N. 708 ORDINANZA (Atto di promovimento) 29 maggio 2007

Ordinanza  emessa  il  29  maggio  2007  dal tribunale amministrativo
regionale del Veneto sui ricorsi riuniti proposti da Vampa Gas S.p.A.
ora Enel rete Gas S.p.A. ed altra contro Comune di Mirano

Energia  -  Attivita'  di  distribuzione del gas - Regime transitorio
  degli   affidamenti   e  concessioni  -  Previsione  con  norma  di
  interpretazione autentica della salvezza della facolta' di riscatto
  anticipato,  ove  stabilita  nei  relativi  atti  di  concessione o
  affidamento   -   Irragionevolezza   -   Lesione  dei  principi  di
  imparzialita' e buon andamento della pubblica amministrazione.
- Legge 23 agosto 2004, n. 239, art. 1, comma 69.
- Costituzione, artt. 3 e 97.
(GU n.41 del 24-10-2007 )
                IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

    Ha  pronunciato  la seguente ordinanza ai sensi e per gli effetti
dell'art.  23  e  ss.  della  legge 11 marzo 1953, n. 87, sui ricorsi
riuniti R.G. 1747/2002 e R.G. 2741/2004, rispettivamente proposti da:
        R.G.  1747/2002):  Vampa  Gas  S.p.A.,  in prosieguo di causa
divenuta  GE.AD.  S.p.A.  e, quindi, Enel Rete Gas S.p.A., in persona
dei  rispettivi  legali  rappresentanti  pro tempore, rappresentati e
difesi  sempre dall'avv. Luigi Manzi e dall'avv. Ivone Cacciavillani,
con  elezione  di  domicilio  presso  la segreteria della sezione, ai
sensi  e  per gli effetti dell'art. 35 del T.U. approvato con r.d. 26
giugno 1924, n. 1054;
        R.G.   2741/2004):  GE.AD.  S.p.A.,  in  prosieguo  di  causa
divenuta  Enel  Rete  Gas  S.p.A.,  in  persona dei rispettivi legali
rappresentanti   pro   tempore,   rappresentati   e   difesi   sempre
dall'avv. Luigi  Manzi  e dall'avv. Ivone Cacciavillani, con elezione
di  domicilio  presso la segreteria della sezione, ai sensi e per gli
effetti  dell'art. 35  del  T.U.  approvato  con r.d. 26 giugno 1924,
n. 1054;
    Contro,  R.G.  1747/2002  e  RG.  2741/2004): il Comune di Mirano
(Venezia),  in  persona  del suo sindaco pro tempore, costituitosi in
giudizio,  rappresentato  e  difeso  dall'avv. Alfredo  Bianchini con
elezione  di domicilio presso il suo studio in Venezia, piazzale Roma
n. 464, per l'annullamento:
        R.G.  1747/2002):  del  provvedimento  Prot.  n. 23146 dd. 24
maggio  2002  del  sindaco  di  Mirano  recante  la  comunicazione di
esercizio  del  diritto di riscatto, ai sensi del contratto d'appalto
vigente  inter  partes  e  con  decorrenza  31  dicembre 2003, per la
gestione  dell'impianto  di  distribuzione  del gas metano, e di ogni
altro  atto  presupposto  e  conseguente;  nonche',  mediante  motivi
aggiunti  del  ricorso  susseguenternente proposti, del provvedimento
del  vice  sindaco di Mirano Prot. n. 35925 dd. 8 agosto 2002 recante
la  comunicazione  dell'avvio  del procedimento finalizzato, ai sensi
del  contratto  d'appalto  vigente  inter  partes,  al riscatto della
gestione  dell'impianto  di  distribuzione  del gas metano, e di ogni
altro atto presupposto e conseguente; nonche' per il risarcimento dei
danni  derivanti  dall'esecuzione  del  provvedimento impugnato nella
misura  che  sara'  quantificata  in  corso  di causa; e - sempre con
motivi   aggiunti   del   ricorso  susseguentemente  proposti  -  del
provvedimento  Prot.  n. 49034  dd.  17  ottobre 2003 del dirigente -
responsabile  del  procedimento  -  segretario generale del comune di
Mirano  recante  l'invito  a  fornire all'amministrazione comunale la
documentazione  «libro  lavori, libro cespiti, bilanci degli ultimi 4
anni, estesa della rete suddivisa per diametro, anno di realizzazione
e  terreno  di  posa,  ecc.»,  necessaria  «ai fini della valutazione
dell'importo   di  riscatto  di  cui  all'art.  6  della  convenzione
stipulata  il  7 luglio 1979 e successivamente integrata, di cui alla
disdetta con nota n. 23146 del 27 maggio 2002»;
        R.G.  2741/2004):  dei provvedimenti n. 40 dd. 4 marzo 2004 e
n. 115  dd.  8 giugno 2004 a firma del segretario generale del Comune
di   Mirano;   nonche',   mediante   motivi   del   ricorso  aggiunti
susseguentemente  proposti, del provvedimento del segretario generale
del  Comune  di  Mirano  n. 190/2004  dd. 27 ottobre 2004, recante la
proroga  del  rapporto  in  essere  con  Vampa  Gas  per  la gestione
dell'impianto  di  distribuzione del gas metano sino al 31 marzo 2005
e, comunque, sino alla data di decorrenza del nuovo affidamento.
    Visti   i   ricorsi  con  i  relativi  allegati,  rispettivamente
notificati  il 24 luglio 2002 (R.G. 1747/2002) e il 28 settembre 2004
(R.G.  2741/2004),  nonche'  rispettivamente  depositati il 31 luglio
2002; (R.G. 1747/2002) e 1'8 ottobre 2004 (R.G. 2741/2004);
    Visti i motivi aggiunti del ricorso notificati sub R.G. 1747/2002
in  data 7 ottobre 2002 e in data 18 novembre 2002, e rispettivamente
depositati il 14 ottobre 2002 e il 21 novembre 2003;
    Visti  -  altresi' - i motivi aggiunti del ricorso notificati sub
R.G.  2741/2004  in  data  23 dicembre 2004 e depositati il 5 gennaio
2005;
    Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Mirano:
    Viste le memorie prodotte dalle parti;
    Visti gli atti tutti di causa;
    Uditi  nella  pubblica  udienza  del  27 aprile 2007 (relatore il
consigliere  Fulvio  Rocco)  l'avv. Baldan  per la parte ricorrente e
l'avv. Alfredo Bianchini per il Comune di Mirano:
    Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
                     F a t t o  e  d i r i t t o
    1.1.  -  Il  contenzioso venutosi a determinare tra le parti puo'
essere cosi' riassunto in termini di fatto.
    1.2.  -  Vampa  Gas  S.p.A.  era  l'originaria concessionaria del
servizio  di  distribuzione  del  gas  metano  ad  uso  domestico, di
riscaldamento  commerciale, artigianale ed industriale nel territorio
del  Comune  di  Mirano (Venezia) a sensi del contratto Rep. 655/1979
dd.  7  luglio  1979  a  rogito del segretario del medesimo Comune di
Mirano che, come integrato con atto dd. 30 maggio 1990, scade in data
31  dicembre  2008  (cfr.  doc.  1  di parte ricorrente depositato il
31 luglio 2002).
    Con  nota  raccomandata  Prot.  n. 23146  dd.  24  maggio 2002 il
sindaco   di   Mirano  ha  comunicato  a  Vampa  Gas  di  «esercitare
formalmente il diritto di riscatto a far data dal 31 dicembre 2003 ai
sensi  e per gli effetti dell'art. 6 del contratto ...» in essere tra
le parti.
    Con  il  primo dei ricorsi in epigrafe (RG. 1747/2002), Vampa Gas
ha   chiesto  l'annullamento  di  tale  provvedimento,  deducendo  al
riguardo  l'avvenuta  violazione e falsa applicazione degli artt. 14,
15 e 16 del d.lgs. 23 maggio 2000, n. 164, nonche' la violazione e la
falsa  applicazione  degli  artt. 3, 4 e 7 della legge 7 agosto 1990,
n. 241  ed  eccesso  di  potere  per  difetto di motivazione, carenza
istruttoria ed illogicita' manifesta.
    1.3. - Dopo la notificazione dell'atto introduttivo di tale primo
giudizio,  con nota raccomandata Prot. n. 35925 dell'8 agosto 2002 il
vice  sindaco di Mirano ha comunicato a Vampa Gas «ai sensi e per gli
effetti  di  cui  agli  artt. 3, 4 e 7 della legge n. 241 del 1990 il
formale  avvio  del  procedimento di riscatto ex art. 6 del contratto
d'appalto   in   essere  assegnando  il  termine  di  20  giorni  dal
ricevimento,     per     eventuali    controdeduzioni»,    disponendo
«contestualmente  ...  la sospensione degli effetti della citata nota
n. 23146  (dd.  24  maggio  2002)»  e  «rimanendo impregiudicato ogni
diritto in capo alla scrivente amministrazione».
    Anche  tale  nota  e'  stata  impugnata  da  Vampa Gas con motivi
aggiunti  del  ricorso  proposti  ai sensi dell'art. 21, primo comma,
della  legge  6  dicembre  1971,  n. 1034 come modificato per effetto
della legge 21 luglio 2000, n. 205, deducendo parimenti al riguardo -
sia  in  via  autonoma, che in via derivata - l'avvenuta violazione e
falsa applicazione degli artt. 14, 15 e 16 del d.lgs. 23 maggio 2000,
n. 164,  la  violazione  e la falsa applicazione degli artt. 3, 4 e 7
della legge 7 agosto 1990, n. 241 ed eccesso di potere per difetto di
motivazione,  carenza  istruttoria  ed illogicita' manifesta, nonche'
deducendo in via ulteriormente autonoma l'avvenuta violazione e falsa
applicazione  dei  principi  discendenti  dall'art. 97  Cost. e degli
artt.  3  e  6 della legge 7 agosto 1990, n. 241 ed eccesso di potere
per sviamento, difetto di istruttoria e di motivazione ed illogicita'
manifesta.
    1.4.  -  Con  ulteriore  nota  Prot. 49034 dd. 17 ottobre 2003 il
dirigente  -  responsabile del procedimento - segretario generale del
Comune  di  Mirano  ha  quindi  invitato GE.AD. S.p.A., nel frattempo
succeduta  a  Vampa  Gas  a  titolo  universale in forza dell'atto di
fusione per incorporazione Rep. 9871 - Racc. 5103 dd. 2 dicembre 2002
a rogito della dott. Matilde Atlante, notaio in Roma, a fornire entro
il  ternine  di  venti giorni la documentazione («libro lavori di cui
all'art. 7  della  convenzione  del  7  luglio  1979,  libro cespiti,
bilanci  degli  ultimi  4  anni,  estesa  della  rete  suddivisa  per
diametro,  anno  di  realizzazione e terreno di posa ecc.» necessaria
«ai fini della valutazione dell'importo di riscatto di cui all'art. 6
della  convenzione  stipulata  il  7  luglio  1979  e successivamente
integrata,  di  cui  alla  disdetta  con  nota n. 23146 del 27 maggio
2002».
    GE.AD.  S.p.A.,  a sua volta, a mezzo di nuovi motivi aggiunti ha
impugnato,  sempre  sub  RG.  1747/2002,  anche  tale ulteriore atto,
parimenti  deducendo,  sia  in  via  derivata  che  in  via autonoma,
l'avvenuta  violazione  e  falsa applicazione degli artt. 14, 15 e 16
del  d.lgs.  23  maggio  2000,  n. 164,  la  violazione  e  la  falsa
applicazione  degli artt. 3, 4 e 7 della legge 7 agosto 1990, n. 241,
eccesso  di potere per difetto di motivazione, carenza istruttoria ed
illogicita'   manifesta,   nonche'   l'avvenuta  violazione  e  falsa
applicazione  dei  principi  discendenti  dall'art. 97  Cost. e degli
artt. 3  e  6  della  legge 7 agosto 1990, n. 241, nonche' eccesso di
potere  per  sviamento,  difetto  di  istruttoria e di motivazione ed
illogicita' manifesta.
    1.5.  -  Si  e'  costituito  in  giudizio  il  Comune  di Mirano,
replicando  puntualmente alle censure avversarie e concludendo per la
reiezione   del   ricorso  e  dei  motivi  aggiunti  susseguentemente
proposti.
    1.6. - Con sentenza n. 6260 dd. 22 dicembre 2002, emessa in forma
semplificata  ai  sensi  dell'art. 26  della legge 1034 del 1971 come
modificato  dall'art. 9  della  legge  n. 205 del 2000, questa stessa
sezione  ha  rilevato  in  proposito  che l'art. 21 della convenzione
vigente  inter  partes in ordine al servizio di distribuzione del gas
metano  ad  uso domestico, di riscaldamento, commerciale, artigianale
ed  industriale dispone che «tutte le contestazioni o le controversie
che  potessero insorgere in dipendenza e per l'interpretazione "della
convenzione  medesima"  ad  esclusione di quanto attiene al prezzo di
vendita  del  gas»  sono  devolute  ad  un  Collegio  arbitrale e, ha
pertanto  affermato  che  «tale  tipo di clausola compromissoria deve
ritenersi  valida  in  forza dell'art. 6, comma 2, della legge n. 205
del  2000  - norma interpretativa - e (che la stessa), trattandosi di
controversia  avente ad oggetto diritti soggettivi - quelli derivanti
all'affidatario  del servizio dal contratto - determina la competenza
arbitrale in deroga alla competenza del giudice amministrativo».
    1.6.  - GE.AD. ha impugnato tale sentenza innanzi al Consiglio di
Stato  con  ricorso  in  appello ivi depositato sub R.G. 2828/2005 in
data 30 marzo 2004.
    Questo  ulteriore grado di giudizio, dopo una serie di rinvii, e'
stato  definito  con decisione della sezione V del Consiglio di Stato
n. 3482  dd.  13  giugno 2006 che, in riforma della sentenza di primo
grado, ha riconosciuto al riguardo la sussistenza della giurisdizione
del  giudice  amministrativo,  rinviando  cosi' nuovamente gli atti a
questo  Tribunale  amministrativo  regionale  ai  sensi dell'art. 35,
comma  1,  della  legge n. 1034 del 1971 come modificato dall'art. 11
della legge n. 205 del 2000.
    A  conforto  della  propria decisione, il giudice di appello ha -
tra  l'altro - rilevato che «quello che viene comunemente definito il
diritto  di  riscatto  altro  non  e'  che  una  potesta'  di  stampo
pubblicistico,  che  l'amministrazione  autorizzata  ad esercitare in
presenza  di determinate condizioni, rispetto alla quale la posizione
soggettiva  incisa assume la connotazione di interesse legittimo. Ne'
appare  che la conclusione possa mutare a seguito della pubblicazione
della  sentenza  della  Corte costituzionale n. 204 del 6 - 14 luglio
2004,  invocata  dall'appellato  comune  ... per allegare sotto altro
profilo  il  difetto di giurisdizione del giudice amministrativo. Non
e'   dubbio  che  la  pronuncia  abbia  individuato  l'oggetto  della
giurisdizione  esclusiva  in  materia  di  pubblici servizi in quelle
controversie  che  traggano  origine  - come ricorda lo stesso comune
appellato - dall'esercizio di potere autoritativo, e si e' gia' detto
come  il  c.d.  diritto  di riscatto debba essere qualificato come un
aspetto del potere di gestione del servizio pubblico».
    2.1.  -  Nelle  more  della  definizione  del giudizio di appello
promosso avverso la predetta sentenza n. 6260 del 2002, il segretario
generale del Comune di Mirano ha adottato le determinazioni n. 40 dd.
4  marzo 2004 e n. 115 dell'8 giugno 2004, per effetto delle quali ha
disposto la proroga del rapporto concessorio in essere con GE.AD. nel
presupposto che lo stesso si fosse in precedenza interrotto.
    Tali provvedimenti sono stati impugnati dalla medesima GE.AD. con
ulteriore   ricorso   proposto  innanzi  a  questo  stesso  Tribunale
amministrativo   regionale   sub   R.G.   2741  del  2004,  deducendo
innanzitutto   l'avvenuta   violazione  e  falsa  applicazione  degli
artt. 1,  2, 3, 4, 6, 7 e 8 della legge n. 241 del 1990, violazione e
falsa  applicazione  dei  principi  discendenti  dall'art. 97  Cost.,
violazione  e  falsa applicazione dell'art. 24 del T.U. approvato con
r.d.  15  ottobre  1925  n. 2578  e  dell'art. 6 della convenzione in
essere  tra  la  medesima GE.AD. e il Comune di Mirano, incompetenza,
eccesso  di  potere  per  difetto  di  motivazione  e di istruttoria,
nonche' per contraddittorieta' ed irragionevolezza manifesta.
    La  medesima  ricorrente,  con  un  secondo  ordine di motivi, ha
quindi  dedotto  l'avvenuta  violazione  e  falsa  applicazione degli
artt. 14,  15  e  16  del d.lgs. 23 maggio 2000, n. 164, violazione e
falsa  applicazione  degli  artt. 3,  4, 6 e 7 della legge n. 241 del
1990,  violazione e falsa applicazione dei principi discendenti dagli
artt. 97, 3, 41 e 43 Cost., ulteriore violazione e falsa applicazione
dell'art. 24  del  T.U. approvato con r.d. 15 ottobre 1925, n. 2578 e
dell'art. 6  della  convenzione in essere tra la medesima GE.AD. e il
Comune   di  Mirano,  nonche'  eccesso  di  potere  per  carenza  dei
presupposti,    difetto    di    motivazione    e   di   istruttoria,
irragionevolezza  ed  illogicita'  manifesta,  sviamento  di potere e
violazione del principio generale dell'affidamento.
    2.2. - Giova a questo punto rilevare che nella Gazzetta Ufficiale
n. 215  dd.  15 settembre 2004 e' stata pubblicata la legge 23 agosto
2004, n. 239 recante «Riordino del settore energetico, nonche' delega
al  Governo per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di
energia».
    La  relativa  disciplina, entrata in vigore il 28 settembre 2004,
e' divenuta poi nota come «Legge Marzano».
    L'art. 1,  comma 69, della medesima legge n. 239 del 2004 reca in
esordio  i seguenti due periodi: «La disposizione di cui all'articolo
15, comma 5, del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164, relativa
al regime transitorio degli affidamenti e delle concessioni in essere
al  21  giugno  2000,  data di entrata in vigore del medesimo decreto
legislativo, va interpretata nel senso che e' fatta salva la facolta'
di  riscatto anticipato, durante il periodo transitorio, se stabilita
nei  relativi  atti di affidamento o di concessione. Tale facolta' va
esercitata secondo le norme ivi stabilite».
    A   sua   volta,   la   disposizione   teste'   resa  oggetto  di
interpretazione  -  ossia  l'anzidetto  art. 15,  comma 5, del d.lgs.
n. 164  del  2000 - afferma che «per l'attivita' di distribuzione del
gas,  gli affidamenti e le concessioni in essere alla data di entrata
in vigore del presente decreto, nonche' quelli alle societa' derivate
dalla  trasformazione  delle  attuali  gestioni, proseguono fino alla
scadenza  stabilita, se compresa entro i termini previsti dal comma 7
per  il  periodo  transitorio.  Gli  affidamenti  e le concessioni in
essere  per  i  quali  non  e'  previsto  un termine di scadenza o e'
previsto  un  termine  che  supera il periodo transitorio, proseguono
fino al completamento del periodo transitorio stesso. In quest'ultimo
caso,  ai titolari degli affidamenti e delle concessioni in essere e'
riconosciuto  un  rimborso,  a  carico del nuovo gestore ai sensi del
comma  8  dell'art. 14,  calcolato  nel  rispetto di quanto stabilito
nelle  convenzioni o nei contratti e, per quanto non desumibile dalla
volonta'  delle  parti,  con  i  criteri  di  cui  alle  lettere a) e
b)dell'art. 24  del  regio  decreto  15  ottobre 1925, n. 2578. Resta
sempre  esclusa  la  valutazione del mancato profitto derivante dalla
conclusione anticipata del rapporto di gestione».
    2.3.  -  Dopo  l'entrata in vigore del predetto art. 1, comma 69,
della  legge  n. 239  del  2004, il segretario generale del Comune di
Mirano  ha  assunto la determinazione n. 190 dd. 12 ottobre 2004, per
effetto  della  quale  ha  disposto  una  nuova  proroga del rapporto
concessorio   in   essere  con  GE.AD.  «limitatamente  all'ordinaria
amministrazione,  fino  al 31 marzo 2005 e comunque sino alla data di
decorrenza  del  nuovo affidamento, come previsto dall'art. 14, comma
7, del d.lgs. n. 164 del 2000».
    Quest'ultima,  a  sua  volta,  ha  proposto  al riguardo sub R.G.
2741/2004  motivi  aggiunti  di  ricorso,  deducendo  al  riguardo le
medesime  censure  formulate  nell'atto  introduttivo di tale seconda
causa,   ossia  l'avvenuta  violazione  e  falsa  applicazione  degli
artt. 1,  2, 3, 4, 6, 7 e 8 della legge n. 241 del 1990, violazione e
falsa  applicazione  dei  principi  discendenti  dall'art. 97  Cost.,
violazione  e  falsa applicazione dell'art. 24 del T.U. approvato con
r.d.  15  ottobre  1925,  n. 2578  e dell'art. 6 della convenzione in
essere  tra  la  medesima GE.AD. e il Comune di Mirano, incompetenza,
eccesso  di  potere  per difetto di motivazione e di istruttoria, per
contraddittorieta'  ed irragionevolezza manifesta, nonche' l'avvenuta
violazione e falsa applicazione degli artt. 14, 15 e 16 del d.lgs. 23
maggio  2000,  n. 164, violazione e falsa applicazione degli artt. 3,
4, 6 e 7 della legge n. 241 del 1990, violazione e falsa applicazione
dei  principi discendenti dagli artt. 97, 3, 41 e 43 Cost., ulteriore
violazione  e  falsa applicazione dell'art. 24 del T.U. approvato con
r.d.  15  ottobre  1925,  n. 2578  e dell'art. 6 della convenzione in
essere  tra  la  medesima  GE.AD.  e il Comune di Mirano ed ulteriore
eccesso di potere per carenza dei presupposti, difetto di motivazione
e  di istruttoria, irragionevolezza, illogicita' manifesta, sviamento
di potere e violazione del principio generale dell'affidamento.
    La  ricorrente ha pure dedotto l'incostituzionalita' dell'art. 1,
comma  69,  della  legge  n. 239 del 2004 in ragione della sua natura
innovativa  e non interpretativa, nonche' in dipendenza dell'avvenuta
violazione  del principio generale dell'affidamento (cfr. artt. 2 e 3
Cost.),  nonche'  della  liberta'  di  iniziativa  economica (art. 41
Cost.).
    2.4.  -  Si  e'  costituito anche in questo ulteriore giudizio il
Comune  di  Mirano, replicando puntualmente alle censure avversarie e
concludendo  per la reiezione del ricorso, anche - e soprattutto - in
dipendenza del predetto art. 1, comma 69, della legge n. 239 del 2004
che  nella  specie, per l'appunto legittimerebbe l'avvenuto esercizio
del riscatto da parte dell'amministrazione comunale.
    2.5.  -  A  sua volta, nel medesimo procedimento si e' costituita
Enel  Rete Gas S.p.A., quale successore universale di GE.AD. in forza
dell'atto di fusione per incorporazione Rep. n. 11305 - Racc. n. 5847
a rogito della dott. Matilde Atlante, notaio in Roma, rilevando da un
lato l'asserita acquiescenza del Comune di Mirano nei confronti delle
censure  fatte  valere  nei suoi confronti e chiedendo, in subordine,
l'accoglimento  del  ricorso  previo  eventuale  rinvio  del predetto
art. 1,   comma   69,   della   legge  n. 239  del  2004  alla  Corte
costituzionale    in    relazione    alle    anzidette   censure   di
incostituzionalita'.
    2.6.  -  Il Comune di Mirano, per parte propria, ha insistito per
la  reiezione  del ricorso, negando di aver prestato acquiescenza nei
confronti delle censure dedotte dalla controparte.
    3.  -  Anche  nel  ricorso  proposto  sub  R.G.  1747/2002  si e'
costituita Enel Rete Gas S.p.A. formulando analoghe conclusioni, alle
quali  a  sua  volta  ha  replicato  il Comune di Mirano ribadendo la
fondatezza dei propri assunti.
    4.  -  Alla pubblica udienza del 27 aprile 2007 entrambe le cause
sono state trattenute per la decisione.
    5.  -  Tutto  cio'  premesso, il Collegio dispone innanzitutto la
riunione  dei  ricorsi,  stante  l'identita' delle parti e l'indubbia
connessione ravvisabile tra i provvedimenti ivi complessivamente resi
oggetto di impugnativa.
    6.  -  Sempre  in via preliminare, il Collegio reputa che perduri
l'interesse alla decisione dei due ricorsi in epigrafe.
    Invero,  secondo  la  difesa di Enel Rete Gas S.p.A., il rapporto
concessorio  proseguirebbe  «sostanzialmente» allo stato attuale «con
reciproca   soddisfazione,   tanto   che   ad   oggi  nessun  formale
provvedimento   di  riscatto»  risulterebbe  «mai  intervenuto,  come
peraltro  si  evince(rebbe)  anche  dal documento depositato in vista
dell'(odierna) udienza pubblica, come peraltro si evince(rebbe) anche
dal documento depositato in vista dell'udienza pubblica (odierna) ...
(si  tratta del provvedimento n. 1012 dell'8 gennaio 2007 del Settore
lavori  pubblici  del  Comune di Mirano, dal quale emerge(rebbe) che,
anche  di  recente,  l'amministrazione rilascia pacificamente ad Enel
Rete  Gas le autorizzazioni che si rendono necessarie per la gestione
del  servizio  di  distribuzione del gas» (cfr. memoria dd. 12 aprile
2007  depositata  sia sub R.G. 1747/2002 che sub R.G. 2741/2004 dalla
difesa di Enel Rete Gas S.p.A., pag. 4).
    Il   Collegio   non   concorda   con  tale  prospettazione  della
ricorrente,  posto  che  l'amministrazione comunale a ragione insiste
per  la  decisione  dei  due  ricorsi  in  dipendenza  del  fatto che
l'accertamento  della  legittimita' del riscatto da essa disposto nei
confronti  dei  danti  causa  di  Enel  Rete Gas S.p.A. consentirebbe
all'ammministrazione    medesima    di    bandire    una   gara   per
l'aggiudicazione   del   servizio   ad  oggi  disimpegnato  a  titolo
successorio  dalla  predetta  Enel  Rete Gas prima della scadenza del
periodo  transitorio contemplato, ad oggi, per effetto dell'anzidetto
art. 15  del  d.lgs.  n. 164  del  2000  e  dell'art. 23  del d.l. 30
dicembre  2005,  n. 273, convertito in legge 23 febbraio 2006, n. 51,
nel  frattempo  entrato  in  vigore;  e,  del  resto,  consta  che  i
provvedimenti  relativi  al procedimento di riscatto gia' avviato nei
confronti di Vampa Gas (e, conseguentemente, ora nei riguardi di Enel
Rete Gas) siano stati soltanto interinalmente sospesi, ma non rimossi
in via di autotutela da parte dell'amministrazione comunale.
    7.  -  Cio'  posto,  va  evidenziato  che  ai sensi del tutt'oggi
vigente  art. 24  del  T.U.  della  legge sull'assunzione diretta dei
pubblici  servizi da parte dei comuni e delle province, approvato con
r.d.  15  ottobre  1925,  n. 2578,  «i  comuni  possono valersi delle
facolta'   consentite   dall'art. 1»   del   medesimo  T.U.  -  ossia
l'assunzione  dell'impianto  e  l'esercizio diretto della conseguente
attivita'  -  «pei  servizi ... che siano gia' affidati all'industria
privata   quando   dall'effettivo  cominciamento  dell'esercizio  sia
trascorso  un  terzo  della  durata  complessiva del tempo per cui la
concessione  fu  fatta.  Tuttavia  i  comuni  hanno sempre diritto al
riscatto quando sieno passati venti anni dall'effettivo cominciamento
dell'esercizio;  ma in ogni caso non possono esercitarlo prima che ne
siano passati dieci» (primo comma).
    «Qualora  i  comuni  non  facciano uso delle facolta' di riscatto
nelle   epoche  sopra  determinate,  non  possono  valersene  se  non
trascorso un quinquennio, e cosi' in seguito di cinque in cinque anni
(secondo comma).
    «Il  riscatto  deve  essere  sempre preceduto dal preavviso di un
anno» (terzo comma).
    «Quando   i  comuni  procedono  al  riscatto  debbono  pagare  ai
concessionari  un'equa  indennita',  nella  quale  si tenga conto dei
seguenti  termini: a) valore industriale dell'impianto e del relativo
materiale  mobile  ed  immobile,  tenuto  conto  del  tempo trascorso
dall'effettivo   cominciamento   dell'esercizio   e  dagli  eventuali
ripristini   avvenuti   nell'impianto  o  nel  materiale  ed  inoltre
considerate  le  clausole  che  nel  contratto  di  concessione siano
contenute  circa la proprieta' di detto materiale, allo spirare della
concessione  medesima;  b)  anticipazioni  o sussidi dati dai comuni,
nonche'  importo delle tasse proporzionali di registro anticipate dai
concessionari  e  premi  eventualmente  pagati  ai comuni concedenti,
sempre tenuto conto degli elementi indicati nella lettera precedente;
c)  profitto  che  al  concessionario  viene  a  mancare  a causa del
riscatto  e che si valuta al valore attuale che avrebbero, nel giorno
del   riscatto   stesso,   al  saggio  dell'interesse  legale,  tante
annualita'  eguali  alla  media  dei profitti industriali dell'ultimo
quinquennio, quanti sono gli anni pei quali dovrebbe ancora durare la
concessione,  purche' un tale numero di anni non superi mai quello di
venti.  L'importo  di  tali  annualita'  si  calcola  sulla media dei
redditi  netti  accertati  ai  fini  dell'imposta di ricchezza mobile
dell'ultimo  quinquennio,  tolti dal medesimo l'anno di maggiore e di
minore profitto e depurato dell'interesse del capitale, rappresentato
da cio' che si corrisponde al concessionario per i titoli di cui alle
lettere a) e b) di questo articolo» (quarto comma).
    «L'ammontare  dell'indennita'  puo'  essere determinato d'accordo
fra   le   parti   con   l'approvazione   della   giunta  provinciale
amministrativa» (quinto comma).
    «In  mancanza  dell'accordo  decide in primo grado, con decisione
motivata,  un  collegio arbitrale composto di tre arbitri, di cui uno
e' nominato dal consiglio comunale, uno dal concessionario ed uno dal
presidente  del tribunale nella cui giurisdizione e' posto il comune»
(sesto comma).
    «Avverso  la  decisione di tale collegio, cosi' il comune come il
concessionario possono appellarsi ad un altro collegio di tre arbitri
i  quali saranno nominati dal primo presidente della Corte di appello
e decideranno come amichevoli compositori» (settimo comma).
    «I  comuni,  che  esercitano  la  facolta'  del riscatto, debbono
sostituirsi  nei  contratti  attivi  e  passivi del concessionario in
corso  coi terzi per l'esecuzione dell'industria o del servizio e col
personale addetto al servizio stesso, purche' i contratti siano stati
stipulati  ed  il  personale sia stato assunto prima del preavviso di
cui  al  terzo  alinea  del  presente  articolo. Tuttavia degli oneri
derivanti dai detti contratti sara' tenuto conto nella determinazione
dell'indennita' di riscatto» (ottavo comma).
    Il   nono   ed  ultimo  comma  dispone,  a  sua  volta,  che  «le
disposizioni  di  questo  articolo,  salvo  cio'  che si riferisce ai
termini  del  riscatto, non sono applicabili quando le condizioni del
riscatto medesimo o della revoca della concessione siano stabilite da
contratto,  purche'  stipulando  sei  mesi  prima della promulgazione
della  legge  29 marzo 1903, n. 103», ossia la principale delle fonti
normative   recepite   da   tale   T.U.:  sintomo  evidente,  questo,
dell'avvenuta   ridisciplina   dell'istituto   (ab   origine  normato
esclusivamente dalle parti in sede di concessione-contratto) mediante
fonte  legislativa  precettivamente applicata alle parti, anche se il
susseguente   art. 26  impone  ai  comuni  «che  intendano  concedere
all'industria  privata»  un  servizio  pubblico,  di  riservarsi «nel
relativo  contratto  di  concessione ... la facolta' del riscatto con
tali  condizioni e termini che non siano, per i comuni medesimi, piu'
onerosi di quelli» teste' descritti.
    L'art. 25  del  medesimo T.U. 2578 del 1925 dispone, a sua volta,
che  «quando i comuni vogliano far uso della facolta' di riscatto, la
deliberazione  del  consiglio  comunale  e  il  progetto  di massima»
tecnico-finanziario   contemplato  dall'art. 10  dello  stesso  T.U.,
«devono   indicare   esattamente,  oltre  ai  mezzi  con  cui  vuolsi
provvedere  alla  gestione del servizio, la consistenza dell'impianto
che  intendesi  rilevare e l'ammontare presumibile dell'indennita' da
corrispondersi ai concessionari» (primo comma).
    «Quando,  dopo  la  decisione favorevole della giunta provinciale
amministrativa,  l'indennita' di riscatto sia determinata d'accordo o
dagli  arbitri  in misura maggiore di quella presumibile posta a base
del  piano  di  massima, si deve provvedere nuovamente in conformita'
degli  artt. 10  e  11»,  ossia  in base ad altro progetto di massima
tecnico-   finanziario   e   ad  apposita  deliberazione  dell'organo
consiliare (secondo comma).
    La  giurisprudenza  delle sezioni unite della Corte di cassazione
da  tempo  riconosce  al  giudice  amministrativo giurisdizione nella
materia  di  cui  trattasi,  posto  che - ancor prima dell'entrata in
vigore  della predetta legge n. 205 del 2000 - e' stato affermato che
«la  domanda,  con la quale il concessionario di un pubblico servizio
nel territorio comunale (nella specie, distribuzione del gas) insorga
avverso  il  provvedimento di riscatto della concessione adottato dal
comune  concedente,  deducendo l'illegittimo esercizio della relativa
facolta'  prima  dei termini fissati dall'art. 24 del r.d. 15 ottobre
1925, n. 2578, investe la sussistenza stessa del potere di riscatto e
l'osservanza  di norme di relazione da parte dell'amministrazione, e,
quindi, si ricollega a posizioni di diritto soggettivo. Tale domanda,
pertanto, non spettava alla giurisdizione di legittimita' del giudice
amministrativo,  ma  era devoluta alla competenza giurisdizionale del
giudice  ordinario,  mentre,  dopo  l'entrata in vigore della legge 6
dicembre  1971,  n. 1034,  istitutiva  dei  Tribunale  amministrativo
regionale,  spetta  alla  competenza  giurisdizionale  esclusiva  dei
tribunali  stessi,  ai  sensi degli art. 5 e 7 della citata legge (in
forza dei quali la giurisdizione del giudice ordinario resta limitata
alle cause riguardanti indennita', canoni ed altri corrispettivi). Da
tanto  consegue  che  il  patto  della convenzione di concessione, il
quale  devolva  ad  arbitri  l'indicata  controversia, deve ritenersi
operante  fino  alla  sopravvenienza della citata legge, configurando
una  legittima  deroga  convenzionale  alle  attribuzioni del giudice
ordinario,  ma invalido ed inefficace dopo detto momento, perche', in
difetto di contraria previsione di legge, deve escludersi la facolta'
di   compromettere   in  arbitri  materia  sottratta  all'area  della
giurisdizione  del giudice ordinario, ed affidata a una giurisdizione
speciale» (Cass., SS.UU., 2 maggio 1979, n. 2522).
    Va  in  ogni  caso  soggiunto  -  e,  a tale proposito, la stessa
decisione  della  sezione  V  del  Consiglio  di Stato n. 3482 dd. 13
giugno  2006  intervenuta nel procedimento proposto sub RG. 1747/2002
costituisce, al riguardo, prova eloquente - che la giurisprudenza del
giudice  amministrativo,  al  di  la'  delle conseguenze di carattere
patrimoniali  discendenti  dal  riscatto  a  favore  del  gestore del
servizio  destinatario  di  tale  provvedimento,  riconduce  comunque
quest'ultimo all'esercizio di una potesta' tout court autoritativa.
    Va  anche  rilevato  -  avendo  segnatamente  riguardo al caso di
specie  -  che  il  Comune  di  Mirano  e  l'allora  Vampa  Gas hanno
puntualmente  recepito  nell'art. 6  della  convenzione vigente inter
partes  la  surriferita  disciplina  contenuta  nell'art. 24 del T.U.
approvato con r.d. 2578 del 1925, disponendo testualmente ivi che «e'
fatto  salvo al comune il diritto di riscatto nell'ambito della legge
oggi  vigente sulla municipalizzazione dei pubblici servizi, regolato
come  segue. Tale diritto potra' essere esercitato dopo il decorso di
10  anni  dal  1°  gennaio  1979  e successivamente di cinque anni in
cinque  anni, come previsto dalla legge, dandosi atto, ai sensi e per
gli  effetti  dell'art. 205  del  r.d. 10 maggio 1904, n. 103, che la
natura e l'entita' delle modifiche apportate all'antecedente rapporto
fra  il  comune  e  la concessionaria hanno sostanzialmente novato il
rapporto medesimo.
    Nell'ipotesi di esercizio del diritto di riscatto di cui sopra da
parte  del  comune,  la  componente di indennizzo indicata al par. a)
dell'art.  24  del  r.d.  15 ottobre 1925, n. 248 (valore industriale
dell'impianto)  sara'  calcolata  tenendo conto, separatamente per il
vecchio  e  il  nuovo  impianto, della diversa durata di esercizio di
ciascuno  di  essi  (...  illeggibile ... anni e mezzo per il vecchio
impianto,  22 anni e mezzo per il nuovo impianto), e quindi detraendo
dal  valore  industriale, senza degradi di sorta, di ciascun impianto
al  momento  del  riscatto,  una  quota  che  non dovra' superare nel
complesso, per ogni anno di effettivo utilizzo, un trentanovesimo per
il  vecchio  impianto  e  un un ventiduesimo per i nuovi impianti. Il
pagamento dell'indennita' di riscatto dovra' avvenire contestualmente
alla  consegna  degli  impianti» (cfr. doc. 2 di parte ricorrente sub
R.G. 1747/2002, depositato il 31 luglio 2002).
    8.  -  Per effetto dell'entrata in vigore dell'art. 15 del d.lgs.
n. 164  del  2000  la  giurisprudenza  del  giudice amministrativo ha
costantemente  interpretato  il «sistema», cosi' come delineato dallo
ius   superveniens,  nel  senso  dell'impossibile  conciliazione  tra
l'esercizio   di   un   potere  (autoritativo)  di  riscatto  in  via
anticipata,  esclusivamente funzionale alla riassunzione del servizio
da   parte   dell'ente   concedente,   ed   il  preminente  obiettivo
dell'apertura  del  mercato della specifica utility alla concorrenza,
quanto  meno  sotto  il  profilo della competizione «per» il mercato,
stante  l'indubbia  preminenza della necessita' - proprio mediante la
disciplina  transitoria  contenuta  nel  medesimo  art. 15 del d.lgs.
n. 164  del  2000  -  dell'adeguamento  del  nostro  ordinamento alla
disciplina  contenuta  nella  direttiva di settore n. 98/30/CE, a sua
volta  deputata ad attuare nel mercato del gas i principi di cui agli
artt.  43  e  49  del  Trattato  UE (cfr. sul punto, ex multis, Cons.
Stato,  sez.  V,  28  giugno 2004, n. 4791 e n. 4788; 14 aprile 2004,
n. 3816  e  n. 3818;  11 luglio 2003, n. 3057, tutte nel senso che la
disciplina  complessivamente  contenuta nel d.lgs. n. 164 del 2000 ha
abrogato  l'istituto del riscatto anticipato di cui all'art. 24 e ss.
del T.U. approvato con r.d. n. 2578 del 1925).
    Va, altresi', soggiunto - argomentando a contrariis ma pervenendo
alla   stessa  conclusione  di  fondo  -  che  la  mancata,  espressa
previsione  dell'abrogazione dell'istituto del riscatto anticipato di
cui  all'art.  25  del  T.U.  approvato con r.d. n. 2578 del 1925 per
effetto  d.lgs.  23  maggio 2000, n. 164, recante la nuova disciplina
dell'attivita'   di  distribuzione  del  gas  e  della  durata  delle
concessioni  in  essere,  non e' decisiva ai fini della sopravvivenza
dello  stesso,  in  quanto  il  regime  transitorio  non  ha  una sua
autonomia,  nel  senso  che  non e' previsto per mantenere in vita il
preesistente  regime,  ma  soltanto  per  rendere possibile, in tempi
certi,  il sistema dell'esternalizzazione; pertanto, anche nel regime
transitorio,  va esclusa l'ammissibilita' di un istituto che persegue
finalita'  non piu' contemplate dall'ordinamento, essendo finalizzato
all'opzione  per  una  gestione  diretta  del  servizio  ora non piu'
possibile,  dovendo tale gestione essere sempre esternalizzata. Ne' a
soluzione diversa potrebbe condurre la disciplina contenuta nell'art.
123  del  T.U.  approvato con d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, ai sensi
del  quale  per  l'esercizio  del  diritto  di  riscatto  relativo ai
rapporti in corso di esecuzione, e' applicabile il T.U. approvato con
r.d.  n. 2578  del  1925,  considerato  che  l'art. 123 teste' citato
disciplina  l'istituto del riscatto in relazione alla generalita' dei
servizi  pubblici gestiti o gestibili anche in modo diretto dall'Ente
locale,  ma  non  incide  sulla  normativa  speciale  in  materia  di
distribuzione  del  gas,  ancorche' anteriore e che, escludendo - per
l'appunto  -  la  facolta'  di  gestione  diretta, impedisce comunque
l'applicazione  del T.U. n. 2578 del 1925 per l'esercizio del diritto
di  riscatto relativamente ai rapporti in corso di esecuzione (cosi',
puntualmente,   Tribunale   amministrativo  regionale  Emilia-Romagna
Bologna, sez. II, 7 giugno 2002, n. 843).
    9.  -  Nondimeno,  i  surriportati due primi periodi dell'art. 1,
comma  69,  della  legge  n. 239  del  2004  risultano - per contro -
inequivocabilmente   finalizzati   a   reintrodurre  nell'ordinamento
italiano  -  per  di  piu'  in via retroattiva, ossia sotto la specie
dell'interpretazione  autentica  -  l'istituto del riscatto, sia pure
«convertendolo»  a  strumento  giuridico  del  tutto  atipico,  ossia
finalizzandolo non gia' all'ormai assodatamente impossibile esercizio
diretto  del  servizio  da parte dell'amministrazione comunale, ma ad
una   sorta  di  recesso  dal  rapporto  convenzionale  da  parte  di
quest'ultima, ferma comunque restando l'esigenza di riaffidamento del
servizio medesimo secondo la disciplina dell'evidenza pubblica.
    Ne'  va  sottaciuto, a tale riguardo, che l'art. 15, comma 5, del
d.lgs.  n. 164  del  2000 pretesamente interpretato in via autentica,
disciplina  - come si e' visto - assieme ai due commi susseguenti, il
regime  transitorio  degli  affidamenti  e  delle concessioni gia' in
essere, senza tuttavia minimamente accennare alla possibilita' di una
risoluzione anticipata del rapporto.
    Circa  la  portata  «autentica» dell'«interpretazione» introdotta
dall'art. 1,  comma  69,  primi  due  periodi, della legge n. 239 del
2004, depongono a favore sia la lettera della prima disposizione («va
interpretata»),  sia  l'esame  dei  lavori  parlamentari  che si sono
conclusi con l'approvazione dell'«interpretazione» medesima.
    A    tal   riguardo   va   innanzitutto   denotato   l'intervento
dell'on. Polledri  (cfr.  a pag. 26 del resoconto della seduta n. 323
della  Camera  dei  deputati,  tenutasi  il  16 giugno 2003 sull'A.C.
n. 3297  della XIV Legislatura, divenuto - per l'appunto - in seguito
la  legge  n. 239  del 2004: «A tutt'oggi il riscatto anticipato - ex
articolo  24  del  regio  decreto  n. 2578  del 1925 - deve essere, a
nostro  giudizio, giustamente integrato con il regime transitorio, ex
articolo  15  del decreto legislativo n. 164 del 2000. In questo modo
(ovvero,  senza  l'emendamento  all'originario  testo  del disegno di
legge,  preannunciato  subito  dopo  dal  deputato),  potrebbe essere
adottata  un'interpretazione  che,  di  fatto,  impedirebbe agli enti
locali  di  applicare  al  piu'  presto  le  disposizioni relative al
decreto  legislativo n. 164 del 2000 e di poter disporre dei benefici
che  ineriscono  alla  liberalizzazione  del  mercato del gas, senza,
quindi, avere la possibilita' di poter usufruire di una messa in gara
del servizio di distribuzione del gas stesso».
    A tale intervento ha fatto quindi seguito quello dell'on. Didone'
(cfr.,  a  pag.  94,  della  seduta  n. 501 della medesima Assemblea,
tenutasi il 29 luglio 2004 sull'A.C. n. 3297-B, transitato in seconda
lettura   alla  Camera)  dal  seguente  tenore:  «Signor  Presidente,
onorevoli  colleghi,  vorrei sostenere, per una serie di ragioni, gli
emendamenti  presentati  dal  Governo  che  ripristinano il testo del
Senato.  Come  ricordava  il Ministro Marzano, vorrei soffermarmi sul
fatto che questo disegno di legge intende fare salvo in capo all'ente
comunale  concedente,  durante  il periodo transitorio, il diritto di
riscatto  anticipato  del  servizio  pubblico  in  concessione. Cio',
ovviamente, non in modo arbitrario, ma a determinate condizioni: tale
facolta'  deve  infatti  essere  espressamente  prevista dall'atto di
concessione;  devono  essere  rispettate le modalita' di esercizio di
detta  facolta',  come  stabilito nell'atto di concessione stesso; il
servizio  riscattato deve essere affidato ad un nuovo gestore esterno
da  individuarsi  mediante  gara. L'interpretazione introdotta con il
presente  disegno di legge mira semplicemente a preservare un diritto
potestativo,   quello   di   riscatto   anticipato,   che  l'atto  di
concessione,  previsto  dal  regio  decreto  del 1925, gia' riconosce
all'ente comune, ma il cui esercizio viene ritenuto illegittimo da un
prevalente  orientamento  giurisprudenziale, che pone in relazione di
consustanzialita'  l'esercizio del riscatto e la gestione diretta del
servizio  pubblico di distribuzione del gas, non piu' consentita dopo
l'entrata  in  vigore del decreto legislativo n. 164, ossia il famoso
"decreto  Letta"  ...  E' fatto comunque salvo il diritto al riscatto
anticipato   durante   il   periodo   transitorio,  sussistendone  le
condizioni piu' sopra specificate».
    Ancora  piu'  eloquente  risulta  la dichiarazione di voto finale
dell'on. Polledri in occasione della stessa seduta: «... In relazione
al  provvedimento  in  esame abbiamo riscontrato grosse resistenze da
parte   di  associazioni  di  categoria  circa  la  parte  del  testo
concernente la disciplina del riscatto anticipato da parte dei comuni
...  Con  riguardo  al quesito concernente il riscatto anticipato, in
termini  generali va spiegato che il comma 69 dell'articolo unico del
disegno  di  legge n. 3297-B, nel testo approvato dal Senato, intende
fare   salvo   all'ente   comunale  concedente,  durante  il  periodo
transitorio,  il  diritto  potestativo  di  riscatto  anticipato  del
servizio   pubblico   in   concessione,  esercitabile  a  determinate
condizioni:  tale  facolta'  sia  espressamente prevista dall'atto di
concessione;  siano  rispettate  le  modalita'  di esercizio di detta
facolta',  come  stabilite nell'atto di concessione. Al riguardo, nel
prevedere  la possibilita' del riscatto anticipato della concessione,
si  fa  solitamenite  richiamo al disposto dell'articolo 24 del regio
decreto  n. 2578 del 1925, ... Il'riscatto anticipato non puo' dunque
essere   esercitato   liberamente,  ma  e'  soggetto  ad  una  rigida
tempistica,  da  determinarsi  caso per caso, sulla base dell'atto di
concessione ed, in particolare sulla durata della concessione stessa.
    Il servizio riscattato sia riaffidato ad un nuovo gestore esterno
da  individuarsi  mediante gara. La novella interpretativa introdotta
dal  disegno  di  legge  Marzano  mira  semplicemente a preservare un
diritto  potestativo  (riscatto anticipato) che l'atto di concessione
(ovvero  l'articolo  24  del  regio  decreto  n. 2578  del 1925) gia'
riconosce  all'ente  comunale,  ma  il  cui  esercizio viene ritenuto
illegittimo da un prevalente orientamento giurisprudenziale, che pone
in  relazione  di  consustanzialita' l'esercizio del riscatto con una
gestione  diretta del servizio pubblico di distribuzione del gas, non
piu'  consentita  dopo  l'entrata  in  vigore del decreto legislativo
n. 164  del  2000  ... E' fatto comunque salvo il diritto al riscatto
anticipato   durante   il   periodo   transitorio,  sussistendone  le
condizioni,  come sopra evidenziato ... In buona sostanza, il disegno
di  legge Marzano stabilisce che il periodo transitorio termina al 31
dicembre  2007  e  entro detto periodo il comune potra' esercitare il
riscatto  anticipato  alle  condizioni  e  con  le  modalita'  di cui
all'articolo  24 del regio decreto n. 2578 del 1925, con un preavviso
di  un  anno  ...  Quindi, il cuore della norma che fa riferimento al
riscatto  anticipato  ottiene  un  risultato assolutamente positivo e
condivisibile  per  la collettivita', dando la possibilita' ai comuni
di  potere indire nuove gare; tutto questo con lo spirito di tutelare
sempre  e comunque l'attivita' imprenditoriale: infatti la tempistica
delle  scadenze,  sia  per  il  riscatto  sia  per  i rinnovi, e' ben
definita e lascia la possibilita' ai gestori di potere pianificare la
propria  attivita'  ...  Le  imprese  infatti  continuano  ad  essere
tutelate,  visto  che  il  Senato  si  e'  limitato  ad  approvare un
emendamento  interpretativo  gia'  contenuto nel testo del disegno di
legge   Marzano  approvato  nel  luglio  scorso  alla  Camera;  detto
emendamento  chiarisce  la  portata  di  una  norma gia' in vigore da
quattro   anni   (articolo   15   del  decreto  legislativo  n. 164),
confermando   il  diritto  potestativo  al  riscatto  anticipato,  se
previsto nei contratti di affidamento e di concessione.
    Sotto questo profilo, dunque, non vi e' nessuna modifica, ne' del
sistema  normativo (il riscatto anticipato e' un diritto riconosciuto
agli  enti locali dal testo unico del 1925, sulla base di una norma -
articolo  24  -  mai  abrogata),  ne'  di  quello  pattizio voluto ed
accettato  dalle  parti  (ente  locale  concedente  e concessionaria)
mediante  sottoscrizione  del  relativo contratto di affidamento e di
concessione.  Ne consegue che l'esercizio di un diritto, previsto sia
dalla  legge,  sia dal contratto, non puo' influire in alcun modo sui
programmi   imprenditoriali  e  sui  piani  di  investimento  che  il
concessionario-imprenditore  deve  aver  configurato  all'atto  della
sottoscrizione del contratto».
    Da  quanto  teste' riferito emerge, quindi, che il Legislatore e'
stato    mosso    proprio   dall'intento   di   superare,   per   via
d'interpretazione  autentica,  l'anzidetto  indirizzo ermeneutico del
giudice amministrativo e di consentire per l'effetto, anche nel corso
del  periodo  transitorio, l'esercizio da parte degli enti locali del
potere di riscatto, secondo le norme previste dal risalente T.U. 2578
del 1925.
    9.1.  -  Questo Collegio a sua volta reputa che - al di la' degli
intendimenti  dichiaratamente  avuti  di  mira dai conditores juris -
giammai   possa   riconoscersi   natura  interpretativa  (e,  quindi,
efficacia  retroattiva)  ad una disciplina che, sebbene qualificata e
formulata  come  tale  dal Legislatore, privilegi tuttavia un esegesi
precedentemente  non  consentita  alla  stregua degli ordinari canoni
dell'ermeneutica  legislativa,  dovendo pertanto seriamente dubitarsi
della  costituzionalita'  di  disposizioni  legislative  -  ancorche'
recanti  formulazioni  letterali  tali da ricondurne il significato a
norme   di   interpretazione   autentica  -  laddove  esse  risultino
finalizzate  -  mediante  una  ben  evidente forzatura letterale - ad
attribuire  ad  una disposizione previgente un significato precettivo
da  essa  obiettivamente non ritraibile pur utilizzando nella massima
espansione  applicativa  tutte  le regole e le tecniche in materia di
interpretatio legis.
    9.2.  -  Il  Collegio  non  ignora  che  dopo l'entrata in vigore
dell'art.  1,  comma  69,  della  legge  n. 239 del 2004 qui in esame
alcune pronunce giurisprudenziali hanno ritenuto che la disciplina in
esso   contenuta   non   presenta   profili   contrari   ai   dettami
costituzionali.
    In  particolare, secondo quanto affermato da Cons. Stato, sez. V,
17   luglio   2005,   n. 3817,  si  perverrebbe  al  risultato  della
compatibilita'  tra  lo ius novum e gli artt. 97 e 3 Cost., rilevando
«che:  I) contrariamente agli obiettivi assertivamente perseguiti dal
Legislatore  con  il  varo  del  comma  69  e  per un non infrequente
fenomeno  di  rifrazione  proprio  di  ogni  nomopoiesi  (indotto dai
riverberi  sistemici  di  qualunque  norma immessa nell'ordinamento),
l'entrata in vigore della disposizione dell'art. 1 della legge n. 239
del  2004  ha  unicamente  "`fatt(o)  salva"  la facolta' di riscatto
eventualmente quella "stabilita nei relativi atti di affidamento o di
concessione"  e non anche quella prevista dal regio decreto del 1925;
II)  la  norma  autenticamente  interpretata  dall'art. 1 della legge
n. 239  del  2004  non  e'  poi l'art. 24 del ridetto testo unico, ma
l'art.  15,  comma 5, del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164;
III)  il suddetto comma 5 effettivamente lasciava spazio a differenti
interpretazioni, nella parte in cui esso non affrontava espressamente
l'aspetto  della  reale incidenza dello jus superveniens sui rapporti
convenzionali in essere, ossia nella parte in cui la disposizione non
regolava   il   campo   delle   possibili   interferenze,  sul  piano
intertemporale,  tra il principio di esternalizzazione di nuovo conio
e  quello  della  tendenziale indifferenza al mutato quadro normativo
del  diritto  potestativo  di  riscatto,  eventualmente concordato in
passato  dalle  parti e dedotto nei relativi atti di concessione o di
affidamento. Queste conclusioni promanano da piu' considerazioni.
    Innanzitutto,  e  non  e'  un  dato  di poco momento, il comma 69
nemmeno menziona il testo unico del 1925. Del resto, l'art. 35, comma
12, lett. g), della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (Legge finanziaria
2002),  contenente  norme  in  materia di servizi pubblici locali, ha
abrogato il comma 3 dell'art. 123 del d.lgs. n. 267 del 2000. Orbene,
tale  norma  transitoria del testo unico delle leggi sull'ordinamento
degli  enti  locali disponeva: "Le norme del regio decreto 15 ottobre
1925,  n. 2578,  si  applicano  fino  all'adeguamento  delle  aziende
speciali  alla  disciplina  del  presente  testo  unico; si applicano
altresi' per l'esercizio del diritto di riscatto relativo ai rapporti
in corso di esecuzione". In altri termini, la disciplina sul riscatto
del  1925,  ove pure ipoteticamente sopravvissuta dal "Decreto Letta"
(ma  cosi'  non  e),  sicuramente  non  e'  riuscita  a scampare alla
Finanziaria per il 2002.
    Va  pertanto  recisamente  scartata  l'idea che il comma 69 abbia
potuto  resuscitare  l'art.  24 del r.d. n. 2578 del 1925. O, meglio,
l'adesione  a  tale  tesi  -  che  il  Collegio di converso ripudia -
veramente  darebbe  forza alle perplessita' manifestate ... posto che
ad   un   comma  che  facesse  rivivere  una  disposizione  abrogata,
certamente non potrebbe riconoscersi natura meramente interpretativa,
ne'  efficacia  retroattiva. ... E' dunque giocoforza ritenere che la
norma  investita dalla Legge Marzano sia soltanto l'art. 15, comma 5,
del  "Decreto  Letta".  Dalla considerazione congiunta dei precedenti
rilievi  si  giunge  alla conclusione che l'art. 1 della legge n. 239
del  2004 non abbia inteso ripristinare innovativamente (o, comunque,
tale  risultato  non  sembra  esser stato conseguito), per il futuro,
l'abrogata  potesta'  di  riscatto  anticipata  in  passato  prevista
dall'art. 24  del  Testo  unico  del  1925. Al contrario, il comma in
disamina,  collocandosi  in  quell'area d'incertezza regolativa sopra
individuata  ...  mira unicamente ad escludere che possa impedirsi ad
un  ente  locale concedente di avvalersi, nel periodo transitorio, di
una  potesta'  di  riscatto  a suo tempo legittimamente dedotta in un
atto di concessione o di affidamento ancora in essere.
    Detto   altrimenti,   sebbene  l'effetto  indiretto  della  norma
interpretativa  sia  consistito  nel  conservare efficacia ultrattiva
alle  eventuali clausole di riscatto anticipato espressamente dedotte
negli  atti  di  affidamento  o di concessione (e soltanto a queste),
nondimeno   dal   punto  di  vista  giuridico  a  tale  risultato  il
Legislatore e' obiettivamente pervenuto espungendo dall'insieme delle
norme  in  passato  astrattamente  ricavabili,  per  via ermeneutica,
dall'interpretazione  dell'art. 15,  comma  5,  del  "Decreto  Letta"
soltanto  quella  corrispondente al principio generale, sancito dagli
artt.  1374  e  1418  c.c.,  in ordine all'inefficacia (nella specie,
parziale)  di  tutte  le clausole convenzionali - ivi comprese quelle
contenute  in "accordi ad oggetto pubblico" - risultanti a posteriori
in  conflitto  con  norme imperative sopravvenute. Quest'ultimo punto
richiede  un  approfondimento.  L'accordo  concessorio,  al  pari del
contratto, spiega tutti gli effetti che ne derivano secondo la legge.
    Taluni  di  questi effetti possono cessare, anche durante la fase
esecutiva del rapporto, per ragioni indipendenti dalla volonta' delle
parti  e  da queste originariamente non previste: tipico e', appunto,
il  caso  della sopravvenienza di una norma imperativa (o, riguardata
la nozione dal punto di vista dell'atto amministrativo, di un divieto
di  ordine  pubblico)  che  si  ponga  in insanabile contrasto con il
contenuto  della  concessione o dell'affidamento tuttora in corso. Il
fenomeno  appena  descritto  e'  talora  descritto  come "invalidita'
successiva".
    ...  Una  volta  calato  il principio appena ricordato al caso in
esame  ed  eliminando idealmente, per un momento, il comma 69, emerge
come  l'interpretazione del Decreto Letta, stante il silenzio serbato
dal  comma  5  dell'art. 15  in  ordine  allo  specifico  profilo  in
questione, potesse anche condurre a ritenere completamente private di
efficacia,  per  factum principis, tutte le clausole degli accordi di
concessione  o  di  affidamento  con  le  quali si fosse in pregresso
convenuta   l'attribuzione   all'amministrazione  di  un  diritto  di
riscatto anticipato (d'altronde in questo senso - si e' detto - si e'
orientata  anche  la  sezione).  ...  Ebbene,  la  Legge  Marzano  ha
unicamente  rimosso,  per  via  interpretativa,  la norma (si da' per
acquisita   l'idea   che   l'interpretazione  autentica  si  concreta
nell'espunzione  dall'ordinamento  di  singole  norme  -  che sono il
frutto  dell'esegesi  -  senza  intaccare il testo della disposizione
interessata)   che   avrebbe  potuto  dar  luogo  a  tale  risultato,
mantenendo in questo modo efficacia alle ridette clausole di riscatto
ed  ai relativi atti applicativi eventualmente adottati medio tempore
(ossia  dall'entrata  in  vigore  del  Decreto  Letta fino alla Legge
Marzano)  dagli  enti  locali,  seppure  -  e'  bene  sottolinearlo -
soltanto  ai fini del nuovo affidamento del servizio di distribuzione
del gas a differenti imprese, da selezionarsi mediante apposite gare.
    In  pratica,  in  ossequio  ai  principi della stabilita' e della
continuita' degli accordi (ivi inclusi quelli "di diritto pubblico"),
si  e'  conservata piena validita' ai diritti potestativi di riscatto
anticipato   convenzionalmente   riconosciuti,   pur  mutandosene  la
finalita'  (ovvero  non la riassunzione, ma l'esternalizzazione). ...
Va pertanto segnalato, da ultimo, che l'art. 1 della legge n. 239 del
2004  soltanto  in  parte ha superato il precedente indirizzo seguito
dalla  sezione:  infatti,  l'argomento  a  contrario depone nel senso
della  piena  conferma  dell'orientamento  pretorio sopra riferito in
tutti  i casi in cui la facolta' di riscatto anticipata non sia stata
espressamente  prevista  (si  noti  che  la  disposizione rinvia alle
"norme  ivi  stabilite")  negli  specifici  regolamenti degli atti di
concessione o di affidamento.
    In  queste  ipotesi.  invero, non ricorrono affatto le condizioni
stabilite  dall'intervento  legislativo  in  disamina e, dunque, deve
ritenersi  sicuramente  precluso  ai  comuni  l'esercizio di un ormai
inesistente  potere generale di scioglimento anticipato del rapporto.
...  L'art. 1,  comma  69,  della  legge  n. 239  del  2004 ha dunque
"sanato"  retroattivamente,  ossia fin dall'epoca della sua adozione,
la  delibera  consiliare  impugnata.  ...  A  quest'ultimo  riguardo,
occorre  soggiungere  che, ai fini dell'applicazione del comma 69, e'
sufficiente  che  la  concessione o l'affidamento contengano anche la
sola   menzione   (l'ipotetica   lacuna   regolamentare   va   invece
interpretata  in  senso  restrittivo)  del  "vecchio" art. 24 o altra
previsione  di  analogo  tenore.  Infatti,  stante tutto quanto sopra
considerato, tale richiamo certamente non va concepito nei termini di
una  perdurante  possibilita'  per l'ente concedente di riscattare il
servizio  ai  fini  della  riassunzione  in  proprio dello stesso. Il
rinvio della concessione all'art. 24 dovra' piuttosto intendersi come
"fisso",  ossia  soltanto  alle norme del testo unico del 1925 (a suo
tempo  recepite  nell'atto di concessione), ancora applicabili (ed in
questo novero rientrano quelle sul procedimento da seguire) in quanto
compatibili  con il nuovo quadro delineato dal d.lgs. n. 164 del 2000
(e,  dunque,  non, ad  esempio,  al  comma  9  di  detto articolo). I
precedenti  rilievi  trovano, del resto, riscontro e conforto proprio
nel  contesto  del comma 5 che, con riferimento al "rimborso a carico
del  nuovo  gestore",  rinvia a "quanto stabilito nelle convenzioni o
nei  contratti  e,  per  quanto  non  desumibile dalla volonta' delle
parti"  all'art.  24  del  regio  decreto  15  ottobre 1925, n. 2578,
unicamente richiamando la previsione in via recettizia (non si tratta
cioe' di un rinvio formale)».
    9.2.  - Questo Collegio, a sua volta, non condivide gli argomenti
teste' esposti, evidenziando quanto segue.
    I)  Non  puo'  ragionevolmente  sostenersi,  eludendo  la  chiara
volonta'  del  Legislatore  emersa in sede di lavori preparatori, che
nel caso in esame ricorra un'ipotesi «di rifrazione propri(a) di ogni
nomopoiesi»,   asseritamente   costituita   dalla   circostanza   che
«l'entrata  in  vigore  della  disposizione  dell'art.  1 della legge
n. 239  del 2004 ha unicamente fatt(o) salva» la facolta' di riscatto
eventualmente  «stabilita  nei  relativi  atti  di  affidamento  o di
concessione  e non anche quella prevista dal regio decreto del 1925»:
e cio' in quanto l'istituto «convenzionale» del riscatto che, come si
e'  visto  innanzi,  doveva  essere  comunque  introdotto  nel  testo
contrattuale  disciplinante  i  rapporti inter partes era il medesimo
contemplato in via generale ed astratta dal T.U. n. 2578 del 1925.
    II)  Per  lo  stesso motivo, neppure giova la formale circostanza
che  la  nonna  autenticamente  interpretata  dall'art. 1 della legge
n. 239  del  2004  non sia l'art. 24 del T.U. 2578 del 1925 ma l'art.
15, comma 5, del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164: anche ad
ammettere  che  la  disciplina  contenuta  in quest'ultimo sia, a sua
volta, connessa a quella propria del riscatto di cui al predetto T.U.
2578  del 1925 (il che, obiettivamente, non risulta, posto che nessun
elemento  testuale  sembra consentire tale conclusione), in ogni caso
la  disposizione  interpretata non consente - infatti - di affermare,
tra  le  possibili  soluzioni  ermeneutiche  prefigurabili  dalla sua
lettura,  la  previgente  esistenza  di  un  qualsivoglia istituto di
«riscatto»,  contrattualmente  individuabile  inter partes in via del
tutto  indipendente  rispetto  ai  tipici fini dell'istituto medesimo
cosi'  come  inequivocabilmente  individuati  dal T.U. 2578 del 1925:
ossia  -  come  si  e'  visto  - l'acquisizione del servizio da parte
dell'amministrazione gia' concedente per il suo diretto espletamento,
e  non  gia'  l'affidamento  del  servizio  medesimo ad altro gestore
esterno.
    III)  Sul  punto  in  questione,  conseguentemente,  il  comma  5
dell'art.  15  del d.lgs. n. 164 del 2000 non lasciava spazio a dubbi
di sorta.
    Viceversa, proprio l'intervento «manipolativo» dell'art. 1, comma
69,  primi due periodi, della legge n. 239 del 2004 ha introdotto nel
«sistema»  un  istituto  del  tutto  nuovo  ed atipico, in alcun modo
presupposto  dalle stesse parti che hanno formato - in un ben diverso
contesto  normativo - le convenzioni disciplinanti lo svolgimento del
servizio  e  i  correlativi  diritti  ed obblighi, ossia una sorta di
«recesso» privatistico esercitabile ai fini dell'eventuale ricerca di
un nuovo gestore a mezzo di una nuova gara: istituto, questo, che per
trovare  da  un  punto  di  vista «contrattualistico» un qualsivoglia
fondamento   finalizzato  alla  trasformazione  retroattiva  ex  lege
dell'originaria  volonta'  espressa  dalle  parti  dovrebbe perlomeno
fondarsi  su di un'esplicita (ed altrettanto originaria) accettazione
della  parte  privata  ai  sensi  degli artt. 1341 e 1342 c.c., nella
specie  mancante  (e  cio',  ad eloquente comprova che la clausola di
riscatto sostanzialmente non rispondeva - nella presente fattispecie,
ed  in  tutte  le  altre  consimili  fattispecie  -  ad una effettiva
volonta'  contrattuale  delle  parti, ma al mero e del tutto doveroso
richiamo ad una legge speciale venuta poi meno).
    In  tale  contesto,  quindi, la violazione del combinato disposto
degli  artt.  3  e  97  Cost.  appare  evidente laddove, pur a fronte
dell'inequivocamente avvenuta abrogazione dell'istituto del riscatto,
si  riesuma  retroattivamente  l'istituto  medesimo  a fini del tutto
antitetici  rispetto  a quelli suoi propri, per di piu' travisando la
stessa  funzione della recezione dello stesso nell'ambito dei singoli
contratti stipulati tra amministrazioni concedenti e gestori.
    La  lesione  dei  principi di buon andamento e dell'imparzialita'
dell'azione  amministrativa,  che implicano anche l'affidamento della
parte  privata  nelle  convenzioni  da essa stipulate con la pubblica
amministrazione,  risulta  ben evidente: senza sottacere, poi, che un
ulteriore  effetto  perverso della disciplina «interpretativa» ora in
esame  si  identifica  nel  sottrarre  al  «nuovo riscatto» (rectius:
recesso extra ordinem) proprio quei rapporti nei quali, contra legem,
non  era  stato  dedotto  in  convenzione l'esercizio del riscatto ex
art. 24  del  T.U.  n. 2578  del  1925 da parte dell' amministrazione
concedente.
    Ne' puo' sostenersi che la disciplina «interpretativa» introdotta
dal legislatore costituisce uno strumento utile all'anticipazione dei
tempi  per  il  pieno adeguamento del «sistema» giuridico del mercato
del gas italiano al contesto comunitario.
    Tale   adeguamento,   infatti,   va   realizzato  per  certo  con
sollecitudine,  ma con i tempi e i modi contemplati in via generale e
del  tutto  garantistica dal legislatore, il quale - per contro - non
puo'  con  tale  pretesto  incidere, in modo del tutto casuale, al di
fuori  delle  scadenze temporali da esso stesso fissate erga omnes ed
in  via  generale  ed astratta, convertendo in via retroattiva, e per
fini  in  alcun  modo  prefigurati  dalla  volonta'  delle  parti, la
funzione  ab  origine  assunta  da istituti contrattuali a loro volta
infungibilmente  conformati a disposizioni speciali di legge (e, come
si  e'  visto,  per  di  piu'  consentendo  la  ben piu' garantistica
protrazione  ex  lege  proprio  a favore di quei rapporti a suo tempo
illegittimamente  e  illecitamente  stipulati senza la previsione del
riscatto di cui al T.U. n. 2578 del 1925).
    10.  -  In  relazione  a  tutto  cio',  e'  pertanto sollevata la
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 69, primi
due periodi, della legge 23 agosto 2004, n. 239, per violazione degli
artt. 97 e 3 Cost.
    La  questione  cosi'  sollevata  risulta  rilevante  in quanto la
rimozione  della  disciplina  ivi contenuta comporterebbe la scadenza
naturale  della  convenzione  vigente tra le parti secondo la normale
disciplina   contenuta  nel  d.lgs.  n. 164  del  2000  e  successive
modifiche,  senza  il  ricorso  ad  un istituto anticipatorio di tale
evento,  invero  contemplato  dalla  convenzione  medesima  ma il cui
presupposto  legislativo  risulta comunque espunto dall'ordinamento e
che  non  puo' essere ex lege retroattivamente richiamato in vigore a
diversi  fini  rispetto  a  quelli gia' infungibilmente perseguiti da
parte dello stesso legislatore.
    Ne'  tale  questione appare manifestamente infondata in relazione
alle considerazioni sin qui illustrate.
    Si  dispone,  conseguentemente,  la  trasmissione degli atti alla
Corte   costituzionale,  con  conseguente  sospensione  del  presente
giudizio  ai  sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, al
fine della pronuncia sul presente incidente processuale.
                              P. Q. M.
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 69, primi due periodi,
della legge 23 agosto 2004, n. 239, per violazione degli artt. 97 e 3
Cost.
    Dispone  a'  sensi  dell'art. 23 e ss. della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale
e la sospensione del presente giudizio.
    Ordina  che  a  cura  della  segreteria la presente ordinanza sia
notificata  alle  parti in causa nonche' Presidente del Consiglio dei
ministri,  e sia comunicata al Presidente del Senato della Repubblica
e al Presidente della Camera dei deputati.
        Cosi'  deciso  in  Venezia,  nella Camera di consiglio del 27
aprile 2007.
                       Il Presidente: Amoroso
L'estensore: Rocco
07C1217