N. 338 ORDINANZA 26 settembre 2007

Giudizio  di ammissibilita' del ricorso per conflitto di attribuzione
  tra poteri dello Stato.

Segreto  di Stato - Indagini della Procura della Repubblica presso il
  Tribunale  di Milano sul sequestro di persona di Nasr Osama Mustafa
  Hassan,  alias  Abu  Omar,  svolte  nei confronti di funzionari del
  SISMI  e  di  agenti di un Servizio straniero - Note del Presidente
  del  Consiglio  dei  ministri  riguardanti l'esistenza di documenti
  coperti  da  segreto  di  Stato  - Ricorso per conflitto tra poteri
  dello   Stato  proposto  nell'interesse  della  Sezione  G.I.P  del
  Tribunale  di  Milano,  in persona del Presidente f.f. e del G.I.P.
  assegnatario  del  procedimento n. 1966/05 - Lamentata compressione
  delle   attribuzioni   e   dei  poteri  dell'autorita'  giudiziaria
  «garantiti  dagli  artt. 101  e  ss.  della Costituzione» - Dedotta
  mancata  esplicitazione  delle  ragioni essenziali dell'apposizione
  del   segreto  -  Proposizione  del  ricorso  successivamente  alla
  emissione  del  decreto che dispone il giudizio e alla trasmissione
  dei   relativi   atti   al   giudice  del  dibattimento  -  Incerta
  enunciazione   dell'organo   configgente   -   Insussistenza  della
  legittimazione  attiva  della  Sezione  G.I.P., quale articolazione
  dell'ufficio giudiziario di appartenenza, e del Presidente di detta
  Sezione,  privo,  in  quanto  tale, di attribuzioni giurisdizionali
  proprie - Inammissibilita' del conflitto.
- Nota  del  Presidente  del  Consiglio dei ministri dell'11 novembre
  2005,   prot.  n. USG/2.SP/1318/50/347;  nota  del  Presidente  del
  Consiglio     dei    ministri    del    26 luglio    2006,    prot.
  n. USG/2.SP/813/50/347;  direttiva del Presidente del Consiglio dei
  ministri del 30 luglio 1985, n. 2001.5/707.
- Costituzione,  artt. 101  e  seguenti;  legge 11 marzo 1953, n. 87,
  art. 37.
(GU n.38 del 3-10-2007 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Franco BILE;
  Giudici:  Giovanni  Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO,
Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Luigi MAZZELLA,
Gaetano  SILVESTRI,  Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria
NAPOLITANO;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di  ammissibilita'  del  conflitto di attribuzione tra
poteri  dello  Stato  sollevato, «nell'interesse della Sezione G.i.p.
del  Tribunale  di  Milano,  in  persona  del  Presidente f.f., dott.
Filippo   Grisolia,   e  del  G.i.p.  assegnatario  del  procedimento
n. 1966/2005,   dott.ssa  Caterina  Interlandi»,  nei  confronti  del
Presidente  del  Consiglio dei ministri in relazione alla nota (prot.
n. USG/2.SP/1318/50/347) dell'11 novembre 2005 a firma del Presidente
del  Consiglio  dei ministri, on. Silvio Berlusconi; alla nota (prot.
n. USG/2.SP/19813/50/347)  del  26 luglio 2006 a firma del Presidente
del  Consiglio  dei ministri, on. Romano Prodi, ed alla direttiva del
Presidente   del   Consiglio   dei   ministri   del  30 luglio  1985,
n. 2001.5/707,  in materia di tutela del segreto di Stato nel settore
degli  Organismi di informazione e di sicurezza, promosso con ricorso
depositato  in  cancelleria il 15 giugno 2007 ed iscritto al n. 7 del
registro   conflitti   tra   poteri   dello   Stato   2007,  fase  di
ammissibilita'.
    Udito  nella Camera di consiglio del 26 settembre 2007 il giudice
relatore Giovanni Maria Flick.
    Ritenuto   che,   con   ricorso  depositato  il  15  giugno 2007,
«nell'interesse  della  Sezione  G.i.p.  del  Tribunale di Milano, in
persona  del  Presidente  f.f.,  dott. Filippo Grisolia, e del G.i.p.
assegnatario   del   procedimento   n. 1966/2005,  dott.ssa  Caterina
Interlandi»,  e'  stato proposto conflitto di attribuzione tra poteri
dello Stato nei confronti del Presidente del Consiglio, «in relazione
alle  note  dell'11 novembre  2005 e del 26 luglio 2006, nonche' alla
direttiva  30  luglio  1985  n. 2001.5/2007  [recte:  2001.5/707], in
quanto  comportano  un'illegittima  compressione delle attribuzioni e
dei   poteri   propri   dell'autorita'  giudiziaria  garantiti  dagli
artt. 101 e ss. della Costituzione»;
        che,  nel  ricostruire,  quale  antefatto  del  conflitto, la
vicenda  del sequestro di persona di Nasr Osama Mustafa Hassan, detto
Abu  Omar,  avvenuto  in  Milano  il  17 febbraio  2003, i ricorrenti
evidenziano,  in  particolare,  che  tutti  gli  atti di indagine del
procedimento   in   questione   erano   stati   depositati  ai  sensi
dell'art. 415-bis  del  codice  di procedura penale in data 6 ottobre
2006;  che  in  data  5 dicembre 2006 era stato richiesto il rinvio a
giudizio  degli  imputati e in data 9 gennaio 2007 era stata iniziata
l'udienza  preliminare,  senza  che in tale sede venisse «manifestata
una  qualsiasi  opposizione  rispetto  all'allegazione  agli atti dei
documenti sequestrati il 5 luglio 2006 nell'ufficio del SISMI e delle
registrazioni telefoniche»; che, infine, in data 16 febbraio 2007, il
giudice  dell'udienza preliminare aveva emesso il decreto che dispone
il  giudizio  nei  confronti  degli  imputati, ivi compresi tutti gli
appartenenti al SISMI;
        che  i  ricorrenti  riassumono  il  contenuto del ricorso per
conflitto  di  attribuzione proposto dal Presidente del Consiglio dei
ministri  nei  confronti  del  giudice per le indagini preliminari in
funzione  di  giudice  dell'udienza preliminare (dopo analogo ricorso
proposto  nei confronti della Procura della Repubblica di Milano), in
relazione  al decreto che dispone il giudizio, sottolineando come, in
quel  giudizio, il giudice dell'udienza preliminare - costituendosi e
sollevando  a  sua  volta,  con  ricorso  incidentale,  conflitto  di
attribuzione  nei  confronti  del  Presidente  del Consiglio - avesse
ribadito che, nel corso del procedimento penale in questione, non era
mai  stata  eccepita,  nelle  forme e nei modi previsti dal codice di
procedura  penale, l'esistenza di un segreto di Stato sui documenti e
sulle  notizie  acquisiti  nel  corso delle indagini e utilizzati dal
giudice dell'udienza preliminare;
        che,  per  quanto  concerne  l'ammissibilita'  del ricorso, i
ricorrenti  ricordano,  quanto  al  profilo  soggettivo, la «pacifica
giurisprudenza»  della  Corte  che  riconosce  la  legittimazione del
giudice   per   le   indagini  preliminari  in  funzione  di  giudice
dell'udienza  preliminare  -  quale  organo  competente  a dichiarare
definitivamente  la  volonta'  del  potere cui appartiene - ad essere
parte  di  conflitti  di  attribuzione; e deducono, quanto al profilo
oggettivo,  la  circostanza  che oggetto del conflitto risulta essere
l'illegittima   compressione   dei   poteri   propri   dell'autorita'
giudiziaria,  derivante da atti e comportamenti di altro potere dello
Stato;
        che,  nel  merito,  il ricorso per conflitto e' articolato in
una  serie  di  motivi,  a premessa dei quali i ricorrenti richiamano
principi  e  direttive  cui  la materia del segreto di Stato dovrebbe
ispirarsi,   desumibili  tanto  dalla  giurisprudenza  costituzionale
(segnatamente  dalla sentenza n. 86 del 1977), quanto dalla normativa
vigente   (legge   24 ottobre   1977,  n. 801);  e  si  sofferma,  in
particolare,   sull'affermazione   secondo  la  quale  il  potere  di
secretazione  risulta  circoscritto,  sotto  il profilo oggettivo, ai
soli  casi  in  cui  sia strettamente funzionale alla salvaguardia di
supremi  ed imprescindibili interessi dello Stato: sicche' il segreto
non   potrebbe   in   nessun   caso   essere  apposto  «per  impedire
l'accertamento di fatti eversivi dell'ordine democratico»;
        che, del resto, il legislatore ha individuato negli artt. 202
e  256  cod.  proc.  pen.  «il  meccanismo  processuale» del segreto,
formalizzando  le  modalita'  di  eccezione  di  esso  e  le relative
conseguenze  processuali: e cio' al fine di garantire che l'esercizio
del  potere  di  secretazione  avvenga  non soltanto nel rispetto dei
limiti  imposti  dalla  Costituzione,  ma  in  forza  di  principi di
legalita', correttezza e lealta', secondo forme ed atti tipici;
        che  per contro - si dolgono i ricorrenti - il Presidente del
Consiglio  «ha  preteso  di  "sbarrare"  l'esercizio  della  funzione
giurisdizionale   con   atti   del   tutto   "atipici"  [...],  cosi'
determinando    un'illegittima    compressione   delle   attribuzioni
costituzionali dell'autorita' giudiziaria»;
        che,  in  proposito, viene dedotta innanzitutto la violazione
del principio di legalita' con riferimento alla nota dell'11 novembre
2005   ed   alla   direttiva   30 luglio   1985,  n. 2001.5/707,  «se
interpretate»  alla  stregua  di  quanto  afferma  il  Presidente del
Consiglio  dei  ministri  nel  suo ricorso: vale a dire quale divieto
all'autorita'   giudiziaria  di  acquisire  ed  utilizzare  tutte  le
informazioni  ed  i  documenti  attinenti  ai  rapporti  tra  Servizi
italiani e stranieri;
        che   gli   atti  in  questione,  lungi  dall'essere  ipotesi
eccezionali   di   apposizione  del  segreto,  prospetterebbero  «una
generale  preclusione  all'autorita'  giudiziaria  in relazione ad un
lungo  elenco  di materie», cosi' configurando un «anomalo onere» per
il  giudice  di  richiedere al Presidente del Consiglio una «espressa
deroga»   al   segreto   genericamente  imposto:  deroga  alla  quale
resterebbe subordinato il pieno esercizio dei poteri giurisdizionali;
        che  ancora,  secondo  i  ricorrenti,  la  medesima direttiva
30 luglio  1985, n. 2001.5/707, sarebbe illegittima, sotto un diverso
e  autonomo profilo, «se interpretata come vincolante per l'autorita'
giudiziaria  in  assenza  di una rituale opposizione del segreto e di
una successiva conferma»;
        che,  invero,  con  la  direttiva  citata,  il Presidente del
Consiglio  ha  effettivamente  imposto  ai  funzionari del CESIS, del
SISMI  e  del SISDE di opporre il segreto di Stato in relazione ad un
«elenco  di cose, atti, documenti e notizie» (allegate alla direttiva
medesima),  la cui divulgazione «appare in via di principio idonea ad
arrecare pregiudizio» ai fondamentali interessi in relazione ai quali
e' finalizzato il segreto stesso; ma ha altresi' specificato che «non
sempre  i documenti e le notizie contenute nell'elenco allegato sono,
di  per  se', concretamente idonei, se divulgati, ad arrecare danno a
quegli interessi»;
        che   l'elenco   allegato   alla  direttiva  30 luglio  1985,
n. 2001.5/707, si fonda espressamente su di una valutazione meramente
astratta  della  pericolosita'  dei  documenti  e  delle  notizie ivi
indicate,  demandando  alla  successiva fase della conferma, da parte
del  Presidente  del  Consiglio,  la valutazione della sussistenza in
concreto dei presupposti del segreto: in caso contrario - in assenza,
cioe', di una rituale opposizione del segreto e di una sua successiva
conferma,  come avvenuto, secondo il ricorrente, nel caso di specie -
la  direttiva  in esame risulta illegittima e gravemente lesiva delle
attribuzioni costituzionali dell'autorita' giudiziaria;
        che,   quale   ulteriore  motivo  di  ricorso,  i  ricorrenti
prospettano  l'illegittimita'  della  nota del 26 luglio 2006, se con
essa  il Presidente del Consiglio ha inteso secretare ex post tutti i
documenti  e  le  notizie  - anche quelli gia' acquisiti dal pubblico
ministero  in  assenza di qualsiasi eccezione concernente l'esistenza
del  segreto  di  Stato  -  relativi  al sequestro di Abu Omar ed, in
generale, alla pratica delle cosiddette renditions;
        che  la  classificazione  di  una  notizia  come segreta deve
necessariamente  essere  antecedente  alla  sua acquisizione da parte
dell'autorita'  giudiziaria,  cosi'  come chiaramente si evince dalla
normativa  vigente  e  dai  suoi  lavori  preparatori,  pena, in caso
contrario   (e   cioe'   in   caso   di   preclusione   a  posteriori
dell'acquisizione  delle  fonti  di  prova),  l'evenienza  di  un uso
distorto del potere di secretazione; senza considerare che la nota in
questione,  opponendo  una secretazione generica e fondata «su di una
sottile  ambiguita'  delle  espressioni utilizzate», pare inerire non
gia'  ai  singoli  documenti  richiesti  dalla  Procura  di Milano al
Ministro  della  difesa,  quanto  piuttosto alle tematiche oggetto di
questi documenti;
        che  le  note  del  Presidente del Consiglio dell'11 novembre
2005  e del 26 luglio 2006 risulterebbero, inoltre, gravemente lesive
delle attribuzioni proprie dell'autorita' giudiziaria in quanto prive
di motivazione: ogni atto relativo al segreto di Stato reca infatti -
secondo  il rimettente - la necessita' della motivazione in relazione
alla  concretezza del pericolo, ad essa legandosi la legittimita' del
potere di secretazione;
        che  viene,  inoltre,  dedotta la violazione del principio di
correttezza  e lealta', sotto il profilo della contraddittorieta' del
comportamento  dell'esecutivo,  il  quale  dapprima  avrebbe  vietato
all'autorita'  giudiziaria  l'acquisizione  di  tutta  una  serie  di
informazioni  relative ai rapporti tra il Servizio segreto italiano e
quelli   stranieri;   poi,   nel   corso   delle   indagini,  avrebbe
costantemente  rassicurato  la  medesima  autorita' giudiziaria circa
l'inesistenza  di un segreto di Stato sulla vicenda Abu Omar; infine,
ad  indagini  concluse,  avrebbe  riaffermato l'esistenza del segreto
tanto   sul   sequestro,   quanto   sulle   cosiddette  extraordinary
renditions,  come  del  resto  dimostrerebbe  la  nota  stampa  della
Presidenza  del  Consiglio  del 5 giugno 2007, che, sebbene documento
privo  di  valore  legale,  denota appieno l'atteggiamento oscillante
dell'esecutivo nei confronti della autorita' giudiziaria;
        che  una  ulteriore  censura  a  sostegno del conflitto viene
dedotta   con  riferimento  alla  mancata  comunicazione  della  nota
dell'11 novembre  2005  e  della  nota del 26 luglio 2006 al Comitato
parlamentare  per  i  servizi di informazione e di sicurezza e per il
segreto di Stato, da parte del Presidente del Consiglio;
        che  tale  procedura, disciplinata espressamente dall'art. 16
della   legge   n. 801   del  1977,  vale  a  demandare  al  Comitato
parlamentare la funzione di controllo - di legittimita' e di merito -
della  secretazione  apposta  dal  Presidente  del  Consiglio: con la
conseguenza   che   la   relativa   omissione   comporta   una  grave
illegittimita'  dell'operato  del  Presidente  del  Consiglio, che ha
cosi' eluso il controllo parlamentare;
        che,  infine,  i  ricorrenti  deducono,  in  via subordinata,
l'illegittimita'  della secretazione in questione, perche' apposta su
fatti   che,   integrando   ipotesi  di  fatti  eversivi  dell'ordine
costituzionale,  non  potrebbero  mai  essere  coperti dal segreto di
Stato;
        che  tali  fatti, nelle intenzioni del legislatore del 1977 e
sulla scorta degli insegnamenti della Corte costituzionale, risultano
essere   non  soltanto  quelli  che  mettono  in  pericolo  l'assetto
democratico-parlamentare   dell'ordinamento,   ma  anche  quelli  che
contrastano  con  i  principi  supremi  sanciti dalla Costituzione e,
quindi,   innanzitutto,  con  la  garanzia  dei  diritti  inviolabili
dell'uomo:  e  non  par  dubbio  -  concludono  i ricorrenti - che il
sequestro  di  persona  in  questione,  al pari di ogni extraordinary
rendition,  comporti  molteplici e gravi violazioni dei diritti umani
e,  in particolare, del diritto alla liberta' ed alla sicurezza, alla
liberta'  dalla tortura e dai trattamenti crudeli, come stigmatizzato
anche dalla risoluzione del Parlamento europeo del 14 febbraio 2007;
        che,  alla  luce  di  tali  censure,  i ricorrenti concludono
chiedendo,  in via istruttoria, che sia ordinata al predetto Comitato
parlamentare   di   controllo   «la   trasmissione   delle  eventuali
comunicazioni  del  Presidente  del  Consiglio  in  merito  alle note
dell'11 novembre  2005  e  del 26 luglio 2006, nonche' delle relative
determinazioni  adottate  in sede di controllo»; ed al Presidente del
Consiglio  dei  ministri «l'esibizione di ogni altro atto, diverso da
quelli  impugnati,  con  cui  il  segreto  in questione sarebbe stato
apposto»;
        che,  nel merito, i ricorrenti chiedono che la Corte dichiari
che  non  spetta  al  Presidente  del Consiglio dei ministri «vietare
all'autorita'  giudiziaria  l'acquisizione e l'utilizzazione di tutte
le  informazioni ed i documenti attinenti ad un "elenco di materie" e
subordinare il pieno esercizio della funzione giurisdizionale in tali
materie  ad un'espressa deroga del Presidente del Consiglio»; che non
spetta,  altresi',  al suddetto organo «secretare notizie e documenti
ex  post,  dopo  che  gli stessi siano stati legittimamente acquisiti
dall'autorita' giudiziaria», ne' «secretare notizie e documenti senza
indicarne le ragioni essenziali»; in via subordinata, chiedono che la
Corte  dichiari  che non spetta al Presidente del Consiglio «disporre
la  secretazione  di  atti  e  notizie  riguardanti  le extraordinary
renditions   in  quanto  eversive  dell'ordine  costituzionale»;  con
conseguente  annullamento  in  parte  qua delle note dell'11 novembre
2005  e  del  26 luglio 2006, nonche' della direttiva 30 luglio 1985,
n. 2001.5/707.
    Considerato   che   in   questa   fase   del  giudizio,  a  norma
dell'art. 37, terzo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87,
la  Corte costituzionale e' chiamata a delibare senza contraddittorio
in  ordine all'ammissibilita' del conflitto di attribuzione, sotto il
profilo  della  sussistenza  della  «materia  di  un conflitto la cui
risoluzione spetti alla sua competenza»;
        che,  sotto il profilo soggettivo, il giudice per le indagini
preliminari,  in  funzione  di  giudice  dell'udienza preliminare, e'
legittimato a sollevare conflitto, avuto riguardo alla giurisprudenza
di  questa  Corte  che riconosce ai singoli organi giurisdizionali la
legittimazione  ad  essere  parti  di  conflitti  di attribuzione tra
poteri  dello  Stato,  in  quanto, in posizione di piena indipendenza
garantita     dalla    Costituzione,    competenti    a    dichiarare
definitivamente,  nell'esercizio delle relative funzioni, la volonta'
del  potere  cui  appartengono  (da  ultimo,  in conflitto ex art. 68
Cost., sentenza n. 304 del 2007 e ordinanza n. 24 del 2006);
        che,  tuttavia,  la  legittimazione  in  concreto del giudice
dell'udienza  preliminare  a sollevare conflitto in tanto sussiste in
quanto l'atto impugnato sia suscettibile di incidere direttamente sul
contenuto   dei   provvedimenti   giurisdizionali   che   il  giudice
dell'udienza preliminare e' chiamato ad emettere (decreto che dispone
il  giudizio  di  cui  all'art. 429  del codice di procedura penale o
sentenza  di  non  luogo a procedere di cui all'art. 425 dello stesso
codice)   e   quindi   «sull'esercizio   dei  poteri  attinenti  alla
giurisdizione  dello  stesso giudice» (in conflitto ex art. 68 Cost.,
sentenza n. 294 del 2002);
        che,  nella  specie,  il  conflitto  e'  stato sollevato dopo
l'emissione del decreto che dispone il giudizio e la trasmissione dei
relativi  atti  al  giudice  del  dibattimento,  sicche'  il  giudice
dell'udienza  preliminare,  non  essendo  piu'  titolare  in atto del
potere  giurisdizionale in ordine al giudizio medesimo, difetta della
relativa legittimazione;
        che  le  considerazioni  dianzi svolte trovano conferma anche
nella  incerta  enunciazione  di  quale  sia  l'organo  confliggente,
risultando  il conflitto testualmente sollevato «nell'interesse della
Sezione  G.i.p.  del  Tribunale  di Milano, in persona del Presidente
f.f.,   dott.   Filippo  Grisolia,  e  del  G.i.p.  assegnatario  del
procedimento n. 1966/2005, dott.ssa Caterina Interlandi»;
        che,  peraltro, la legittimazione attiva della Sezione G.i.p.
del   Tribunale   di   Milano,   quale   articolazione  ordinamentale
dell'ufficio  giudiziario  di appartenenza, non e' configurabile, non
potendosi  riconnettere  all'ufficio, in quanto tale, alcuna funzione
giurisdizionale  propria  e,  dunque,  alcuna lesione di attribuzioni
costituzionalmente presidiate;
        che  analoghi  rilievi  valgono  anche  in  riferimento  alla
posizione  del  Presidente  (effettivo  o, come nella specie, facente
funzioni)  di  detta  sezione, essendo incarico privo di attribuzioni
giurisdizionali proprie;
        che, pertanto, va dichiarata l'inammissibilita' del ricorso.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara   inammissibile,   ai  sensi  dell'art. 37  della  legge
11 marzo  1953,  n. 87, il conflitto di attribuzione tra poteri dello
Stato proposto, «nell'interesse della Sezione G.i.p. del Tribunale di
Milano, in persona del Presidente f.f., dott. Filippo Grisolia, e del
G.i.p.  assegnatario del procedimento n. 1966/2005, dott.ssa Caterina
Interlandi», con il ricorso in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 26 settembre 2007.
                         Il Presidente: Bile
                         Il redattore: Flick
                      Il cancelliere: Di Paola
    Depositata in cancelleria il 26 settembre 2007.
              Il direttore della cancelleria: Di paola
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