N. 271 SENTENZA 4 - 13 luglio 2007

Giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato.

Parlamento  -  Immunita'  parlamentari - Procedimento civile promosso
  nei   confronti  di  un  parlamentare  per  dichiarazioni  ritenute
  diffamatorie  -  Deliberazione di insindacabilita' della Camera dei
  deputati  -  Ricorso  proposto  dal  Tribunale  di  Monza,  sezione
  distaccata  di  Desio  -  Eccezione  di inammissibilita' per omessa
  integrale  riproduzione  delle  dichiarazioni  del  parlamentare  -
  Reiezione.
- Deliberazione  della  Camera  dei  deputati,  4 febbraio 2004 (doc.
  IV-quater, n. 85).
- Costituzione, art. 68, primo comma.
Parlamento  -  Immunita'  parlamentari - Procedimento civile promosso
  nei   confronti  di  un  parlamentare  per  dichiarazioni  ritenute
  diffamatorie  -  Deliberazione di insindacabilita' della Camera dei
  deputati  -  Ricorso  proposto  dal  Tribunale  di  Monza,  sezione
  distaccata  di  Desio  -  Insussistenza di atti parlamentari tipici
  anteriori  o  contestuali  alle  dichiarazioni  per  le quali pende
  procedimento  civile - Non spettanza alla Camera dei deputati della
  potesta'  esercitata - Conseguente annullamento della deliberazione
  di insindacabilita'.
- Deliberazione  della  Camera  dei  deputati,  4 febbraio 2004 (doc.
  IV-quater, n. 85).
- Costituzione, art. 68, primo comma.
(GU n.28 del 18-7-2007 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Franco BILE;
  Giudici:  Giovanni  Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO,
Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso  QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA,
Gaetano  SILVESTRI,  Sabino  CASSESE,  Maria  Rita  SAULLE,  Giuseppe
TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  per  conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato,
sorto  a  seguito  della  deliberazione della Camera dei deputati del
4 febbraio    2004    (doc.    IV-quater,    n. 85)   relativa   alla
insindacabilita',   ai   sensi   dell'art. 68,   primo  comma,  della
Costituzione,  delle  opinioni  espresse  dall'on.  Umberto Bossi nei
confronti del dott. Vittorio Feltri, promosso dal Tribunale di Monza,
sezione  distaccata  di  Desio, con ricorso notificato il 18 febbraio
2005,  depositato  in  cancelleria il 26 febbraio 2005 ed iscritto al
n. 13 del registro conflitti 2005;
    Visto l'atto di costituzione della Camera dei deputati;
    Udito   nell'udienza  pubblica  del  22 maggio  2007  il  giudice
relatore Francesco Amirante;
    Udito l'avvocato Roberto Nania per la Camera dei deputati.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  Il  Tribunale  di  Monza, sezione distaccata di Desio, con
ordinanza  del  13 luglio 2004, ha promosso conflitto di attribuzione
tra  poteri  dello  Stato  nei confronti della Camera dei deputati in
relazione  alla delibera adottata il 4 febbraio 2004 (doc. IV-quater,
n. 85),  con  la quale e' stato dichiarato che i fatti per i quali e'
stato  instaurato «procedimento penale» a carico del deputato Umberto
Bossi  (recte:  i  fatti  per  i quali Vittorio Feltri ed altra hanno
instaurato  un procedimento civile nei confronti del deputato Umberto
Bossi)  riguardano  opinioni  espresse da quest'ultimo nell'esercizio
delle  sue  funzioni  parlamentari  e  sono, quindi, insindacabili ai
sensi dell'art. 68, primo comma, della Costituzione.
    Premette in fatto il Tribunale che il giornalista Vittorio Feltri
e  la  Cooperativa  editoriale  Libero hanno convenuto in giudizio il
suddetto  deputato  ed altri lamentando che sul numero del quotidiano
«La  Padania» del 16 febbraio 2002 era stata pubblicata un'intervista
rilasciata  dall'onorevole Bossi contenente svariate affermazioni, ad
avviso  degli  attori, diffamatorie. Il Tribunale, dopo aver deciso e
definito,  con sentenza del 19 novembre 2003, la controversia tra gli
attori  e  i  convenuti  diversi  dal  parlamentare,  ha disposto, in
relazione   a   quest'ultimo,   la   prosecuzione  e  la  contestuale
sospensione del giudizio rimettendo gli atti alla Camera dei deputati
che  ha,  poi,  adottato  la  delibera  cui  si riferisce il presente
conflitto.
    Il  Tribunale  ricorda,  in  primo  luogo,  che in piu' occasioni
questa  Corte  ha  escluso  l'esistenza  del  nesso funzionale tra le
dichiarazioni  del parlamentare e le funzioni da questo svolte per le
affermazioni  proferite  nel  corso  di  interviste,  in  assenza  di
riscontro  in  opinioni  espresse  nel  corso  di regolari interventi
durante  le  sedute  parlamentari. Inoltre, nella sentenza n. 120 del
2004  -  nella  quale l'intera materia dell'insindacabilita' e' stata
riesaminata   alla   luce  dell'entrata  in  vigore  della  legge  20
giugno 2003, n. 140 - e' stato, conclusivamente, affermato che, anche
dopo l'emanazione della suddetta legge, permane l'esigenza che vi sia
un  collegamento  necessario  tra il comportamento del parlamentare e
l'ambito funzionale nel quale esso va inserito, nel senso che in ogni
caso si deve trattare di esercizio in concreto delle funzioni proprie
dei membri delle Camere.
    Nel caso di specie, mentre alcune delle risposte del parlamentare
all'intervistatore,  «ancorche' caratterizzate da connotazioni forti»
costituiscono  senz'altro,  ad  avviso del Tribunale, «opinioni di un
politico e rientrano anche nell'esimente del diritto di critica», due
dichiarazioni,  entrambe  relative a Vittorio Feltri, «travalicano il
limite   della   continenza  verbale  e  trasmodano  nell'espressione
ingiuriosa,  priva  di  finalita'  diversa  da  quella  di  svilire e
indicare  a  disprezzo  pubblico  la  persona  oggetto  della critica
medesima,  mera  denigrazione  fine  a  se'  medesima».  Tali  ultime
dichiarazioni, oltre a non rientrare nel diritto di critica, sembrano
esulare  anche dalla garanzia di cui all'art. 68, primo comma, Cost.,
perche'  pronunciate  extra moenia e del tutto estranee all'attivita'
parlamentare, non potendosi ricollegare al dibattito parlamentare sul
cosiddetto caso Telekom-Serbia, dato il loro carattere di valutazioni
personali e offensive del tutto svincolate dai fatti in questione.
    Per  il  Tribunale,  tali  considerazioni,  ancorche'  ampiamente
illustrate  nell'ordinanza  di richiesta di deliberazione, non sembra
siano  state  esaminate  ne'  dalla  Giunta per le autorizzazioni ne'
dalla  Camera  dei deputati, visto che dai resoconti delle rispettive
sedute  risulta  che  la  valutazione  di  insindacabilita'  e' stata
adottata  in  riferimento  a dichiarazioni diverse da quelle indicate
dallo stesso Tribunale come diffamatorie, senza alcuna considerazione
di  queste  ultime, le quali anzi, in particolare negli interventi in
Assemblea, non sono state neppure menzionate.
    Cio'  induce  a  ritenere  che  la suddetta valutazione sia stata
effettuata   violando   le  prerogative  del  potere  giurisdizionale
perche',  in  contrasto  con  l'orientamento  piu'  volte espresso da
questa  Corte,  essa  e'  stata  assunta  sulla  premessa  che sia da
considerare  insindacabile  «qualsiasi  espressione  proferita  da un
parlamentare,  in  virtu'  della  mera  veste  di quest'ultimo, cosi'
esponendo  qualunque  cittadino alla possibilita' di essere diffamato
senza  poter  neppure  tutelare  i propri diritti in base all'art. 24
Cost.».
    Il Tribunale ritiene, pertanto, necessario promuovere il presente
conflitto  di  attribuzione  tra  poteri  dello Stato - che considera
ammissibile  sia  sotto  il  profilo  soggettivo sia sotto il profilo
oggettivo  - e chiede che questa Corte dichiari che non spettava alla
Camera  dei  deputati  il potere di qualificare come insindacabili le
dichiarazioni di cui si tratta, annullando la relativa delibera della
Camera.
    2.  - Il conflitto cosi' proposto e' stato dichiarato ammissibile
da  questa  Corte  con  ordinanza  n. 5  del 2005, depositata in data
11 gennaio  2005.  Tale  provvedimento,  comunicato al ricorrente, e'
stato   a  cura  di  questi  notificato  alla  Camera  dei  deputati,
unitamente al ricorso, il 18 febbraio 2005, ed il successivo deposito
presso  la cancelleria di questa Corte e' avvenuto, a mezzo posta, il
26 febbraio 2005.
    3.  -  Si  e'  costituita  in  giudizio  la  Camera dei deputati,
chiedendo   che   il   conflitto   venga  preliminarmente  dichiarato
irricevibile,  inammissibile  e/o improcedibile e che, nel merito, si
affermi   la   spettanza  alla  medesima  del  potere  di  dichiarare
l'insindacabilita'   in   relazione   alle   espressioni   usate  dal
parlamentare   oggetto   del  giudizio  civile  pendente  davanti  al
Tribunale di Monza, sezione distaccata di Desio.
    La  Camera  afferma,  innanzitutto,  che il giudice ricorrente ha
prospettato  l'inidoneita'  della  delibera  impugnata  a  ledere  le
proprie  attribuzioni, il che dovrebbe determinare l'inammissibilita'
e/o  improcedibilita'  del  conflitto.  Premesso  che  le  frasi  del
deputato  riportate nell'atto introduttivo sono state arbitrariamente
estrapolate  dal  contesto nel quale si inseriscono, la Camera rileva
che non si puo' sollevare conflitto nei confronti di una delibera «di
insindacabilita'    della    cui    idoneita'    lesiva,    ancorche'
infondatamente,  si  mostri  di  dubitare».  Lo stesso Tribunale, del
resto,  riconosce  che  alcuni passi dell'intervista di cui si tratta
sono    da   ritenere   legittimamente   insindacabili,   in   quanto
manifestazione   tipica   dell'attivita'  parlamentare;  tali  frasi,
secondo   la   parte   costituita,  sarebbero  di  contenuto  critico
pressoche'  analogo, se non di maggiore intensita', rispetto a quelle
impugnate.
    Il  conflitto,  inoltre,  sarebbe  inammissibile in quanto l'atto
introduttivo    e'   ritenuto   carente   per   cio'   che   riguarda
l'individuazione del thema decidendum, poiche' aver riportato solo in
parte il contenuto dell'intervista contestata renderebbe il conflitto
stesso  privo  dei  necessari connotati di oggettivita'. Analogamente
inammissibili,  poi,  sarebbero  le  censure  contenute  nel ricorso,
secondo  cui la Giunta per le autorizzazioni e la Camera dei deputati
non   avrebbero   tenuto  conto  delle  considerazioni  espresse  dal
Tribunale  nell'ordinanza  emessa  ai  sensi  dell'art. 3 della legge
n. 140  del  2003, in occasione dei loro pronunciamenti sul contenuto
delle  dichiarazioni:  il  giudizio  per  conflitto  di attribuzione,
infatti,  ha per oggetto la sussistenza o meno dei presupposti di cui
all'art. 68,  primo comma, Cost., e non l'adeguatezza e la congruita'
della motivazione fornita dalla Camera di appartenenza.
    Quanto  al  merito,  la difesa della Camera dei deputati sostiene
che  il ricorrente fonda il proprio erroneo assunto sulla base di una
valutazione  parziale  delle  dichiarazioni  rese  dal  parlamentare,
dichiarazioni che vanno lette, invece, nella loro globalita'. Esse si
connotano  per  il  tentativo  di contrastare un attacco politico nei
confronti   del  partito  della  Lega  Nord  che  avrebbe  visto  nel
quotidiano  «Libero»,  diretto  appunto  da  Vittorio Feltri, uno dei
protagonisti. Dopo aver riportato per intero le frasi pronunciate dal
deputato  nel  corso  dell'intervista,  la  parte  costituita precisa
trattarsi di «affermazioni polemiche che nulla hanno di gratuito», in
quanto  finalizzate a sostenere la linea politica del proprio partito
in  riferimento  ad  alcune tematiche di rilievo (il federalismo e la
tutela  della  famiglia tradizionale). Di questo avrebbe dato atto la
Giunta  per  le  autorizzazioni  dalla  cui  relazione risulta che il
quotidiano  «Libero»  era  ritenuto  responsabile  di una campagna di
delegittimazione  nei  confronti  della  Lega  Nord,  svolta  tramite
articoli  relativi  anche  alla vicenda della guerra nel Kosovo ed ai
rapporti tra l'onorevole Bossi ed il Presidente serbo Milosevic.
    A  sostegno della propria linea difensiva, la Camera dei deputati
richiama  una  serie  di  atti di funzione tesi a dimostrare non solo
l'impegno,  da  parte del parlamentare di cui si tratta, nel senso di
una  riforma  federalista  dello  Stato,  ma  anche  a  rammentare le
iniziative  politiche  assunte  dalla Lega Nord contro la pedofilia e
contro  l'intervento  militare  dell'Italia  nel  Kosovo.  Tali  atti
dovrebbero  dare  conto  del fatto che le dichiarazioni oggetto della
causa  civile  nel  corso  della  quale e' stato proposto il presente
conflitto   trovano,   in  realta',  pieno  riscontro  nell'attivita'
parlamentare del deputato.
    A  tale  scopo, la memoria cita alcune audizioni del deputato (17
gennaio,  20 febbraio  e  26 giugno 2002) presso le Commissioni della
Camera  e  del  Senato,  tenute nella sua qualita' di Ministro per le
riforme istituzionali, dalle quali emerge tutto il suo impegno per la
riforma  federalista.  Quanto  alle  iniziative  intraprese contro la
prostituzione e la pedofilia, vengono richiamati numerosi atti, fra i
quali  la  mozione  dell'onorevole  Francesca Martini, capogruppo del
partito   della   Lega   Nord   nella  Commissione  parlamentare  per
l'infanzia,   contro  la  pedofilia,  nonche'  un'interrogazione  del
5 ottobre  2000  nella quale veniva proprio criticato l'atteggiamento
seguito in questa materia dal quotidiano «Libero».
    Quanto,  poi, alla questione dell'intervento militare nel Kosovo,
la  difesa  della  Camera ricorda come anch'essa sia stata oggetto di
specifico  impegno  parlamentare,  da  parte  della  Lega  Nord e del
deputato  di  cui  si tratta. Si citano, a questo proposito, numerosi
atti,  a  cominciare dall'intervento del medesimo alla Camera in data
26 marzo 1999, aggiungendo anche che tale vicenda si collega a quella
oggetto  dell'inchiesta  parlamentare  sull'affare Telekom-Serbia, in
relazione al quale vengono pure richiamati numerosi atti di funzione,
provenienti   da   vari   deputati,   sia   della   maggioranza   che
dell'opposizione    (primo    fra   tutti,   l'intervento   in   aula
dell'onorevole  Pagliarini,  della  Lega  Nord,  in  data 28 febbraio
2001).

                       Considerato in diritto

    1.  -  La  Corte  e'  chiamata  a  pronunciarsi  sul conflitto di
attribuzione  sollevato dal Tribunale di Monza, sezione distaccata di
Desio, nei confronti della Camera dei deputati che, con deliberazione
del 4 febbraio 2004 (doc. IV-quater, n. 85), ha approvato la proposta
della  Giunta  per  le autorizzazioni di dichiarare che i fatti per i
quali  e'  in corso il procedimento civile per risarcimento dei danni
promosso   dal   giornalista  Vittorio  Feltri  e  dalla  Cooperativa
editoriale  Libero  nei  confronti del deputato Umberto Bossi, per le
dichiarazioni   da  questo  rese  alla  stampa,  concernono  opinioni
espresse dal parlamentare nell'esercizio delle sue funzioni, ai sensi
dell'art. 68, primo comma, della Costituzione.
    Il  ricorrente  espone  che  davanti  a  lui  pende il suindicato
processo  avente  ad  oggetto la natura asseritamente diffamatoria di
alcune  frasi  pronunciate  dal  deputato  nel corso di un'intervista
rilasciata  al  quotidiano  «La  Padania»  il  16 febbraio  2002.  In
particolare,  mentre  per  una  parte  i  giudizi  del  deputato  nei
confronti  del  giornalista,  nonostante l'asprezza dei toni, possono
considerarsi   espressione  del  diritto  di  critica,  altre  frasi,
riportate testualmente, travalicano non solo il limite del diritto di
critica,   ma  anche  l'esercizio  della  funzione  parlamentare.  Il
ricorrente  attribuisce siffatte considerazioni alle seguenti frasi :
«e'  soltanto  un  topolino  con  la  barbetta  bianca  senza  alcuno
scrupolo»;  «guardi, molti di noi non hanno dimenticato che pubblico'
le  foto  orrende  della  pedofilia»;  «con  la scusa di condannarla,
suscitava  apposta  la  morbosita'  della  gente.  D'altra  parte  la
divisione  vera  non  e' quella che si dice: e' un'altra. C'e' chi e'
convinto  che  il  potere  venga  dall'alto,  che  ci  sono i diritti
artificiali,  che  va  coltivata  la "famiglia orizzontale" (compresa
quella  omosessuale) la dose minima di pedofilia e Feltri sta proprio
da quella parte».
    2. - Il conflitto e' ammissibile.
    Si   rileva,   anzitutto,  che  il  principio  di  completezza  e
autosufficienza  del ricorso non comporta - in particolare per quanto
concerne  i  ricorsi  per  conflitti  insorti in tema di applicazione
dell'art. 68, primo comma, Cost. - che debbano essere riportate tutte
le dichiarazioni rese nella medesima occasione in cui furono espresse
le  opinioni  addebitate  al  parlamentare come illecite e lesive. Il
principio di autosufficienza esige, invece, che siano esposti tutti i
fatti  idonei a giustificare la proposizione del conflitto e richiede
specificamente,  per  i  conflitti  del  tipo di quello in esame, che
l'esposizione  del  ricorrente  sia  tale da consentire alla Corte di
raffrontare  le  dichiarazioni  extra moenia con il contenuto di atti
tipici  della  funzione  parlamentare.  Una  volta  soddisfatto  tale
requisito,   il   ricorso   non   puo'  essere  ritenuto  viziato  da
insufficienza  se  la controparte adduce che le opinioni nel medesimo
riportate, pur fedeli nel loro tenore letterale a quelle espresse dal
parlamentare, valutate tuttavia in un piu' ampio contesto assumano un
significato  tale  da  poter  essere  ricondotte  a specifici atti di
esercizio  della funzione parlamentare. Cio', infatti, puo' dar luogo
a  una  questione  di merito e non di ammissibilita' (sentenza n. 246
del  2004) ed e', comunque, ipotesi non ricorrente nel caso in esame,
come si dira' in seguito.
    Nel  presente  conflitto,  l'atto  introduttivo  del procedimento
riporta  letteralmente  le  espressioni  ritenute  lesive oggetto del
giudizio  per  risarcimento  dei  danni,  con cio' delineando anche i
termini del giudizio costituzionale.
    Neppure   decisiva  ai  fini  dell'eccepita  inammissibilita'  e'
l'osservazione secondo la quale il Tribunale di Monza, nell'affermare
che  altre espressioni contenute nell'intervista, pur aspre nei toni,
non   esorbitano  dall'esercizio  del  diritto  di  critica,  avrebbe
anticipato  il  giudizio di merito. Infatti, le considerazioni svolte
sul   punto   dall'Autorita'   giudiziaria   sono   funzionali   alla
individuazione  dell'oggetto  del  conflitto e non si comprende sotto
quale  profilo  dovrebbero negativamente incidere sull'ammissibilita'
del medesimo.
    Infine, per concludere sull'ammissibilita', il Tribunale si duole
che  la  Camera  non  abbia dato alcun rilievo alle motivazioni dallo
stesso  svolte,  nel trasmetterle gli atti, circa l'estraneita' delle
espressioni  sopra  riportate  alla  funzione  parlamentare,  non per
dedurre  un vizio di motivazione della delibera di insindacabilita' -
certamente  irrilevante  ai  fini  del  presente  giudizio  - quanto,
piuttosto,   per   trarne   conferma  della  propria  valutazione  di
estraneita'  delle  opinioni asseritamente diffamatorie alla funzione
parlamentare.
    3. - Nel merito, il ricorso e' fondato.
    Non  sono  stati  indicati,  infatti,  atti  parlamentari  tipici
anteriori  o  contestuali  alla  intervista  suddetta, compiuti dallo
stesso  deputato,  ai  quali  per  il  loro  contenuto possano essere
riferite  le  opinioni oggetto del giudizio di merito. E, come questa
Corte  ha piu' volte affermato, e' insufficiente la comunanza di temi
politici tra tali opinioni e atti della funzione parlamentare.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara  che non spettava alla Camera dei deputati affermare che
le  dichiarazioni  rese  dal  deputato Umberto Bossi, per le quali e'
pendente  davanti al Tribunale di Monza, sezione distaccata di Desio,
il  giudizio  per  il  risarcimento  dei  danni  indicato in epigrafe
riguardano   opinioni   espresse   da   un   membro   del  Parlamento
nell'esercizio  delle  sue  funzioni,  ai  sensi  dell'art. 68, primo
comma, della Costituzione;
    Annulla,  per l'effetto, la delibera di insindacabilita' adottata
dalla  Camera  dei  deputati  nella  seduta del 4 febbraio 2004 (doc.
IV-quater, n. 85).
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 4 luglio 2007.
                         Il Presidente: Bile
                       Il redattore: Amirante
                      Il cancelliere: Di Paola
    Depositata in cancelleria il 13 luglio 2007.
              Il direttore della cancelleria: Di paola
07C0951