N. 330 SENTENZA 11 - 27 luglio 2007

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Imposte  e tasse - Imposta sul valore aggiunto (I.V.A.) - Rimborso di
  credito  d'imposta  - Mancato esercizio dell'opzione per differenti
  regimi  di  determinazione  dell'imposta  o  di  regimi contabili -
  Sopravvenuta   norma   di   interpretazione   autentica  -  Opzione
  desumibile   da   comportamenti   concludenti  del  contribuente  -
  Applicabilita' ai comportamenti concludenti tenuti dal contribuente
  anteriormente  alla  data  di  entrata  in  vigore  della normativa
  sopravvenuta   -  Previsto  divieto  di  restituzione  di  imposte,
  soprattasse    e   pene   pecuniarie   gia'   pagate   -   Eccepita
  inammissibilita'  della  questione  per  insufficiente  descrizione
  della fattispecie - Reiezione.
- Legge 21 novembre 2000, n. 342, art. 4, comma 1, secondo periodo.
- Costituzione, art. 3.
Imposte  e tasse - Imposta sul valore aggiunto (I.V.A.) - Rimborso di
  credito  d'imposta  - Mancato esercizio dell'opzione per differenti
  regimi  di  determinazione  dell'imposta  o  di  regimi contabili -
  Sopravvenuta   norma   di   interpretazione   autentica  -  Opzione
  desumibile   da   comportamenti   concludenti  del  contribuente  -
  Applicabilita' ai comportamenti concludenti tenuti dal contribuente
  anteriormente  alla  data  di  entrata  in  vigore  della normativa
  sopravvenuta   -  Previsto  divieto  di  restituzione  di  imposte,
  soprattasse    e   pene   pecuniarie   gia'   pagate   -   Eccepita
  inammissibilita' della questione per irrilevanza - Reiezione.
- Legge 21 novembre 2000, n. 342, art. 4, comma 1, secondo periodo.
- Costituzione, art. 3.
Imposte  e tasse - Imposta sul valore aggiunto (I.V.A.) - Rimborso di
  credito  d'imposta  - Mancato esercizio dell'opzione per differenti
  regimi  di  determinazione  dell'imposta  o  di  regimi contabili -
  Sopravvenuta   norma   di   interpretazione   autentica  -  Opzione
  desumibile   da   comportamenti   concludenti  del  contribuente  -
  Applicabilita' ai comportamenti concludenti tenuti dal contribuente
  anteriormente  alla  data  di  entrata  in  vigore  della normativa
  sopravvenuta  - Previsto divieto di restituzione delle imposte gia'
  pagate  -  Violazione del principio di uguaglianza - Illegittimita'
  costituzionale in parte qua.
- Legge 21 novembre 2000, n. 342, art. 4, comma 1, secondo periodo.
- Costituzione, art. 3.
Imposte  e tasse - Imposta sul valore aggiunto (I.V.A.) - Rimborso di
  credito  d'imposta  - Mancato esercizio dell'opzione per differenti
  regimi  di  determinazione  dell'imposta  o  di  regimi contabili -
  Sopravvenuta   norma   di   interpretazione   autentica  -  Opzione
  desumibile   da   comportamenti   concludenti  del  contribuente  -
  Applicabilita' ai comportamenti concludenti tenuti dal contribuente
  anteriormente  alla  data  di  entrata  in  vigore  della normativa
  sopravvenuta - Previsto divieto di restituzione delle soprattasse e
  pene   pecuniarie   gia'  pagate  -  Illegittimita'  costituzionale
  consequenziale in parte qua.
- Legge 21 novembre 2000, n. 342, art. 4, comma 1, secondo periodo.
- Costituzione, art. 3; legge 11 marzo 1953, n. 87, art. 27.
(GU n.30 del 1-8-2007 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Franco BILE;
  Giudici:  Giovanni  Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO,
Paolo  MADDALENA,  Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO,
Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE,
Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 4, comma 1,
secondo  periodo,  della  legge  21 novembre  2000, n. 342 (Misure in
materia fiscale), promosso con ordinanza depositata il 30 agosto 2006
dalla  Commissione  tributaria regionale della Sardegna, nel giudizio
vertente tra la societa' semplice Avicola S. Chiara e l'Agenzia delle
entrate  -  Ufficio  di  Oristano,  iscritta  al  n. 201 del registro
ordinanze 2007 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 15, 1ª serie speciale, dell'anno 2007.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  Camera  di  consiglio  del 4 luglio 2007 il giudice
relatore Franco Gallo.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  Con ordinanza pronunciata il 27 febbraio 2006 e depositata
il  30 agosto  successivo,  la Commissione tributaria regionale della
Sardegna,  nel  corso  di un giudizio di appello conseguente a rinvio
dalla  Corte  di  cassazione, ha sollevato, in riferimento all'art. 3
della   Costituzione,   questione   di   legittimita'  costituzionale
dell'art. 4,  comma 1, secondo periodo, della legge 21 novembre 2000,
n. 342  (Misure  in materia fiscale), il quale dispone che «Non si fa
luogo  a  restituzione di imposte, soprattasse e pene pecuniarie gia'
pagate».
    Il  giudice  rimettente precisa che tale articolo stabilisce, nel
non  censurato  primo  periodo  del  suo unico comma (composto da due
periodi),   che   «L'articolo 1  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica  10 novembre  1997,  n. 442,  concernente  l'opzione  e la
revoca   di   regimi  di  determinazione  dell'imposta  o  di  regimi
contabili,  si intende applicabile anche ai comportamenti concludenti
tenuti  dal contribuente anteriormente alla data di entrata in vigore
del   citato  decreto  n. 442  del  1997».  Il  medesimo  rimettente,
deducendo dalla rubrica del citato art. 4 («Norma interpretativa») la
natura  interpretativa  della  norma  e rilevato che questa «comunque
[...]  riguarda  la  portata  applicativa  dell'art. 1,  comma 1, del
d.P.R.  n. 442  del  1997» (Regolamento recante norme per il riordino
della  disciplina  delle  opzioni  in  materia  di imposta sul valore
aggiunto e di imposte dirette), afferma che la sollevata questione di
legittimita'  costituzionale concerne l'«art. 4, comma 1, della legge
21 novembre  2000,  n. 342, laddove si dispone che «Non si fa luogo a
restituzione  di imposte, soprattasse e pene pecuniarie gia' pagate»,
in  relazione  all'art. 1,  comma  1,  del  d.P.R.  10 novembre 1997,
n. 442».
    1.1.  -  Il  giudice  a quo riferisce, in punto di fatto, che: la
contribuente  -  la  societa'  semplice  «Avicola  S. Chiara» - aveva
presentato,   unitamente   alla  dichiarazione  dell'IVA  riguardante
l'anno 1988,  la  richiesta di rimborso, con procedura accelerata, di
un  credito  della stessa imposta; la Commissione tributaria di primo
grado   aveva  accolto  l'impugnazione  proposta  dalla  contribuente
avverso il silenzio-rifiuto formatosi su detta richiesta di rimborso;
la  Commissione  tributaria  regionale  della  Sardegna aveva accolto
l'appello   proposto   dall'amministrazione  finanziaria  avverso  la
sentenza  di  primo  grado,  rilevando  che la contribuente non aveva
esercitato  per  iscritto l'opzione, prevista dall'art. 34 del d.P.R.
26 ottobre  1972,  n. 633  (Istituzione e disciplina dell'imposta sul
valore  aggiunto),  per l'applicazione dell'imposta nei modi ordinari
e,  quindi,  non aveva diritto al rimborso; con sentenza n. 11713 del
2001,   la  Corte  di  cassazione  aveva  accolto  il  ricorso  della
contribuente  avverso  la decisione di appello, cassando quest'ultima
pronuncia  e rinviando la causa, per un nuovo esame, ad altra sezione
della  stessa Commissione tributaria regionale. Il giudice rimettente
riferisce,  inoltre,  che,  con  la  citata  sentenza,  la  Corte  di
cassazione  aveva  rilevato l'entrata in vigore, successivamente alla
pronuncia  di  appello,  dell'art. 4, comma 1, della legge n. 342 del
2000,  il quale aveva disposto l'applicazione retroattiva dell'art. 1
del  d.P.R.  n. 442  del  1997  - secondo cui l'opzione per il regime
normale dell'IVA puo' essere desunta da comportamenti concludenti del
contribuente   -   anche  ai  comportamenti  concludenti  tenuti  dal
contribuente  anteriormente  all'entrata  in  vigore  di tale decreto
presidenziale,  avente  natura  regolamentare  (7 gennaio  1998).  Il
giudice  a  quo  aggiunge  che la medesima Corte di cassazione - dopo
aver  constatato  l'omessa  considerazione,  da  parte del giudice di
appello,  «della  concludente  condotta» tenuta dalla contribuente in
relazione  all'anno  d'imposta  1988 circa la suddetta opzione per il
regime  ordinario  dell'IVA e dopo aver osservato che il sopravvenuto
art. 4  della legge n. 342 del 2000 dispone, tra l'altro, che «Non si
fa  luogo  a  restituzione  di imposte, soprattasse e pene pecuniarie
gia'  pagate»  -  aveva cassato la sentenza impugnata e rinviato alla
stessa  Commissione  tributaria  regionale,  per  un  nuovo  esame di
merito,  «comprensivo  -  ai fini della valutazione di rilevanza - di
eventuali  profili di legittimita' costituzionale della disposizione»
di  esclusione dal rimborso, «avuto riguardo alla tecnica legislativa
impiegata, tipica dei provvedimenti di «condono» di recente censurata
dal giudice delle leggi in analoga fattispecie normativa (Corte cost.
416/2000; cfr. pure Cass., ord. 381/2000)».
    1.2.  -  Poste tali premesse, il giudice rimettente, sulla scorta
della  indicata  sentenza  del  giudice  di legittimita', osserva, in
punto  di  non  manifesta infondatezza della questione, che l'art. 4,
comma 1,  della  legge  n. 342  del  2000,  mentre  nel primo periodo
valorizza  retroattivamente  il  comportamento concludente tenuto dai
contribuenti  prima  del 7 gennaio 1998, ai fini della manifestazione
della  menzionata  opzione  per  l'applicazione  del regime ordinario
dell'IVA,   viceversa   nel   secondo   periodo  dello  stesso  comma
irragionevolmente  esclude  che  da  tale  comportamento  (e, quindi,
dall'applicazione  del  regime ordinario anteriormente all'entrata in
vigore  dello stesso art. 4, cioe' anteriormente al 10 dicembre 2000)
possa  derivare  l'effetto del rimborso dell'imposta (oltre che delle
soprattasse  e  pene  pecuniarie). Ad avviso del giudice a quo, detta
normativa,  in  materia diversa dal «condono fiscale», crea un regime
differenziato di effetti in ragione di una circostanza (l'intervenuto
pagamento   o  no  dell'imposta)  del  tutto  neutra  (e,  di  fatto,
contingente  e  casuale)  rispetto alla ratio sottesa al disposto del
primo  periodo  del  medesimo  comma  -  diretto a porre una norma di
interpretazione autentica e, pertanto, con effetti retroattivi -, con
conseguente violazione del principio di uguaglianza di cui all'art. 3
Cost.  Il  rimettente  richiama,  a  sostegno di tale conclusione, le
sentenze  n. 416  del  2000  (in  tema di applicazione retroattiva di
agevolazioni  fiscali  per  l'acquisto della prima casa) e n. 320 del
2005  (in  tema  di  esenzione  soggettiva dall'IRPEG di alcuni fondi
pubblici  di  agevolazione),  con le quali la Corte costituzionale ha
dichiarato l'illegittimita' costituzionale di norme di esclusione dal
rimborso di imposte gia' pagate.
    1.3. - In punto di rilevanza, la Commissione tributaria regionale
afferma  che  la  sollevata  questione «appare rilevante, nel caso in
esame,  con  riguardo  alla  modalita'  della  tenuta delle scritture
contabili  della  societa'  Avicola  S.  Chiara,  e  posto che alcuni
comportamenti  posti  in  essere dalla societa', quali emergono dagli
atti,   sono  suscettibili  di  essere  positivamente  valutati  come
comportamenti  concludenti  ai fini delle previsioni normative di cui
all'art. 1,  comma 1,  del  decreto  presidenziale n. 442 del 1997 ed
all'art. 4,  comma 1,  della  legge  n. 342 del 2000», tanto che tali
«circostanze  di  fatto  [...]  potrebbero  comportare  il diritto al
rimborso  richiesto  [...],  ove non sussistesse il divieto di legge»
denunciato.
    2.  -  E' intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,   chiedendo   che   la   sollevata  questione  sia  dichiarata
inammissibile o infondata.
    Quanto  alla  eccepita  inammissibilita',  l'Avvocatura  generale
osserva  che  l'ordinanza  e'  priva  di motivazione sulla rilevanza,
perche'  il  giudice  rimettente, da un lato, non ha sufficientemente
descritto  la  fattispecie  oggetto  del  giudizio principale, avendo
omesso  ogni indicazione circa le modalita' di tenuta delle scritture
contabili  e  gli  altri  elementi (come il tipo di dichiarazione IVA
presentata)  da cui si dovrebbe desumere il comportamento concludente
espressivo   dell'opzione   del   contribuente   per   l'applicazione
dell'imposta nei modi ordinari; dall'altro, «non spiega [...] perche'
ritenga  applicabile  al  rimborso  ordinario  dell'IVA  a  monte  la
disposizione  dettata  in  merito  al rimborso di una imposta a valle
indebitamente  pagata»,  dal  momento  che  «la fattispecie [...] non
riguarda  [...]  il  rimborso di una imposta pagata, cioe' dell'IVA a
debito,  e  non dovuta, ma la formazione dell'IVA a credito di cui si
chiede  il  rimborso,  rigorosamente  connessa  al  regime  ordinario
dell'IVA»,   con   conseguente  inapplicabilita'  della  disposizione
censurata, che «testualmente si riferisce ai soli rimborsi di imposte
a debito non dovute».
    Quanto  alla  dedotta infondatezza, la difesa erariale, dopo aver
premesso  che  le  sentenze della Corte costituzionale richiamate dal
rimettente  non sono pertinenti al caso di specie (in quanto relative
a  versamenti  di  imposte  a  debito,  non  dovute  in  base a leggi
sopravvenute),  afferma che il legislatore, pur avendo inteso «sanare
retroat-tivamente»,  con  la  norma  denunciata,  i comportamenti dei
contribuenti che - prima dell'entrata in vigore del d.P.R. n. 442 del
1997 - avevano applicato il regime ordinario dell'IVA senza la previa
comunicazione   scritta   dell'opzione  in  tal  senso,  ha  tuttavia
«discrezionalmente limitato» gli effetti di detta sanatoria in favore
dei  soli  contribuenti  che hanno utilizzato il credito riportandolo
all'anno  successivo  e non anche a quelli che hanno «unilateralmente
chiesto  il  rimborso». Per la difesa erariale, la diversita' di tali
due diversi modi di far valere il credito del contribuente giustifica
l'indicata  diversita'  di disciplina ed esclude, pertanto, qualsiasi
disparita'   di  trattamento  o  irragionevolezza  costituzionalmente
rilevanti della denunciata disposizione.

                       Considerato in diritto

    1.  -  La  Commissione tributaria regionale della Sardegna dubita
della  legittimita' costituzionale «dell'art. 4, comma 1, della legge
21 novembre  2000,  n. 342, laddove si dispone che «Non si fa luogo a
restituzione  di imposte, soprattasse e pene pecuniarie gia' pagate»,
in  relazione  all'art. 1,  comma  1,  del  d.P.R.  10 novembre 1997,
n. 442».  In realta', l'oggetto della censura riguarda esclusivamente
l'art. 4,  comma 1,  secondo  periodo,  della legge 21 novembre 2000,
n. 342  (Misure  in materia fiscale), il quale, nel disporre che «Non
si  fa luogo a restituzione di imposte, soprattasse e pene pecuniarie
gia'  pagate»,  limita gli effetti del primo periodo dell'unico comma
dello  stesso  art. 4  (composto  da  due soli periodi), in forza del
quale  «L'articolo 1 del d.P.R. 10 novembre 1997, n. 442, concernente
l'opzione  e  la revoca di regimi di determinazione dell'imposta o di
regimi  contabili,  si  intende  applicabile  anche  ai comportamenti
concludenti  tenuti  dal  contribuente  anteriormente  alla  data  di
entrata  in  vigore  del  citato  decreto  n. 442  del  1997»  (cioe'
anteriormente  al  7 gennaio  1998).  In altri termini, il rimettente
muove dalla premessa che il citato art. 4 ha natura interpretativa e,
pertanto,  retroattiva  (argomentata  anche in base alla sua rubrica,
«Norma  interpretativa»)  circa l'ambito di applicazione dell'art. 1,
comma 1, del d.P.R. n. 442 del 1997 (Regolamento recante norme per il
riordino  della  disciplina  delle  opzioni in materia di imposta sul
valore  aggiunto  e di imposte dirette), per il quale «L'opzione e la
revoca di regimi di determinazione dell'imposta o di regimi contabili
si  desumono  da  comportamenti  concludenti del contribuente o dalle
modalita'   di   tenuta   delle  scritture  contabili.  La  validita'
dell'opzione  e  della relativa revoca e' subordinata unicamente alla
sua  concreta  attuazione sin dall'inizio dell'anno o dell'attivita'.
E'  comunque consentita la variazione dell'opzione e della revoca nel
caso  di  modifica  del  relativo  sistema  in  conseguenza  di nuove
disposizioni  normative». Su tale premessa, la Commissione tributaria
regionale censura soltanto il secondo periodo del comma 1 dell'art. 4
della  legge n. 342 del 2000, nella parte in cui esclude dal rimborso
l'imposta  che, in base alla riconosciuta efficacia del comportamento
concludente a suo tempo tenuto dal contribuente in ordine all'opzione
per  il  regime  ordinario  dell'IVA,  risulta  (ora  per allora) non
dovuta.
    In  particolare,  il  giudice  a quo afferma che, mentre il primo
periodo del comma 1 dell'art. 4 della legge n. 342 del 2000 valorizza
retroattivamente il comportamento concludente tenuto dal contribuente
prima  del 7 gennaio 1998, ai fini dell'opzione prevista dall'art. 34
del   d.P.R.   26 ottobre  1972,  n. 633  (Istituzione  e  disciplina
dell'imposta  sul  valore  aggiunto), per l'applicazione dell'IVA nei
modi ordinari; viceversa la norma denunciata si pone in contrasto con
l'art. 3 della Costituzione, perche' irragionevolmente esclude che da
tale   comportamento   concludente  possa  conseguire  l'effetto  del
rimborso   di   imposte   gia'   pagate,   cosi'  creando  un  regime
differenziato  in ragione di una circostanza (l'intervenuto pagamento
o  no  dell'imposta)  del  tutto  neutra  (e, di fatto, contingente e
casuale)  rispetto  alla  ratio sottesa al disposto del primo periodo
del  medesimo  comma 1 dello stesso art. 4, diretto a porre una norma
di interpretazione autentica e, pertanto, con effetti retroattivi.
    2.  -  Il  Presidente  del Consiglio dei ministri, intervenuto in
giudizio,   ha   preliminarmente  eccepito  l'inammissibilita'  della
questione  per  difetto  di  motivazione  sulla  rilevanza,  sotto il
duplice  profilo  che  l'ordinanza di rimessione: a) non contiene una
sufficiente   descrizione  della  fattispecie,  in  difetto  di  ogni
indicazione  circa le modalita' di tenuta delle scritture contabili e
gli  altri elementi (come il tipo di dichiarazione IVA presentata) da
cui   si   dovrebbe   desumere   il   comportamento  concludente  del
contribuente  espressivo dell'opzione per l'applicazione dell'imposta
nei  modi  ordinari; b) «non spiega [...] perche' ritenga applicabile
al  rimborso  ordinario  dell'IVA  a monte la disposizione dettata in
merito  al rimborso di una imposta a valle indebitamente pagata», dal
momento  che  «la fattispecie [...] non riguarda [...] il rimborso di
una  imposta  pagata,  cioe'  dell'IVA  a debito, e non dovuta, ma la
formazione   dell'IVA  a  credito  di  cui  si  chiede  il  rimborso,
rigorosamente connessa al regime ordinario dell'IVA», con conseguente
inapplicabilita'  della  disposizione censurata, che «testualmente si
riferisce ai soli rimborsi di imposte a debito non dovute».
    Entrambe le eccezioni sono infondate.
    2.1.  - Quanto alla prima eccezione, va rilevato che il giudice a
quo  afferma  che, nel caso in esame, sia con riguardo alla modalita'
della  tenuta  delle  scritture  contabili  sia con riguardo ad altri
comportamenti  posti  in essere dalla societa', «quali emergono dagli
atti»,  e' possibile ritenere esercitata per facta concludentia dalla
contribuente l'opzione per il regime ordinario dell'IVA relativamente
all'anno 1988.   Cio'   costituisce   sufficiente  descrizione  della
fattispecie,  avendo  il  rimettente  indicato  due  diversi elementi
(modalita'  di  tenuta delle scritture contabili; altri comportamenti
concludenti)  ciascuno  dei  quali e' da solo considerato dalla legge
idoneo  per  la  manifestazione  tacita  dell'opzione  per  il regime
ordinario  dell'IVA  (primo periodo del comma 1 del d.P.R. n. 442 del
1997: «L'opzione e la revoca di regimi di determinazione dell'imposta
o  di  regimi  contabili si desumono da comportamenti concludenti del
contribuente   o   dalle   modalita'   di   tenuta   delle  scritture
contabili.»).   Ne'   il  giudice  a  quo  era  tenuto  a  descrivere
analiticamente  i  comportamenti  della  contribuente da lui presi in
considerazione  e  ad  ulteriormente motivare le ragioni per le quali
ritiene che essi costituiscano manifestazioni tacite della menzionata
opzione:   infatti   tali   valutazioni,  in  fatto  ed  in  diritto,
costituiscono   il  merito  del  giudizio  principale  e,  in  quanto
esclusivamente  riservate al giudice rimettente, non sono sindacabili
dalla  Corte  costituzionale,  neppure  ai  fini  del controllo della
rilevanza della sollevata questione di costituzionalita'.
    2.2.  - Quanto alla seconda eccezione di inammissibilita', e' qui
sufficiente  osservare che il rimborso dell'ec-cedenza dell'ammontare
detraibile   rispetto   all'ammontare   dell'imposta   relativa  alle
operazioni   imponibili,   richiesto   dal   contribuente   ai  sensi
dell'art. 30  del  d.P.R.  n. 633 del 1972, e' pur sempre un rimborso
dell'imposta  versata  e,  quindi,  una «restituzione di imposte», ai
sensi della disposizione censurata. Il rimettente osserva, poi, che i
suddetti  comportamenti  concludenti  ed  il correlativo passaggio al
regime  ordinario  dell'IVA  costituiscono  «circostanze di fatto che
potrebbero comportare il diritto al rimborso richiesto [...], ove non
sussistesse il divieto di legge» denunciato. Ne consegue che la norma
censurata  costituisce  l'unico  ostacolo alla restituzione richiesta
dalla contribuente e che la sollevata questione e' rilevante.
    3. - Nel merito, la questione e' fondata.
    3.1.   -   Nel  1988,  periodo  d'imposta  oggetto  del  giudizio
principale,  la  societa' contribuente - quale imprenditore agricolo,
ai  sensi  dell'art. 2135  del codice civile - era soggetta al regime
speciale dell'IVA previsto per i produttori agricoli dall'art. 34 del
d.P.R.  n. 633  del  1972  (nel testo all'epoca vigente). In forza di
tale  regime,  la  detrazione  per le operazioni passive (acquisti ed
importazioni)  era  forfetizzata secondo percentuali di compensazione
stabilite con decreto ministeriale e l'imposta sul valore aggiunto si
applicava  con  le aliquote corrispondenti alle suddette percentuali.
Il nono comma del citato art. 34 (sempre nel testo all'epoca vigente)
attribuiva,  pero',  ai produttori agricoli la facolta' di optare per
l'applicazione  dell'IVA  «nel  modo  normale», dandone comunicazione
scritta   al   competente   ufficio  IVA  entro  il  31  gennaio.  La
contribuente,  pur  non  avendo  effettuato la predetta comunicazione
scritta,  aveva  presentato,  unitamente  alla dichiarazione dell'IVA
riguardante  l'anno 1988,  la  richiesta  di  rimborso, con procedura
accelerata,   della  stessa  imposta  applicata  in  base  al  regime
ordinario, e cioe' con detrazione analitica e non forfetizzata.
    L'art. 1,  comma 1,  del  d.P.R.  n. 442  del 1997 (in vigore dal
7 gennaio  1998) ha successivamente stabilito, «in materia di imposta
sul valore aggiunto e di imposte dirette», che «L'opzione e la revoca
di  regimi  di  determinazione  dell'imposta o di regimi contabili si
desumono  da  comportamenti  concludenti  del  contribuente  o  dalle
modalita'  di  tenuta delle scritture contabili.». Tuttavia, solo con
l'art. 4 della legge n. 342 del 2000 (in vigore dal 10 dicembre 2000)
il legislatore, con norma che la rubrica dell'articolo qualifica come
«interpretativa»,  ha  chiarito  che  tali  comportamenti concludenti
hanno  efficacia  anche  se  tenuti  dal  contribuente  anteriormente
all'entrata  in  vigore  del  d.P.R.  n. 442  del 1997 (primo periodo
dell'unico  comma),  esclusa,  pero',  la  «restituzione  di imposte,
soprattasse  e  pene  pecuniarie  gia'  pagate» (il censurato secondo
periodo dello stesso comma).
    3.2.  - Il primo periodo dell'unico comma del citato art. 4 della
legge   n. 342   del   2000,   cui   la  rubrica  attribuisce  natura
«interpretativa» (riconosciuta dalla consolidata giurisprudenza della
Corte  di  cassazione), equipara anche per il passato (e non solo per
l'avvenire)  talune manifestazioni di volonta' tacita («comportamenti
concludenti  del  contribuente  o  [...]  modalita'  di  tenuta delle
scritture  contabili»)  all'opzione  o  alla  revoca  comunicate  per
iscritto  circa  i  regimi contabili o di determinazione dell'imposta
(nella  specie,  si  tratta  dell'opzione  per  il  regime  ordinario
dell'IVA).   Il   censurato   secondo   periodo  dello  stesso  comma
dell'indicato art. 4 limita la retroattivita' di detto primo periodo,
escludendo  la  ripetibilita'  («restituzione»)  di quanto pagato dal
contribuente  a  titolo  di  imposte,  soprattasse e pene pecuniarie,
anche  nel  caso  in  cui  tali  pagamenti risultassero non dovuti in
conseguenza  dell'efficacia  delle  manifestazioni tacite di volonta'
poste in essere in data anteriore al 7 gennaio 1998.
    Proprio  tale limitazione comporta la violazione del principio di
uguaglianza   evocato  dal  giudice  rimettente  quale  parametro  di
costituzionalita'.   Come  piu'  volte  precisato  da  questa  Corte,
infatti,  «la  retroattivita'  propria dell'interpretazione autentica
non  tollera  logicamente  eccezioni  al  significato attribuito alla
legge  interpretata»,  con  la conseguenza che il legislatore cade in
una  contraddizione  formale  quando,  da  un  lato, attribuisce alla
disposizione interpretata un significato tale da qualificare come non
dovuto,  sin  dall'origine, un pagamento e, dall'altro, ne esclude la
ripetibilita'  (sentenza  n. 421  del  1995,  seguita  dalle sentenze
n. 416 del 2000 e n. 320 del 2005). Nella specie, tale contraddizione
tra la finalita' di interpretazione autentica dell'art. 4 della legge
n. 342 del 2000 e la limitazione degli effetti economici e finanziari
di  tale interpretazione, si risolve in una ingiustificata disparita'
di  trattamento  tra  i  soggetti  che, pur avendo manifestato in via
tacita,  anteriormente  al 7 gennaio 1998, la loro opzione (o revoca)
in  ordine  ai  regimi  di  determinazione  dell'imposta od ai regimi
contabili,  vengono  assoggettati  ad una disciplina differenziata in
ragione  di  una  circostanza  -  intervenuto  pagamento  o  no delle
imposte,  soprattasse  o  pene  pecuniarie, non dovute per effetto di
detta  manifestazione  tacita  di  volonta' - del tutto neutra (e, di
fatto,  contingente  e  casuale)  rispetto  alla  ratio  della  norma
interpretativa.  Il  trattamento  deteriore  riservato  a  chi  - tra
l'altro,  versando  in  una  situazione  di  obiettiva incertezza sul
significato  dell'art. 1, comma 1, del d.P.R. n. 442 del 1997, inteso
dalla  giurisprudenza della Corte di cassazione anteriore all'entrata
in  vigore  dell'art. 4  della  legge  n. 342  del 2000 come privo di
efficacia  retroattiva  - abbia pagato le imposte, soprattasse o pene
pecuniarie  non  dovute,  rispetto  a  chi non abbia effettuato alcun
pagamento,  si  risolve, percio', in una disciplina irragionevolmente
diversa  di  situazioni uguali (per casi analoghi, le citate sentenze
n. 320  del  2005  e  n. 416  del 2000, nonche', in un obiter dictum,
n. 292 del 1997).
    3.3.  -  Ne'  la  ragione  della  rilevata  discriminazione  puo'
consistere  -  come sostenuto dalla difesa erariale - nell'obiettivo,
discrezionalmente perseguito dal legislatore, di limitare, in materia
di  imposta sul valore aggiunto, l'utilizzo dell'eccedenza detraibile
al  riporto di essa in detrazione nell'anno successivo, escludendo la
rimborsabilita' del credito.
    E' infatti evidente che, a pena di illegittimita' costituzionale,
anche  detto  obiettivo deve trovare una idonea giustificazione della
disparita'  di trattamento. Ma neppure la difesa erariale e' stata in
grado  di  indicare  le  ragioni  di  un  simile divieto di rimborso,
oltretutto  limitato  al solo periodo anteriore al 7 gennaio 1998. In
particolare,  una  volta riconosciuta dal legislatore la possibilita'
di  soddisfare  il  credito  del contribuente attraverso i meccanismi
alternativi  del  rimborso  immediato  o  del  computo  in detrazione
nell'anno  successivo,  non  e'  ragionevole  l'eliminazione,  per un
determinato  periodo di tempo, proprio di quel meccanismo che, almeno
in  via  di principio, dovrebbe assicurare per legge la realizzazione
dell'interesse  del  contribuente in modo pieno, incondizionato ed in
tempi  brevi  (artt. 30  e  38-bis  del  d.P.R.  n. 633 del 1972). La
limitazione   dell'utilizzo  del  credito  d'imposta  al  computo  in
detrazione   nell'anno   successivo   potrebbe   porre,  infatti,  in
condizione   deteriore   il   contribuente  che,  in  relazione  alle
operazioni  effettuate  ed  alle  proprie esigenze finanziarie, abbia
invece  interesse a scegliere il meccanismo del rimborso immediato. E
cio'   senza  tenere  conto  che  il  pregiudizio  arrecato  a  detto
contribuente  sarebbe  insanabile  in  tutte  le  ipotesi  in  cui le
successive   dichiarazioni   dell'IVA   legittimamente  mancassero  o
avessero  un  contenuto  tale  da non consentire lo scomputo. In tali
casi,  infatti,  il  medesimo  contribuente,  in  quanto  costretto a
ricorrere   unicamente   al  meccanismo  del  computo  in  detrazione
nell'anno  successivo, potrebbe non essere in grado di soddisfare, in
tutto  o  in  parte,  il  proprio credito. Nella specie, non verrebbe
meno, comunque, la contraddizione della norma che qualifica l'IVA, al
contempo,  «indebita»  (in conseguenza della legittima manifestazione
tacita  della  volonta'  di  essere  assoggettato al regime ordinario
dell'imposta)   e  «non  ripetibile»  (in  forza  della  disposizione
denunciata).
    4.  -  La pronuncia di illegittimita' costituzionale va mantenuta
nei  limiti  del petitum e, quindi, va circoscritta alla disposizione
che vieta la «restituzione di imposte» in materia di IVA. Nell'ambito
di  questa  materia,  tuttavia, le indicate ragioni di illegittimita'
valgono  anche  per  le  «soprattasse  e  pene pecuniarie» menzionate
nell'art. 4,  comma 1,  secondo periodo, della legge n. 342 del 2000,
n. 342,   con   necessita'   di   estendere   consequenzialmente   la
dichiarazione   di  incostituzionalita'  anche  a  tale  parte  della
disposizione, ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara    l'illegittimita'    costituzionale   dell'articolo 4,
comma 1,  secondo  periodo,  della  legge  21 novembre  2000,  n. 342
(Misure in materia fiscale), nella parte in cui dispone che non si fa
luogo a restituzione dell'imposta sul valore aggiunto;
    Dichiara, ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87,
l'illegittimita'  costituzionale  dell'articolo 4,  comma 1,  secondo
periodo,  della legge n. 342 del 2000, nella parte in cui dispone che
non  si  fa  luogo a restituzione di soprattasse e pene pecuniarie in
materia di imposta sul valore aggiunto.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, l'11 luglio 2007.
                         Il Presidente: Bile
                         Il redattore: Gallo
                      Il cancelliere: Di Paola
    Depositata in cancelleria il 27 luglio 2007.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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