N. 276 SENTENZA 4 - 13 luglio 2007

Giudizio per conflitto di attribuzione tra Enti.

Imposte  e  tasse  -  Regione  Siciliana  -  Richiesta  al  Ministero
  dell'economia  e  delle finanze e alla Presidenza del Consiglio dei
  ministri  per  l'acquisizione  al  bilancio regionale di tributi di
  pertinenza  regionale  -  Mancata  risposta  da  parte degli organi
  interpellati  -  Conflitto  di  attribuzione proposto dalla Regione
  Siciliana  -  Denunciata  lesione  delle  attribuzioni regionali in
  materia  finanziaria  e  del  principio  di  leale collaborazione -
  Inidoneita'  dell'inerzia delle Amministrazioni statali a ledere le
  attribuzioni costituzionali della ricorrente - Inammissibilita' del
  conflitto.
- Silenzio  del  Ministero  dell'economia  e  delle  finanze  e della
  Presidenza  del  Consiglio  dei  ministri a fronte delle note prot.
  nn. 4792,  4793,  4794  e 4796 del 6 aprile 2006 e delle note prot.
  nn. 8377,   8370,   8361   e   8367   del   15 giugno   successivo,
  dell'Assessorato   regionale   del   bilancio  e  delle  finanze  -
  Dipartimento finanze e credito della Regione siciliana.
- Statuto  Regione  Siciliana,  artt. 36 e 37; d.P.R. 26 luglio 1965,
  n. 1074.
(GU n.28 del 18-7-2007 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Franco BILE;
  Giudici:  Giovanni  Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO,
Paolo  MADDALENA,  Alfio  FINOCCHIARO,  Franco GALLO, Luigi MAZZELLA,
Gaetano  SILVESTRI,  Sabino  CASSESE,  Maria  Rita  SAULLE,  Giuseppe
TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  per conflitto di attribuzione tra enti sorto a seguito
del  silenzio-rifiuto  del  Ministero dell'economia e delle finanze e
della  Presidenza  del  Consiglio dei ministri in relazione alle note
dell'Assessorato del bilancio e delle finanze della Regione Siciliana
protocollo  n. 4792,  n. 4793,  n. 4794  e n. 4796 del 6 aprile 2006,
integrate  con le note protocollo n. 8377, n. 8370, n. 8361 e n. 8367
del  15  giugno 2006,  promosso  con  ricorso della Regione Siciliana
notificato il 31 agosto 2006, depositato in cancelleria l'8 settembre
2006 ed iscritto al n. 12 del registro conflitti tra enti 2006.
    Visto  l'atto  di  costituzione  di  Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito   nell'udienza  pubblica  del  19  giugno 2007  il  giudice
relatore Franco Gallo;
    Uditi gli avvocati Michele Arcadipane e Giovanni Carapezza Figlia
per  la  Regione  Siciliana  e  l'avvocato  dello Stato Alessandro De
Stefano per il Presidente del Consiglio dei ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  Con  ricorso  notificato  il  31 agosto  2006 e depositato
l'8 settembre  successivo,  la  Regione  Siciliana  ha sollevato - in
riferimento  agli  artt. 36  e 37 del proprio statuto, al decreto del
Presidente   della  Repubblica  26 luglio  1965,  n. 1074  (Norme  di
attuazione   dello   Statuto   della  Regione  Siciliana  in  materia
finanziaria),  e  al principio di leale collaborazione - conflitto di
attribuzione  nei confronti dello Stato, in relazione al silenzio del
Ministero  dell'economia  e  delle  finanze  e  della  Presidenza del
Consiglio dei ministri a fronte delle note prot. nn. 4792, 4793, 4794
e  4796,  emesse il 6 aprile 2006, e delle note prot. nn. 8377, 8370,
8361  e 8367, emesse il 15 giugno successivo, del proprio Assessorato
regionale  del  bilancio  e  delle  finanze  - Dipartimento finanze e
credito.
    1.1.  -  Riferisce  la  ricorrente  che, con le citate note prot.
nn. 4792,  4793,  4794  e  4796  del 6 aprile 2006, trasmesse a mezzo
raccomandate  con  avviso  di  ricevimento  spedite l'11 aprile 2006,
aveva  avanzato al Ministero dell'economia e delle finanze, oltreche'
alla Presidenza del Consiglio dei ministri, «assegnando un termine di
trenta  giorni  per  il riscontro», «formale richiesta a provvedere a
voler  impartire le opportune disposizioni e adottare i provvedimenti
necessari  al fine di consentire l'acquisizione al bilancio regionale
del  gettito  [...]:  a) dell'imposta sulle assicurazioni di cui alla
legge  29 ottobre  1961,  n. 1216  («Nuove disposizioni tributarie in
materia  di assicurazioni private e di contratti vitalizi») versata e
dovuta  dagli  assicuratori  che  hanno  il  domicilio  fiscale  o la
rappresentanza  fuori  dal territorio regionale nell'ipotesi in cui i
premi  riscossi  siano relativi a polizze assicurative rilasciate per
fattispecie  contrattuali  assicurative  (non  solo  R.C.A.) maturate
nell'ambito  regionale;  b)  dell'imposta sul valore aggiunto versata
dai depositi periferici di vendita dei generi di monopolio ubicati in
Sicilia,  e,  piu'  in  generale,  del  gettito di tale imposta sulle
operazioni  imponibili  il cui presupposto si realizzi in Sicilia; c)
dell'imposta sugli interessi, premi ed altri frutti e proventi che, a
termine  dell'art. 26, comma 2, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600,
e'  applicata  nei  confronti  dei  titolari  di  conti correnti o di
deposito,  con  ritenuta  da  parte  dell'Ente poste italiane e dagli
istituti  di  credito  che  hanno  il  domicilio  fiscale  fuori  dal
territorio  regionale,  nell'ipotesi  in cui le ritenute eseguite dai
sostituti  di  imposta  siano  relative  a interessi e altri proventi
corrisposti   a   depositanti  e  correntisti  di  uffici  postali  e
dipendenze   bancarie  operanti  nella  Regione;  d)  delle  ritenute
d'acconto  operate  dalle Amministrazioni dello Stato o da altri Enti
pubblici,  con  sede  centrale  fuori  dal  territorio  regionale, su
stipendi  ed  altri  emolumenti corrisposti in favore di dipendenti o
altri soggetti che abbiano espletato stabilmente la propria attivita'
lavorativa nel territorio della Regione».
    Riferisce  inoltre  di  avere  successivamente  inviato,  a mezzo
raccomandate  con avviso di ricevimento spedite il 16 giugno 2006, le
ricordate  note prot. nn. 8377, 8370, 8361 e 8367 del 15 giugno 2006,
con  le  quali,  «nel  reiterare le predette richieste e sollecitarne
l'evasione,  veniva  precisato  che  il  termine  a provvedere doveva
intendersi di novanta giorni dalla data di ricezione delle originarie
istanze,  in ossequio e ai sensi del disposto dell'art. 2 della legge
7 agosto 1990, n. 241».
    1.2.  -  La ricorrente lamenta che il silenzio dei destinatari in
ordine  alle  istanze  presentate costituisce un comportamento lesivo
delle  sue  attribuzioni  e della sua autonomia finanziaria e formula
due distinti motivi di doglianza.
    1.2.1.  -  Il  primo  motivo  ha  per oggetto la violazione degli
artt. 36  e  37  dello  statuto  della Regione Siciliana e del d.P.R.
n. 1074  del  1965,  sulla premessa che tali norme attribuiscono alla
Regione  Siciliana  tutti  i  tributi  erariali,  in  qualsiasi  modo
denominati,   il   cui   presupposto   d'imposta  si  sia  verificato
nell'ambito  della  stessa  Regione,  con  le  eccezioni previste dal
secondo   comma   dell'art. 36   dello  statuto,  nonche',  ai  sensi
dell'art. 2  del menzionato d.P.R. n. 1074 del 1965, con l'esclusione
delle  nuove  entrate  tributarie  il  cui  gettito sia destinato con
apposite   leggi   alla  copertura  di  oneri  diretti  a  soddisfare
particolari   finalita'   contingenti   o  continuative  dello  Stato
specificate nelle leggi medesime.
    Rileva,  in  particolare, la ricorrente che «l'art. 2 delle norme
di  attuazione  di cui al d.P.R. n. 1074 del 1965 [...], che sancisce
la spettanza alla Regione delle entrate tributarie erariali "riscosse
nell'ambito"  del  territorio  regionale, non va inteso nel senso che
sia  sempre  decisivo  il  luogo  fisico  in cui avviene l'operazione
contabile  della  riscossione.  Esso tende infatti ad assicurare alla
Regione  il  gettito  derivante  dalla  "capacita'  fiscale"  che  si
manifesta  nel  territorio  della Regione stessa, quindi dai rapporti
tributari  che  hanno in tale territorio il loro radicamento, vuoi in
ragione  della  residenza fiscale del soggetto produttore del reddito
colpito  (come  nelle  imposte  sui  redditi),  vuoi in ragione della
collocazione  nell'ambito  territoriale  regionale  del  fatto cui si
collega    il    sorgere    dell'obbligazione    tributaria».    Tale
interpretazione  troverebbe conferma nel tenore letterale dell'art. 4
delle stesse norme di attuazione - il quale precisa che nelle entrate
spettanti  alla  Regione  «sono  comprese  anche  quelle che, sebbene
relative  a  fattispecie  tributarie  maturate nell'ambito regionale,
affluiscono,   per  esigenze  amministrative,  ad  uffici  finanziari
situati  fuori del territorio della Regione» - e nella previsione, da
parte  dell'art. 37  dello  statuto  e  dell'art. 7  delle  norme  di
attuazione,  «di  meccanismi  di  riparto  dei redditi assoggettati a
imposizione  nel  caso di imprese operanti nel territorio siciliano»,
che hanno sede al di fuori di esso. Ne conseguirebbe che «il criterio
della territorialita' della riscossione nell'ambito regionale al fine
di  identificare  la  quota  del  gettito  tributario che costituisce
attribuzione  della  Regione siciliana, e' da ritenersi mero criterio
suppletivo,  utilizzato  di  fatto  nell'impossibilita'  di  elementi
sufficienti  per  conoscere  il  luogo  in  cui  si sia verificato il
relativo  presupposto  d'imposta,  ed in particolare, se lo stesso si
sia verificato in ambito regionale».
    Ad avviso della Regione, in riferimento ai parametri evocati, «il
comportamento  omissivo,  evidenziatosi, platealmente, con l'assoluto
silenzio  tenuto  su  tutte  le  specifiche  richieste  regionali - a
nessuna  delle  quali,  e  in nessuna forma, e' stato dato riscontro,
neppure  interlocutorio  - non riconoscendo, invero, indebitamente ed
illegittimamente,   entrate   tributarie   spettanti   alla  Regione,
determina una compressione delle risorse alla stessa spettanti».
    La  ricorrente  espone  poi  le ragioni a sostegno delle suddette
richieste, con riferimento ai singoli tributi che ne sono oggetto.
    In   primo   luogo,   richiamando   la   sentenza   della   Corte
costituzionale  n. 306  del  2004, sostiene, in relazione all'imposta
sulle  assicurazioni di cui alla legge 29 ottobre 1961, n. 1216, che:
a)  il  presupposto, e' «sostanzialmente ancorato alla sussistenza di
un  contratto  di  assicurazione stipulato da soggetti domiciliati in
Italia  o  che in Italia abbiano beni o dipendenti assicurati, ovvero
ancora   in   ragione   della   localizzazione,   immatricolazione  o
registrazione  dei beni considerati nel territorio della Repubblica»;
b)  pur  essendo  l'assicuratore  il  soggetto  passivo dell'imposta,
l'effettivo  «titolare  della capacita' fiscale» e' il contraente; c)
in  base ai criteri di collegamento previsti dalla legge per le varie
tipologie  di  assicurazione (domicilio del contraente, iscrizione in
registri,  ubicazione dei beni, localizzazione degli stabilimenti cui
sono  addette  le  persone  assicurate),  «e'  possibile  anche [...]
individuare  il  radicamento nel territorio regionale della capacita'
fiscale, e della sua manifestazione».
    In  secondo  luogo, in relazione all'imposta sul valore aggiunto,
osserva  che: a) «la condizione della territorialita', necessaria per
il   verificarsi   del  presupposto  impositivo,  si  realizza  [...]
allorche' la cessione sia effettuata nello Stato (e per le energie se
e' effettuata a soggetti residenti o domiciliati nello Stato)»; b) se
per   i  servizi,  in  via  generale,  la  prestazione  si  considera
effettuata nello Stato laddove sia resa da soggetto ivi domiciliato o
residente,  «tuttavia  in una rilevante serie di servizi rendibili «a
distanza»,   e   cioe'   che   non   richiedono  necessariamente  una
organizzazione   localizzata,   il   momento   di   collegamento   e'
sostanzialmente  fissato  in  quello  del  luogo di utilizzazione del
servizio»;  c)  ne  consegue  che  «nella maggior parte delle ipotesi
riguardate  dall'imposizione  sul valore aggiunto e' individuabile il
radicamento  nel  territorio  regionale  della  capacita' fiscale, in
quanto  in  esso  il presupposto [...] viene a realizzarsi»; d) anche
per  l'IVA  sui  generi di monopolio e' «individuabile il radicamento
nel  territorio  regionale  della  capacita'  fiscale,  allorche'  il
relativo presupposto (specificamente: cessione dei beni attraverso le
rivendite di monopolio) quivi si perfezioni».
    In  terzo  luogo,  in relazione all'imposta sugli interessi e sui
redditi di capitale, di cui all'art. 26 del d.P.R. 29 settembre 1973,
n. 600,  osserva  che:  a)  «ancorche'  il  prelievo  sia  effettuato
dall'Ente  poste  italiane  e  dagli istituti bancari quali sostituti
d'imposta,  mediante  il  meccanismo  della  ritenuta «con obbligo di
rivalsa»,  i  soggetti  passivi  del  tributo sono gli intestatari di
conti  correnti  e  di  depositi,  percettori  dei  detti  redditi di
capitale»;   b)   il  presupposto  dell'imposta  e'  «sostanzialmente
ancorato  alla  sussistenza  di un deposito o di un rapporto di conto
corrente   produttivi   d'interessi»;   c)   «la   sussistenza  e  la
localizzazione  del rapporto di deposito o di conto corrente assumono
valenza essenziale quale criterio di collegamento, rendendo possibile
individuare  il  radicamento nel territorio regionale della capacita'
fiscale,  e  della  sua  manifestazione»,  anche  perche'  i soggetti
passivi  sono  i titolari dei depositi o conti correnti percettori di
interessi  o proventi, sui quali gli istituti di credito sostituti di
imposta sono obbligati a rivalersi.
    In  quarto  luogo,  in  relazione alle ritenute d'acconto operate
dalle  amministrazioni dello Stato o da altri Enti pubblici, con sede
centrale  fuori  dal  territorio  regionale,  su  stipendi  ed  altri
emolumenti  corrisposti  in favore di dipendenti o altri soggetti che
abbiano  espletato  stabilmente  la  propria attivita' lavorativa nel
territorio  della Regione, rileva che: a) esse «costituiscono solo un
meccanismo di prelievo dell'imposta sul reddito mediante sostituzione
dell'obbligato  al  versamento»; b) «la ritenuta, invero, costituisce
parte  indifferenziata di una imposta unitariamente dovuta da ciascun
contribuente,   persona  fisica,  in  relazione  al  presupposto  del
possesso  di redditi in denaro o in natura, la cui base imponibile e'
costituita  dal  reddito  complessivo»;  c) spetta, conseguentemente,
alla Regione il gettito delle ritenute erariali sui redditi di lavoro
dei   dipendenti  delle  amministrazioni  dello  Stato  che  prestino
servizio  in  Sicilia,  perche' «l'apprensione diretta da parte dello
Stato  delle  entrate  in  questione  [...]  non  costituisce  invero
ostacolo al successivo riversamento al bilancio regionale delle somme
in  questione,  certamente  costituenti  gettito  derivante da quella
capacita'  fiscale  correlabile  al territorio regionale cui [...] va
riferita la spettanza regionale».
    1.2.2.   -   Il  secondo  motivo  di  doglianza  formulato  dalla
ricorrente ha per oggetto la «violazione del principio costituzionale
di leale cooperazione».
    Lamenta la ricorrente che, nella fattispecie: a) lo Stato, «nelle
sue diverse articolazioni, [...] non solo non ha provveduto in ordine
alle  richieste formulate dalla Regione siciliana [...], ma a seguito
del  ricevimento  delle  richieste  regionali, non ha neppure avviato
interlocuzioni,  espresso  riserve, addotto argomentazioni, ancorche'
di  diniego,  neppure su una di tali richieste, con cio' manifestando
un  unitario comportamento di sostanziale diniego delle ragioni della
Regione»;  b)  «il  perdurante silenzio dell'Amministrazione centrale
comporta  di fatto il disconoscimento delle attribuzioni regionali in
materia  finanziaria,  e  lede l'integrita' dell'ambito di competenza
della  Regione  siciliana,  non  consentendo alla stessa di acquisire
tutte  le  entrate  correlate  al  proprio  territorio, riguardate in
maniera  indifferenziata  ed omnicomprensiva dalle norme statutarie e
di  attuazione»; d) «l'idoneita' del preservato silenzio a costituire
atto  idoneo  a  provocare  l'insorgere  del  conflitto  -  dal  tono
indubitabilmente   costituzionale   in  ragione  della  natura  delle
attribuzioni vantate, e negate dal comportamento omissivo dello Stato
-   risulta   palese,   [...]   configurando   invero   uno  di  quei
"comportamenti  concludenti  non  estrinsecantisi  in  atti formali",
assolutamente  adeguati,  tuttavia, a determinare lesioni dell'ordine
di attribuzioni costituzionalmente sancite»; e) poiche' la «procedura
del   silenzio-rifiuto,  come  peraltro,  a  seconda  dei  casi,  del
silenzio-inadempimento,   va  considerata  [...]  quale  istituto  di
carattere  generale  costituente espressione di un generale principio
dell'ordinamento,  va  ritenuta  l'ammissibilita' del conflitto sulla
(mera)  omissione,  dal  valore  sostanzialmente  negativo,  idonea a
comprimere le spettanze regionali».
    2.  -  Si e' costituito il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, il quale
ha  chiesto  che il ricorso venga dichiarato inammissibile o comunque
rigettato.
    Quanto all'eccepita inammissibilita', la difesa erariale sostiene
che:   a)  il  silenzio  censurato,  essendo  un  mero  comportamento
omissivo, e' privo di attitudine lesiva delle attribuzioni regionali;
b)  in  base  ai principi in materia di silenzio dell'amministrazione
desumibili  dall'art. 21-bis  della  legge  6 dicembre  1971, n. 1034
(Istituzione  dei  Tribunali  amministrativi  regionali), «il giudice
adito  avverso  il  comportamento  omissivo dell'Amministrazione deve
limitarsi  ad  accertare e dichiarare l'illegittimita' dell'inerzia a
provvedere, senza sostituirsi ad essa nell'adozione dei provvedimenti
invocati»;  c)  occorre verificare se il silenzio sulle istanze della
Regione  relative  al  gettito dei tributi «dipenda dal convincimento
che  trattasi  di  tributi  di competenza statale (cosi' che si possa
effettivamente   configurare   l'ipotizzato   conflitto)   o  dipenda
piuttosto  da eventuali inadeguatezze dell'apparato amministrativo (e
cioe'   da  fattori  riconducibili  a  semplici  inadempimenti  nella
gestione  del sistema della riscossione, che non sembrano integrare -
come tali - gli estremi di una controversia costituzionale».
    Nel  merito, la difesa erariale sostiene che, a norma dell'art. 2
del  d.P.R.  n. 1074  del  1965,  il  criterio  in base al quale deve
avvenire  la  destinazione  del  gettito  dei  tributi  erariali alla
Regione  Siciliana  e' quello del luogo della riscossione dei tributi
stessi  e non - come sostenuto dalla ricorrente - quello del luogo in
cui  si  e'  verificato  il presupposto dell'obbligazione tributaria.
Osserva  l'Avvocatura  generale  che,  alla luce della sentenza della
Corte  costituzionale  n. 306  del  2004, il criterio del luogo della
riscossione «puo' subire deroga a favore di altri criteri alternativi
previsti  e  disciplinati  da  norme  di  legge a carattere speciale,
riguardanti   particolari   tributi   [...]   che  per  mere  ragioni
amministrative  sono riscossi altrove» e che «il criterio alternativo
deve  essere  comunque  certo, obiettivo ed univoco». Rileva poi, con
particolare riferimento al gettito dell'IVA, che il criterio proposto
dalla ricorrente comporta la necessita' di accertare caso per caso il
luogo  in  cui  e'  avvenuta  la cessione del bene o «il luogo in cui
debba  ritenersi  insorto  il presupposto dell'IVA su una prestazione
del  servizio»  ed  appare,  percio',  manifestamente irrazionale «se
riferito all'esigenza di individuare con obiettivita' ed immediatezza
l'Ente  titolare  dell'introito  tributario».  Osserva infine, in via
subordinata,  che  i  criteri  alternativi  a  quello del luogo della
riscossione, ai quali la ricorrente fa riferimento, dovrebbero essere
applicati  integralmente  e  non  solo a favore della Regione, con la
conseguenza  che  spetterebbero  allo  Stato  i  tributi  riscossi in
Sicilia  i  cui  presupposti  si  siano  verificati  al  di fuori del
territorio siciliano.
    3.  -  In  prossimita'  dell'udienza, la ricorrente ha depositato
memoria, con la quale ribadisce le proprie conclusioni.
    In  particolare,  sulle eccezioni proposte dalla difesa erariale,
rileva   che:  a)  la  Regione  «ha  utilizzato  lo  schema  proposto
dall'art. 2  della  legge  7 agosto 1990, n. 241» per la mancanza «di
altre  specifiche procedure - costituzionali e ordinarie - attuative,
nei   rapporti   costituzionali,  di  quello  che  ormai  costituisce
principio  generale  dell'ordinamento,  espresso  anche  dal predetto
art. 2,  legge  n. 241/1990,  che  attribuisce un significato - anche
nella sua portata minima di mero comportamento indebitamente omissivo
-  al silenzio serbato da un soggetto pubblico che ha [...] l'obbligo
di  attivarsi  per  attuare  l'ordinamento  stesso»;  b)  oggetto del
ricorso  non  e'  il  silenzio-inadempimento  in  quanto  tale, ma il
perdurante  comportamento  omissivo  dello  Stato,  che determina una
compressione delle attribuzioni costituzionali regionali, perche' «e'
pienamente   significante  della  volonta'  di  negare  alla  Regione
siciliana la spettanza dei gettiti tributari in questione».

                       Considerato in diritto

    1.  -  La  Regione  Siciliana  ha  proposto - in riferimento agli
artt. 36  e  37  del proprio statuto, al decreto del Presidente della
Repubblica 26 luglio 1965, n. 1074 (Norme di attuazione dello Statuto
della  Regione  Siciliana  in materia finanziaria), e al principio di
leale  collaborazione  -  ricorso  per  conflitto di attribuzione nei
confronti dello Stato, in relazione al silenzio serbato dal Ministero
dell'economia  e  delle  finanze e dalla Presidenza del Consiglio dei
ministri  a  fronte  delle  note «prot. nn. 4792, 4793, 4794 e 4796»,
emesse  il  6 aprile 2006, e delle note «prot. nn. 8377, 8370, 8361 e
8367»,  emesse  il  15 giugno  successivo,  del  proprio  Assessorato
regionale  del  bilancio  e  delle  finanze  - Dipartimento finanze e
credito.
    La  ricorrente  riferisce,  in particolare, che: a) con le citate
note  del 6 aprile 2006, trasmesse a mezzo raccomandate con avviso di
ricevimento  spedite  l'11 aprile  2006,  aveva avanzato al Ministero
dell'economia   e  delle  finanze,  oltre  che  alla  Presidenza  del
Consiglio  dei  ministri,  «formale  richiesta  a  provvedere a voler
impartire  le  opportune  disposizioni  e  adottare  i  provvedimenti
necessari al fine di consentire l'acquisizione al bilancio regionale»
del  gettito  dei  tributi indicati nelle note stesse, «assegnando un
termine di trenta giorni per il riscontro»; b) con le successive note
del  15  giugno 2006  aveva  rinnovato  la  richiesta,  assegnando un
termine a provvedere di novanta giorni.
    La   ricorrente   conclude   chiedendo   che  la  Corte  dichiari
«l'illegittimita' costituzionale del comportamento omissivo statale»,
perche'  ad  esso  e'  sotteso  il  «disconoscimento  delle spettanze
tributarie  regionali  conseguenti alle attribuzioni» garantite dagli
evocati parametri, precisando, peraltro, che, con il ricorso, «non si
e'  inteso  applicare  al  procedimento  costituzionale  un  istituto
giuridico   squisitamente   proprio  del  procedimento  (e  processo)
amministrativo»   quale   quello  previsto  dall'art. 2  della  legge
7 agosto 1990, n. 241.
    2.   -  L'Avvocatura  generale  dello  Stato  ha  preliminarmente
eccepito    l'inammissibilita'   del   ricorso   per   conflitto   di
attribuzione,   perche'   il  silenzio  censurato,  essendo  un  mero
comportamento   omissivo,   e'   privo  di  attitudine  lesiva  delle
attribuzioni regionali.
    3. - L'eccezione della difesa erariale e' fondata.
    Nella  giurisprudenza  di  questa  Corte  in tema di conflitti di
attribuzione   e'   affermato   il  principio  per  cui,  perche'  un
comportamento  omissivo  possa  essere  qualificato come atto lesivo,
esso  deve  essere  «idoneo  a  produrre  un'immediata  violazione  o
menomazione  di attribuzioni, come, ad esempio, l'indebito rifiuto di
adottare  un provvedimento necessario affinche' una Regione sia posta
in  grado  di  esplicare  un'attribuzione  costituzionalmente ad essa
spettante» (sentenze n. 187 del 1984 e n. 111 del 1976).
    Nel  caso  di  specie,  contrariamente  a  quanto  affermato  nel
ricorso,  l'inerzia  delle  amministrazioni  statali  a  fronte delle
istanze  loro  rivolte puo' essere interpretata solo come una mancata
risposta  ad  una  sollecitazione  non vincolante che fa permanere lo
stato   di   incertezza,   ma  non  come  un  comportamento  omissivo
concludente  volto  a  negare  le  attribuzioni  costituzionali della
Regione   Siciliana.   Nessuna  norma  dell'ordinamento  attribuisce,
infatti, a tale inerzia il significato di diniego della spettanza del
gettito  dei  tributi  oggetto  delle  istanze  regionali.  La stessa
ricorrente   ammette,   del   resto,   che   questo   significato  di
silenzio-diniego  non  puo'  discendere dall'applicazione nel caso di
specie  delle  norme  dettate dall'art. 2 della legge n. 241 del 1990
per   la   formazione  del  silenzio-inadempimento  nel  procedimento
amministrativo;    e   cio'   ancorche',   nella   fase   antecedente
l'instaurazione del giudizio costituzionale, essa abbia fatto ricorso
a  tali  norme per assegnare alla pubblica amministrazione il termine
di  novanta  giorni  per provvedere. Ne consegue l'inidoneita', nella
specie,  della  mancata  risposta del Ministero dell'economia e delle
finanze  e  della Presidenza del Consiglio dei ministri a determinare
una  diretta  menomazione  delle  attribuzioni  della  Regione  nella
materia dei prelievi tributari cui si riferisce il ricorso.
    Il  conflitto  e',  dunque,  inammissibile, perche' privo di tono
costituzionale,  rimanendo, peraltro, impregiudicato il diritto della
Regione  Siciliana  di  soddisfare,  di  fronte al giudice comune, le
proprie pretese relative alle somme in questione.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara  inammissibile  il ricorso per conflitto di attribuzione
proposto  dalla  Regione  Siciliana  nei  confronti  dello Stato - in
relazione  al  silenzio del Ministero dell'economia e delle finanze e
della  Presidenza  del  Consiglio  dei  ministri, a fronte delle note
prot.  nn. 4792,  4793,  4794  e  4796 del 6 aprile 2006 e delle note
prot.   nn. 8377,   8370,  8361  e  8367  del  15 giugno  successivo,
dell'Assessorato   regionale   del   bilancio   e   delle  finanze  -
Dipartimento  finanze  e  credito  della  Regione  Siciliana - con il
ricorso indicato in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 4 luglio 2007.
                         Il Presidente: Bile
                         Il redattore: Gallo
                      Il cancelliere: Di Paola
    Depositata in cancelleria il 13 luglio 2007.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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