N. 350 SENTENZA 22 - 26 ottobre 2007

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Ordinanza   di  rimessione  -  Eccezione  di  inammissibilita'  della
  questione  per  insufficiente descrizione della fattispecie oggetto
  del giudizio principale - Reiezione.
Ordinanza   di   rimessione   -   Modifiche   normative   intervenute
  anteriormente   al   deposito   dell'ordinanza   -   Eccezione   di
  inammissibilita'  per omessa valutazione della perdurante rilevanza
  della questione - Reiezione.
Ordinanza  di  rimessione - Eccezione di inammissibilita' per assunto
  riferimento  nell'ordinanza  alle sole allegazioni della ricorrente
  nel giudizio a quo - Reiezione.
Ordinanza  di  rimessione  -  Eccezione  di  inammissibilita'  per la
  denuncia nel dispositivo dell'ordinanza sia di una disposizione sia
  di  un  intero testo legislativo - Reiezione - Individuazione della
  specifica  norma  impugnata  nella  motivazione  dell'ordinanza  di
  remissione.
Imposte  e  tasse  -  Imposta  unica sulle scommesse - Riordino della
  disciplina  -  Determinazione della misura dell'imposta unica sulle
  scommesse  ippiche  a  totalizzatore  e a quota fissa - Riferimento
  dell'aliquota  alla  «quota  di  prelievo  stabilita  per  ciascuna
  scommessa»  -  Disciplina  della  base  imponibile  rimessa a fonte
  secondaria - Ritenuta violazione del principio costituzionale della
  riserva  relativa di legge in materia di prestazioni patrimoniali -
  Erroneo   presupposto  interpretativo  -  Sussistenza  nel  decreto
  legislativo   di   criteri  e  finalita'  idonee  a  delimitare  la
  discrezionalita'   dell'Amministrazione   -  Non  fondatezza  della
  questione.
- D.Lgs.  23 dicembre  1998,  n. 504,  art. 4,  comma 1,  lettera b),
  numero 2.
- Costituzione, art. 23.
Imposte  e  tasse  -  Imposta  unica sulle scommesse - Riordino della
  disciplina - Ritenuta indeterminatezza della legge delega in ordine
  alla  fissazione  dell'aliquota per il calcolo dell'imposta unica -
  Esclusione - Sufficienza dei criteri direttivi volti ad indirizzare
  il legislatore delegato - Non fondatezza della questione.
- Legge 3 agosto 1998, n. 288, art. 1, comma 2.
- Costituzione, artt. 23 e 76.
Imposte  e  tasse  -  Imposta  unica sulle scommesse - Riordino della
  disciplina    -    Soggetti   passivi   dell'imposta   -   Ritenuta
  individuazione  di «soggetti passivi» diversi da quelli individuati
  nel  quadro normativo previgente - Conseguente istituzione di nuova
  imposta   non  rientrante  nella  delega  legislativa  di  riordino
  dell'imposta   -   Asserito   eccesso  di  delega  -  Esclusione  -
  Sostanziale   conferma,  nelle  disposizioni  sul  riordino,  della
  disciplina   previgente  Individuazione  dei  soggetti  passivi  in
  relazione  alla  stessa  individuazione  del presupposto di imposta
  Tassabilita' dei concessionari gestori di scommesse diversi da CONI
  e UNIRE gia' nel sistema legislativo da riordinare - Non fondatezza
  della questione.
- D.Lgs. 23 dicembre 1998, n. 504, art. 3.
- Costituzione, art. 76; legge 3 agosto 1998, n. 288.
Imposte  e  tasse  -  Imposta  unica sulle scommesse - Riordino della
  disciplina   -  Determinazione  dell'ammontare  dell'imposta  unica
  asseritamente  al solo scopo di provvedere il CONI delle necessarie
  risorse   finanziarie   Ritenuta  violazione  del  principio  della
  capacita'  contributiva  per  omessa considerazione della capacita'
  contributiva   dei  soggetti  passivi  del  rapporto  tributario  -
  Contraddittorieta'  dell'ordinanza  di  rimessione  in  ordine alla
  prospettazione della questione - Manifesta inammissibilita'.
- D.Lgs.  23 dicembre  1998,  n. 504,  art. 4,  comma 1,  lettera b),
  numero 2; legge 3 agosto 1998, n. 288, art. 1, comma 2.
- Costituzione, art. 53.
(GU n.42 del 31-10-2007 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Franco BILE;
  Giudici:  Giovanni  Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO,
Paolo  MADDALENA,  Alfio  FINOCCHIARO,  Franco GALLO, Luigi MAZZELLA,
Gaetano  SILVESTRI,  Sabino  CASSESE,  Maria  Rita  SAULLE,  Giuseppe
TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel   giudizio   di  legittimita'  costituzionale  degli  articoli 4,
comma 1,   lettera b),   numero   2,  e  3  del  decreto  legislativo
23 dicembre  1998,  n. 504  (Riordino dell'imposta unica sui concorsi
pronostici e sulle scommesse, a norma dell'articolo 1, comma 2, della
legge  3 agosto  1998,  n. 288),  e  1, comma 2, della legge 3 agosto
1998,  n. 288  (Delega  al  Governo per la revisione della disciplina
concernente  l'imposta sugli spettacoli e l'imposta unica di cui alla
legge   22 dicembre   1951,  n. 1379),  promosso  con  ordinanza  del
25 febbraio  2005 dalla Commissione tributaria provinciale di Pistoia
sul  ricorso  proposto  dalla Giada Bet S.r.l. contro l'Agenzia delle
entrate - Ufficio di Pescia, iscritta al n. 30 del registro ordinanze
2006  e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 7, 1ª
serie speciale, dell'anno 2006.
    Visti  l'atto  di  costituzione  della  Giada Bet S.r.l., nonche'
l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito   nell'udienza  pubblica  del  19  giugno 2007  il  giudice
relatore Alfio Finocchiaro;
    Udito  l'avvocato  Nicolo'  Zanon  per  la  Giada  Bet  S.r.l.  e
l'Avvocato   dello  Stato  Giorgio  D'Amato  per  il  Presidente  del
Consiglio dei ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1.  - La Commissione tributaria provinciale di Pistoia, a seguito
di  dichiarazione  di manifesta inammissibilita' (ordinanza n. 50 del
2004 della Corte costituzionale) della questione da essa proposta con
ordinanza del 30 settembre 2002, ha di nuovo sollevato, con ordinanza
del   25 febbraio  2005,  questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 4,  comma 1,  lettera b), numero 2, del decreto legislativo
23 dicembre  1998,  n. 504  (Riordino dell'imposta unica sui concorsi
pronostici e sulle scommesse, a norma dell'articolo 1, comma 2, della
legge   3 agosto   1998,   n. 288)   relativa   alla   determinazione
dell'imposta   unica   sulle   scommesse,   precisando   la   censura
precedentemente  svolta,  ed  estendendola  ad altre disposizioni, in
riferimento   agli   articoli 23,   53   e  «73»  (recte:  76)  della
Costituzione.
    La  citata  ordinanza  di  manifesta  inammissibilita'  e'  stata
motivata  da  questa  Corte per la contraddittoria formulazione della
questione, con prospettazione di due diverse interpretazioni relative
alle «quote di prelievo» (su cui l'imposta e' calcolata), sia pure in
modo  subordinato  l'una  all'altra, ora classificando le stesse come
prestazioni   patrimoniali   imposte   ricadenti   nella   sfera   di
applicabilita'   dell'art. 23   Cost.,   ora   ipotizzando   la   non
appartenenza delle stesse a tale categoria di prestazioni.
    La  rimettente  rammenta  che la Giada Bet S.r.l. (concessionaria
del  servizio  di  scommesse  nel  comune  di  Montecatini  Terme) ha
presentato   ricorso   per  l'annullamento  del  provvedimento  (atto
n. 26572/2,  notificato  il 10 luglio 2002) emesso dall'Agenzia delle
entrate  di  Pescia,  riguardante  l'applicazione  dell'imposta unica
sulle  scommesse  relative  ai  risultati  di  avvenimenti  sportivi.
Riferisce   inoltre   che   la   ricorrente   ha  depositato  memoria
illustrativa  con  istanza  di  rinnovo  della  rimessione alla Corte
costituzionale, con specificazione della questione ed ampliamento dei
parametri  costituzionali di riferimento. Alla richiesta di parte, la
Commissione  tributaria  provinciale  di  Pistoia  ha  dato  seguito,
procedendo ad una riformulazione delle questioni.
    La    Commissione    rimettente    dubita    della   legittimita'
costituzionale:
        dell'art. 4,   comma 1,  lettera b),  numero  2,  del  citato
decreto  legislativo  n. 504  del  1998,  nella  parte in cui calcola
l'imposta  unica  sulle  scommesse applicando un'aliquota nominale su
una  base,  corrispondente  alla quota di prelievo spettante al CONI,
non  risultante  da  un  atto  avente  forza di legge, per violazione
dell'art. 23 Cost., essendo attribuita ad un organo amministrativo la
determinazione dell'aliquota effettiva;
        dell'art. 1,  comma 2,  della  legge  3 agosto  1998,  n. 288
(Delega  al  Governo  per  la  revisione della disciplina concernente
l'imposta  sugli  spettacoli  e  l'imposta  unica  di  cui alla 1egge
22 dicembre  1951,  n. 1379),  nella  parte in cui rimette il calcolo
dell'imposta  unica  sulle  scommesse  ad un atto non avente forza di
legge, per violazione degli artt. 23 e 76 Cost., per indeterminatezza
della  delega  relativa  alla fissazione dell'aliquota per il calcolo
dell'imposta unica sulle scommesse;
        dell'intero  d.lgs.  n. 504  del 1998, in quanto individua un
soggetto  passivo  in  materia  di imposta sulle scommesse diverso da
quello  individuato  nella normativa precedente, cosi' istituendo una
nuova  imposta  e  non  semplicemente riordinando la precedente, come
invece stabilito dalla legge di delega n. 288 del 1998, in violazione
dell'art. 76 Cost., per eccesso di delega;
        dell'art. 4, comma 1, lettera b), numero 2, del d.lgs. n. 504
del 1998, nonche' dell'art. 1, comma 2, della citata legge n. 288 del
1998,  nella  parte in cui determinano l'ammontare dell'imposta unica
sulle  scommesse  in base a formule e parametri fissati allo scopo di
provvedere   il   CONI   delle  necessarie  risorse,  per  violazione
dell'art. 53  Cost,  in  quanto  svincola  l'imposta  dalla capacita'
contributiva dei soggetti passivi.
    Con  riferimento  all'art. 23  della Costituzione, l'ordinanza di
rimessione  -  premesso che, secondo la giurisprudenza costituzionale
(sentenze  n. 7  e  n. 323 del 2001, n. 157 del 1996, n. 27 del 1979,
n. 129   del  1969),  il  legislatore  ha  l'obbligo  di  determinare
preventivamente  e sufficientemente criteri direttivi di base o linee
generali  idonee  a limitare la discrezionalita' amministrativa nella
produzione di fonti secondarie - evidenzia che la norma relativa alle
quote  di  prelievo (art. 3, comma 231, della legge 28 dicembre 1995,
n. 549),  alle  quali, in percentuale, e' commisurata l'imposta unica
sulle scommesse, si limita ad individuare il soggetto competente alla
decisione  (Ministro delle finanze, con decreto) e la destinazione al
CONI,   al   netto  dell'imposta  unica  e  delle  spese,  mentre  le
percentuali,  ed anche i criteri per stabilirle, sono contenuti nella
fonte secondaria (decreto ministeriale 15 febbraio 1999).
    La  rimettente  rammenta  che  la  riserva  di  legge  in materia
tributaria,   a   carattere   relativo,   consente   di  delegare  le
«incombenze»  agli  organi  amministrativi,  che  pero' devono essere
integrative   della  norma  primaria  ed  esclusivamente  fondate  su
apprezzamenti  di  ordine  tecnico:  le scelte di politica tributaria
competono  alla  legge, attraverso l'individuazione preliminare degli
obiettivi    perseguiti    dall'applicazione   del   tributo   e   la
determinazione anche quantitativa del sacrificio patrimoniale imposto
a  carico  di  categorie di soggetti dotati di capacita' contributiva
esattamente individuata e quantificabile.
    Secondo  la rimettente, il d.lgs. n. 504 del 1998 predetermina la
prestazione  patrimoniale  in  cui  consiste  l'imposta  unica  sulle
scommesse,  determinando  il  presupposto  (la  scommessa),  la  base
imponibile  (la  somma  giocata),  i  soggetti passivi (i gestori del
servizio,  anche  in  concessione),  le  aliquote (il 20,20 per cento
della  quota  di  prelievo  stabilita  per  ciascuna  scommessa),  le
sanzioni,  ma  non  la  determinazione  amministrativa delle quote di
prelievo,  cui  l'imposta  sulle  scommesse  e'  commisurata,  con la
conseguenza    che   un   parametro   quantitativo   essenziale   per
l'applicazione  del  tributo  e'  stabilito  da un atto discrezionale
della pubblica amministrazione.
    L'aliquota  effettiva  -  secondo  il  giudice  a  quo  -  rimane
indeterminata,  giacche'  quella  nominale del 20,20 per cento non e'
applicata  sulla  base  imponibile,  bensi'  con  riferimento  ad una
entita'  non  definita  da  un atto avente forza di legge, cioe' alla
«quota   di  prelievo  stabilita  per  ciascuna  scommessa»,  la  cui
quantificazione  e' stata precisata con il decreto del Ministro delle
finanze  15 febbraio  1999,  in  cui  sono  stabilite  le aliquote di
prelievo  con riferimento a nove fasce di eventi. Nel determinare uno
dei   fattori   del  prodotto  per  la  determinazione  dell'aliquota
effettiva,  il Ministro - ad avviso della rimettente - avrebbe svolto
una  funzione discrezionale di supplenza della legge, non limitandosi
ad  una  mera  funzione tecnica: nella motivazione del citato decreto
15 febbraio  1999,  infatti, nel fissare gli obiettivi della lotta al
gioco clandestino (senza pero' chiarire il procedimento logico per la
scelta  delle  aliquote  idonee al raggiungimento di tale scopo), nel
mettere  a  disposizione  gli  introiti  idonei  all'espletamento dei
compiti istituzionali e nell'ottenere il raggiungimento di un congruo
livello   di   gettito  erariale,  ha  compiuto  scelte  di  politica
tributaria  che  competono  al legislatore. L'imposta sulle scommesse
costituisce  una tipologia di tributo assolutamente innovativa, nella
disciplina  della quale il Ministro non ha potuto trovare linee guida
in precedenti analoghi, tali non potendo considerarsi l'imposta sulle
assicurazioni  ne' quella sugli spettacoli e gli intrattenimenti. Non
risulta  alcuna  imposta  la  cui aliquota sia determinata in materia
autonoma   da   un   provvedimento   amministrativo,  che  non  trovi
determinata  dalla  legge almeno una forbice ristretta che condizioni
la scelta della percentuale di tassazione.
    In  conclusione, con la determinazione amministrativa delle quote
di  prelievo,  cui  l'imposta  sulle  scommesse  e'  commisurata,  un
parametro  quantitativo  essenziale per l'applicazione del tributo e'
stato   stabilito   da   un   atto   discrezionale   della   pubblica
amministrazione,  con la conseguente non manifesta infondatezza della
questione   di   legittimita'  costituzionale  dell'art. 4,  comma 1,
lettera b), numero 2, del d.lgs. n. 504 del 1998.
    Con  riguardo  alla  violazione  dell'art. 76  Cost.,  osserva la
rimettente  che  con l'evoluzione della normativa - che in precedenza
riservava  al  CONI  e  all'UNIRE  la  gestione delle scommesse e dei
concorsi   pronostici   collegati   a  manifestazioni  sportive  (con
previsione  di  «imposta  unica sui giochi di abilita' e sui concorsi
pronostici»,  istituita  dalla  legge 22 dicembre 1951, n. 1379) - e'
ora   prevista,   in   forza   della   legge   n. 549  del  1995,  la
concedibilita',   ad   imprese   affidabili,   della  gestione  delle
scommesse, riservandosi al CONI quote di prelievo dell'introito delle
scommesse, al netto dell'imposta unica e delle spese.
    L'art. 1, comma 2, della legge n. 288 del 1998, avente ad oggetto
la  disciplina dell'imposta unica di cui alla legge n. 1379 del 1951,
ha  delegato il Governo ad emanare norme per il riordino dell'imposta
unica  sui  giochi di abilita' e sui concorsi pronostici, prevista da
detta  legge.  La delega e' stata esercitata con il d.lgs. n. 504 del
1998,  che  a  sua  volta e' stato completato dal decreto 15 febbraio
1999 del Ministero delle finanze, che, come sopra rilevato, chiarisce
gli  obiettivi  da  perseguire  e  prevede  «fasce  di eventi» con le
rispettive quote di prelievo, precisando che per le scommesse a quota
fissa  e'  destinato  al  CONI  il  38  per  cento del prelievo fisso
tabellare, al netto dall'imposta.
    In realta' il d.lgs. n. 504 del 1998, emanato in esecuzione della
delega  di  cui  alla  legge n. 288 del 1998, istituisce - secondo la
rimettente,  che  riporta  le  argomentazioni della Giada Bet s.r.l.,
ricorrente  del giudizio a quo - una nuova imposta, non limitandosi a
riordinare  la precedente «tassa di lotteria», e non rientrando tra i
criteri  direttivi  la  modificazione del soggetto passivo, che si e'
verificata   in   forza   delle   nuove  disposizioni  normative.  In
precedenza,  infatti,  il  tributo  colpiva in misura forfettaria gli
introiti  lordi  conseguiti  dal  CONI  (la  differenza  tra le somme
corrisposte   dagli   scommettitori  e  l'importo  del  prelievo  era
ripartito  tra  i  vincitori),  mentre  la  nuova imposta colpisce la
differente    capacita'   contributiva   costituita   dalle   risorse
finanziarie impiegate dai consumatori per scommettere.
    Il CONI, mentre in passato svolgeva attivita' imprenditoriale, ed
era soggetto passivo del tributo, ora ne e' soggetto attivo, giacche'
sono   gli  imprenditori  privati,  in  virtu'  di  concessione,  che
gestiscono  le  scommesse,  e  a  carico  di  costoro  sono imposti i
sacrifici  economici  e gli obblighi connessi alla liquidazione ed al
pagamento delle imposte.
    Tale  trasformazione  e'  stata indotta da radicali modificazioni
delle  scelte  politiche,  sia  per  la sopravvenuta incompatibilita'
della  normativa  preesistente  con  i principi comunitari in materia
tributaria e di libera prestazione di servizi all'interno dell'Unione
europea,  sia  per  la  lotta  alle scommesse illegali, rispetto alle
quali le scommesse sportive in concessione si pongono in concorrenza.
    In  conclusione,  l'art. 3  del  d.lgs. n. 504 del 1998 individua
soggetti  passivi  diversi  rispetto  a quelli individuati dal quadro
normativo  in  precedenza  vigente,  senza  che  la  norma  delegante
(art. 1, comma 2, della legge n. 288 del 1998) l'avesse previsto.
    Sempre  per  il  giudice a quo, ne' la legge delega, ne' l'art. 4
del  d.lgs.  n. 504  del  1998,  ne'  alcuna  altra  norma  di  legge
forniscono indicazioni per definire il concetto di «prelievo riferito
alle  scommesse»,  e  non  precisano i criteri per procedere alla sua
quantificazione. Alla indeterminatezza supplisce il piu' volte citato
d.m.  15 febbraio 1999, che compie scelte di politica tributaria e di
tutela   dell'ordine  pubblico,  estranee  alla  sua  competenza.  In
sostanza,  il  riempimento  di  un  vuoto  normativo mediante un atto
amministrativo rivela la violazione dell'art. 1, comma 2, della legge
n. 288  del 1998, per eccessiva indeterminatezza nella fissazione dei
principi e dei criteri direttivi richiesti a una delega legislativa.
    Con  riguardo  alla violazione dell'art. 53 Cost., il rimettente,
richiamando ancora la difesa della Giada Bet S.r.l., eccepisce che il
quadro  normativo  emergente  dal  d.m. 15 febbraio 1999 e dal d.lgs.
n. 504   del   1998   si  riferisce  ad  una  capacita'  contributiva
individuata  e  quantificata  in  modo  irrazionale,  al solo fine di
ottenere  la  dotazione  per l'espletamento dei compiti istituzionali
del  CONI,  ma  trascurando  gli  obiettivi  di politica fiscale e di
ordine  pubblico,  nel  rispetto  dei principi generali. Le finalita'
della normativa dovrebbero perseguire, come nel caso di altre imposte
di    consumo    (idrocarburi,    sigarette,    prodotti    alcolici,
intrattenimenti), scopi extrafiscali, per il contenimento del consumo
di  certi  beni  e  servizi.  Quanto  meno  occorre  verificare se le
modalita'  con cui si perseguono certi obiettivi siano coerenti con i
vincoli derivanti dai trattati comunitari.
    Aggiunge  la  Commissione  tributaria rimettente che la capacita'
contributiva  relativa  alle  scommesse, ovvero l'insieme delle somme
giocate,   e'  soggetta  a  due  forme  di  imposte  di  consumo  che
sostanzialmente  si  sovrappongono:  l'imposta  unica  e  le quote di
prelievo  per il CONI, che hanno tutti gli elementi in comune, tranne
il  soggetto  attivo,  che  nell'un  caso  e'  il CONI, nell'altro e'
l'Amministrazione  autonoma  dei Monopoli di Stato. L'aliquota per il
calcolo  dell'imposta  unica  e'  il  prodotto  dei due fattori sopra
evidenziati,  mentre  l'importo  a  favore  del  CONI  e'  pari  alla
differenza  tra  quota  di  prelievo  lordo,  quantificato in base al
suddetto  d.m.  15 febbraio  1999,  e  l'imposta unica gia' applicata
sullo  stesso  presupposto, cioe' con riferimento a ciascuna ricevuta
della  scommessa, tenendo presente che per le scommesse a quota fissa
e'  destinato  al  CONI  il  38  per cento del prelievo fissato nella
tabella al netto dell'imposta.
    Il   soggetto   passivo,   per   entrambi   i   tributi,   e'  il
concessionario.
    La  controversia  all'esame del giudice a quo ha per oggetto solo
un  accertamento  in  materia  di  imposta unica, riguardo alla quale
soltanto  puo'  discutersi  della  costituzionalita'  del criterio di
calcolo:  che  risulta  comunque  conseguenza  automatica  e acritica
dell'applicazione  di  una  formula  e  di  parametri originariamente
individuati  con  lo  scopo  dell'approvvigionamento  finanziario del
CONI,  ma senza tener conto della capacita' contributiva dei soggetti
passivi del rapporto tributario.
    Sotto  il  profilo  della  rilevanza, il giudice a quo assume che
l'esito  del giudizio e' condizionato al risultato dello scrutinio di
costituzionalita', dipendendo l'accoglimento o il rigetto del ricorso
dalla  conformita'  alla  Costituzione  delle  norme che disciplinano
l'imposta unica.
    2.  -  Nel  giudizio innanzi alla Corte si e' costituita la Giada
Bet  S.r.l.,  parte del giudizio principale, che, con riserva di ogni
piu'  ampia  deduzione da esporre in successiva memoria, conclude per
l'ammissibilita' e fondatezza della questione sollevata.
    3.  - Nel giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato.
    La   difesa  erariale  chiede  dichiararsi  l'inammissibilita'  e
comunque l'infondatezza della questione.
    Con riguardo all'inammissibilita' la difesa erariale eccepisce:
        l'insufficiente  descrizione  della  fattispecie  oggetto del
giudizio  principale,  limitandosi  il rimettente ad affermare che la
controversia  concerne  «solamente  un  accertamento  in  materia  di
imposta   unica»   sulle   scommesse,   senza   precisare   l'oggetto
dell'accertamento    (sanzioni   o   tributo),   le   ragioni   della
contestazione  e  se  venga  in  rilievo  un'imposizione  relativa  a
scommesse al totalizzatore o scommesse a quota fissa;
        l'omessa  verifica della possibilita' di dare delle norme una
lettura costituzionalmente orientata;
        l'omessa  specificazione  della  perdurante  rilevanza  della
questione,  in  conseguenza  delle  modifiche  introdotte  alla norma
denunciata,  anteriormente  al  deposito dell'ordinanza, dall'art. 1,
commi 284  e  285, della legge 13 dicembre 2004, n. 311 (Disposizioni
per  la  formazione  del bilancio annuale e pluriennale dello Stato -
Legge finanziaria 2005);
        la  riferibilita' delle censure parametrate all'art. 76 Cost.
alle  allegazioni  della  ricorrente  nel  giudizio principale, senza
alcuna valutazione di provenienza del rimettente (sentenze n. 372 del
1999 e n. 456 del 1992);
        la  contraddittorieta' e l'incoerenza derivanti dal fatto che
sono  denunciati  sia  una singola disposizione del d.lgs. n. 504 del
1998  (art. 4,  comma 1,  lettera  b, numero 2), sia l'intero decreto
legislativo.
    Con riferimento al merito della controversia, la difesa erariale,
dopo  ampia premessa relativa alla narrazione del precedente giudizio
incidentale  di  legittimita'  costituzionale, deciso con l'ordinanza
n. 50    del    2004,   di   manifesta   inammissibilita',   sostiene
l'infondatezza della questione sollevata, osservando, con riguardo al
principio della riserva di legge:
        che tale riserva non puo' dirsi operante, poiche' si versa in
ipotesi in cui la prestazione patrimoniale richiesta, ivi comprese le
modalita'   per   la  sua  determinazione,  e'  stata  previamente  e
liberamente  accettata  dal  soggetto  su  cui  essa  ricade, essendo
l'attivita' di raccolta delle scommesse sportive pienamente libera, e
percio' rientrante nella sfera di autonomia contrattuale del soggetto
concessionario;
        che  il ricorso alla normazione secondaria, sulla base di una
norma primaria, ai fini della disciplina quantitativa del tributo, e'
legittima,  purche'  la legge stabilisca i principi generali relativi
all'imposizione  e  il  decreto  ministeriale  si  limiti  a  dettare
disposizioni particolari concernenti l'entita' del tributo;
        che  la  rimodulazione  dell'attuale sistema di imposizione e
distribuzione  degli  introiti  dei  giochi gestiti dal CONI e' stata
attuata  nel  rispetto  dei  criteri  generali della legge n. 288 del
1998,  in  particolare  tenendosi conto dell'esigenza di mantenimento
del livello complessivo del gettito (art. 1, comma 1, lettera o);
        che  il  rispetto  della riserva di legge risulta anche dalla
necessaria  considerazione  della  natura  delle  quote  di prelievo,
costituenti  il  corrispettivo  di  un  rapporto contrattuale di tipo
privatistico,  che,  lungi  dal rappresentare prestazioni imposte, si
risolvono in costi di esercizio di un'attivita' liberamente scelta;
        che  la  rimessione,  per  la  determinazione  delle quote di
prelievo,  al  Ministro,  e' accompagnata dalla fissazione di criteri
atti   a  delimitare  il  potere  discrezionale  dell'amministrazione
(esigenza  di  mantenimento  del  gettito,  aliquote differenziate in
relazione  al grado di difficolta' delle scommesse e alla propensione
degli scommettitori, intento di scoraggiare le scommesse clandestine,
esigenza  di  garantire  al  CONI  il  raggiungimento di obiettivi di
rilevanza  costituzionale).  Per  non  dire, poi, che la finalita' di
raggiungimento  degli  obiettivi  e'  da  ritenere idonea al rispetto
della  riserva  di legge, anche in assenza di un'espressa indicazione
legislativa  di criteri, limiti e controlli sufficienti a determinare
l'ambito di discrezionalita' dell'amministrazione.
    Con  riguardo  alla  contestazione  di eccesso di delega, per non
essersi  il  legislatore delegato limitato a riordinare la precedente
imposta,  stabilendone  invece  una  nuova  caratterizzata  da  nuovi
soggetti  passivi,  l'Avvocatura  osserva che l'originaria disciplina
sull'imposta  unica  ha subito una fondamentale modifica, nel momento
in  cui  l'art. 3, comma 229, della legge n. 549 del 1995 ha previsto
la  concedibilita'  a  privati  dell'organizzazione  e dell'esercizio
delle  scommesse,  in  modo  da  scalfire  il monopolio statale delle
scommesse:  modifica  di cui il decreto delegato non poteva non tener
conto.  Inoltre,  soggetto passivo dell'imposta resta il CONI, cui si
affiancano   i   concessionari,   ove  l'attivita'  venga  svolta  in
concessione.
    Con riferimento all'asserita indeterminatezza della legge delega,
la  difesa  erariale  rileva  che  il  decreto ministeriale non fissa
l'aliquota - essendo il decreto legislativo delegato a fissarla nella
misura  del  20,20  per  cento - ma disciplina unicamente la quota di
prelievo:  il decreto ministeriale non integra la legge delega, ma il
decreto  delegato,  che  a  sua  volta  fa  riferimento alle quote di
prelievo lasciandone la determinazione a una fonte secondaria.
    Con  riguardo  al  preteso  mancato  rispetto  del  principio  di
capacita'  contributiva,  ad  avviso  dell'Avvocatura generale non si
puo'  parlare  di  doppia imposizione, in quanto la quota di prelievo
non  puo'  essere  qualificata come prestazione patrimoniale imposta,
discendendo  da  un  rapporto  contrattuale  che  ricade  nell'ambito
dell'autonomia  privata  del  concessionario. L'attivita' di raccolta
delle  scommesse  e'  totalmente  libera  e non essenziale ai bisogni
della  vita.  Oltre  al  fatto  che, nella specie, la base imponibile
dell'imposta  non  e'  il  reddito  del  concessionario,  considerato
globalmente,   ma   l'ammontare  delle  somme  giocate  per  ciascuna
scommessa.
    4. - Nell'imminenza dell'udienza pubblica, la Giada Bet S.r.l. ha
depositato  memoria,  con  la  quale insiste per l'accoglimento della
questione proposta.
    La  parte  deduce  che  nelle  more  sono  intervenute  modifiche
legislative,   che   hanno  semplicemente  cambiato  le  aliquote  da
applicare  al  prelievo, ai fini del calcolo dell'imposta unica sulle
scommesse,  con  la  conseguente non necessita' di restituzione degli
atti   al   giudice  rimettente,  non  essendo  comunque  tali  norme
applicabili alla controversia.
    Con  riferimento  al  merito,  la  societa' deduce che l'aliquota
effettiva  dell'imposta  unica sulle scommesse e' il risultato di una
moltiplicazione di fattori, di cui uno (cioe' il coefficiente desunto
dalla  quota di prelievo in concreto applicata) non e' determinato da
un  atto  avente  forza di legge, ma da un decreto del Ministro delle
finanze, che e' atto amministrativo discrezionale, senza che la legge
abbia   fornito   la  benche'  minima  indicazione  dei  criteri  cui
attenersi.
    Pur  essendo  la riserva di legge da intendere in senso relativo,
non  puo'  tuttavia  mancare  -  si  rileva  nella memoria - una base
legislativa   che   indichi   i   criteri   idonei  a  delimitare  la
discrezionalita'   dell'ente  impositore  nell'esercizio  del  potere
impositivo.  Il  rinvio ad una fonte secondaria per la determinazione
quantitativa  delle  prestazioni  e' ammissibile, a condizione che la
legge  prescriva  i  principi  e  i  criteri direttivi e che la fonte
secondaria  intervenga  per  ragioni  di  competenza tecnica. Sono di
conseguenza  incostituzionali  le  norme  che  non  siano  idonee  ad
assicurare che la determinazione amministrativa delle prestazioni non
si  trasformi  in  arbitrio  (sono richiamate le sentenze della Corte
costituzionale n. 48 del 1961, n. 70 del 1960, n. 26 del 1959).
    Nella  determinazione  delle  quote  di  prelievo  cui  applicare
l'aliquota  per  la determinazione dell'imposta unica, invece, nessun
criterio  vige  al  fine  di  guidare  e limitare la discrezionalita'
amministrativa.
    Neppure  si puo' pretendere, come fa l'Avvocatura dello Stato, di
desumere  i  principi  direttivi  dalla  legge delega, in particolare
dall'art. 1,  comma 1, lettera o), e comma 2, lettera d), sia perche'
si  tratta di indicazioni rivolte al legislatore delegato (e non atte
a  contenere  la  discrezionalita' amministrativa, alla quale si deve
sostanzialmente  la  fissazione delle quote di prelievo), sia perche'
ne'  il  mantenimento  complessivo del gettito ne' la possibilita' di
stabilire  aliquote  differenziate sono all'evidenza criteri utili al
fine  di  stabilire l'entita' della quota di prelievo, che e' l'unico
elemento che rileva ai fini del rispetto della riserva di legge.
    Criteri  direttivi  non  sono  neppure desumibili dalla norma che
stabilisce  le  quote  di  prelievo  (art. 3,  comma 231, della legge
n. 549  del 1995), che si limita a indicare il CONI come beneficiario
e  ad individuare le modalita' di utilizzazione del gettito: sotto il
primo  profilo,  la  giurisprudenza  costituzionale pretende che tale
indicazione sia integrata da altri criteri (si richiamano le sentenze
n. 112  del  1975  e n. 55 del 1963); sotto il secondo, gli obiettivi
indicati  dalla  norma,  relativi  al  finanziamento  delle attivita'
sportive, non assumono rilievo costituzionale, non valgono a limitare
la  discrezionalita'  a  tutela del privato soggetto alla prestazione
patrimoniale,    e    sono   criteri   che   funzionano   «a   valle»
dell'imposizione,  e  non  gia',  come  dovrebbe essere, «a monte» di
essa.
    Non  esiste  collegamento  tra  l'applicazione  dell'imposta e le
finalita' che il CONI deve perseguire, affluendo la prima al bilancio
dello  Stato,  e  non  del  CONI. Il fabbisogno finanziario dell'ente
opererebbe  come limite soltanto globale, insufficiente a garantire i
contribuenti  delle singole imposte (sono citate le sentenze n. 2 del
1962  e  182  del 1994), occorrendo che il quantum sia correlato alla
prestazione ricevuta dal privato (sentenza n. 127 del 1988).
    I     criteri    atti    a    orientare    la    discrezionalita'
dell'amministrazione  non possono certo cogliersi - si prosegue nella
memoria  - nello stesso decreto ministeriale che e' espressione della
discrezionalita':  ma  anche  a  voler  esaminare il d.m. 15 febbraio
1999,   questo  da'  solo  parzialmente  conto  delle  determinazioni
adottate  dall'autorita'  amministrativa  in  piena  liberta',  senza
incontrare  limiti in fonti superiori, senza spiegare, ad esempio, la
ragione  per  la  quale  la  quota di prelievo passa dal 30 per cento
(come  stabilito  dal precedente d.m. 22 giugno 1998, che e' il primo
atto  determinativo  delle  quote  di  prelievo),  al  38  per cento,
rimanendo   immutate  le  generiche  premesse  dei  due  decreti:  la
propensione  degli scommettitori alle scommesse, peraltro, non poteva
essere   conosciuta   dall'amministrazione,  essendo  trascorso,  dal
precedente   decreto   ministeriale  del  1998,  un  lasso  di  tempo
inapprezzabile;  la  rimodulazione  dei  prelievi  in  proporzione al
crescere  delle  difficolta'  delle  scommesse e' una garanzia per il
solo  CONI, non per il concessionario delle scommesse; l'espletamento
dei  compiti  istituzionali del CONI e l'esigenza di gettito erariale
non  delimita  la discrezionalita', e non garantisce la sopravvivenza
dei  concessionari  del  servizio  di raccolta scommesse, arrivando a
giustificare   paradossalmente  aumenti  illimitati  delle  quote  di
prelievo,  con  contestuale azzeramento delle capacita' di previsione
economica  dei  concessionari,  in  lesione  dell'affidamento e delle
scelte imprenditoriali.
    I criteri emergenti dal d.m. 15 febbraio 1999 non attuano un'equa
e  ragionevole  composizione  degli interessi pubblici (dell'erario e
del  CONI)  e  delle  agenzie  concessionarie, come la giurisprudenza
costituzionale  richiede. Solo il Ministero delle finanze e' chiamato
a   decidere,   senza   che   nessun   meccanismo   ne  verifichi  la
discrezionalita',  il  cui  esercizio,  diversamente, potrebbe essere
equilibrato  dalla  collaborazione  di piu' organi, anche tecnici: il
che  dipende,  conclusivamente, dalla carente formulazione, alla luce
dell'art. 23  Cost.,  dell'art. 3,  comma 231, della legge n. 249 del
1995,  che  prevede  le  quote  di  prelievo, e dell'art. 4, comma 1,
lettera b),  numero  2,  del  d.lgs.  504  del  1998, che, applicando
l'aliquota su quelle, determina l'imposta unica sulle scommesse.
    Con  riguardo alla dedotta violazione dell'art. 76 Cost. da parte
dell'art. 3  del  d.lgs.  n. 504 del 1998, laddove individua soggetti
passivi  diversi  rispetto  a  quelli  di  cui al quadro normativo in
precedenza  vigente,  senza  che la norma delegante (art. 1, comma 2,
della  legge  n. 288  del  1998)  l'avesse previsto, si osserva nella
memoria  che,  secondo la legislazione previgente, gli unici soggetti
passivi dell'imposta erano il CONI e l'UNIRE, cui il d.lgs. 14 aprile
1948,  n. 496,  attribuiva  la  riserva  nell'esercizio dei giochi di
abilita'   e   del  consorzio  pronostici  (art. 6,  primo  comma)  e
l'imposizione  di  una tassa sugli introiti lordi conseguiti (art. 6,
terzo comma). La tassa assumeva la denominazione di imposta unica sui
giochi di abilita' e sui concorsi pronostici, per effetto dell'art. 1
della  legge  n. 1379  del  1951, e diventava sostitutiva (art. 5) di
ogni tassa sugli affari, sui redditi e di qualsiasi altro tributo. E'
la  legge  n. 1379  del  1951  l'oggetto  del riordino disposto dalla
delega,  che  non  puo'  comprendere il mutamento della soggettivita'
passiva dell'imposta. A tal proposito, la recente sentenza n. 303 del
2005  e l'ordinanza n. 359 del 2005 della Corte costituzionale, hanno
stabilito  che  la  delega legislativa (art. 3, comma 78, della legge
23 dicembre  1996,  n. 662) ad emanare un regolamento per il riordino
della  materia  delle  scommesse relative alle corse dei cavalli, non
contenendo  principi  in  merito  ai  soggetti  passivi dell'imposta,
«lascia  immutata  la disciplina legislativa concernente gli elementi
strutturali del tributo», imponendo al regolamento di delegificazione
di  mantenere gli stessi soggetti passivi indicati dalla legislazione
preesistente.  Se  ne  deduce  che  la  delega volta semplicemente al
riordino   della   materia   non   autorizza  previsioni  innovative,
precisando  anzi  quelle pronunce che «la delega deve essere intesa -
in  assenza  di  principi  e  criteri  direttivi che giustifichino la
riforma  della normativa preesistente - in un senso minimale, tale da
non   consentire,   di   per   se',   l'adozione  di  norme  delegate
sostanzialmente  innovative  rispetto  al  sistema  legislativo». Con
riguardo   alla  questione  sollevata  dalla  Commissione  tributaria
provinciale  di  Pistoia,  dunque, la mancata previsione, nella legge
delega,  di  principi  e  criteri  direttivi in relazione ai soggetti
passivi comporta che il decreto legislativo, che invece individua tra
i  soggetti  passivi  anche i concessionari, si pone in contrasto con
l'art. 76 della Costituzione.
    Ne'  rileverebbe che oggetto delle citate pronunce del 2005 della
Corte   costituzionale   fosse   la   delega  ad  un  regolamento  di
delegificazione,  mentre  nel caso attualmente all'esame si tratta di
un  decreto  legislativo:  la  portata  minimale  da attribuirsi alla
previsione  del  riordino  e'  professata  dalla  Corte  proprio  nel
rapporto  tra  legge  delega e decreto legislativo delegato (cosi' le
sentenze  n. 354  del  1998,  n. 305  del 1996 e n. 427 del 2000). Il
riordino   puo'   comportare  solo  il  coordinamento  tecnico  della
stratificazione normativa previgente.
    In  tale opera di riordino, relativa alla legge n. 1379 del 1951,
non  puo'  ammettersi  che  si  tenga conto delle modifiche che nella
disciplina dell'imposta unica avrebbe introdotto l'art. 3, comma 229,
della legge n. 549 del 1995, che non ha modificato la prima. Inoltre,
le  decisioni del 2005 della Corte costituzionale, intervenute quando
quest'ultima   legge  era  gia'  entrata  in  vigore,  affermano  che
l'individuazione,   tra  i  soggetti  passivi  delle  scommesse,  dei
soggetti privati gestori, contenuta nel d.P.R. 8 aprile 1998, n. 169,
non  poteva  essere  applicata, trovando invece applicazione la legge
vigente  in materia (la legge n. 1379 del 1951). Ne conseguirebbe che
anche  la  previsione della legge delega n. 288 del 1998, che pure ha
disposto  il  riordino  dell'imposta disciplinata dalla legge n. 1379
del   1951,   in   assenza   di   specifica   previsione   in  ordine
all'individuazione dei soggetti passivi, non consentirebbe al decreto
legislativo delegato di mutarli.
    Infine,  la  nuova disciplina delineata da legge delega e decreto
delegato ignorerebbe la capacita' contributiva dei soggetti passivi.
    Il  principio  della  capacita'  contributiva si pone come limite
sostanziale  al  potere  discrezionale del legislatore: ogni prelievo
tributario  deve avere una causa giustificatrice in indici rivelatori
di ricchezza, e di conseguenza la misura massima del tributo non puo'
mai  essere superiore alla capacita' dimostrata dall'atto o dal fatto
economico.  In particolare, la determinazione degli indici rivelatori
non  deve essere irragionevole (Corte costituzionale, sentenze n. 156
e n. 155 del 2001).
    L'art. 2  del  d.lgs.  n. 504  del  1998  stabilisce  che la base
imponibile  per le scommesse e' costituita dall'ammontare della somma
giocata  per  ciascuna  scommessa.  Nelle scommesse a quota fissa, il
gestore  deve  riconoscere allo scommettitore vincente quanto versato
dallo stesso, aumentato della quota concordata: cio' puo' determinare
un saldo negativo, in quanto l'importo delle entrate per le scommesse
puo'  essere  inferiore  all'importo  delle  vincite  riconosciute, e
l'imposta  continua ad essere calcolata sull'importo della scommessa,
anche  quella  risoltasi  in  perdita,  ovvero  anche  in  assenza di
capacita' contributiva. Non e' un caso che, nel settore delle case da
gioco,  si  stabilisce  che  l'imposta  (art. 3 del d.P.R. 26 ottobre
1972,   n. 640)  e'  applicata  ad  una  base  imponibile  costituita
giornalmente  dalla  differenza  attiva tra le somme introitate per i
giochi e quelle pagate ai giocatori, quindi con esclusivo riferimento
ad una effettiva manifestazione di ricchezza del soggetto passivo.
    5.  - Nell'imminenza dell'udienza pubblica, l'Avvocatura generale
dello  Stato  ha presentato memoria con cui insiste nell'eccezione di
inammissibilita'  della questione per insufficiente descrizione della
fattispecie  oggetto del giudizio a quo, in particolare per la scarsa
chiarezza   sull'oggetto  del  giudizio,  se,  cioe',  si  tratti  di
scommesse  al  totalizzatore  o  a  quota fissa, e per l'omesso esame
della rilevanza della normativa sopravvenuta (legge n. 311 del 2004).
Assume  inoltre  che  il rimettente avrebbe recepito acriticamente le
difese della ricorrente Giada Bet in giudizio.
    Nel merito deduce l'infondatezza della questione.
    Nella  memoria,  in  particolare,  si osserva che la legge delega
n. 288  del  1998  e'  intervenuta  in  un  contesto normativo in cui
l'organizzazione e l'esercizio delle scommesse era gia' affidabile in
concessione a terzi (art. 3, comma 229, della legge n. 549 del 1995),
in base a emanande norme regolamentari; lo stesso art. 3 della citata
legge  n. 549 del 1995, al comma 230, prevedeva gia' che il Ministero
delle   finanze   stabilisse   le  quote  di  prelievo,  da  ricavare
dall'introito lordo delle scommesse, e da destinare al CONI, al netto
dell'imposta e delle spese di gestione. La quota di prelievo, dunque,
e'  una  parte  del  prezzo  pagato  per  la scommessa, che, depurata
dell'imposta  e  dell'aggio  per  il  concessionario,  costituisce il
provento  di  spettanza dell'organismo riservatario dell'attivita' in
concessione.
    La  legge delega, dunque, non ha potuto far altro che condividere
e  fare  propria  l'evoluzione  legislativa,  stabilendo come criteri
direttivi il «mantenimento complessivo del gettito» (art. 1, comma 1,
lettera o)  e  «la  possibilita' di stabilire un'aliquota percentuale
differenziata,  commisurata  all'entita'  del  prelievo riferito alle
scommesse» (art. 1, comma 2, lettera d).
    Con   riguardo   alla   determinazione  legislativa  dell'imposta
(art. 23  Cost.),  si  osserva  che,  alla  luce della giurisprudenza
costituzionale,  e'  sufficiente  che  la  legge stabilisca il limite
massimo dell'imposta (sono citate le sentenze n. 301 del 2006, n. 105
del  2003,  n. 257  del  1982,  n. 15 del 1964). Nella fattispecie e'
facilmente  identificabile l'importo massimo dell'imposta, che deriva
dall'applicazione  dell'aliquota  prevista  dalla  legge  sul gettito
complessivo delle scommesse: risulta evidente che essendo comunque la
base  imponibile  in  concreto  (la  quota di prelievo lorda) minore,
l'imposta  sara'  -  variabile  si'  in base al mutare della quota di
prelievo  in  proporzione  alla  difficolta'  della  scommessa,  ma -
comunque minore di quella misura massima.
    Con  riguardo  alla  previsione  dei  soggetti d'imposta (art. 76
Cost.),  si rileva che la gestione da parte di concessionari era gia'
prevista al momento della legge delega, dall'art. 3, comma 229, della
legge n. 549 del 1995.
    Con  riguardo  alla dedotta violazione del principio di capacita'
contributiva    (art. 53   Cost.),   rileva   l'Avvocatura   che   il
concessionario non puo' lamentare l'imposizione scissa da una propria
entrata,  perche'  l'imposta  e  l'aggio  del  concessionario,  nelle
scommesse  al  totalizzatore,  vengono  autonomamente calcolati dalla
quota lorda di prelievo e da essa prelevati.

                       Considerato in diritto

    1.  -  La  Commissione  tributaria  provinciale di Pistoia dubita
della   legittimita'   costituzionale:   a)   dell'art. 4,   comma 1,
lettera b),  numero  2,  del  decreto  legislativo  23 dicembre 1998,
n. 504  (Riordino  dell'imposta unica sui concorsi pronostici e sulle
scommesse,  a  norma  dell'articolo 1,  comma 2, della legge 3 agosto
1998, n. 288), nel testo all'epoca vigente (2001), nella parte in cui
calcola   l'imposta  unica  sulle  scommesse  applicando  un'aliquota
nominale  ad  una  base,  quella  relativa  alla  quota  di  prelievo
spettante  al  CONI, non risultante da un atto avente forza di legge,
per violazione dell'art. 23 Cost., per il fatto che viene affidato ad
un  organo  amministrativo la determinazione dell'aliquota effettiva;
b) dell'art. 1, comma 2, della legge 3 agosto 1998, n. 288 (Delega al
Governo per la revisione della disciplina concernente l'imposta sugli
spettacoli  e  l'imposta  unica  di  cui alla 1egge 22 dicembre 1951,
n. 1379),  nella  parte  in cui rimette il calcolo dell'imposta unica
sulle  scommesse ad un atto non avente forza di legge, per violazione
degli  artt. 23  e  76  Cost.,  risultando  indeterminata  la  delega
relativa  alla  fissazione  dell'aliquota per il calcolo dell'imposta
unica  sulle  scommesse;  c)  dell'intero  d.lgs. n. 504 del 1998, in
quanto  individua  un  soggetto  passivo  in materia di imposta sulle
scommesse  diverso  da  quello  previsto  dalla normativa precedente,
cosi' istituendo una nuova imposta e non semplicemente riordinando la
precedente,  come stabilito dalla legge di delega n. 288 del 1998, ed
eccedendo  percio'  i limiti della delega, in violazione dell'art. 76
Cost.;  d)  dell'art. 4,  comma 1,  lettera b),  numero 2, del d.lgs.
n. 504 del 1998, nonche' dell'art. 1, comma 2, della legge n. 288 del
1998,  nella  parte in cui determinano l'ammontare dell'imposta unica
sulle  scommesse  in base a formule e parametri fissati allo scopo di
provvedere il CONI delle necessarie risorse finanziarie, e svincolano
l'imposta  dalla  capacita'  contributiva  dei  soggetti  passivi, in
violazione dell'art. 53 Cost.
    2.  - Le molteplici eccezioni di inammissibilita' delle questioni
sollevate dalla difesa erariale non sono fondate. Al fine del rigetto
delle stesse e' sufficiente rilevare:
        che  non  sussiste la dedotta insufficienza della descrizione
della  fattispecie oggetto del giudizio principale, potendo la stessa
ricavarsi dalla lettura dell'ordinanza;
        che  le  modifiche  legislative  intervenute anteriormente al
deposito  dell'ordinanza,  che  hanno mutato le aliquote da applicare
alla  quota di prelievo, ai fini del calcolo dell'imposta unica sulle
scommesse,  non  sono applicabili alla controversia e non hanno fatto
venire meno la rilevanza della questione;
        che   l'affermazione   secondo  cui  il  giudice  a  quo,  in
riferimento  alle censure parametrate all'art. 76 della Costituzione,
si  sarebbe  limitato a riportare le allegazioni della ricorrente nel
giudizio  principale,  senza  alcuna propria valutazione, e' smentita
dal  fatto  che  la  Commissione  tributaria,  proponendo la relativa
censura  ha,  implicitamente,  ma  necessariamente,  fatto proprie le
argomentazioni di parte;
        che  nessuna contraddittorieta' o incoerenza deriva dal fatto
che  sono  denunciati  sia una singola disposizione del d.lgs. n. 504
del 1998 (art. 4, comma 1, lettera b, numero 2), sia l'intero decreto
legislativo,  dal momento che, malgrado la denuncia, nel dispositivo,
dell'incostituzionalita'   dell'intera   legge,   in  realta',  nella
motivazione  e'  censurata  l'incostituzionalita' del solo articolo 3
dello stesso decreto legislativo.
    3.  -  La  questione  di legittimita' costituzionale dell'art. 4,
comma 1,  lettera b),  numero  2,  del  d.lgs. n. 504 del 1998 non e'
fondata.
    Il rimettente assume che tale disposizione - nello stabilire che,
per  le  scommesse  diverse  da  quelle  TRIS  e  da  quelle  ad esse
assimilabili,  le  aliquote  dell'imposta  unica sono stabilite nella
misura  del  «20,20  per  cento della quota di prelievo stabilita per
ciascuna  scommessa»  - rinvierebbe, per la determinazione della base
imponibile  (cioe'  della quota di prelievo a favore del CONI), ad un
atto amministrativo (decreto del Ministro delle finanze), attribuendo
cosi'  alla  pubblica  amministrazione  la facolta' di operare scelte
discrezionali  di  politica  tributaria  in  materia  di  prestazioni
patrimoniali imposte che invece l'art. 23 Cost. riserva alla legge.
    Il  giudice  a quo muove, pero', dall'erroneo presupposto che, in
base  all'evocato  parametro costituzionale, l'imponibile deve essere
determinato integralmente dalla legge. Al contrario, va rilevato che,
secondo  la  costante  giurisprudenza  di  questa Corte, il principio
della  riserva  di  legge di cui all'art. 23 Cost. va inteso in senso
relativo,  in  quanto  si  limita a porre al legislatore l'obbligo di
determinare  preventivamente  sufficienti criteri direttivi di base e
linee  generali  di  disciplina della discrezionalita' amministrativa
(ex  plurimis:  sentenze  n. 190  del 2007; n. 125 e n. 105 del 2005;
n. 323 e n. 7 del 2001; n. 157 del 1996; n. 507 del 1988).
    Nella  specie,  la  normativa  concernente  l'imposta unica sulle
scommesse  diverse  da  quelle  TRIS  o ad esse assimilabili (imposta
costituente  l'oggetto  del giudizio a quo) fornisce criteri e limiti
idonei  a  soddisfare,  anche in tema di base imponibile, il disposto
dell'evocato art. 23 Cost.
    In  riferimento  a  detta  imposta, infatti, il d.lgs. n. 504 del
1998,  in  applicazione dei criteri direttivi posti dall'art. 1 della
legge  n. 288  del  1998 (recante «Delega al Governo per la revisione
della  disciplina  concernente l'imposta sugli spettacoli e l'imposta
unica  di  cui  alla  legge 22 dicembre 1951, n. 1379»), individua in
modo  preciso  il  presupposto  (la  scommessa),  la  base imponibile
(quella  parte  della  somma  giocata  corrispondente  alla «quota di
prelievo  stabilita  per  ciascuna  scommessa» e devoluta al CONI), i
soggetti  passivi  (i  gestori  del  servizio, anche in concessione),
l'aliquota  (il  «20,20  per  cento della quota di prelievo»). Quanto
alla   «quota   di   prelievo»,   l'art. 3,  comma 231,  della  legge
28 dicembre  1995,  n. 549 (Misure di razionalizzazione della finanza
pubblica), come sostituito dall'art. 24 della legge 27 dicembre 1997,
n. 449,  stabilisce che: «Con decreto del Ministro delle finanze sono
stabilite  le  quote di prelievo sull'introito lordo della scommesse,
da  destinarsi  al CONI al netto dell'imposta unica di cui alla legge
22 dicembre  1951,  n. 1379,  con  aliquota  del 5 per cento, e delle
spese  relative  all'accettazione  e  alla  raccolta  delle scommesse
medesime  e  alla  gestione del totalizzatore nazionale. Il CONI deve
destinare,  d'intesa  con gli enti territoriali competenti, una quota
dei   proventi  netti  derivanti  dalle  scommesse  per  favorire  la
diffusione  dell'attivita'  sportiva, attraverso interventi destinati
ad  infrastrutture  sportive,  anche  scolastiche, segnatamente nelle
zone  piu'  carenti, in particolare del Mezzogiorno e delle periferie
delle  grandi aree urbane, in modo da facilitare la pratica motoria e
sportiva  di  tutti  i cittadini nell'intero territorio nazionale. Il
CONI  deve  altresi'  destinare  almeno  il  5 per cento dei suddetti
proventi  alle  attivita'  dei settori giovanili ed allo sviluppo dei
vivai  per  le  attivita'  agonistiche  federali». Con riferimento al
suddetto  comma 231,  il  Ministro  delle  finanze,  con  decreto del
15 febbraio  1999,  ha  poi  provveduto  a  quantificare  le quote di
prelievo,  stabilendo  una  quota  per  le  scommesse  a quota fissa,
nonche'  quote  diverse  per  le  altre  scommesse,  distinte in nove
categorie a seconda del numero di eventi oggetto di scommessa.
    Dalla  descritta  disciplina  emerge  che la quota di prelievo e'
determinata  in  relazione  all'esigenza  di  finanziare  in parte il
funzionamento  del  CONI,  in  parte  (attraverso la mediazione dello
stesso  CONI  e degli enti territoriali competenti) le infrastrutture
sportive,  al  fine  di  favorire  la  diffusione dello sport e della
pratica  motoria,  particolarmente  nelle  zone  carenti  di impianti
sportivi  ed  a  favore  delle  attivita'  agonistiche  dei  giovani.
Tuttavia   il   legislatore   non  ha  lasciato  libera  la  pubblica
amministrazione di fissare arbitrariamente l'entita' delle risorse da
impiegare  per  soddisfare  la  suddetta  esigenza,  ma  ha  posto al
riguardo  vari  vincoli.  L'art. 1,  comma 1, lettera o), della legge
n. 288  del  1998  ha  stabilito,  quale  criterio direttivo cui deve
attenersi  il  legislatore delegato alla revisione dell'imposta sulle
scommesse,  «il  mantenimento  del  livello complessivo del gettito»,
nonostante  le  modifiche  e le abrogazioni apportate alla precedente
normativa  fiscale  in  materia.  Cio' comporta che le norme delegate
devono  essere  interpretate  nel  senso  che  la  quota di prelievo,
influendo  sul  gettito dell'imposta unica, dovra' essere determinata
in  misura  tale  da  non  compromettere  la  suddetta invarianza del
livello del gettito complessivo.
    Nell'ambito  di tale limite generale, l'entita' del finanziamento
del   CONI   trova  l'ulteriore  limite  quantitativo  dell'effettivo
fabbisogno   dell'ente,   quale   risulta  dai  bilanci  approvati  e
controllati.
    In   conclusione,   l'indicazione   con   legge  delle  finalita'
perseguite  dal  Ministro delle finanze con la fissazione della quota
di  prelievo  devoluta  al  CONI  e delle modalita' necessarie per la
determinazione  delle  esigenze  del CONI (proprie ed in relazione ai
servizi  resi  in ambito sportivo) induce a ritenere obiettivamente e
ragionevolmente  limitata  la  discrezionalita'  dell'amministrazione
nella integrazione tecnica della base imponibile dell'imposta unica e
ad escludere, pertanto, la violazione dell'art. 23 Cost.
    4.  -  La  questione  di legittimita' costituzionale dell'art. 1,
comma 2,  della  legge n. 288 del 1998, nella parte in cui rimette il
calcolo  dell'imposta  unica  sulle  scommesse  ad un atto non avente
forza  di  legge,  per  violazione  degli  artt. 23  e  76 Cost., per
l'indeterminatezza della delega circa la fissazione dell'aliquota per
il calcolo dell'imposta unica sulle scommesse, non e' fondata.
    4.1.  - La legge di delega pone varie proposizioni diversificate,
che  dovranno  ispirare  l'attivita'  del  legislatore  delegato. Tra
queste  si  colloca  il  mantenimento  complessivo  del gettito anche
mediante  la  rimodulazione  dell'attuale  sistema  di  imposizione e
distribuzione  degli introiti derivanti dal Totocalcio, dal Totogol o
da  altri  giochi  gestiti dal CONI (art. 1, comma 1, lettera o) e la
possibilita'  di  stabilire  un'aliquota  percentuale  differenziata,
commisurata all'entita' del prelievo riferito alle scommesse (art. 1,
comma 2, lettera d).
    Tali   criteri   direttivi  sono  sufficienti  a  indirizzare  il
legislatore delegato, che ragionevolmente ha stabilito l'applicazione
dell'aliquota sulla «quota di prelievo» del CONI.
    5.  -  La  questione  di  legittimita' costituzionale dell'intero
d.lgs.  n. 504  del 1998, in quanto adottato in eccesso di delega per
aver  individuato  un  soggetto  passivo  in materia di imposta sulle
scommesse  diverso  da quello individuato nella normativa precedente,
cosi'  istituendo una nuova imposta e non limitandosi a riordinare la
precedente, come stabilito dalla legge di delega n. 288 del 1998, non
e' fondata.
    5.1.  - Come gia' osservato e' da rilevare che la censura, mentre
nel  dispositivo dell'ordinanza di rimessione investe l'intero d.lgs.
n. 504  del  1998,  nella motivazione e' concentrata solo sull'art. 3
dello  stesso  decreto,  cioe'  sulla  disposizione  che identifica i
soggetti  passivi  dell'imposta («coloro i quali gestiscono, anche in
concessione,  i  concorsi  pronostici  e le scommesse»). La questione
deve  ritenersi  sollevata  esclusivamente  in riferimento alla norma
espressamente indicata in motivazione, perche' e' lecito ritenere che
l'indicazione  generica  nel  dispositivo  e' ispirata unicamente dal
nesso  di interdipendenza logica ricavabile fra le disposizioni della
legge,  e  quindi  dalla  ovvia  estensione  dell'eventuale  vizio di
illegittimita'  di  una  di  esse a tutte le altre (sentenza n. 8 del
1962).
    5.2.  -  Con  riguardo  alla suddetta censura, va premesso che la
legge  delega  (n. 288  del  1998),  all'art. 1,  comma 2, prevede il
riordino  dell'imposta  unica  di cui alla legge n. 1379 del 1951. In
base a quest'ultima legge i soggetti d'imposta sono (art. 5) gli enti
indicati  nell'art. 6  del  d.lgs. 14 aprile 1948, n. 496 (Disciplina
delle attivita' di gioco).Tale norma, pero', pur riservando al CONI e
all'UNIRE  l'organizzazione dei giochi e dei pronostici, prevede che,
riguardo alle attivita' che i suddetti enti «non intendano svolgere»,
sia  il  Ministero  delle finanze ad esercitarle, direttamente «o per
mezzo di persone fisiche o giuridiche, che diano adeguata garanzia di
idoneita»:  in  tal  caso  l'aggio  e  le  modalita' di gestione sono
stabilite tramite convenzioni (art. 2).
    Con riguardo ai soggetti d'imposta, questa Corte ha affermato che
il soggetto passivo puo' essere implicito nella stessa individuazione
del    presupposto   d'imposta   (sentenza   n. 56   del   1972)   e,
parallelamente,  che,  se  la  gestione  del  gioco  viene  per legge
attribuita   a  soggetti  diversi  dal  CONI  e  dall'UNIRE,  sono  i
concessionari a doverla pagare.
    La  legge  da  riordinare  prevede gia', fra i possibili soggetti
dell'imposta,  i  gestori  della  stessa,  diversi  da  CONI, UNIRE e
Ministero, il cui compenso sarebbe stato fissato tramite convenzione.
    La   necessita'  della  indicazione  di  principi  e  di  criteri
direttivi  idonei  a  circoscrivere  le  diverse scelte discrezionali
dell'esecutivo  riguarda  i  casi  in cui la revisione ed il riordino
comportino   l'introduzione  di  norme  aventi  contenuto  innovativo
rispetto   alla   disciplina   previgente,   mentre   tale  specifica
indicazione  puo'  anche  mancare  allorche'  le  nuove  disposizioni
abbiano  carattere di sostanziale conferma delle precedenti (sentenza
n. 66 del 2005).
    Cio'  e' quanto si e' verificato nella specie, dal momento che la
gestione  del  servizio  scommesse  a  mezzo concessionari puo' esser
considerato   un   punto  fermo  del  sistema  gia'  nella  legge  da
riordinare.
    E'  anche da osservare che l'art. 1, comma 2, alinea, della legge
n. 288   del  1998  inquadra  l'operazione  legislativa  di  riordino
dell'imposta  unica  «nell'esercizio della delega di cui al comma 1»,
la  quale,  testualmente,  riguarda  la  materia dell'imposizione «su
spettacoli,  sport,  giochi  e  intrattenimenti»,  in cui rientra, in
particolare,  l'imposta  unica prevista dalla legge n. 1379 del 1951.
Cio'   significa  che  la  delega  non  puo'  essere  atomisticamente
concepita  in  funzione  del  riordino dell'imposta contemplata dalla
legge  n. 1379  del  1951,  ma di tutta la materia fiscale in tema di
giochi,  spettacoli  e  intrattenimenti.  Tanto piu' che le scommesse
allora  non erano previste: e infatti la stessa legge delega (art. 1,
comma 2,   lettera b),  ne  dispone  la  tassazione  con  il  sistema
dell'imposta unica.
    In  tale  ottica va considerato che il comma 1, lettera a), ed il
comma 3  prevedono,  tra l'altro, la parziale abolizione dell'imposta
sugli  spettacoli  di  cui  al  d.P.R.  26 ottobre  1972, n. 640, che
contemplava gia' i gestori come soggetti passivi.
    Non solo: anche l'art. 3, comma 229, della legge n. 549 del 1995,
nel  frattempo  entrata  in  vigore,  prevede  la  concedibilita' del
servizio  scommesse  riservate al CONI a persone fisiche, societa' ed
altri enti che offrano adeguate garanzie.
    Si   tratta   quindi   di   dati  che  il  legislatore  delegato,
nell'indispensabile opera di riordino del settore (che ovviamente non
puo'  essere  limitato  ad  una sola legge, ma deve tener conto della
stratificazione  normativa  creatasi nel tempo sulla «imposta unica»)
non poteva ignorare.
    L'organizzazione e l'esercizio delle scommesse e, in generale, di
tutti   i   giochi   e   concorsi   pronostici,   che  competono  ora
all'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato (art. 1 del d.P.R.
24 gennaio  2002,  n. 33,  in  attuazione  dell'art. 12  della  legge
18 ottobre  2001,  n. 383,  e art. 4 del decreto-legge 8 luglio 2002,
n. 138,  convertito,  con  modificazioni,  dalla legge 8 agosto 2002,
n. 178),  prevedono,  come  sistema  ordinario,  lo  strumento  della
concessione  (art. 2  del  d.m.  2  giugno 1998,  n. 174,  sostituito
dall'art. 2 del d.m. 1° marzo 2006, n. 111).
    Ne'   argomenti   contrari  alle  raggiunte  conclusioni  possono
ricavarsi  - come invece sostiene la societa' ricorrente nel giudizio
a  quo  -  da  alcune  recenti  pronunce  per  le  quali l'assenza di
specifiche  direttive  in  ordine  ai  soggetti  passivi dell'imposta
lascia  immutata  la  disciplina concernente gli elementi strutturali
del  tributo, e tra questi i soggetti passivi, perche' la delega, ove
volta al riordino della materia, deve essere intesa in senso minimale
(sentenza n. 303 del 2005; ordinanza n. 359 del 2005).
    Secondo  la  societa',  infatti, dalle predette decisioni si puo'
dedurre  che  la delega volta semplicemente al riordino della materia
non  autorizza previsioni innovative, precisando anzi quelle pronunce
che  «la delega deve essere intesa - in assenza di principi e criteri
direttivi che giustifichino la riforma della normativa preesistente -
in  un senso minimale, tale da non consentire, di per se', l'adozione
di  norme  delegate  sostanzialmente  innovative  rispetto al sistema
legislativo»,  con  la  conseguenza  che la mancata previsione, nella
legge  delega,  di  principi  e  criteri  direttivi  in  relazione ai
soggetti  passivi,  comporta  che  il  decreto  delegato,  che invece
individua  tra  i  soggetti passivi anche i concessionari, si pone in
contrasto con l'art. 76 Cost.
    Contrariamente  all'assunto della parte, dalle citate pronunce di
questa  Corte  non  e'  dato  inferire  che la norma denunciata abbia
ecceduto  i  limiti  della  legge di delegazione. La legge n. 662 del
1996,   oggetto   di  quelle  pronunce,  conteneva  una  delega  alla
delegificazione  per  il riordino di giochi e scommesse relativi alle
corse  dei  cavalli  ed era stata censurata dal giudice a quo perche'
non indicava espressamente i soggetti passivi dell'imposta. La Corte,
nel dichiarare non fondata la questione cosi' sollevata, ha precisato
che,  in  quella fattispecie, la mancata indicazione - nella legge di
delegazione  -  dei  soggetti  passivi  dell'imposta  non  comportava
violazione  dell'art. 23 Cost., perche' tali soggetti, trattandosi di
una  delega  legislativa  volta al «riordino» della materia, dovevano
desumersi   dalla   legislazione  preesistente.  In  particolare,  le
suddette pronunce si fermano a tale precisazione e non procedono alla
ricognizione  in  concreto  dei  soggetti passivi che la preesistente
disciplina  sottoponeva  ad  imposta.  L'ordinanza  n. 359  del  2005
osserva  anzi,  al  riguardo,  che  il  giudice  rimettente non aveva
neppure provveduto ad individuare i soggetti passivi dell'imposta.
    La  questione  ora  sottoposta  al sindacato di costituzionalita'
riguarda, invece, i soggetti passivi d'imposta espressamente indicati
nella  legislazione delegata (d.lgs. n. 504 del 1998), la quale, come
sopra rilevato, si e' limitata a prendere atto della tassabilita' dei
concessionari,  in quanto, nel sistema legislativo da riordinare, era
gia'  possibile  ricorrere a gestori delle scommesse diversi da CONI,
UNIRE e Ministero ed assoggettarli ad imposta.
    6.  -  La  questione  di legittimita' costituzionale dell'art. 4,
comma 1,  lettera b),  numero  2, del d.lgs. n. 504 del 1998, nonche'
dell'art. 1, comma 2, della legge n. 288 del 1998, nella parte in cui
determinano  l'ammontare dell'imposta unica sulle scommesse in base a
formule  e  parametri  fissati allo scopo di provvedere il CONI delle
necessarie risorse finanziarie, per violazione dell'art. 53 Cost., in
quanto  svincolati dalla capacita' contributiva dei soggetti passivi,
e' manifestamente inammissibile.
    6.1. - E' infatti da rilevare che l'ordinanza di rimessione, dopo
avere  riportato  la  tesi  della  societa' ricorrente in merito alla
violazione  dell'art. 53  Cost.,  testualmente  aggiunge:  «Pero'  le
questioni  relative  alle  quote  di prelievo per il CONI comprese la
loro  qualificazione giuridica, esulano dalla controversia all'esame,
la  quale  ha  per  oggetto  solamente  un  accertamento  in  materia
d'imposta   unica,   originariamente  notificato  dall'Agenzia  delle
entrate. La trattazione dell'eccezione sollevata con riferimento alla
capacita'  contributiva,  nei termini sopra esposti, e' preclusa alla
Commissione tributaria, in questa sede. La Commissione deve limitarsi
a  valutare  il  processo  che determina il solo calcolo dell'imposta
unica».
    Da quanto richiamato emerge la contraddittorieta' della posizione
assunta  dalla  Commissione  che,  pur  partendo dalla impossibilita'
della  trattazione  della  eccezione di incostituzionalita' sollevata
dalla   parte   e,   quindi,   dall'irrilevanza  della  stessa  nella
controversia  principale,  conclude per l'accoglimento dell'eccezione
stessa.
    Da cio' la manifesta inammissibilita' della questione proposta.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara  non fondata la questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 4,  comma 1,  lettera b), numero 2, del decreto legislativo
23 dicembre  1998,  n. 504  (Riordino dell'imposta unica sui concorsi
pronostici  e  sulle  scommesse,  a norma dell'art. 1, comma 2, della
legge  3 agosto  1998, n. 288), sollevata, in riferimento all'art. 23
della  Costituzione,  dalla  Commissione  tributaria  provinciale  di
Pistoia con l'ordinanza in epigrafe;
    Dichiara  non fondata la questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 1,  comma 2,  della  legge 3 agosto 1998, n. 288 (Delega al
Governo per la revisione della disciplina concernente l'imposta sugli
spettacoli  e  l'imposta  unica  di  cui alla 1egge 22 dicembre 1951,
n. 1379),   sollevata,  in  riferimento  agli  artt. 23  e  76  della
Costituzione,  dalla  medesima Commissione tributaria provinciale con
l'ordinanza in epigrafe;
    Dichiara  non fondata la questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 3   del  citato  d.lgs.  n. 504  del  1998,  sollevata,  in
riferimento  all'art. 76 della Costituzione, dalla stessa Commissione
tributaria provinciale di Pistoia con l'ordinanza in epigrafe;
    Dichiara    manifestamente    inammissibile   la   questione   di
legittimita'  costituzionale dell'art. 4, comma 1, lettera b), numero
2,  del  citato d.lgs. n. 504 del 1998, nonche' dell'art. 1, comma 2,
della  legge  n. 288  del 1998, sollevata, in riferimento all'art. 53
della Costituzione, dalla predetta Commissione tributaria provinciale
con l'ordinanza in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 22 ottobre 2007.
                         Il Presidente: Bile
                      Il redattore: Finocchiaro
                      Il cancelliere: Di Paola
    Depositata in cancelleria il 26 ottobre 2007.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
07C1246