N. 298 ORDINANZA 4 - 17 luglio 2007

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Lavoro   e  previdenza  (controversie  in  materia  di)  -  Questione
  pregiudiziale    concernente    l'efficacia,    la    validita'   e
  l'interpretazione  dei  contratti e accordi collettivi - Previsione
  tra  i  motivi  del ricorso per cassazione della violazione o falsa
  applicazione dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro
  -  Denunciata lesione del principio di liberta' dell'organizzazione
  e  dell'attivita'  sindacale  -  Asserita  violazione del principio
  costituzionale  concernente  la  funzione  nomofilattica attribuita
  alla  suprema  Corte  di cassazione - Questione proposta in termini
  eventuali - Manifesta inammissibilita'.
- Cod.  proc.  civ., art. 360, primo comma, numero 3, come modificato
  dall'art. 2 del d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40.
- Costituzione, artt. 39 e 111.
Lavoro   e  previdenza  (controversie  in  materia  di)  -  Questione
  pregiudiziale    concernente    l'efficacia,    la    validita'   e
  l'interpretazione  dei contratti e accordi collettivi - Risoluzione
  della  questione pregiudiziale con sentenza impugnabile con ricorso
  immediato  per cassazione - Sospensione del processo conseguente al
  deposito  del  ricorso  per  cassazione - Denunciata violazione del
  principio  di  ragionevolezza e del principio di ragionevole durata
  del processo, nonche' eccesso di delega - Eccepita inammissibilita'
  della  questione  per  avere  il  giudice  gia' risolto il problema
  interpretativo  relativo  alla  norma  del  contratto  collettivo -
  Reiezione.
- Cod. proc. civ., art. 420-bis.
- Costituzione, artt. 3, 76 e 111; legge 14 maggio 2005, n. 80.
Lavoro   e  previdenza  (controversie  in  materia  di)  -  Questione
  pregiudiziale    concernente    l'efficacia,    la    validita'   e
  l'interpretazione  dei contratti e accordi collettivi - Risoluzione
  della  questione pregiudiziale con sentenza impugnabile con ricorso
  immediato  per cassazione - Sospensione del processo conseguente al
  deposito  del  ricorso  per  cassazione - Denunciata violazione del
  principio  di  ragionevolezza e del principio di ragionevole durata
  del  processo,  nonche'  eccesso di delega - Esclusione - Manifesta
  infondatezza della questione.
- Cod. proc. civ., art. 420-bis.
- Costituzione, artt. 3, 76 e 111; legge 14 maggio 2005, n. 80.
(GU n.29 del 25-7-2007 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Franco BILE;
  Giudici:  Giovanni  Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO,
Paolo  MADDALENA,  Alfio  FINOCCHIARO,  Franco GALLO, Luigi MAZZELLA,
Gaetano  SILVESTRI,  Sabino  CASSESE,  Maria  Rita  SAULLE,  Giuseppe
TESAURO;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 360, primo
comma,  n. 3,  come  sostituito  dall'art. 2  del decreto legislativo
2 febbraio  2006,  n. 40  (Modifiche al codice di procedura civile in
materia  di  processo  di  cassazione  in funzione nomofilattica e di
arbitrato, a norma dell'articolo 1, comma 2, della L. 14 maggio 2005,
n. 80),  e dell'art. 420-bis del codice di procedura civile, promosso
con  ordinanza  del  12 settembre  2006  dal  Tribunale di Genova nei
procedimenti  civili  riuniti vertenti tra Canepa Giuseppe ed altri e
la  Ilva  s.p.a  iscritta  al  n. 177  del  registro ordinanze 2007 e
pubblicata  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 14, 1ª serie
speciale, dell'anno 2007;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  Camera  di  consiglio del 20 giugno 2007 il giudice
relatore Luigi Mazzella;
    Ritenuto   che  il  Tribunale  di  Genova,  sezione  lavoro,  con
ordinanza   del   12 settembre   2006   ha   sollevato  questione  di
legittimita'  costituzionale  dell'articolo 360,  primo  comma, n. 3,
come  sostituito dall'art. 2 del decreto legislativo 2 febbraio 2006,
n. 40 (Modifiche al codice di procedura civile in materia di processo
di  cassazione  in  funzione  nomofilattica  e  di arbitrato, a norma
dell'articolo 1,   comma 2,   della  L.  14 maggio  2005,  n. 80),  e
dell'articolo 420-bis  del  codice di procedura civile per contrasto,
rispettivamente,  con  gli  artt. 39 e 111 e con gli articoli 3, 76 e
111 della Costituzione;
        che,  ad  avviso  del  rimettente,  la  prima delle due norme
indicate  violerebbe l'articolo 39 Cost., in quanto affida al giudice
la  qualificazione  del  contratto collettivo come nazionale, nonche'
l'articolo 111  Cost.,  nella  parte in cui estende l'ambito dei casi
nei  quali il giudice di legittimita' puo' conoscere del merito della
causa;
        che, sotto altro aspetto, l'art. 360, primo comma, n. 3, cod.
proc.  civ., trasformando i contratti collettivi in «fonti di diritto
oggettivo»,   determinerebbe   una   lesione   del   diritto  sancito
dall'art. 39  Cost.,  attraverso  una ingerenza eteronoma dello Stato
nell'autonomia sindacale;
        che    l'articolo 420-bis    cod.    proc.    civ.    sarebbe
costituzionalmente illegittimo sia per palese irrazionalita', sia per
violazione  del  principio  di  ragionevole durata del processo, sia,
infine, per eccesso di delega;
        che,  in  punto  di  rilevanza - premesso che la questione di
merito  concerne  l'interpretazione  del significato dell'espressione
«orario  di  lavoro»  cui  sarebbe  collegato,  nella  contrattazione
collettiva  applicabile  ratione  temporis,  un contenuto difforme da
quello  che  il giudicante ricava dalla normativa vigente all'epoca e
che  pertanto  si pone un problema di interpretazione di una clausola
di  un  accordo  nazionale - il rimettente osserva che l'art. 420-bis
impone  una definizione della questione «con sentenza suscettibile di
immediato  ricorso  in Cassazione» e sospensione del giudizio, in tal
modo impedendo una definizione di merito in tempi brevi;
        che  e'  altrettanto  rilevante  la questione di legittimita'
costituzionale   dell'art. 360,   primo   comma,  n. 3,  poiche'  una
declaratoria  di  illegittimita'  costituzionale  renderebbe privo di
oggetto  l'art. 420-bis  che, ad avviso del Tribunale, esiste solo in
funzione  di  una  pronuncia  pregiudiziale finalizzata al successivo
gravame di legittimita';
        che  il  rimettente denuncia altresi' il vizio di delega, del
quale  ritiene  affetto l'art. 420-bis, rispetto alla legge 14 maggio
2005,  n. 80  (Conversione  in  legge,  con  modificazioni,  del d.l.
14 marzo  2005,  n. 35,  recante disposizioni urgenti nell'ambito del
Piano  di  azione  per lo sviluppo economico, sociale e territoriale.
Deleghe  al Governo per la modifica del codice di procedura civile in
materia  di  processo  di  cassazione  e di arbitrato, nonche' per la
riforma  organica  della  disciplina  delle  procedure  concorsuali):
quest'ultima,  infatti,  ispirata  al principio di concentrazione del
processo,  ha  previsto  la  possibilita'  di ricorrere in cassazione
«solo  avverso  la decisione che definisce l'intero giudizio», mentre
l'art. 420-bis  impone  la  ricorribilita'  immediata  in  cassazione
(art. 1, comma 3, lettera a);
        che  e'  intervenuto  in giudizio il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  per  il tramite dell'Avvocatura generale dello Stato,
sostenendo  la  manifesta  inammissibilita' di tutte le questioni: le
disposizioni  impugnate  non  trovano applicazione nel giudizio a quo
avendo   il   Tribunale   rimettente   gia'   risolto   la  questione
interpretativa  con  provvedimento reso nel corso del processo, prima
dell'entrata in vigore dell'art. 420-bis cod. proc. civ;
        che   altrettanto  irrilevante  -  a  giudizio  della  difesa
erariale  - e' la questione concernente l'art. 360 cod. proc. civ. la
quale,  avendo  ad  oggetto  i vizi della sentenza deducibili dinanzi
alla  Corte  regolatrice,  potra' essere sollevata solo da questa nel
momento in cui si trovera' a farne applicazione e non prima;
        che,  secondo  l'Avvocatura generale, infondata e' la censura
di  eccesso  di  delega,  come pure la questione di costituzionalita'
dell'art. 360,  primo  comma,  n. 3,  cod.  proc. civ., sollevata dal
rimettente per asserita lesione dell'art. 39 Cost, non comprendendosi
per  quale  ragione  la qualificazione del contratto come «nazionale»
sfuggirebbe alla disponibilita' dei contraenti;
        che,   quanto  all'asserito  contrasto  dell'art. 360,  primo
comma,   n. 3,   cod.  proc.  civ.,  con  l'art. 111  Cost.,  secondo
l'Avvocatura  dello  Stato  la  norma costituzionale non impedisce al
giudice  di legittimita' di conoscere - anche se in casi circoscritti
-  del  merito  della  causa;  come  pure  del  tutto  destituita  di
fondamento  e'  la  tesi del rimettente secondo cui la medesima norma
avrebbe  trasformato  il  contratto collettivo nazionale in «fonte di
diritto oggettivo».
    Considerato che vengono in discussione due norme sostituite dagli
artt. 2  e 18 del decreto legislativo 30 marzo 2006, n. 40 (Modifiche
al codice di procedura civile in materia di processo di cassazione in
funzione  nomofilattica  e  di  arbitrato,  a  norma dell'articolo 1,
comma 2,  della  legge  14 maggio  2005, n. 80): a) l'art. 360, primo
comma,  n. 3,  il  quale  introduce  un  nuovo  motivo del ricorso in
cassazione concernente la «violazione o falsa applicazione di accordi
o  contratti  collettivi  di lavoro»; b) l'art. 420-bis, ai sensi del
quale   «Quando  per  la  definizione  di  una  controversia  di  cui
all'articolo 409  e'  necessario  risolvere  in via pregiudiziale una
questione  concernente  l'efficacia, la validita' o l'interpretazione
delle  clausole  di  un  contratto o accordo collettivo nazionale, il
giudice  decide  con  sentenza  tale  questione,  impartendo distinti
provvedimenti   per   l'ulteriore  istruzione  o,  comunque,  per  la
prosecuzione  della causa fissando una successiva udienza in data non
anteriore  a novanta giorni (primo comma). La sentenza e' impugnabile
soltanto  con  ricorso  immediato  per  cassazione  da proporsi entro
sessanta  giorni  dalla  comunicazione  dell'avviso di deposito della
sentenza  (secondo  comma).  Copia del ricorso per cassazione deve, a
pena  di  inammissibilita'  del  ricorso, essere depositata presso la
cancelleria  del  giudice  che  ha emesso la sentenza impugnata entro
venti  giorni  dalla  notificazione  del ricorso alle altre parti; il
processo e' sospeso dalla data del deposito (terzo comma)».
        che,  ai sensi dell'art. 146 delle disposizioni di attuazione
del  codice  di procedura civile, nel caso di cui all'art. 420-bis si
applica,  per  quanto  compatibile,  l'art. 64,  commi 4,  6 e 7, del
decreto   legislativo   30 marzo   2001,   n. 165   (Norme   generali
sull'ordinamento  del  lavoro  alle  dipendenze delle amministrazioni
pubbliche),  secondo cui: «La Corte di cassazione, quando accoglie il
ricorso  a norma dell'art. 383 del codice di procedura civile, rinvia
la  causa allo stesso giudice che ha pronunciato la sentenza cassata.
La riassunzione della causa puo' essere fatta da ciascuna delle parti
entro  il  termine  perentorio di 60 giorni dalla comunicazione della
sentenza  di  cassazione.  In  caso  di  estinzione del processo, per
qualsiasi  causa,  la  sentenza  della Corte di cassazione conserva i
suoi effetti» (comma 4); «In pendenza del giudizio davanti alla Corte
di  cassazione,  possono essere sospesi i processi la cui definizione
dipende  dalla  risoluzione  della  medesima questione sulla quale la
Corte  e'  chiamata  a  pronunziarsi.  Intervenuta la decisione della
Corte di cassazione, il giudice fissa, anche d'ufficio, l'udienza per
la  prosecuzione  del processo» (comma 6); «Quando per la definizione
di  altri  processi e' necessario risolvere una questione [...] sulla
quale  e'  gia' intervenuta una pronuncia della Corte di cassazione e
il  giudice non ritiene di uniformarsi alla pronuncia della Corte, si
applica  il  disposto del comma 3» (secondo cui il giudice decide con
sentenza sulla sola questione concernente l'efficacia, la validita' o
l'interpretazione delle clausole di un contratto o accordo collettivo
nazionale) (comma 7);
        che  il  rimettente  dubita della legittimita' costituzionale
della   prima   delle   due  norme  impugnate  per  violazione  degli
articoli 39  e  111  della Costituzione, sia in quanto, rimettendo al
giudice  di  qualificare  il  contratto  collettivo  come  nazionale,
comprime  indebitamente  l'autonomia  sindacale,  sia in quanto, dopo
aver  modificato  surrettiziamente la natura dei contratti ed accordi
collettivi in fonti di diritto oggettivo estende l'ambito dei casi in
cui il giudice di legittimita' puo' conoscere del merito della causa;
        che    la    questione    di    legittimita'   costituzionale
dell'art. 360,   primo   comma,   n. 3,   del   codice   di  rito  e'
inammissibile,  poiche'  essa  si  pone  in una prospettiva del tutto
eventuale  o  potenziale  rispetto  alla  situazione  processuale nel
giudizio  a  quo.  Non  sussiste,  infatti,  alcun  necessario  nesso
funzionale  tra  la  norma  in esame e l'art. 420-bis, trattandosi di
disposizioni  che  riguardano momenti processuali affatto distinti ed
autonomi;
        che,  quanto  all'art. 420-bis,  il giudice a quo ne denuncia
l'incompatibilita'  con  i principi enunciati dagli artt. 3, 76 e 111
Cost.,   sia   perche'   introduce  irrazionalmente  un  «farraginoso
meccanismo» che comporta una frammentazione dei vari momenti decisori
sulle  numerose questioni che il giudice puo' trovarsi ad affrontare,
sia perche' l'innovazione sarebbe sprovvista della necessaria delega,
sia  perche'  quel meccanismo rischia di prolungare eccessivamente la
durata del processo;
        che  l'Avvocatura  erariale  ha  eccepito  l'inammissibilita'
della  questione in quanto il problema interpretativo della norma del
contratto collettivo risulterebbe gia' risolto nel corso del giudizio
a quo;
        che, tuttavia, questa eccezione non puo' essere condivisa: e'
vero,  infatti, che il rimettente, nel corso del giudizio protrattosi
per  oltre  due  anni prima dell'entrata in vigore dell'art. 420-bis,
aveva  espresso  (con  apposita  ordinanza  del  9 febbraio  2005) la
propria  opzione  valutativa  in ordine alla validita' della clausola
collettiva  applicabile,  ma e' anche vero che, una volta intervenuta
la   nuova   disciplina   dettata   dall'art. 420-bis  immediatamente
applicabile  al giudizio in corso (trattandosi di norma processuale),
il   giudice   a  quo,  non  essendo  vincolato  dal  suo  precedente
provvedimento,  privo  di  contenuto  decisorio,  ha potuto esprimere
nell'ordinanza  di  rimessione  nuovi  e  piu' approfonditi argomenti
sulla  persistenza  delle difficolta' ermeneutiche, il che giustifica
il    ricorso   alla   nuova   procedura   pregiudiziale   introdotta
dall'art. 420-bis;
        che,  nel  merito,  tutte le censure formulate dal rimettente
sono manifestamente infondate;
        che  l'art. 420-bis  ripropone,  con  qualche  modifica  (non
rilevante  nel  caso  in esame) il modello delineato dall'art. 64 del
d.lgs.  n. 165  del  2001,  sulle controversie in materia di pubblico
impiego   «contrattualizzato»,   del  quale  questa  Corte  ha  avuto
occasione  di  confermare  la  legittimita'  costituzionale (sentenza
n. 199 del 2003 ed ordinanza n. 233 del 2002);
        che, quanto alla dedotta irrazionalita' dell'art. 420-bis, in
violazione  dell'art. 3  Cost., e' sufficiente osservare che il nuovo
strumento  processuale  non  opera  in tutti i casi in cui emerge una
qualunque  questione di interpretazione o di validita' della clausola
collettiva,  essendo  tale  strumento affidato in modo ragionevole al
responsabile  apprezzamento  del  giudice del lavoro, al quale spetta
evitare   l'inconveniente  denunciato,  attraverso  l'identificazione
tempestiva della serieta' della questione;
        che, anche in relazione al dedotto eccesso di delega (art. 76
Cost.),  la  censura  del  rimettente  e' manifestamente infondata in
quanto  la  legge 14 maggio 2005, n. 80 (di conversione in legge, con
modifiche,  del  decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35), ha previsto una
delega  al  Governo per la modifica del codice di procedura civile in
materia di processo di cassazione, e nel fissare (lettera a del terzo
comma  dell'art. 1)  i  criteri direttivi, ha indicato come obiettivo
prioritario   la  valorizzazione  della  funzione  nomofilattica  nel
processo di cassazione;
        che  a questo modo di operare della delega, ha contribuito il
fatto  che  l'ordinamento giuridico - come gia' rilevato - aveva gia'
attuato   un   intervento  del  tutto  analogo  a  quello  realizzato
dall'art. 420-bis  in  materia  di  controversie  di  lavoro pubblico
«privatizzato»;
        che,  in piena coerenza con il terzo parametro costituzionale
invocato  dal  rimettente (art. 111 Cost.), l'art. 420-bis - letto in
connessione  con  l'art. 146  disp.  att.  cod.  proc.  civ.  e con i
commi 4,  6  e  7 dell'art. 64 del d.lgs. n. 165 del 2001, piu' sopra
richiamati - prescrive termini perentori brevi sia per l'impugnazione
in  cassazione per saltum avverso la sentenza pronunciata dal giudice
di  merito,  sia  per la riassunzione della causa davanti allo stesso
giudice  dopo la decisione della Corte di cassazione, assicurando, in
tempi   ragionevoli,   la  soluzione  di  questioni  ermeneutiche  di
interesse collettivo che reclamano decisioni immediate entro il primo
grado  di giudizio (cosi' Cass. 19 febbraio 2007, n. 3770 la quale ha
escluso  il  ricorso  alla  procedura pregiudiziale interpretativa in
grado  di appello). Senza contare che analoghe economie di giudizio -
pure  apprezzabili  ai  sensi  dell'art. 111  Cost.  - possono essere
realizzate   secondo   l'intero   meccanismo  processuale  introdotto
dall'art. 420-bis  -  con  riferimento  agli  altri  processi  la cui
definizione dipende dalla risoluzione della medesima questione su cui
la  Corte di cassazione sia stata gia' chiamata a pronunciarsi (commi
6 e 7 dell'art. 64 del d.lgs. n. 165 del 2001 appena citati);
        che,  per le ragioni sin qui esposte la questione concernente
l'art. 360,  primo  comma,  n. 3,  cod.  proc.  civ.,  va  dichiarata
manifestamente  inammissibile,  mentre  va  dichiarata  la  manifesta
infondatezza delle censure rivolte all'art. 420-bis, cod. proc. civ.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87  e  9,  comma 2,  delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara   la   manifesta  inammissibilita'  della  questione  di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 360,  primo  comma, n. 3, del
codice  di  procedura  civile,  nel  testo sostituito dall'art. 2 del
decreto  legislativo n. 40 del 2006 (Modifiche al codice di procedura
civile in materia di processo di cassazione in funzione nomofilattica
e  di arbitrato, a norma dell'articolo 1, comma 2, della L. 14 maggio
2005,  n. 80), sollevata dal Tribunale di Genova, in riferimento agli
articoli 39 e 111 della Costituzione, con l'ordinanza in epigrafe;
    Dichiara   la   manifesta   infondatezza   della   questione   di
legittimita' costituzionale dell'art. 420-bis del codice di procedura
civile,   sollevata  dal  medesimo  Tribunale,  in  riferimento  agli
articoli 3, 76 e 111 della Costituzione, con la stessa ordinanza.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, 4 luglio 2007.
                         Il Presidente: Bile
                       Il redattore: Mazzella
                      Il cancelliere: Di Paola
    Depositata in cancelleria il 17 luglio 2007.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
07C0978