N. 526 ORDINANZA (Atto di promovimento) 26 febbraio 2007

Ordinanza  emessa  il 26 febbraio 2007 dal tribunale dei minorenni di
Sassari nel procedimento relativo a D. G. ed altri

Processo  penale  -  Processo penale a carico di imputati minorenni -
  Applicazione,  specialmente applicazione provvisoria, di una misura
  di  sicurezza,  anche nei confronti dei minori infraquattordicenni,
  senza  previsione  di  alcun limite minimo di eta' - Violazione del
  principio  di  tutela dell'infanzia e della gioventu' - Lesione dei
  diritti   inviolabili   dell'uomo   -  Violazione  dell'obbligo  di
  rimuovere  gli  ostacoli  al  pieno  sviluppo della persona umana -
  Contrasto  con  il  principio  di conformita' alle norme di diritto
  internazionale    generalmente   riconosciute   -   Disparita'   di
  trattamento  rispetto ai maggiorenni sotto il profilo processuale -
  Lesione  del  diritto  di  difesa  - Violazione del principio della
  tempestiva  informazione  sull'accusa  - Contrasto con il principio
  del contraddittorio tra le parti.
- Codice  penale,  artt. 206 e 224; d.P.R. 22 settembre 1988, n. 448,
  artt. 37 e 38.
- Costituzione, artt. 2, 3, 10, 24, 31 e 111.
(GU n.28 del 18-7-2007 )
                    IL TRIBUNALE PER I MINORENNI

    Ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento iscritto al
n. 1/07  Mod.  51,  per  applicazione di misura di sicurezza ai sensi
dell'art. 38 del d.P.R. 22 settembre 1988, n. 448 relativo ai minori:
D. G., nato a Tempio Pausania il 24 maggio 1993; D. M., nato a Tempio
Pausania  il  15  settembre  1995;  M.R.P. nato a Sassari il 6 agosto
1993,  difesi:  D.  G.  e D. M. dall'avv. Vittorio Campus del Foro di
Sassari, M. R. P. dall'avv. Pietro Diaz del Foro di Sassari.
    Vista la sentenza in data 22 gennaio 2007 con la quale il giudice
per  le  indagini preliminari presso questo tribunale per i minorenni
ha dichiarato, ai sensi dell'art. 26 del d.P.R. n. 448/1988 non luogo
a  procedere nei confronti di D. G. (13 anni), D. M. (11 anni), M. R.
P.  (13  anni)  -  sottoposti ad indagini preliminari in relazione ai
reati  di  cui agli artt. 81 c.p.v., 110, 609-bis, commi 1 e 2, n. 1,
609-ter n. 2, 609-octies c.p. nei confronti della minore S.S. (nata a
Tempio  Pausania il 12 febbraio 1997), fatto commesso in concorso con
altri  quattro  minori non imputabili (P. M., nato il 28 luglio 1997;
P.  E.  nato  il  26 marzo 1997; P. E. nato il 17 gennaio 1995; D. A.
nato  il  3  agosto  1994)  - per essere gli stessi non imputabili in
quanto  infraquattordicenni,  ed ha contestualmente, su richiesta del
pubblico  ministero,  applicato  in  via  provvisoria ai suddetti, ai
sensi  degli  artt.  36  e  37  del  d.P.R.  n. 448/1988 la misura di
sicurezza  del  riformatorio giudiziario da eseguirsi nelle forme del
collocamento  in  comunita',  per  la  durata  di un anno, disponendo
altresi'  la  trasmissione degli atti al tribunale per i minorenni ai
fini  dell'instaurazione  del  procedimento  di  cui  all'art. 38 del
citato d.P.R.;
    Letti gli atti del procedimento;
    Dato  atto che all'udienza del 20 febbraio 2007 fissata dinanzi a
questo  tribunale  ai  sensi  dell'art. 38, sono comparsi il pubblico
ministero,  i  minori, i loro difensori, i genitori, i rappresentanti
dell'Ufficio   di   servizio  sociale  per  i  minorenni  di  Sassari
(U.S.S.M.);
    Considerato che in apertura di udienza i difensori dei tre minori
hanno  in  via  preliminare,  eccepito la nullita' della sentenza del
g.i.p.  e  comunque l'inefficacia della misura di sicurezza applicata
in via provvisoria chiedendone conseguentemente la revoca;
    Dato atto che il pubblico ministero ha dedotto l'improponibilita'
delle  eccezioni  preliminari  sollevate dalla difesa e ne ha chiesto
comunque il rigetto;

                            O s s e r v a

    I  difensori  dei  due  D.  e del M. hanno sollevato una serie di
eccezioni  preliminari  di  nullita' della sentenza del g.i.p. con la
quale e' stato dichiarato non luogo a procedere nei confronti dei tre
minori   per   mancanza   di  imputabilita'  per  essere  gli  stessi
infraquattordicenni ed e' stata loro applicata in via provvisoria, ai
sensi dell'art. 37 del d.P.R. n. 448/1988, la misura di sicurezza del
riformatorio  giudiziario. Sintetizzando le articolate considerazioni
della  difesa  si  rileva  che  le  eccezioni  di nullita' si fondano
principalmente sulle seguenti deduzioni:
        la  sentenza  sarebbe viziata da nullita' insanabile ai sensi
del  secondo  comma  dell'art.  178  c.p.p. perche' emessa dal g.i.p.
senza  una  preventiva  richiesta del pubblico ministero, il quale si
era  invece  limitato  a  chiedere l'archiviazione del procedimento e
l'applicazione provvisoria della misura di sicurezza;
        il   g.i.p.   non   avrebbe  potuto  disporre  l'applicazione
provvisoria  della  misura  di  sicurezza,  in quanto il solo giudice
autorizzato  a  farlo  ai  sensi  dell'art. 37 del d.P.R. n. 448/1988
sarebbe  il giudice del giudizio, e quindi il g.u.p. (considerati gli
ampi poteri di definizione del procedimento che la legge riconosce al
g.u.p.   nel   processo   minorile)   oppure  il  tribunale  in  sede
dibattimentale;
        il g.i.p. non avrebbe potuto applicare la misura di sicurezza
senza  aver  preventivamente sentito i minori (dagli atti risulta che
l'unico  minore  le cui dichiarazioni sono state assunte a verbale da
parte della p.g. e' D. G.) e, comunque, una volta applicata la misura
in via provvisoria, avrebbe dovuto disporne l'interrogatorio ai sensi
del  combinato  disposto  degli  artt.  313 e 294 c.p.p. entro cinque
giorni dall'esecuzione, con la conseguenza che, dato che i minori non
sono  invece  mai  stati  interrogati  dal  g.i.p. ne' prima ne' dopo
l'esecuzione,  la  misura  sarebbe  divenuta inefficace, la misura di
sicurezza  sarebbe  divenuta inefficace anche perche' la richiesta di
riesame  proposta  con  separato  ricorso dalla difesa del solo M. ai
sensi  degli  artt. 313 e 309 c.p.p. non e' stata, decisa nei termini
previsti  dall'art.  309 c.p.p., la nullita' e comunque l'inefficacia
della   sentenza  del  g.i.p.  comporterebbero  l'improponibilita'  e
improcedibilita' del procedimento per la verifica della pericolosita'
dinanzi al tribunale per i minorenni;
    La  difesa dei due fratelli D., pur non proponendola formalmente,
ha  invitato  il  tribunale  a  valutare se sollevare la questione di
legittimita'  costituzionale delle norme che prevedono l'applicazione
delle  misure di sicurezza in via provvisoria ai minori per contrasto
con gli artt. 24 e 111 Cost., osservando che in tale materia la legge
riserva  ai  minori garanzie inferiori di quante non ne preveda per i
maggiorenni,  soprattutto  sotto  il  profilo  dell'instaurazione del
contraddittorio e dell'esercizio del diritto di difesa.
    Entrambi  i  difensori hanno comunque chiesto, per tutti i motivi
sopraindicati,  la  revoca della misura di sicurezza nei confronti di
tutti i minori.
    Il  pubblico  ministero  ha  invece  sostenuto l'improponibilita'
delle eccezioni preliminari sollevate dalla difesa e, comunque, ne ha
dedotto  l'infondatezza  sostenendo  la  legittimita'  della sentenza
emessa  dal  g.i.p.  ai  sensi  dell'art. 26 del d.P.R. n. 448/1988 e
osservando  in  proposito che non e' consentito al pubblico ministero
promuovere    l'azione    penale    nei    confronti    del    minore
infraquattordicenne,  sicche' il difetto di imputabilita' per ragioni
di  eta' non potrebbe essere dichiarato dal g.u.p. ne' tantomento dal
tribunale  a seguito di dibattimento. Ha espresso parere contrario in
ordine  all'eventuale  proposizione  della  questione di legittimita'
costituzionale  ritenendola  non  fondata  e  parere  contrario sulla
richiesta di revoca della misura di sicurezza.
    Si  ritiene  innanzitutto  che le eccezioni preliminari sollevate
dalla difesa siano proponibili. Esse attengono infatti a questioni di
nullita'  di ordine generale e assolute e sono pertanto rilevabili in
ogni stato e grado del procedimento, anche d'ufficio, onde evitare la
nullita' di tutti gli atti successivi (artt. 179 e 185 c.p.p.).
    Tali  eccezioni  appaiono pero' infondate. La sentenza del g.i.p.
in  data  22  gennaio  2007  e' infatti conforme al sistema normativo
attualmente vigente in materia.
    Si  osserva in proposito che e' vero che il pubblico ministero ha
presentato  al  g.i.p.  richiesta di archiviazione del procedimento e
contestualmente,   con   separato  atto,  richiesta  di  applicazione
provvisoria della misura di sicurezza e non gli ha invece mai chiesto
la  pronuncia  della  sentenza  ex art. 26 del d.P.R. n. 448/1988, ma
correttamente  il giudice per le indagini preliminari ha risposto con
l'emanazione  della  suddetta  sentenza  di non luogo a procedere per
difetto  di  imputabilita' ex art. 97 c.p. e contestuale applicazione
provvisoria  della  misura di sicurezza. Infatti l'art. 37 del d.P.R.
n. 448/1988  dispone  espressamente  che  l'applicazione  provvisoria
debba  avvenire  con  sentenza,  non  prevedendo  invece le norme sul
processo  minorile  la  possibilita'  di disporla con ordinanza, come
accade per i maggiorenni in virtu' dell'art. 313 del c.p.p.
    Ne' deve meravigliare il fatto che il g.i.p. abbia pronunciato la
suddetta  sentenza  in  difetto  di  richiesta del pubblico ministero
perche'  essa,  come  espressamente  previsto dall'art. 26 del d.P.R.
n. 448/1988,  puo' essere pronunciata anche d'ufficio, ed anzi essere
pronunciata  dal  giudice  anche  d'ufficio in ogni stato e grado del
procedimento  non  appena egli accerti che l'imputato e' minore degli
anni  quattordici. Cio' sia in ossequio alla rubrica dell'art. 26 che
titola «Obbligo dell'immediata declaratoria della non imputabilita» e
soprattutto  in  ossequio  al principio che permea ed ispira tutto il
processo  minorile,  in base al quale al minore (a maggior ragione se
infraquattordicenne) deve essere garantita la piu' rapida fuoriuscita
dal processo penale, a tutela della sua personalita'.
    Si  osserva  anzi  che  la  sentenza  ex  art. 26 viene di regola
pronunciata  proprio dal g.i.p. perche' e' sufficiente l'accertamento
anagrafico sul minore indagato (che si espleta sin dai primi atti del
procedimento)  per  provocarla,  costituendo invece ipotesi puramente
residuale  la  pronuncia  di  tale sentenza da parte del g.u.p. o del
giudice  del  dibattimento  (in  pratica  cioe'  avviene di solito in
ipotesi  di minori stranieri privi di idonei documenti di identita' o
nell'ipotesi,  pur  sempre possibile anche se rara, in cui nella fase
delle indagini preliminari sia sfuggita agli inquirenti al p.m., alla
difesa  e  al  g.i.p.  l'eta'  del  ragazzo). Bene ha fatto dunque il
g.i.p.  a  pronunciare  tale  sentenza  senza  espressa richiesta del
pubblico ministero, in considerazione anche del fatto che la sentenza
era il solo provvedimento con il quale egli avrebbe potuto rispondere
alla  richiesta  (questa  si' esistente) di applicazione della misura
cautelare.
    Nessuna  nullita'  sussiste  inoltre  con  riferimento al secondo
comma  dell'art.  178  c.p.p.,  che  attribuisce al p.m. il potere di
iniziativa nell'esercizio dell'azione penale, perche' e' pacifico che
la pronuncia della sentenza di cui all'art. 26 del d.P.R. n. 448/1988
non  richiede  ne'  comporta l'esercizio dell'azione penale (la quale
mai  potrebbe  essere promossa dal p.m. consapevolmente nei confronti
di un minore degli anni quattordici) ma anzi risponde all'esigenza di
consentire   l'immediata   uscita   del  minore  non  imputabile  dal
procedimento penale.
    Neppure  si condivide la tesi sostenuta dalla difesa secondo cui,
ai  sensi  dell'art. 37  del  d.P.R. n. 448/1988, solo il g.u.p. e il
tribunale  avrebbero potuto disporre l'applicazione provvisoria della
misura   di   sicurezza.  Tale  conclusione  non  e'  consentita  ne'
dall'interpretazione  letterale  della norma, che parla genericamente
di  «giudice»,  ne'  da  quella  sistematica,  visto  che  il giudice
ordinariamente   chiamato  all'emanazione  della  sentenza  ai  sensi
dell'art. 97  c.p.p.  e', nel processo minorile, proprio il g.i.p. ai
sensi  dell'art. 26  del  d.P.R. n. 448/1988. Si rimanda in proposito
alle  osservazioni gia' precedentemente svolte e si evidenzia inoltre
che  l'applicazione  provvisoria  da  parte  del  g.u.p. nel giudizio
abbreviato  e'  prevista  come  ipotesi  separata  dal  quarto  comma
dell'art.  37,  mentre  l'applicazione  della misura di sicurezza nel
dibattimento  costituisce  oggetto del successivo art. 39, sicche', a
meno  che  non si voglia ritenere che il primo comma dell'art. 37 non
abbia quasi alcun rilievo pratico, almeno con riferimento all'ipotesi
di minori infraquattordicenni che qui interessa, si deve ritenere che
il  giudice  deputato all'applicazione provvisoria possa essere anche
il g.i.p.
    La  difesa  ha  anche  eccepito  che  il  g.i.p.  avrebbe  dovuto
procedere  all'interrogatorio  dei minori sottoposti alle indagini ai
sensi  dell'art.  313 c.p.p. o prima o, quantomeno, dopo l'esecuzione
della  misura, in ottemperanza a quanto disposto dall'art. 294 c.p.p.
richiamato dal primo comma dell'art. 313 c.p.p., e che, essendo stato
omesso  l'interrogatorio nel termine di cinque giorni dall'esecuzione
della misura, quest'ultima e' ormai divenuta inefficace.
    Anche  tale eccezione e' infondata perche' muove dal presupposto,
non   condiviso  da  questo  tribunale,  che  l'art. 313  c.p.p.  sia
applicabile  nel  procedimento  minorile. In proposito si osserva che
l'art. 1 del d.P.R. n. 448/1988 dispone che nel procedimento a carico
di  minorenni  si  osservano  le disposizioni del suddetto decreto e,
solo  per quanto da esse non previsto, quelle del codice di procedura
penale,  le  quali  ultime  devono  comunque essere applicate in modo
adeguato  alla  personalita' e alle esigenze educative del minorenne.
Orbene,  la  materia delle misure di sicurezza da applicare ai minori
e'  disciplinata  in  maniera  organica  ed esaustiva dal capo IV del
d.P.R.  n. 448/1988, almeno per gli aspetti processuali ed esecutivi,
sicche',  essendo  tale  decreto norma speciale rispetto a quelle del
codice  di  procedura  penale ed in virtu' dell'espresso principio di
cui  al  citato art. 1, deve escludersi che la disciplina processuale
prevista  per  l'applicazione  provvisoria  della misure di sicurezza
all'indagato    maggiorenne    sia    applicabile    al   minore   e,
conseguentemente,  deve  escludersi  l'esistenza  di  un  obbligo del
g.i.p.  di  procedere  all'interrogatorio  del minore ed anche che si
verifichi  l'inefficacia  della  misura  qualora  il minore non venga
interrogato.
    Per gli stessi motivi deve dichiararsi che la misura di sicurezza
applicata in via provvisoria al minore non e' suscettibile di riesame
ai  sensi  dell'art.  309  del  c.p.p.,  cosi'  come  disposto invece
dall'ultimo  comma  dell'art.  313  c.p.p. per quella pronunciata nei
confronti  del maggiorenne, e conseguentemente deve affermarsi che la
circostanza  che  non sia intervenuta nei termini di cui all'art. 309
c.p.p.  la  decisione  sul  riesame  proposto dalla difesa del M. con
separato ricorso non comporta alcuna inefficacia.
    Quello   delle   impugnazioni   e'  infatti  aspetto  sicuramente
processuale  che non puo' essere esteso ai minori sussistendo gia' in
proposito   una   disciplina   speciale   organica   e  completa.  In
particolare, si osserva che l'obbligo per il giudice che ha applicato
provvisoriamente  la  misura di sicurezza di rimettere immediatamente
gli  atti  al tribunale per i minorenni perche' promuova entro trenta
giorni   dalla   pronuncia,  a  pena  di  inefficacia  della  misura,
il procedimento  di  cui  all'art. 38 del d.P.R. n. 448/1988 risponde
appunto  alla  esigenza  di  avere  in tempi rapidi un giudizio sulla
pericolosita'  del minore nel contraddittorio delle parti (e' infatti
prevista  la  presenza del minore, degli esercenti la potesta', degli
eventuali  affidatari  e  dei  servizi  sociali) da parte dell'organo
collegiale   ordinariamente   competente  all'esame  del  merito.  Il
tribunale  per  i minorenni, investito di tale procedimento, verifica
la pericolosita' ed esercita gli stessi poteri che avrebbe esercitato
in  sede  di  riesame,  potendo  revocare,  modificare o applicare la
misura  (tale  procedimento e' infatti previsto anche nell'ipotesi in
cui  l'istanza  di  applicazione  provvisoria sia stata rigettata dal
primo   giudice).  L'interesse  pubblico  alla  verifica  dell'organo
collegiale  e'  desumibile  dalla  circostanza  che tale procedimento
viene  promosso  d'ufficio  in  tutti i casi non solo di applicazione
provvisoria  ma anche di rigetto della relativa richiesta del p.m., e
non e' condizionato all'impulso delle parti.
    Inoltre,  la  previsione di tempi piu' lunghi del procedimento ex
art.  38  rispetto  a  quelli  dell'impugnazione  ex art. 309  c.p.p.
(trenta  giorni  suscettibili  di  rinvio,  contro i dieci giorni del
riesame)  viene  compensata dalla possibilita' per il tribunale per i
minorenni  di  modificare  o  revocare  la  misura gia' nel corso del
procedimento e cioe' prima della pronuncia finale sulla pericolosita'
(che potrebbe richiedere tempi anche piuttosto lunghi, soprattutto se
si  dispongano  accertamenti specialistici), e quindi anche prima dei
dieci giorni previsti dall'art. 309 c.p.p.
    Conseguentemente  deve dichiararsi che, poiche' nel caso concreto
sono  stati rispettati i tempi e gli adempimenti di cui agli artt. 37
e  38  del  d.P.R.  n. 448/1988,  la  misura  di sicurezza e' tuttora
efficace  ed  il  presente  procedimento  e'  non solo proponibile ma
dovuto.
    Tutte le eccezioni preliminari di nullita' sollevate dalla difesa
nei  confronti  della  sentenza  g.i.p.  in data 22 gennaio 2007 sono
dunque   infondate   alla   luce  della  disciplina  normativa  sopra
delineata.
    Tuttavia, non puo' farsi a meno di osservare che la materia della
applicazione  provvisoria  delle  misure di sicurezza ai minori desta
forti  dubbi  di  costituzionalita', sia sotto il profilo sostanziale
sia  sotto  quello  processuale,  soprattutto  con  riferimento  alle
ipotesi  in  cui,  come  nel  caso  concreto,  siano coinvolti minori
infraquattordicenni.
    Pertanto  questo  tribunale ritiene di dover sollevare d'ufficio,
avendola  la  difesa  solo  suggerita ma non formalmente proposta, la
questione  di  legittimita'  costituzionale degli artt. 206 e 224 del
codice penale, e degli artt. 37 e 38 del d.P.R. n. 448/1988.
    In    particolare    tali    norme    vengono    sospettate    di
incostituzionalita'  nei  limiti  in cui consentono l'applicazione di
una  misura  di sicurezza, e specialmente l'applicazione provvisoria,
anche  nei  confronti  dei  minori  infraquattordicenni  e persino di
fanciulli  molto  giovani  senza previsione di alcun limite minimo di
eta'.
    Il  procedimento  in  corso  dinanzi  a  questo  tribunale  per i
minorenni  non  puo'  essere  definito  senza  applicare tali norme e
pertanto la questione appare rilevante.
    Non   viene   affrontata  invece  la  questione  di  legittimita'
costituzionale  dell'art. 39 del d.P.R. n. 448/1988 nei limiti in cui
prevede  l'applicazione nel dibattimento di una misura di sicurezza a
carico   del   minore  infraquattordiceime  unicamente  perche'  tale
questione  non  e'  rilevante  nel  caso  concreto,  sebbene  possano
estendersi anche a tale norma le stesse considerazioni.
    Le  norme  denunciate  suscitano  sospetto di incostituzionalita'
sotto  molteplici profili attinenti, come gia' si e osservato, sia ad
aspetti  sostanziali  che processuali, aspetti che peraltro in questo
campo   e'   difficile  scindere  perche'  anche  quelli  processuali
rischiano   di   influire  negativamente  in  maniera  molto  pesante
sull'armonioso  sviluppo  della  personalita'  del  minore coinvolto,
sicche'  l'esigenza  di  tutelare  pienamente  il fanciullo nella sua
specificita',  sancita  dal  secondo  comma  dell'art. 31 Cost., deve
rappresentare  il  punto  di  riferimento  costante  nell'esame della
questione.
    Si  osserva innanzitutto che le misure di sicurezza, e in special
modo il riformatorio giudiziario (per quanto eseguita nelle forme del
collocamento  in  comunita)  comportano sempre una grave compressione
della  liberta'  personale del minore (il riformatorio viene compreso
tra  le  misure  detentive dall' art. 215 c.p.), e la prima delle due
misure   determina   anche  un  repentino  allontanamento  dalla  sua
famiglia,   l'affidamento   a   persone   sconosciute  e  una  brusca
interruzione  del  percorso  scolastico e delle abitudini e relazioni
sociali.  Tali  circostanze  possono  produrre  un  pregiudizio molto
pesante  e  talvolta  irreparabile per lo sviluppo della personalita'
del minore, tanto piu' quanto piu' la sua eta' si allontani dall'eta'
imputabile.
    La  possibilita', consentita dalla legge attualmente in vigore (e
realizzatasi  nel  caso  concreto,  ove  si  consideri  che  uno  dei
destinatari  della  misura e' un bambino di 11 anni), di collocare un
fanciullo  in  una comunita', sradicandolo dalla sua famiglia in modo
brusco  e  con  tempi  che non consentono un'adeguata preparazione da
parte  di  personale  specializzato, non per finalita' educative e di
tutela   nei   suoi   confronti   (come   accade   invece   nel  caso
dell'inserimento  in  comunita'  disposto con provvedimento civile ex
artt.  330,  333  del  cod.  civ.)  ma  al  contrario  per  motivi di
prevenzione  generale,  e  cioe' in una cornice processuale altamente
stigmatizzante,  laddove  persino  il  nome  «Riformatorio»  evoca un
concetto  di  devianza gia' strutturata, inconcepibile rispetto ad un
soggetto  cosi'  giovane,  appare  del  tutto  incompatibile  con  il
disposto dell'art. 31, secondo comma Cost., secondo cui la Repubblica
protegge  l'infanzia e la gioventu', e con quello di cui agli artt. 2
e 3 Cost. che impongono allo Stato di garantire i diritti inviolabili
della  persona  e  di rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno
sviluppo della personalita' umana.
    Solo  per dare il segno degli effetti concreti che l'applicazione
delle  norme  di  cui  si  discute puo' portare si riferiscono alcuni
passaggi  dell'osservazione  psicologica effettuata dagli specialisti
del  G.L.A.M.M.  (Gruppo  di  Lavoro sugli Abusi e Maltrattamenti sui
Minori, dell'ASL n. 1 di Sassari) sui fratelli D. in epoca successiva
all'esecuzione  della  misura.  Per entrambi i minori gli specialisti
riferiscono  di  un vissuto traumatico ricollegabile alla separazione
inaspettata  ed  improvvisa  dalla  famiglia,  che  rispetto  al piu'
piccolo dei due (M. di undici anni) «riporta ad un profilo clinico di
forte  disagio  e  stress  emotivo». In particolare, «Mi ha trasmesso
velocemente  un  vissuto  di inadeguatezza emotiva, una incapacita' a
riconoscere qualita' positive ed un pensiero ora dominante di "essere
un bambino sporco e che sporca"» (relazione clinica degli specialisti
del  GLAMM,  allegata alla relazione dell'Ufficio di servizio sociale
per i minorenni di Sassari in data 16 febbraio 2007).
    Le  norme  di  legge  censurate  appaiono  anche in contrasto con
l'art.  10  Cost.  secondo  cui l'ordinamento giuridico italiano deve
conformarsi   alle  norme  del  diritto  internazionale  generalmente
riconosciute.  Infatti  e'  noto che le norme internazionali hanno da
anni  espresso  l'esigenza  di  una  adeguata  tutela dei diritti del
fanciullo  accusato  di  reato.  Basti  pensare  che  l'art. 40 della
convenzione sui diritti del fanciullo di New York in data 20 novembre
1989  (resa  esecutiva in Italia dalla legge 27 maggio 1991, n. 176),
richiamato anche dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 324 del
14 luglio 1998, dispone:
        «Gli  Stati  Parti  riconoscono ad ogni fanciullo sospettato,
accusato  o riconosciuto colpevole di reato penale (il diritto) ad un
trattamento tale da favorire il suo senso della dignita' e del valore
personale,  che rafforzi il suo rispetto per i diritti dell'uomo e le
liberta'  fondamentali e che tenga conto della sua eta' nonche' della
necessita'  di  facilitare  il  suo reinserimento nella societa' e di
fargli  svolgere  un  ruolo costruttivo in seno a quest'ultima (comma
1)»;  ed ancora «Gli Stati Parti si sforzano di promuovere l'adozione
di  leggi,  di  procedure, la costituzione di autorita' e istituzioni
destinate   specificamente   ai   fanciulli  sospettati,  accusati  o
riconosciuti  colpevoli  di aver commesso reato... (comma 3)». «Sara'
prevista  tutta  una  gamma di disposizioni concernenti in particolar
modo le cure, l'orientamento, la supervisione, i consigli la liberta'
condizionata,  il collocamento in famiglia, i programmi di formazione
generale    e    professionale,    nonche'    soluzioni   alternative
all'assistenza  istituzionale, in vista di assicurare ai fanciulli un
trattamento  conforme al loro benessere e proporzionato sia alla loro
situazione che al reato (comma 4)».
    Si  richiama  inoltre  il  diritto  del  fanciullo  sospettato  o
accusato  di  reato, sancito dalla norma internazionale appena citata
«di  essere  informato appena possibile e direttamente, oppure se del
caso  tramite  i  suoi genitori o rappresentanti legali, delle accuse
portate  contro  di lui e di beneficiare di un'assistenza legale o di
ogni   altra   assistenza   appropriata  per  la  preparazione  e  la
presentazione  della  sua  difesa  (comma  2,  lett.  b)»  e, piu' in
generale,  si  richiamano i diritti processuali del bambino enucleati
dalla  Convenzione  europea sull'esercizio dei diritti dei bambini di
Strasburgo in data 25 gennaio 1996 (ratificata in Italia con legge 20
marzo  2003,  n. 77).  Tra gli altri: il diritto di ricevere tutte le
informazioni  pertinenti,  di  essere  consultato  e  di esprimere la
propria  opinione,  di  essere  informato sulle possibili conseguenze
delle aspirazioni da lui manifestate e delle possibili conseguenze di
ogni decisione, di chiedere di essere assistito da una persona idonea
di sua scelta, per aiutarlo ad esprimere la sua opinione (artt. 3 e 5
della Convenzione di Strasburgo).
    Sotto  il  profilo  piu'  strettamente  processuale, si evidenzia
invece  la disparita' di trattamento consentita dalle norme censurate
tra  le  prerogative  e garanzie di difesa previste nei confronti dei
maggiorenni e quelle previste nei confronti dei minorenni, disparita'
che   appare   in   contrasto   con  l'art.  3  Cost.  (principio  di
uguaglianza).  Infatti,  laddove  per  l'applicazione provvisoria nei
confronti   del   maggiorenne   e'   prevista   la  necessita'  dell'
interrogatorio  preventivo  o  almeno  successivo  dell'accusato,  da
effettuarsi  con  le  garanzie  della  difesa  (art. 313 c.p.p. - 294
c.p.p.),   al   minore,  ed  in  particolare  all'infraquattordicenne
prosciolto per difetto di imputabilita' dal g.i.p. ai sensi dell'art.
26 del d.P.R. n. 448/1988, puo' accadere di diventare destinatario di
una  misura  di  sicurezza  senza essere mai stato interrogato con le
garanzie  della  difesa  e  senza  alcun  obbligo  per  il  g.i.p. di
interrogano  o  almeno  di  sentirlo successivamente in termini molto
ristretti come quelli di cui all'art. 294 c.p.p.
    Si  osserva,  viceversa,  che  un  contatto  tra il giudice ed il
minore,  con  modalita' appropriate alla giovane eta' dell'accusato e
tali  da  tutelarne la personalita', sarebbe quanto mai necessario al
fine di una ponderata decisione.
    Le norme di cui si discute appaiono in contrasto anche con l'art.
24,  comma  secondo,  Cost.  in  base  al  quale la difesa e' diritto
inviolabile in ogni stato e grado del procedimento.
    La  circostanza  che il soggetto al quale sia attribuito il fatto
di reato sia un minore infraquattordicenne e quindi non sottoponibile
ad  azione  penale,  non  puo'  giustificare  un abbassamento ma anzi
dovrebbe  comportare  un  innalzamento,  trattandosi  di  un soggetto
debole, del livello delle garanzie della difesa. Infatti la misura di
sicurezza,  sebbene non abbia carattere sanzionatorio ma finalita' di
prevenzione,  comporta  comunque una grave restrizione della liberta'
personale, che puo' protrarsi anche per molto tempo e condizionare in
maniera  determinante  l'evoluzione  della  personalita'  del  minore
coinvolto.
    Esse  appaiono  inoltre  in  contrasto  con  l'art. 111 Cost. che
impone  che  la persona accusata sia, nel piu' breve tempo possibile,
informata  riservatamente  della  natura  e  dei  motivi  dell'accusa
elevata  a  suo  carico  e  disponga  del  tempo  e  delle condizioni
necessari   per  preparare  la  sua  difesa.  Tali  diritti  appaiono
apertamente  violati  laddove la legge consente (art. 37 in relazione
all'art.  26  del  d.P.R. n. 448/1988) che sia il g.i.p., in una fase
iniziale   del  procedimento  e  senza  alcun  obbligo  di  informare
l'accusato  infraquattordicenne,  a  disporre  la misura di sicurezza
seppur in via provvisoria.
    Cosi' pure appare violato il principio costituzionale secondo cui
il  processo si svolge nel contraddittorio tra le parti in condizioni
di parita' (art. 111, comma secondo Cost.), posto che in tali casi la
misura  puo'  essere  applicata  provvisoriamente senza che sia stato
instaurato alcun contraddittorio.
    Ne'  puo'  ritenersi  condizione  sufficiente perche' possa dirsi
rispettato   il   principio   costituzionale   la   circostanza   che
l'instaurazione  del  contraddittorio  sia  prevista  in  un  momento
successivo  all'applicazione provvisoria della misura di sicurezza, e
cioe' nel procedimento di cui all'art. 38 del d.P.R. n. 448/1988 (che
si  attua  nelle forme del procedimento di sorveglianza). Questo, che
ha  visto in udienza un bambino di undici anni (ma, data l'assenza di
previsione di un limite minimo di eta', la stessa situazione potrebbe
verificarsi  anche  con un bambino ancora piu' piccolo), non in veste
di  soggetto  da  tutelare  ma  in veste di accusato di un reato e di
soggetto  pericoloso  per la collettivita' al fianco di un avvocato e
del  pubblico  ministero,  ritiene  che  non possa esserci parita' di
contraddittorio  tra  la  pubblica  accusa ed un soggetto incapace di
scelte autonome per evidente immaturita'.
    Invero,    nell'applicazione   delle   norme   censurate   emerge
palesemente  l'estrema  difficolta'  di  conciliare  l'esigenza della
tutela  processuale  del  minore  infraquattordicenne,  che  si attua
attraverso  il  principio  del  contraddittorio  e  le garanzie della
difesa,  e  l'esigenza  della  sua  tutela  psicologica, che si attua
garantendo  la  sua  rapida  fuoriuscita  dal  circuito penale (anche
attraverso  la pronuncia da parte del g.i.p. della sentenza ex art.26
del d.P.R. n. 448/1988). Tale difficolta' deve essere affrontata e la
questione risolta nel superiore interesse del minore.
    Gli atti devono essere pertanto rimessi alla Corte costituzionale
per   la   decisione  della  questione  di  costituzionalita'  ed  il
procedimento in corso deve essere sospeso.
    Si  reputa  peraltro  necessario, in attesa della decisione sulla
questione  di  costituzionalita',  disporre la revoca della misura di
sicurezza  del riformatorio giudiziario nei confronti di D. G., D. M.
e  M.  R.  P. come consentito dal primo comma dell'art. 38 del d.P.R.
n. 448/1988,   sia   perche'   non   appare  opportuno  procrastinare
ulteriormente  l'applicazione  di  una  misura disposta sulla base di
norme  di cui si sospetta l'incostituzionalita', sia perche' vi e' il
rischio  concreto  (desumibile  dalle relazioni degli specialisti del
G.L.A.M.M. e da quelle dell'U.S.S.M.) che l'ulteriore protrarsi della
misura   produca  un'eccessiva  stigmatizzazione  dei  minori  ed  il
conseguente  pericolo  che  questi,  attraversando  una fase delicata
della  crescita nella quale l'individuo costruisce l'immagine interna
di  se',  strutturino  un'immagine  interiore  di soggetti devianti e
«cattivi»  che potrebbe compromettere un adeguato sviluppo della loro
personalita'  e  inficiare  gli  interventi  di  sostegno educativo e
psicologico che appaiono invece opportuni.
                              P. Q. M.
    Rigetta  le  eccezioni  preliminari  di  nullita',  inefficacia e
improponibilita' sollevate dalla difesa;
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita'  costituzionale degli artt. 206 e 224 del codice penale,
37 e 38 del d.P.R. n. 448/1988, in relazione agli artt. 2, 3, 10, 24,
31, 111 della Costituzione;
    Sospende   il   presente   procedimento   e  dispone  l'immediata
trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;
    Ordina  altresi'  che,  a  cura  della  cancelleria,  la presente
ordinanza  sia previamente notificata ai minori, ai loro genitori, ai
difensori   e  al  pubblico  ministero,  nonche'  al  Presidente  del
Consiglio  dei ministri, e che sia comunicata ai Presidenti delle due
Camere  del  Parlamento e che la prova delle avvenute notificazioni e
comunicazioni  sia  allegata  agli  atti  da  trasmettere  alla Corte
costituzionale;
    Revoca  la  misura  di sicurezza del riformatorio giudiziario nei
confronti di D. G., D. M. e M. R. P. ne ordina l'immediata rimessione
in  liberta'  e  dispone  la  trasmissione  immediata  della presente
ordinanza  al  pubblico  ministero per l'esecuzione e all'U.S.S.M. di
Sassari.
        Sassari, addi' 20 febbraio 2007
                         Il Presidente: Casu
Il giudice estensore: Pinna
07C0936