N. 590 ORDINANZA (Atto di promovimento) 2 aprile 2007

Ordinanza  emessa  il  2  aprile  2007  dal  tribunale di Firenze nel
procedimento penale a carico di Singk Sukhjinder

Straniero   e  apolide  -  Espulsione  amministrativa  -  Delitto  di
  trattenimento,  senza  giustificato  motivo,  nel  territorio dello
  Stato,  in  violazione  dell'ordine di allontanamento impartito dal
  questore  -  Reclusione  da  uno  a  quattro  anni - Violazione del
  principio di proporzionalita' e di ragionevolezza della pena, anche
  con  riferimento al trattamento sanzionatorio previsto per analoghe
  fattispecie  -  Lesione  del  principio della finalita' rieducativa
  della pena.
- Decreto  legislativo  25 luglio 1998, n. 286, art. 14, comma 5-ter,
  sostituito dall'art. 1, comma 5-bis, del decreto legge 14 settembre
  2004,   n. 241,   convertito,   con   modificazioni,   nella  legge
  12 novembre 2004, n. 271.
- Costituzione, artt. 3, primo comma, e 27, comma terzo.
(GU n.35 del 12-9-2007 )
                            IL TRIBUNALE

    Ritenuto  che  deve  essere  sollevata,  per  i motivi di seguito
esposti, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 14, comma
5-ter prima parte del d.lgs. n. 286/1998 come sostituito dall'art. 1,
comma 5-bis della legge n. 271/2004, di conversione con modificazioni
del  d.l.  n. 241/2004,  nella  parte  in  cui  prevede la pena della
reclusione  da  uno  a  quattro  anni  per  lo  straniero  che  senza
giustificato  motivo  si  trattiene  nel  territorio  dello  Stato in
violazione  dell'ordine  impartito  dal  questore  ai sensi del comma
5-bis,   questione   rilevante  e  non  manifestamente  infondata  in
riferimento  agli  artt. 3,  primo  comma  e  27,  terzo  comma della
Costituzione,

                               Rileva

    Singk  Sukhjinder  e' stato arrestato in data 2 aprile 2007 nella
flagranza  del  reato  di  cui  all'art.  14,  comma 5-ter del d.lgs.
n. 286/1998.  Il  decreto  di  espulsione  del  Prefetto di Firenze e
l'ordine  di  esecuzione  del  Questore  di Gorizia emessi in data 15
marzo  e 16 marzo 2007, ex artt. 13 e 14, comma 5-bis, tradotti anche
in   lingua   conosciuta  dall'interessato,  risultano  essere  stati
notificati al prevenuto il quale ha sottoscritto i relativi verbali.
    All'udienza tenutasi lo stesso giorno - rigettata all'esito della
convalida  dell'arresto  la  richiesta del p.m. di applicazione della
misura  ex  art. 282  c.p.p. - si e' proceduto con rito direttissimo.
L'imputato  ha  chiesto  nei  termini  il giudizio abbreviato; si e',
pertanto,  disposto  ai  sensi  dell'art. 440  c.p.p.; le parti hanno
formulato e illustrato le rispettive conclusioni.
    La  sanzione  da  comminare  in ipotesi di affermazione di penale
responsabilita'  dovrebbe  essere  determinata  con riguardo a quella
prevista  dalla disposizione della cui legittimita' costituzionale si
dubita.
A) L'evoluzione normativa.
    Il testo originario dell'art. 14 non comprendeva l'incriminazione
dello  straniero  che  non  avesse  ottemperato all'ordine emesso dal
questore in esecuzione del decreto di espulsione del prefetto.
    La  fattispecie  di  reato  in discorso e' stata introdotta dalla
legge n. 189/2002, come contravvenzione punibile con l'arresto da sei
mesi a un anno e ad arresto obbligatorio.
    La  Corte costituzionale, con la sentenza 223/2004, ha dichiarato
l'illegittimita'  costituzionale  dell'art. 14, comma 5-quinquies per
contrasto con gli artt. 3 e 13 della Costituzione «nella parte in cui
stabilisce  che  per  il  reato previsto dal comma 5-ter del medesimo
art.  14  e' obbligatorio l'arresto dell'autore del fatto», rilevando
la manifesta irragionevolezza di provvedimento provvisorio in materia
di  liberta'  personale  in difetto, atteso il titolo di reato, della
condizione  di applicabilita' ex art. 280 c.p.p. anche in riferimento
all'art. 391, quinto comma c.p.p..
    Il  d.l.  n. 241/2004, non modificando la pena suddetta, limitava
l'arresto  obbligatorio  all'ipotesi,  ex art. 14, comma 5-quater, di
delitto  punibile con la reclusione da uno a quattro anni (reingresso
nel territorio dello Stato dello straniero espulso).
    In  sede  di conversione del d.l. citato il reato di cui all'art.
14,  comma  5-ter  e'  stato  previsto  come  delitto punibile con la
reclusione  da  uno  a  quattro anni e nuovamente stabilito l'arresto
obbligatorio,   ad  eccezione  dell'ipotesi  di  espulsione  motivata
dall'essere  scaduto il permesso di soggiorno, per la quale non si e'
modificata la pena dell'arresto da sei mesi a un anno.
    Dunque,  e'  intervenuto un notevole inasprimento della pena, per
questa  parte  la  norma attualmente in vigore apparendo in contrasto
con gli artt. 3, primo comma e 27, terzo comma della Costituzione.
B)  La  non  manifesta  infondatezza  per violazione delle richiamate
disposizioni costituzionali.
    La  Corte  costituzionale,  pur riservando alla «discrezionalita'
del  legislatore stabilire quali comportamenti debbano essere puniti,
determinare  quali  debbano essere la qualita' e la misura della pena
ed   apprezzare   parita'  e  disparita'  di  situazioni»,  ha  pero'
costantemente   ribadito   il  principio  che  «l'esercizio  di  tale
discrezionalita'  puo'  essere  censurato quando esso non rispetti il
limite  della  ragionevolezza e dia quindi luogo ad una disparita' di
trattamento  palese e ingiustificata» (sentenza 25/1994; il principio
e' richiamato anche nella sentenza 333/1992, nell'ordinanza 220/1996,
nella sentenza 84/1997).
    E  la  sentenza  409/1989  individua  contenuti  e la portata dei
requisiti  di  proporzionalita'  e  ragionevolezza:  «il principio di
uguaglianza,  di  cui all'art. 3, primo comma, Costituzione esige che
la  pena  sia proporzionata al disvalore del fatto illecito commesso,
in  modo  che  il  sistema  sanzionatorio  adempia  nel contempo alla
funzione  di  difesa  sociale  ed  a quella di tutela delle posizioni
individuali», disconoscendo la legittimita' di quelle «incriminazioni
che, anche se presumibilmente idonee a raggiungere finalita' statuali
di  prevenzione,  producono,  attraverso la pena, danni all'individuo
(ai  suoi  diritti fondamentali) ed alla societa' sproporzionatamente
maggiori dei vantaggi ottenuti (o da ottenere) da quest'ultima con la
tutela dei beni e dei valori offesi dalle predette incriminazioni» .
    Il  principio  e'  ora  recepito anche dalla Costituzione europea
(«le  pene  inflitte  non  devono  essere  sproporzionate rispetto al
reato», art. 2 - 109).
    Inoltre,  si  e'  ripetutamente  affermato  (sentenze  313/1995 e
343/1993)  che  la manifesta mancanza di proporzionalita' rispetto ai
fatti   reato   non   corrisponde  all'esigenza  della  finalita'  di
rieducazione posta dall'art. 27, terzo comma.
    Ora, nella stessa relazione all'emendamento del d.l. n. 241/2004,
l'introduzione  di  una  sanzione cosi' elevata viene giustificata in
riferimento  soltanto  alla  asserita  necessita'  di  adeguarsi alla
sentenza  223/2004  della Corte costituzionale, ma cio' nel senso non
condivisibile   di  inasprire  la  pena  unicamente  in  funzione  di
consentire    l'arresto   obbligatorio   e   l'eventuale   successiva
applicazione  di  misure  coercitive  personali  per  coloro  che non
ottemperino    all'ordine   del   questore.   L'intenzione   traspare
dall'essere  la  stessa pena prevista per il fatto di chi rientra nel
territorio   nazionale   dopo  un'espulsione  disposta  dal  giudice,
condotta  di  assai  piu'  rilevante gravita' in quanto presuppone la
commissione  di  un reato o quantomeno la pendenza di un procedimento
penale.
    Dunque  si deve concludere che si e' operata una trasposizione di
un'esigenza  processuale  nel  diritto  penale  sostanziale in palese
contrasto  con  i  criteri  che devono informare la determinazione in
astratto delle sanzioni penali.
    Ne'  il prospettato dubbio di costituzionalita' e' risolto ove si
consideri il trattamento sanzionatorio conseguente alla violazione di
precetti   di  norme  incriminatrici  che,  delineando  comportamenti
antigiuridici   assimilabili,   sono  poste  a  tutela  degli  stessi
interessi,  l'ordine pubblico e la sicurezza pubblica, protetti dalla
disposizione in esame.
    L'art. 650  c.p.  punisce  con l'arresto fino a tre mesi o con la
sola  ammenda  l'inottemperanza  ad  un provvedimento legalmente dato
dall'autorita'  per  ragioni di sicurezza pubblicao d'ordine pubblico
(oltre che di giustizia e igiene)
    L'art. 2  della  legge  n. 1423/1956  presuppone  un ordine della
pubblica  autorita'  concernente  persone ritenute «pericolose per la
sicurezza  pubblica»  - una pericolosita' accertata in concreto e non
«potenziale»,   come   nel  caso  dello  straniero  clandestino  -  e
l'inottemperanza   configura   una   contravvenzione  sanzionata  con
l'arresto da uno a sei mesi.
    Per   l'appunto,   in  applicazione  degli  stessi  parametri  di
normazione, il legislatore del 2002 aveva coerentemente previsto come
contravvenzione  l'ipotesi di cui all'art. 14, comma 5-ter, e la pena
da sei mesi a un anno di arresto, stabilita in misura maggiore per lo
straniero,  trovava  ragionevole giustificazione nell'esigenza, fatta
propria  quale  insindacabile scelta politica, di contrastare in modo
specifico  il  fenomeno  dell'immigrazione  clandestina,  inesistente
all'epoca   della   redazione   del   codice  penale  e  della  legge
n. 1423/1956.
    Al  contrario,  e'  di  immediata evidenza la sproporzione tra la
pena  per  il delitto di cui all'art. 14, comma 5-ter, attualmente in
vigore,  e  le  sanzioni per le contravvenzioni di cui agli artt. 650
c.p. e 2, legge n. 1423/1956.
    L'irragionevolezza   si  apprezza,  pertanto,  sotto  un  duplice
profilo,  sia con riguardo alla pena che il legislatore solo due anni
prima aveva ritenuto congrua, sia con riguardo alle pene previste per
analoghe fattispecie.
    L'art. 3,  primo  comma della Costituzione impone, invece, che il
bilanciamento  tra gli interessi da tutelare e il bene della liberta'
personale  tenga  conto  delle  sanzioni  previste  per  le  analoghe
condotte di pregiudizio degli stessi interessi, derivandone l'effetto
che,   solo   quando   la   pena  sia  stabilita  con  la  necessaria
proporzionalita',  essa  risponde  alla  funzione  rieducativa di cui
all'art. 27, terzo comma della Costituzione.
                              P. Q. M.
    Visti gli artt. 134 Cost. e 23 e ss., legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art.  14, comma 5-ter prima parte,
d.lgs.  n. 286/1998  come  sostituito dall'art. 1, comma 5-bis, legge
n. 271/2004  (che  ha  convertito  in legge con modificazioni il d.l.
n. 241/2004) nella parte in cui prede la pena della reclusione da uno
a  quattro  anni  per  lo  straniero che senza giustificato motivo si
trattiene  nel  territorio  dello  Stato  in  violazione  dell'ordine
impartito  dal questore ai sensi del comma 5-bis, in riferimento agli
artt. 3 e 27, terzo comma della Costituzione;
    Dispone   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla  Corte
costituzionale, sospendendo il giudizio in corso;
    Ordina  che  a  cura  della cancelleria la presente ordinanza sia
notificata  al  Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata ai
Presidenti delle due Camere.
        Firenze, addi' 2 aprile 2007
                        Il giudice: Gratteri
07C1078