N. 596 ORDINANZA (Atto di promovimento) 16 marzo 2007
Ordinanza emessa il 16 marzo 2007 dal tribunale di Lucca nel procedimento penale a carico di Catelli David ed altri Sicurezza pubblica - Violazioni nella produzione, importazione, distribuzione e installazione di apparecchi da gioco (art. 110, co. 9, regio decreto n. 773/1931) - Intervenuta depenalizzazione - Inapplicabilita' alle violazioni commesse anteriormente - Irragionevole deroga al principio di retroattivita' della legge piu' favorevole al reo. - Legge 23 dicembre 2005, n. 266, art. 1, comma 547. - Costituzione, art. 3.(GU n.35 del 12-9-2007 )
IL TRIBUNALE Decidendo sulla eccezione di incostituzionalita' dell'art. 1, comm 547, legge 23 dicembre 2005, n. 266 (che ha inciso sulla disciplina sanzionatoria delle condotte di cui all'art. 110, r.d. 18 giugno 1931, n. 773), avanzata dal difensore di Barsanti Mario e Barsanti Giovanni all'udienza del 18 gennaio 2007; Premesso che la stessa verte sulla presunta violazione degli artt. 3 e 25 Cost., nella misura in cui la disposizione in esame manterrebbe valenza e sanzione penale ad una condotta che - in forza delle modifiche introdotte dalla stessa legge (art. i, commi 540 ss., poi confermata sul punto dall'art. 1, comma 86, legge 27 dicembre 2006, n. 296) - non e' piu' prevista dalla legge come reato, ma soltanto come illecito di natura amministrativa; Ritenuto che la questione non sia irrilevante, atteso che tutti gli imputati - compresi i Barsanti - sono chiamati a rispondere proprio della violazione dell'art. 110, comma 9, r.d. n. 773/1931; Ritenuto che la questione non sia manifestamente infondata; Ed invero, osserva il giudice che l'art. 1, comma 543, legge n. 266/2005 ha integralmente sostituito la lettera previgente dell'art. 110, comma 9, r.d. 18 giugno 193 1, n. 773 (ulteriormente modificata, da ultimo, dall'art. 1, comma 86, legge n. 296/2006, ma senza variazioni essenziali pel fine che occupa), espressamente prevedendo che tutte le condotte in esso ricomprese - tra le quali si riscontrano quelle oggi contestate a tutti gli imputati - siano punite soltanto con sanzioni amministrative pecuniarie; Il successivo comma 547 del medesimo art. 1, pur tuttavia, statuisce che, per le violazioni dell'art. 110, comma 9 in esame «commesse in data antecedente alla data di entrata in vigore della presente legge, si applicano le disposizioni vigenti al tempo delle violazioni stesse»; Cio' premesso, osserva il giudice - in cio' richiamando l'orientamento di recente ribadito dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 393/2006 - che il regime giuridico riservato alla lex mitior, e segnatamente la sua retroattivita', non riceve nell'ordinamento la tutela privilegiata di cui all'art. 25, comma secondo, della Costituzione, in quanto la garanzia costituzionale, prevista dalla citata disposizione, concerne soltanto il divieto di applicazione retroattiva della norma incriminatrice, nonche' di quella altrimenti piu' sfavorevole al reo; da cio' discende che eventuali deroghe al principio di retroattivita' della lex mitior, ai sensi dell'art. 3 Cost., possono essere disposte dalla legge ordinaria quando ricorra una sufficiente ragione giustificativa; Si osserva, ancora, che l'individuazione dei criteri in base ai quali operare questa valutazione non puo' prescindere dal considerare adeguatamente la circostanza che tale principio non e' affermato soltanto, come criterio generale, dall'art. 2 c.p., ma e' stato sancito sia a livello internazionale sia a livello comunitario; In tal senso, si ricorda il Patto internazionale dei diritti civili e politici adottato a New York il 16 dicembre 1966, ratificato e reso esecutivo con la legge 25 ottobre 1977, n. 881, il quale stabilisce che «se, posteriormente alla commissione del reato, la legge prevede l'applicazione di una pena piu' lieve, il colpevole deve beneficiarne»; principio richiamato in numerose pronunce della stessa Corte costituzionale (sentenze n. 62 del 1992, n. 168 del 1994, n. 109 del 1997, n. 270 del 1999), la quale ha affermato che le citate disposizioni del Patto internazionale non possono essere assunte in quanto tali come parametri nel giudizio di costituzionalita' delle leggi, ma che cio' ªnon impedisce di attribuire a quelle norme grande importanza nella stessa interpretazione delle corrispondenti, ma non sempre coincidenti, norme contenute nella Costituzione»; Analogo principio viene poi ribadito in sede comunitaria; Ed invero, la Corte di giustizia delle comunita' europee ha statuito - anche di recente (sentenza 3 maggio 2005, C-387/2002, C-391/2002, C-403/2002) - che delle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri fa parte il principio dell'applicazione retroattiva della pena piu' mite. Tale principio deve essere senz'altro osservato dal giudice interno «quando applica il diritto nazionale adottato per attuare l'ordinamento comunitario», ma esso viene comunque in rilievo nella sua valenza di principio generale dell' ordinamento comunitario, desunto dal complesso degli ordinamento giuridici nazionali e dai trattati internazionali dei quali gli Stati membri, sono parti contraenti; Dal complesso di tali dati normativi, si ricava che per le leggi in esame l'applicazione retroattiva e' la regola, e che tale regola e' derogabile in presenza di esigenze tali da prevalere su un principio il cui rilievo - come gia' osservato - non si fonda soltanto su una norma, sia pure generale e di principio, del codice penale; Il livello di rilevanza dell'interesse preservato dal principio di retroattivita' della lex mitior impone di ritenere che il valore da esso tutelato puo' esser sacrificato da una legge ordinaria solo in favore di interessi di analogo rilievo (quali, a titolo esemplificativo, quello dell'efficienza del processo o della salvaguardia dei diritti di soggetti che, in vario modo, sono destinatari della funzione giurisdizionale, e quelli che coinvolgono interessi o esigenze dell'intera collettivita' nazionale connessi a valori costituzionali di primario livello); con la conseguenza che lo scrutinio di costituzionalita' ex art. 3 Cost., sulla scelta di derogare alla retroattivita' di una norma penale piu' favorevole al reo, deve superare un positivo vaglio di ragionevolezza, non essendo a tal fme sufficiente che la norma derogatoria non sia manifestamente irragionevole; Tutto cio' premesso, si ritiene che la scelta effettuata dal legislatore con la censurata disposizione non sia assistita da ragionevolezza; Ed invero, dalla lettura complessiva e sistematica della nuova disciplina in materia, appare evincersi con evidenza che l'ordinamento - operata una precisa scelta in termini di offensivita' e rilevanza sociale della condotta - ha inteso abbandonare la sede penale e relegare le fattispecie di cui all'art. 110 T.U.L.P.S. ad un ambito eminentemente amministrativo, in tal senso riordinando anche ogni profilo sanzionatorio che, come gia' riportato in premessa, e' oggi individuato soltanto in termini di sanzioni amministrative pecuniarie; Intento, quello in esame, manifestato con la legge n. 266/2005 e confermato dalla legge n. 296/2006; Intento, quello in esame, che non coinvolge soltanto il comma 9, dell'art. 110 in oggetto (con tutte le ipotesi in esso contemplate), ma anche il comma 8-bis, introdotto con la legge n. 266/2005; Intento manifestato in modo chiaro e senza esitazioni, in relazione al quale la previsione di cui all'art. 1, comma 547 della legge 23 dicembre 2005 - che deroga alla retroattivita' della nuova disciplina - non pare ispirato ad alcun principio di ragionevolezza, ponendosi pertanto in contrasto con l'art. 3 della Costituzione;
P. Q. M. Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale come sollevata; Dispone 1' immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, sospende il giudizio in corso; Ordina che, a cura della Cancelleria, la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri, nonche' comunicata al Presidente del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati. Lucca, 16 marzo 2007 Il giudice: Mengoni 07C1084