N. 573 ORDINANZA (Atto di promovimento) 11 gennaio 2007

Ordinanza  emessa  il  11 gennaio  2007  dal tribunale di Firenze nel
procedimento civile promosso da S.A. contro V.C.

Famiglia  -  Assegnazione  della casa familiare - Istanza di modifica
  delle   condizioni  di  divorzio  -  Previsione  legislativa  della
  cessazione  del  diritto al godimento della casa familiare nel caso
  che  l'assegnatario  non abiti o cessi di abitare stabilmente nella
  casa familiare o conviva more uxorio o contragga nuovo matrimonio -
  Omessa previsione della facolta' in capo al giudice di valutare, in
  caso   di   divorzio,   l'interesse  della  prole  al  mantenimento
  dell'originario  `habitat'  familiare  ove il coniuge affidatario o
  domiciliatario  di  figli  minorenni  o  maggiorenni, ma non ancora
  economicamente   indipendenti,   contragga   nuovo   matrimonio   -
  Denunciata violazione del principio di uguaglianza sotto il profilo
  dell'irragionevole  disparita' di trattamento dei figli di genitori
  separati o divorziati nel godimento della casa familiare - Asserita
  lesione   della  liberta'  del  soggetto  assegnatario  della  casa
  familiare di contrarre nuovamente matrimonio.
- Codice  civile,  art. 155-quater, primo comma, aggiunto dall'art. 1
  della  legge  8 febbraio 2006, n. 54; legge 8 febbraio 2006, n. 54,
  art. 4.
- Costituzione artt. 3 e 29.
(GU n.34 del 5-9-2007 )
                            IL TRIBUNALE

    Nel procedimento ex art. 9, legge n. 898/1970 vertente tra S.A. e
V.C.  avente  ad oggetto la richiesta di modifica delle condizioni di
divorzio  relative  al  regime di affidamento dei figli, alla entita'
della  contribuzione  e alla assegnazione della casa familiare; lette
le difese della parte convenuta e disposto l'interrogatorio libero;

                            O s s e r v a

    Lo  S.  chiede  che  venga disposto l'affidamento condiviso della
figlia  A.  ad  entrambi  i  genitori  in  applicazione della novella
introdotta  con  legge  n. 54/2006;  che in conseguenza venga ridotto
l'importo  del  mantenimento a favore dei figli; infine, rilevato che
la  convenuta ha contratto nuovo matrimonio e risiede col marito ed i
figli  da  lui  avuti  nella  casa familiare, che in applicazione del
disposto  dell'art. 155-quater  c.c. venga revocata la assegnazione a
lei  della casa familiare quanto meno relativamente alla quota di sua
proprieta'  pari  ad  un  mezzo dell'immobile. La V. costituendosi ha
contestato la strumentalita' della richiesta di affidamento condiviso
della  figlia,  la  quale ha nel passato trascorso solo brevi periodi
presso il padre di regola non pernottandovi; quanto alla revoca della
assegnazione della casa familiare rileva come il matrimonio sia stato
contratto  per  gravi  ragioni di salute del nuovo coniuge per potere
accedere alle informazioni di carattere sanitario che lo riguardano.
    Il  tribunale  ha  con  separata  ordinanza  deciso  le questioni
relative  all'affidamento  e  alla contribuzione in favore dei figli,
separando  il capo di domanda relativo alla revoca della assegnazione
della   casa   familiare.   Deve   infatti  sollevarsi  questione  di
costituzionalita'    dell'art. 155-quater    c.c.    applicabile   ai
procedimenti  di  divorzio in forza del disposto dell'art. 4, secondo
comma,  legge  n. 54/2006, in relazione alla ulteriore domanda svolta
dalla  parte  ricorrente  relativa  alla  richiesta  di  revoca della
assegnazione  della  casa  familiare essendo la questione rilevante e
non manifestamente infondata.
    In  fatto  deve  premettersi che in forza di sentenza di divorzio
pronunciata  dal Tribunale di Firenze il 9 aprile-7 maggio 2003, alla
madre  affidataria  dei  due  figli  minori  era  assegnata  la  casa
familiare  sita in Firenze via Erbosa n. 119, cadente nella comunione
legale,  degli  allora  coniugi;  nelle  more  un  figlio e' divenuto
maggiorenne  ma  permane  le  non indipendenza economica di entrambi;
successivamente al divorzio la V. ha contratto nuovo matrimonio.
    La richiesta di revoca della assegnazione della casa familiare e'
avanzata  in forza del disposto dell'art. 155-quater c.c. (introdotto
con  legge  n. 54/2006  in vigore dal 16 marzo 2006) che cosi' recita
«... il diritto di godimento della casa familiare viene meno nel caso
che  l'assegnatario  non  abiti  o cessi di abitare stabilmente nella
casa   familiare   o   conviva   more   uxorio   o   contragga  nuovo
matrimonio...».
a) Sulla rilevanza della questione di costituzionalita'.
    La     questione     di     costituzionalita'     del    disposto
dell'art. 155-quater  c.c. in combinato disposto coll'art. 4, secondo
comma  legge  n. 54/2006,  e'  pertanto rilevante nel caso di specie,
essendo  la  domanda  principale volta alla revoca della assegnazione
della  casa  familiare  disposta  in  sede  di divorzio a seguito del
matrimonio  contratto  dalla  V.  Non  appare  infatti  possibile una
interpretazione  adeguatrice  della  formula  di  legge:  laddove  si
dispone  che «il diritto al godimento della casa familiare viene meno
...» non residua per il giudice spazio interpretativo per adeguare la
norma  alla  situazione di fatto oggetto del giudizio, come viceversa
possibile  per altre situazioni sempre regolate dalla nuova legge (ad
es. per il mutamento dell'affidamento dei figli nel caso di cambio di
residenza,  al  giudice  e'  demandato  un  potere  d'iscrezionale di
rivalutazione  degli  accordi  in  tema  di prole minore; nel caso di
prole  maggiorenne  il  giudice  puo',  e  non  deve, disporre che il
contributo  venga  versato direttamente al figlio maggiorenne e cosi'
via)  cosicche'  davanti  ad un nuovo matrimonio in presenza di figli
minorenni  o  maggiorenni ma non economicamente indipendenti nati dal
precedente  matrimonio,  deve  necessariamente procedersi alla revoca
della assegnazione della casa familiare.
b)  Sulla  non  manifesta  infondatezza  della  questione.  Parametri
costituzionali di riferimento.
    Nel   vigore   della   normativa   antecedente   la  riforma,  la
assegnazione  della  casa  familiare  era  direttamente ancorata alla
valutazione  dei  bisogni  dei  figli  minori  di  cui si mirava, col
provvedimento   in   questione,   a  salvaguardare  una  esigenza  di
stabilita'   compromessa  dalla  crisi  familiare  intercorsa  tra  i
genitori. Anche la valutazione introdotta all'art. 6, legge div. come
modificato  dall'art. 11, legge n. 74/1987 (... «in ogni caso ai fini
dell'assegnazione il giudice dovra' valutare le condizioni economiche
dei  coniugi  e le ragioni della decisione e favorire il coniuge piu'
debole...»)  in  ordine  alla  situazione  economica del coniuge piu'
debole  e'  stata  interpretata dalla giurisprudenza della S.C., come
sempre  necessariamente  ricollegata  alla  presenza  di  figli della
coppia  i  cui bisogni dovevano ritenersi prevalenti sulla tutela del
diritto  di proprieta' del genitore proprietario della abitazione (in
comunione  legale o in proprieta' esclusiva) v. da ultimo la seguente
massima:  «In materia di separazione o divorzio, l'assegnazione della
casa  familiare, pur avendo riflessi anche economici, particolarmente
valorizzati  dall'art. 6,  sesto comma, della legge 1° dicembre 1970,
n. 898  (come  sostituito  dall'art. 11  della  legge  6  marzo 1987,
n. 74),   e'   finalizzata   all'esclusiva   tutela   della  prole  e
dell'interesse  di  questa a permanere nell'ambiente domestico in cui
e'  cresciuta,  e  non puo' quindi essere disposta, come se fosse una
componente  degli assegni rispettivamente previsti dall'art. 156 cod.
civ.  e  dall'art. 5  della legge n. 898 del 1970, per sopperire alle
esigenze   economiche  del  coniuge  piu'  debole,  alle  quali  sono
destinati unicamente i predetti assegni.
    Pertanto,  anche nell'ipotesi in cui l'immobile sia di proprieta'
comune  dei  coniugi, la concessione del beneficio in questione resta
subordinata   all'imprescindibile  presupposto  dell'affidamento  dei
figli   minori   o  della  convivenza  con  i  figli  maggiorenni  ma
economicamente  non  autosufficienti: diversamente, infatti, dovrebbe
porsi    in    discussione   la   legittimita'   costituzionale   del
provvedimento,  il  quale,  non risultando modificabile a seguito del
raggiungimento  della  maggiore eta' e dell'indipendenza economica da
parte dei figli, si tradurrebbe in una sostanziale espropriazione del
diritto  di proprieta', tendenzialmente per tutta la vita del coniuge
assegnatario,  in  danno  del  contitolare».  (Cass.  civ.,  sez.  I,
26 gennaio 2006, n. 1545).
    Tale finalita' permane nella nuova disciplina: l'art. 155-quater,
comma  sesto  c.c.  dispone che «il godimento della casa familiare e'
attribuito  tenendo  prioritariamente conto dell'interesse dei figli.
Dell'assegnazione  il  giudice  tiene  conto  nella  regolazione  dei
rapporti  economici  tra i genitori considerato l'eventuale titolo di
proprieta'...».  In  linea generale quindi la assegnazione della casa
familiare   spetta   al   genitore  presso  il  quale  il  figlio  e'
prevalentemente domiciliato e l'arricchimento economico derivante dal
provvedimento  viene  valutato  incidendo  sull'an  ed il quantum del
contributo  al  mantenimento del coniuge cui e' attribuito il diritto
di godimento dell'immobile.
    L'interesse  che  si persegue e' quindi l'interesse del figlio al
mantenimento  dell'originario  habitat  familiare,  onde  non subire,
oltre  la scissione del rapporto parentale anche l'allontanamento dal
c.d.  «nido»  («L'assegnazione,  in  sede  di  divorzio,  della  casa
familiare,  ex  art. 6,  sesto comma, legge 1° dicembre 1970, n. 898,
nel  testo introdotto dall'art. 11, legge 6 marzo 1987, n. 74, all'ex
coniuge   con   cui   convivono   i  figli  maggiorenni,  non  ancora
economicamente     indipendenti,     comporta     il     conferimento
all'assegnatario  di  un diritto personale di abitazione; tale norma,
che  ha  natura eccezionale e si fonda sulla necessita' di conservare
l'habitat  domestico,  inteso  come  il  centro  degli affetti, degli
interessi  e delle consuetudini in cui si esprime ed articola la vita
della  famiglia,  manifestamente  non  si  pone  in contrasto con gli
art. 3  e 24 Cost., attesa la posizione differenziata dei coniugi per
effetto  della convivenza dei figli con uno di loro e la possibilita'
che  la  legge  apponga limiti, alla proprieta' privata allo scopo di
assicurare  la  funzione  sociale».  (Cass. civ., sez. I, 11 dicembre
1992, n. l3126).
    Tale  interesse  cede  tuttavia nella configurazione di legge, al
diritto  di proprieta', qualora il genitore assegnatario conviva more
uxorio  o celebri nuove nozze. Tale disposto crea quindi una assoluta
disparita'  di  trattamento  irragionevole,  tra  figli  di  genitori
separati/divorziati  a  seconda che il proprio genitore intraprenda o
meno  una  stabile convivenza con un nuovo partner, in un ordinamento
nel   quale  la  legittimita'  del  divorzio  (e  di  conseguenza  la
legittimita'  di un secondo matrimonio) risale agli anni settanta. In
tal  senso  si  crea  un  contrasto  coll'art. 3, secondo comma Cost.
ovverosia col principio di uguaglianza sostanziale che impone che sia
data  identica  tutela  a situazioni identiche: nel caso di specie il
figlio  di  genitore  separato  o  divorziato  ha  sempre il medesimo
interesse  al  mantenimento  della  propria  abitazione  familiare  a
prescindere  dalle  vicende  successive  e  dalle  scelte di vita del
genitore  col  quale convive. D'altra parte la limitazione al diritto
di   proprieta'  dell'altro  genitore  e'  pienamente  attuata  anche
nell'attuale  assetto  normativo,  laddove  e'  tutt'ora  prevista la
assegnazione  della  casa  familiare  al genitore domiciliatario (non
convivente  o  non  nuovamente  sposato) in attuazione della funzione
sociale della proprieta' privata (sancita dall'art. 42, secondo comma
Cost.).
    Appare   pertanto   irragionevole   privilegiare  il  diritto  di
proprieta'  del genitore non domiciliatario di prole solo nel caso di
nuovo  matrimonio  o  nuova  convivenza  del  genitore domiciliatario
(senza tenere in conto della portata pratica di tale disposizione che
imporra'  subprocedimenti all'interno dei procedimenti di separazione
o divorzio, che si vogliono rapidi per intuibili esigenze di certezza
dei rapporti familiari) in ulteriore contrasto coll'art. 29 Cost. che
riconosce  la  liberta'  di  matrimonio, liberta' che potrebbe venire
compressa  da  valutazioni  relative  alla  perdita  della abitazione
familiare.
    Gli   abusi  che  sicuramente  sono  rinvenibili  nella  pratica,
relativi  al  mantenimento della assegnazione laddove in concreto non
ve  ne  sia  la  necessita'  per  le  piu'  varie ragioni che possono
presentarsi  nella  pratica,  potrebbero  trovare  adeguata soluzione
nella  previsione  di  un  potere  discrezionale  del  giudice  della
separazione   o   del   divorzio,   nel   disporre  la  revoca  della
assegnazione,  e  non  nella  imposizione  come  ora  previsto di una
automatica revoca conseguente alla oggettivita' di una convivenza.
    Deve   pertanto   sollevarsi   questione   di   costituzionalita'
dell'art. 155-quater  c.c.  in  combinato disposto coll'art. 4, legge
n. 54/2006  nella  parte  in  cui  impone  al giudice la revoca della
assegnazione   della   casa   familiare  al  genitore  affidatario  o
domiciliatario di prole minorenne o maggiorenne ma non economicamente
indipendente  nel  caso  in cui conviva more uxorio o contragga nuovo
matrimonio,  per  contrasto  col  disposto dell'art. 3, secondo comma
Cost. e 29 Cost..
                              P. Q. M.
    Ritenutane  la rilevanza e la non manifesta infondatezza, rimette
alla Corte costituzionale la questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 155-quater,   primo   comma   c.c.  in  combinato  disposto
coll'art. 4,  legge n. 54/2006 nella parte in cui prevede nel caso di
divorzio,  che il nuovo matrimonio contratto dal genitore affidatario
o   domiciliatario   di   prole   minorenne   o  maggiorenne  ma  non
economicamente  autosufficiente,  comporti  la  revoca del diritto di
godimento  della  casa familiare, per contrasto con gli artt. 3, e 29
della Costituzione.
    Sospende  il  giudizio  e  dispone l'immediata trasmissione degli
atti alla Corte costituzionale.
    Ordina  che  la  presente  ordinanza  sia notificata a cura della
cancelleria  alle  parti,  al pubblico ministero ed al Presidente del
Consiglio  dei  ministri  e  sia  comunicata  ai Presidenti delle due
Camere del Parlamento.
    Cosi' deciso in Firenze, il 13 dicembre 2006.
                        Il Presidente: Gatta
                    Il giudice estensore:Mariani
07C1059