloro che hanno ottenuto la
riabilitazione  prima  della data del 16 luglio 2006 e coloro che non
hanno  ottenuto tale pronunzia, per i fallimenti sottoposti al vigore
della  legge  fallimentare  del 1942, ma anche con coloro che vengono
dichiarati  falliti  dopo l'entrata in vigore della novella, (nei cui
confronti  non e' piu' paradossalmente possibile eliminare, una volta
chiuso  il  fallimento,  l'aspetto  sanzionatorio dell'iscrizione nel
casellario),  con  conseguente  violazione dell'art. 3, primo comma e
dell'art. 24, primo comma della Costituzione, non solo per disparita'
di  trattamento, ma anche per illogicita' delle predette disposizioni
e  violazione  del  diritto  di  agire  in giudizio per la tutela dei
propri  interessi,  avendo previsto il legislatore nella legge delega
che  la  nuova legge fallimentare, nel modificare la disciplina delle
conseguenze  personali  del  fallimento,  si  ispirasse  al principio
dell'eliminazione   degli   effetti   sanzionatori   della  procedura
concorsuale;
                              P. Q. M.
    Visto l'art. 23 della legge n. 87/1953;
    Dichiara  rilevante  e  non  manifestamente  infondata e pertanto
solleva  d'ufficio  la  questione di legittimita' costituzionale, con
riferimento  agli artt. 3 e 24 della Costituzione degli artt. 17, 47,
128, 129 e 150 del d.lgs. 9 gennaio 2006, n. 5 e degli artt. 24, 25 e
26   r.   d.  n. 313/2002,  nella  parte  in  cui  non  prevedono  la
possibilita',   per   i  soggetti  dichiarati  falliti  anteriormente
all'entrata  in  vigore  della  riforma della legge fallimentare, che
alla   stessa   data  non  avessero  gia'  ottenuto  la  sentenza  di
riabilitazione  civile,  nonche'  per  i  soggetti dichiarati falliti
successivamente  all'entrata  in  vigore  del  d.lgs.  n. 5/2006,  di
conseguire  la non menzione della sentenza dichiarativa di fallimento
nel  certificato  generale del casellario giudiziale, nel certificato
penale  e  in  quello  civile  a richiesta dell'interessato a seguito
della chiusura della procedura concorsuale;
    Sospende il procedimento in corso;
    Dispone   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla  Corte
costituzionale;
    Ordina  alla cancelleria di notificare la presente ordinanza alle
parti  in  causa, al p. m., al Presidente del Consiglio dei ministri,
nonche' ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.
    Si comunichi a cura della cancelleria.
        Udine, addi' 2 febbraio 2007
                         Il Presidente: Cola
Il giudice estensore: Pellizzoni
07C0931