N. 294 ORDINANZA 4 - 17 luglio 2007

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Straniero  e  apolide - Espulsione amministrativa - Automaticita' del
  provvedimento senza previa valutazione della pericolosita' sociale,
  in  conseguenza  della  mancata richiesta del permesso di soggiorno
  entro  il  termine prescritto, pur in ipotesi di legittimo ingresso
  in  Italia  -  Denunciata violazione del principio di eguaglianza e
  incidenza  sul  principio  di  inviolabilita'  personale  - Erronea
  individuazione   della   disposizione   applicabile   nel  giudizio
  principale - Manifesta inammissibilita' della questione.
- D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 13, comma 2, lettera b).
- Costituzione, artt. 3 e 13.
(GU n.29 del 25-7-2007 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Franco BILE;
  Giudici:  Giovanni  Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO,
Paolo  MADDALENA,  Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO,
Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE,
Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale dell'art. 13, comma 2,
lettera b),  del  decreto  legislativo  25 luglio 1998, n. 286 (Testo
unico  delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione
e norme sulla condizione dello straniero), promosso con ordinanza del
5 gennaio  2006  dal  Giudice di pace di Bari sul ricorso proposto da
Sako Nesti nei confronti del Prefetto di Bari, iscritta al n. 217 del
registro  ordinanze  2006 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 28, 1ª serie speciale, dell'anno 2006;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  Camera  di  consiglio  del 6 giugno 2007 il giudice
relatore Paolo Maria Napolitano;
    Ritenuto  che  il  Giudice  di  pace  di  Bari, con ordinanza del
5 gennaio  2006,  ha  sollevato,  in riferimento agli articoli 3 e 13
della   Costituzione,   questione   di   legittimita'  costituzionale
dell'art. 13,  comma 2, lettera b), del decreto legislativo 25 luglio
1998,   n. 286   (Testo   unico  delle  disposizioni  concernenti  la
disciplina   dell'immigrazione   e   norme   sulla  condizione  dello
straniero),  nella  parte  in  cui sanziona con l'espulsione e con il
divieto  di  reingresso  nel territorio dello Stato per dieci anni le
diverse  fattispecie  dello straniero che non ha chiesto o ha chiesto
in ritardo il permesso di soggiorno e dello straniero che ha commesso
reati o si e' reso socialmente pericoloso;
        che   il  rimettente  premette  in  fatto  che  il  cittadino
extracomunitario  Sako  Nesti, di cui non precisa la nazionalita', ha
proposto  ricorso  in  opposizione  avverso  il decreto di espulsione
emesso  nei  suoi confronti dal Prefetto di Bari, in data 23 novembre
2005,  per  essere entrato nel territorio dello Stato sottraendosi ai
controlli di frontiera;
        che    il    rimettente    ritiene   fondati   i   dubbi   di
costituzionalita'    manifestati    dalla    difesa   del   cittadino
extracomunitario  nel  ricorso,  sul  presupposto  che  la disciplina
contenuta  nel  citato art. 13 del d.lgs. n. 286 del 1998 si porrebbe
in  contrasto  con  l'art. 3  della  Costituzione, non prevedendo una
differenziazione  della  sanzione  a  seconda  della  gravita'  della
violazione commessa;
        che,   in  particolare,  il  giudice  a  quo  rileva  che  le
violazioni   della   disciplina   dell'immigrazione   sanzionate  con
l'espulsione concernono comportamenti o situazioni di diversa natura:
1)   essere  entrato  nel  territorio  dello  Stato  sottraendosi  ai
controlli  di  frontiera;  2) essersi trattenuto nel territorio dello
Stato  senza  aver  richiesto  il  permesso  di soggiorno nel termine
prescritto;  3) aver avuto la revoca o l'annullamento del permesso di
soggiorno;   4)   appartenere   a  taluna  delle  categorie  indicate
nell'art. 1   della   legge  27 dicembre  1956,  n. 1423  (Misure  di
prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e
per   la   pubblica   moralita),   come   successivamente  sostituito
dall'art. 13   della  legge  13 settembre  1982,  n. 646;  5)  essere
sottoposto a procedimento penale;
        che  le Corti di legittimita' e di merito hanno puntualizzato
che  la  mancata  richiesta  o  il  mancato  rinnovo  del permesso di
soggiorno   nei   termini   di  legge  non  comporta  automaticamente
l'emissione del decreto di espulsione a differenza dei casi di revoca
o annullamento del permesso medesimo;
        che,   secondo   il   rimettente,   la   violazione  relativa
all'essersi  trattenuto nel territorio dello Stato senza aver chiesto
il permesso di soggiorno nel termine prescritto dall'art. 5, comma 2,
del  d.lgs.  n. 286  del  1998,  deve  essere  considerata  una  mera
irregolarita' amministrativa;
        che,  pertanto,  il  rimettente  ritiene fondato il dubbio di
legittimita'  costituzionale  della  norma  citata,  letta  anche «in
relazione  all'art. 5,  comma 2,  e  all'art. 13, commi 13 e 14», del
d.lgs.  n. 286  del  1998,  in  quanto,  disciplinando in modo eguale
violazioni  di  natura  profondamente  diversa  (mancata  o ritardata
richiesta  di permesso di soggiorno e commissione di reati o condotta
socialmente  pericolosa),  si  pone  in contrasto con il principio di
eguaglianza  sancito dall'art. 3 della Costituzione, secondo il quale
non  possono e non devono essere sanzionate in modo eguale violazioni
di natura diversa;
        che  il  rimettente  censura  la  norma  anche per violazione
dell'art. 13  della  Costituzione,  poiche'  il decreto di espulsione
comporta,  in  caso  di  inottemperanza  allo  stesso, una misura che
incide  sulla  liberta'  personale  dell'individuo senza prevedere un
preventivo giudizio sulla sua pericolosita' sociale;
        che  e'  intervenuto  in giudizio il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato,   che  ha  chiesto  alla  Corte  di  dichiarare  la  questione
inammissibile o infondata;
        che   la  difesa  erariale  pone  in  evidenza  la  peculiare
rilevanza degli interessi pubblici nella materia dell'immigrazione e,
in  particolare,  nota  che  il giudice a quo definisce una «semplice
irregolarita'  amministrativa»  la  mancata  richiesta da parte dello
straniero, nel termine prescritto, del permesso di soggiorno, ipotesi
che, al contrario, costituisce (al pari delle condotte sanzionate con
l'espulsione)  un  grave  vulnus  alla  corretta  gestione dei flussi
migratori  in  Italia,  la  quale  all'evidenza presuppone «la rapida
conoscenza delle persone autorizzate a rimanere nel paese»;
        che,  prosegue l'Avvocatura dello Stato, non sussiste affatto
la  denunciata irragionevolezza della normativa de qua nella parte in
cui  non  diversificherebbe  le  varie  ipotesi di espulsione ai fini
della  durata  del  conseguente  divieto di reingresso in Italia, sia
perche',  in via di principio, la stessa Corte costituzionale ha gia'
avuto  modo  di  affermare  che  «non e' implausibile l'equiparazione
operata  dal  legislatore  fra  stranieri  privi di permesso, per non
averlo  mai  ottenuto,  e stranieri il cui permesso sia scaduto senza
essere  rinnovato» (ordinanza n. 485 del 2000), sia perche' l'art. 13
del  d.lgs.  n. 286  del  1998,  ai  commi 13  e 14, attribuisce alle
autorita'  amministrative  un ampio margine di discrezionalita' nella
determinazione della durata del divieto di reingresso che puo' essere
ridotto  a  cinque  anni  rispetto  all'ordinario  termine  di dieci,
proprio in relazione alla condotta tenuta in concreto dallo straniero
espulso;
        che,   quanto   alla   censura   di   cui  all'art. 13  della
Costituzione,  secondo  l'Avvocatura, essa e' inammissibile in quanto
non  sufficientemente motivata, essendosi il rimettente limitato a un
brevissimo  cenno  riguardo  alla mancanza del necessario giudizio di
pericolosita' sociale;
        che,  infine,  la  Corte costituzionale ha gia' avuto modo di
affermare  che  il cosiddetto automatismo espulsivo non e' affatto in
contrasto  con  la  Carta costituzionale, rappresentando un «riflesso
del  principio  di  stretta  legalita' che permea l'intera disciplina
dell'immigrazione  e che costituisce anche per gli stranieri presidio
ineliminabile dei loro diritti» (sentenza n. 146 del 2002).
    Considerato  che  il  Giudice  di pace di Bari, con ordinanza del
26 gennaio  2005  ha  sollevato,  in riferimento agli articoli 3 e 13
della   Costituzione,   questione   di   legittimita'  costituzionale
dell'art. 13,  comma 2, lettera b), del decreto legislativo 25 luglio
1998,   n. 286   (Testo   unico  delle  disposizioni  concernenti  la
disciplina   dell'immigrazione   e   norme   sulla  condizione  dello
straniero);
        che  la  norma  viene denunciata in quanto disciplina in modo
eguale   situazioni   diverse   quali  l'essere  destinatario  di  un
provvedimento   di   espulsione  (semplicemente)  per  la  mancata  o
ritardata  richiesta  del permesso di soggiorno entro gli otto giorni
dall'ingresso  in  Italia  e  l'essere  espulso per la commissione di
reati o per motivi di sicurezza pubblica;
        che  dalla descrizione della fattispecie fatta dal rimettente
risulta  che  il  provvedimento di espulsione del Prefetto, impugnato
nel   giudizio   a   quo,   e'  stato  emesso  perche'  il  cittadino
extracomunitario  era entrato nel territorio dello Stato sottraendosi
ai controlli di frontiera;
        che   tale   ultima  ipotesi  e'  disciplinata  dall'art. 13,
comma 2,  lettera a), del decreto legislativo n. 286 del 1998, mentre
l'art. 13,   comma 2,   lettera b),  regola  il  diverso  caso  dello
straniero che si sia trattenuto nel territorio dello Stato senza aver
chiesto  il  permesso di soggiorno nel termine prescritto, ovvero che
abbia avuto revocato o annullato il permesso di soggiorno, ovvero che
non abbia chiesto il rinnovo entro sessanta giorni dalla scadenza;
        che,  dunque,  il  giudice  a  quo non deve fare applicazione
dell'art. 13, comma 2, lettera b), del decreto legislativo n. 286 del
1998  (Testo  unico  delle  disposizioni  concernenti  la  disciplina
dell'immigrazione  e  norme  sulla condizione dello straniero), unica
norma  della  cui costituzionalita' egli dubita, bensi' dell'art. 13,
comma 2, lettera a), del medesimo decreto legislativo;
        che,  pertanto,  la questione e' manifestamente inammissibile
per  erronea  individuazione  della  disposizione applicabile al caso
concreto.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara   la   manifesta  inammissibilita'  della  questione  di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 13,  comma 2, lettera b), del
decreto   legislativo  25 luglio  1998,  n. 286  (Testo  unico  delle
disposizioni  concernenti  la  disciplina  dell'immigrazione  e norme
sulla  condizione  dello  straniero),  sollevata, in riferimento agli
artt. 3  e  13  della  Costituzione,  dal Giudice di pace di Bari con
l'ordinanza in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 4 luglio 2007.
                         Il Presidente: Bile
                      Il redattore: Napolitano
                      Il cancelliere: Di Paola
    Depositata in cancelleria il 17 luglio 2007.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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