N. 757 ORDINANZA (Atto di promovimento) 25 maggio 2007
Ordinanza emessa il 25 maggio 2007 dal tribunale di Roma nei procedimenti civili riuniti promossi da Vanni Massimo ed altra contro I.N.P.D.A.P. Previdenza - Dipendenti della soppressa Agensud transitati nelle Amministrazioni dello Stato - Beneficio della restituzione dei contributi previdenziali versati in eccedenza rispetto alla riserva matematica necessaria ai fini pensionistici e, quindi, non utili a pensione - Limitazione al personale cessato dal servizio dopo il 13 ottobre 1993 e fino al 15 febbraio 1995 - Applicazione del beneficio della restituzione dei contributi a tutti i dipendenti della Agensud transitati presso amministrazioni statali che abbiano ricongiunto il servizio prestato in precedenza presso l'Agensud e non abbiano scelto il mantenimento della posizione di provenienza - Ingiustificata disparita' di trattamento di situazioni omogenee in base a mero elemento temporale - Incidenza sul principio di buon andamento della pubblica amministrazione. - Decreto legislativo 3 aprile 1993, n. 96, art. 14-bis, comma 4. - Costituzione, artt. 3 e 97.(GU n.45 del 21-11-2007 )
IL TRIBUNALE Ha emesso la seguente ordinanza sui ricorsi nn.rr.gg. 217049/05; 217511/05 promossi da: Vanni Massimo, Perticaroli Paola contro: I.N.P.D.A.P., per l'accertamento del diritto alla restituzione dei contributi eccedenti la misura della riserva matematica utile a pensione ai sensi del disposto dell'art. 14-bis, comma 4, d.lgs. n. 96/1993 e condanna dell'I.N.P.D.A.P. alla restituzione della menzionata eccedenza; previa soluzione dei dubbi di legittimita' costituzionale della norma invocata per violazione degli artt. 3 e 97 Cost. nella parte in cui consente una interpretazione volta a non applicare il beneficio della restituzione dei contributi a tutti i dipendenti della ex Agensud che, cessato ex lege il rapporto di lavoro con tale agenzia ed esercitata l'opzione b di cui all'art. 14-bis comma 1 dello stesso decreto siano transitati presso le amministrazioni statali ricongiungendo il servizio prestato in precedenza presso l'Agensud e non abbiano scelto il mantenimento della posizione pensionistica di provenienza. F a t t o I ricorrenti adivano l'intestata giustizia con una azione di ripetizione di indebito previdenziale, il quale era maturato per il venir meno della causa, originariamente esistente, di parte del versamento dei contributi previdenziali a suo tempo dovuti in costanza di rapporto di lavoro con la (soppressa) Agensud. I ricorrenti allegavano i seguenti fatti: L'art. 2, legge n. 488/1992 prescriveva la soppressione del Dipartimento per gli interventi straordinari nel Mezzogiorno e l'Agenzia per la promozione dello sviluppo del Mezzogiorno (detta anche Agenzia o Agensud) a decorrere dal 1° maggio 1993; il rapporto di lavoro con i dipendenti cessava una volta decorsi 180 giorni dalla data del 15 ottobre 1993 (art. 14, d.lgs. n. 96 del 3 aprile 1993) ossia il 13 ottobre 1993. La situazione dei dipendenti esigeva una regolamentazione che faticosamente veniva raggiunta con un complesso impianto normativo costituito da un decreto legislativo (n. 96/1993), nove decreti legge in modifica di quello ed una definitiva legge di conversione, la legge n. 8 febbraio 1995 n. 104. Il Governo reputava necessario garantire primariamente a tutti i dipendenti il proprio posto di lavoro: il d.lgs n. 96/1993 facultava i dipendenti della soppressa Agensud ad essere collocati in soprannumero presso le Amministrazioni dello Stato per essere in seguito formalmente assegnati presso le amministrazioni statali con successivo e definitivo decreto di inquadramento (giuridico ed economico), con una serie di opzioni: fra queste, la possibilita' di ricongiungere d'ufficio i periodi previdenziali - e la relativa contribuzione maturata e accantonata presso l'INPS fino al 13 ottobre 1993 - con i periodi previdenziali maturandi come dipendenti dell'amministrazione statale (di destinazione) gestiti dall'ente previdenziale competente (opzione «b» dell'art. 14-bis d.lgs. n. 93/1996 introdotto dal d.l. n. 355/1994) come reiterato sino al d.l. n. 32/1995, convertito in legge n. 104/1995. Tale norma rinviava ad altra legge: «ai fini previdenziali si applica l'art. 6 della legge 7 febbraio 1979, n. 29»; l'art. 6, legge n. 29/1979 testualmente dispone: «omissis ..... la ricongiunzione dei periodi assicurativi connessi al servizio prestato .... omissis.... avviene d'ufficio presso la gestione previdenziale dell'ente di destinazione e senza oneri a carico dei lavoratori interessati». Il trasferimento dei dipendenti Agensud nei ruoli delle Amministrazioni dello Stato comportava una serie di problematiche, prima su tutti la disparita' di trattamento economico che si sarebbe venuta a creare con i dipendenti delle varie amministrazioni statali di destinazione di pari grado e qualifiche: questi ultimi infatti percepivano uno stipendio sensibilmente inferiore a quello percepito dai loro colleghi Agensud, a parita' di livello. Il d.l. n. 355 del 10 giugno 1994 operava una sostanziale equiparazione, cosi' i dipendenti provenienti dalla Agensud subivano una riduzione del 40 % del trattamento economico precedentemente percepito (sia retributivo sia previdenziale). La ricongiunzione dei periodi previdenziali comportava una ulteriore problematica, cioe' una eccedenza dei contributi gia' versati rispetto alla riserva matematica necessaria ai fini pensionistici. Questa anomalia e' presto spiegata: la legge n. 29/1979 - cui il d.lgs. n. 96/1993 rinviava - assume l'ultima retribuzione (di norma la piu' alta in ordine temporale) come uno dei parametri fondamentali di calcolo: i dipendenti ex Agensud all'atto dell'immissione nelle amministrazioni di destinazione (in data 13 ottobre 1993) subivano una decurtazione dello stipendio pari al 40% circa; pertanto il calcolo della riserva matematica veniva effettuato con la nuova ridotta base stipendiale. Questa anomalia - ovvero la eccedenza di contributi rispetto la riserva matematica - era nota al legislatore quando prevedeva il trasferimento nello Stato dei dipendenti ex Agensud, tanto e' vero che con contestualmente all'abbattimento del trattamento economico operato con il d.l. 10 giugno 1994 n. 355, prevedeva la restituzione dei contributi non piu' utili a fini pensionistici introducendo l'art. 14-bis, comma 4 al d.l. n. 96/1993. La norma testualmente dispone: «il personale cessato. dal servizio dopo la data del 13 ottobre 1993 e prima della data di entrata in vigore del presente decreto che non abbia optato per il mantenimento della posizione pensionistica di provenienza, puo' chiedere la restituzione dei contributi versati se non computati ai fini pensionistici». Tale norma veniva reiterata dai successivi dd.ll. sino all'ultimo d.l. n. 32/1995, convertito nella legge n. 104/1995, invariata nella sua originaria formulazione (ed attualmente vigente). Deducevano i ricorrenti di aver diritto ad ottenere la restituzione dei contributi versati, non computati a fini pensionistici ed indebitamente trattenuti dall'ente previdenziale di destinazione, avendo esercitato l'opzione b) di cui all'art. 14-bis, d.lgs. n. 96/1993 e pur se ancora in servizio. Sostengono infatti che la ratio della disciplina e' infatti di compensare i dipendenti (della soppressa Agenzia) della diminuzione del trattamento retributivo e di quello pensionistico quale conseguenza dell'esercizio della opzione b (art. 14-bis); in questo contesto, l'intervallo temporale indicato nel comma 4 dell'art. 14-bis serve per accedere al beneficio della restituzione dei contributi anche coloro che avevano scelto di andare in pensione fra il 13 ottobre 1993 ed il 9 febbraio 1995 (non mantenendo la posizione pensionistica di provenienza) e che, senza una espressa previsione di legge, sarebbero stati esclusi dal beneficio anzidetto il quale veniva introdotto solo con il d.l. 10 giugno 1994, n. 355, successivamente reiterato sino all'ultimo d.l. 8 febbraio 1995, n. 32 convertito in legge n. 104/1995. La tesi dei ricorrenti viene fondata su pronunce di vario tenore emesse da Tribunale amministrativo regionale e Consiglio di Stato, ed inoltre su una sentenza della Corte costituzionale, la n. 219 del 1°-19 giugno 1998. Il giudice delle leggi chiamato a pronunciare sulla legittimita' della cennata riduzione del trattamento retributivo e pensionistico, riconosceva la legittimita' costituzionale della descritta decurtazione perche' la disciplina complessiva prevedeva una serie di altri benefici, quali la garanzia del posto di lavoro ed inoltre l'assunzione dell'onere della contribuzione integrativa da parte dello Stato e la restituzione dei contributi a seconda che il dipendente avesse esercitato l'opzione a) o b) dell'art. 14-bis. L'I.N.P.D.A.P. si costituiva in giudizio contestando la pretesa dei ricorrenti; deducendo che la formulazione letterale della norma non lascia adito a dubbi in ordine ai soggetti che possono accedere alla restituzione della menzionata eccedenza; inoltre a seguito di Conferenza di servizi tenutasi fra Ministero del lavoro e della previdenza sociale e ... in data ... le amministrazioni intervenute hanno concordato che soltanto i dipendenti della soppressa Agensud, transitati presso le amministrazioni statali e optanti per il non mantenimento del regime pensionistico di provenienza, collocati in pensione fra il 13 ottobre 1993 ed il 15 febbraio 1995, hanno diritto alla restituzione dei contributi non piu' utili a fini pensionistici; l'I.N.P.D.A.P. si e' uniformata a tale decisione con la informativa n. 46/2000. Ne' esiste nel nostro ordinamento giuridico un generale principio di restituzione di contributi, vigendo invece l'opposto principio dell'acquisizione delle eventuali eccedenze nel patrimonio dello Stato per finalita' di carattere solidaristico. In ogni caso la restituzione spetterebbe nella sola misura del terzo del versamento, quello a carico del lavoratore, e non di tutto il complesso dell'eccedenza, comprensiva anche della porzione versata dall'ente datore di lavoro. Alle eccezioni dell'I.N.P.D.A.P. i ricorrenti rispondono sollevando questione di legittimita' costituzionale dell'art. 14-bis, comma 4, d.lgs. n. 96/1993 per contrasto con gli artt. 3 e 97 Cost. nella parte in cui consente una interpretazione volta a limitare il beneficio della restituzione dei contributi non piu' utili a fini pensionistici ai soli dipendenti della soppressa Agensud che, esercitata l'opzione b di cui all'art. 14, d.lgs. n. 96/1993, siano andati in pensione fra il 13 ottobre 1993 ed il 15 febbraio 1995: La discriminazione opererebbe a piu' livelli: 1) rispetto ai colleghi della ex Agensud, pur essi transitati presso le amministrazioni statali ed andati in pensione prima del 10 giugno 1994: questi infatti hanno conservato lo stesso trattamento economico retributivo e previdenziale goduto presso l'Agensud, perche' il legislatore ha introdotto la decurtazione dello stipendio e del trattamento previdenziale solo con il d.l. n. 355 del 10 giugno 1994, e per di piu' avrebbero diritto alla restituzione dei contributi eccedenti la riserva matematica utile a pensione - se prodottasi - per la lettera dell'art. 14-bis; 2) rispetto ai colleghi della ex Agensud pur essi transitati presso le amministrazioni statali e cessati dal servizio dopo il 10 giugno 1994 ed entro il 10 febbraio 1995 perche' questi, a parita' di stipendio e di regime previdenziale - decurtati di circa il 40% per il d.l. n. 355/1994 - beneficerebbero anch'essi della restituzione dei contributi eccedenti la riserva matematica ancora per la lettera di cui all'art. 14-bis, comma 4». In un caso e nell'altro il beneficio della restituzione opererebbe non per meriti particolari, non per oggettive ragioni di diritto, ma per un mero dato temporale: e cio' sarebbe del tutto irragionevole, perche' privo di una qualsiasi parvenza di ratio legis. 3) rispetto ai nuovi colleghi dell'amministrazione statale di destinazione. perche' con questi condividerebbero lo stesso regime previdenziale ma sopportando oneri contributivi maggiori - quelli gia' versati in costanza di rapporto di lavoro con l'Agensud e risultanti non utili a fini pensionistici, privi pertanto della originaria giustificazione causale - e cio' del tutto irragionevolmente; 4) rispetto ai colleghi degli enti collegati all'Agensud e pur essi disciolti: ai sensi dell'art. 10 d.l. n. 32/1995 essi seguivano la stessa procedura per la cessazione dal servizio prevista per i dipendenti ex Agensud, ma i dipendenti degli enti disciolti (Finam, Italtrade, Iasm, Casmez, Formez, e via di seguito) sono tutti cessati ex lege dopo il 13 ottobre 1993 e prima del 10 giugno 1994 e quindi, tutti aventi diritto al beneficio della restituzione dei contributi, ancora non per meriti particolari, ma unicamente per un mero dato temporale. D i r i t t o La controversia riguarda il personale della soppressa Agenzia per la promozione dello sviluppo nel Mezzogiorno (Agensud), soppressa con la legge n. 488/1992. Ai sensi dell'art. 14, d.lgs. n. 96/1993 il personale dell'Agensud cessava dal servizio trascorsi 180 giorni dal 15 aprile 1993, ossia il 12 ottobre 1993. Tale norma subiva una serie di modifiche con successivi dd.ll., i quali, non convertiti in legge, si reiteravano con piccole variazioni sino alla definitiva sistemazione con legge n. 104/1995: il personale aveva facolta' di permanere in servizio transitando in un ruolo ad esaurimento presso il Ministero del bilancio e della programmazione economica. L'art. 14, comma 1 del d.lgs. n. 96/1993 dispone «il personale in servizio alla data del 14 agosto 1992 che risulti tale alla data del 15 aprile 1993 e che entro il 28 febbraio 1994 non abbia revocato la domanda presentata entro il 15 settembre 1993 al commissario liquidatore ai fini della iscrizione nel ruolo transitorio ad esaurimento presso il Ministero del bilancio e della programmazione economica inquadrato anche in soprannumero nei ruoli delle amministrazioni statali, regionali e locali e di enti pubblici non economici che gestiscono servizi pubblici, nonche' di aziende municipalizzate ai quali stato assegnato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri ovvero ad una delle amministrazioni regionali e locali alle quali sia rassegnato su richiesta delle stesse con decreto del ministro competente, di concerto con i ministri per la funzione pubblica, del bilancio e della programmazione economica e del tesoro. Nelle amministrazioni statali il personale inquadrato nelle qualifiche attribuite sulla base delle corrispondenze tra le qualifiche e le professionalita' rivestite nel precedente ordinamento contrattuale e le qualifiche e i profili vigenti per il personale delle amministrazioni statali definite, tenuto conto anche del titolo di studio posseduto, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri su proposta del Ministro del tesoro». Il comma 3 dello stesso articolo «il personale della soppressa Agenzia che non abbia presentato la domanda di cui al comma 1 ovvero che abbia revocato la domanda stessa, cessa dal rapporto di impiego con la predetta Agenzia a decorrere dal 13 ottobre 1993, con diritto al trattamento pensionistico e previdenziale ad esso spettante in base alla normativa vigente in materia alla stessa data di cessazione del rapporto di impiego». Il comma 4 «nei confronti del personale di cui al comma 1 si applicano, dalla data del 13 ottobre 1993, le disposizioni proprie della amministrazione di assegnazione in materia di trattamento di fine rapporto e cessa l'iscrizione previdenziale presso l'I.N.A. e la polizza ivi intestata all'Agenzia dall'I.N.A. gestita e rivalutata secondo gli accordi in atto al momento della cessazione del rapporto di impiego con l'Agenzia e ripartita per ogni singolo dipendente». Il successivo art. 14-bis comma 1 prevede per il personale di cui all'art. 14, comma 1 nonche' per l'altro gia' volontariamente cessato dal servizio dopo la data del 12 ottobre 1993 anche a seguito di domanda di revoca espressa entro il 28 febbraio 1994 e che ne faccia apposita domanda entro il 31 luglio 1994, la possibilita' di optare per uno dei seguenti trattamenti economici: a) cessazione del rapporto di impiego con la soppressa Agenzia con diritto alla contestuale liquidazione da parte dell'I.N.A. del trattamento di fine rapporto alla stessa data; definizione, con riferimento alla suddetta data del 12 ottobre 1993 della posizione pensionistica gia' costituita; instaurazione, dal 13 ottobre 1993, del rapporto di servizio con le amministrazioni di assegnazione. In alternativa l'interessato puo' richiedere che la definizione della propria posizione pensionistica venga riferita alla data del 31 luglio 1994. Al dipendente spetta il trattamento economico previsto per la qualifica attribuita ai fini dell'inquadramento computando, ai fini della progressione economica secondo le modalita' previste per le qualifiche dirigenziali statali, l'anzianita' di qualifica maturata presso l'ultimo organismo di provenienza. La percezione del trattamento pensionistico maturato presso l'Inps e Inpdai alla stessa data del 12 ottobre 1993 potra' avvenire solo alla cessazione del rapporto di lavoro con l'amministrazione di assegnazione. I servizi gia' coperti dall'iscrizione previdenziale presso l'I.N.A. non sono riscattabili ai fini della indennita' di buonuscita; b) ricongiungimento del servizio prestato presso l'Agenzia e di quello prestato successivamente alla data del 12 ottobre 1993 con il servizio prestato presso l'amministrazione di assegnazione. Al dipendente e' attribuito lo stipendio iniziale della qualifica bienni di anzianita' nell'ultima qualifica rivestita e valutata ai fini dell'inquadramento alla data del 13 ottobre 1993. Al dipendente, in aggiunta alla retribuzione come sopra determinata, e' attribuito un assegno personale pensionabile riassorbibile con qualsiasi successivo miglioramento, pari alla differenza fra la predetta retribuzione e lo stipendio gia' percepito presso la soppressa Agenzia per la promozione dello sviluppo nel Mezzogiorno, ma comunque non superiore a lire 1.500.000 lorde mensili. Le altre indennita' eventualmente spettanti presso l'amministrazione di destinazione, diverse dall'indennita' integrativa speciale sono corrisposte nella misura eventualmente eccedente l'importo del predetto assegno personale». Il comma 4 dello stesso articolo dispone: «il personale cessato dal servizio dopo la data del 13 ottobre 1993 e prima della data di entrata in vigore del presente decreto, che non abbia optato per il mantenimento della posizione pensionistica di provenienza, puo' chiedere la restituzione dei contributi versati se non computati ai fini della ricongiunzione dei periodi previdenziali». I ricorrenti hanno tutti esercitato l'opzione b) prevista dall'art. 14-bis prima citato e sono a tutt'oggi in servizio presso l'amministrazione di assegnazione; pertanto non rientrano nella previsione della norma di cui al comma 4 dell'art. 14-bis; pur tuttavia agiscono in giudizio per ottenere la restituzione dei contributi non utili a fini della ricongiunzione dei periodi previdenziali, in base al disposto della stessa norma. Il Consiglio di Stato si e' ripetutamente interessato della questione; inizialmente sollecitato dai Ministeri, in due distinte occasioni ha reso pareri sull'ambito applicativo della norma. In particolare, la sez. III, verso nota della Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica del 28 aprile 1997 n. 1180, si esprimeva con il parere n. 1018/1996 in data 30 giugno 1999: «omissis con tale nota - tra l'altro - trovano soluzione anche i dubbi sollevati nella originaria relazione, non potendosi non concordare con quanto affermato dal Dipartimento circa il fatto che «la disposizione di cui all'art. 14-bis comma 4, vada compiutamente attuata a nulla valendo invocare le disposizioni precedenti, pur se aventi il carattere della generalita' (art. 6, legge n. 29/1979; Circ. min. n. 21 del 1981) per circoscrivere o mitigare l'ampia portata dell'art. 14-bis comma 4 del d.lgs. n. 96 che si rivolge - come norma speciale - ad una ristretta platea di destinatari, garantendo loro una tutela che non possa essere nemmeno parzialmente misconosciuta». Il Consiglio di Stato a sezioni II e III unite con parere n. 472/2000: «Le sezioni II e III unite ritengono che il principio della ripetibilita' dei contributi che risultano in eccedenza rispetto la riserva matematica si estenda in ragione dell'eadem ratio che presiede alle situazioni in esame, sia a quelle per le quali tale ripetibilita' e' espressamente prevista, sia per quelle per le quali sembra esservi lacuna nella legge. Per effetto di cio' il trattenimento da parte dell'I.N.P.S. (oggi I.N.P.D.A.P.) risulta privo di un titolo che possa giustificarlo. Ne consegue che gli interessati, ove non soddisfatti direttamente dall'I.N.P.S., potranno agire in giudizio per la tutela del loro corrispondente diritto». Il Tribunale amministrativo regionale Lazio decideva le controversie insorte secondo i pareri resi dal Consiglio di Stato: «si ritiene che il riferimento temporale oberato dalla cennata disposizione legislativa vada interpretato non gia' nel senso che il beneficio della restituzione dei contributi non utili ai fini della ricongiunzione dei periodi previdenziali e' applicabile solo nei confronti del personale cessato dal servizio dopo la data del 13 ottobre 1993, e prima dell'entrata in vigore del d.l. n. 32/1995, ma nel senso che la particolare norma di settore ha voluto attribuire tale beneficio anche a coloro che - medio tempore - erano gia' stati collocati a riposo. Posto che in mancanza di tale precisazione chi era cessato dal servizio prima della entrata in vigore del d.l. n. 32/1995 non avrebbe potuto usufruire del beneficio de quo, si deve invero rilevare che se la «causa» della restituzione dei maggiori contributi versati e' il loro mancato computo ai fini della ricongiunzione dei periodi previdenziali, tale causa sussiste per tutti i dipendenti della ex Agensud: e non soltanto per coloro che sono cessati dal servizio tra il 13 ottobre 1993 e il 9 febbraio 1995» (Sez. III con sentenza del 9 ottobre 2002). La Corte costituzionale - sollecitata in verita' sulla cennata decurtazione dello stipendio e della pensione ai dipendenti ex Agensud - si esprimeva con sentenza del 1-19 giugno 1998 n. 219 anche sulla questione di cui all'art. 14-bis, comma 4, d.lgs. n. 96/1993 riconoscendo la legittimita' di decurtazione di stipendio e del trattamento pensionistico dei dipendenti ex Agensud perche' la disciplina complessiva prevedeva una serie di altri benefici, quali la garanzia del posto di lavoro ed inoltre l'assunzione dell'onere della contribuzione integrativa da parte dello Stato e la restituzione dei contributi a seconda che il dipendente avesse esercitato l'opzione a) o b) dell'art. 14-bis. La Consulta testualmente esprime «Il definitivo assetto dato agli ex dipendenti dell'Agensud con la legge n. 104/1995 appare immune dall'asserito vizio di irragionevolezza anche avuto riguardo ai complessivi contenuti della disciplina. In vista della garanzia primaria del posto di lavoro, il legislatore ha offerto al personale di cui trattasi una serie di possibilita' che vanno dalla cessazione del rapporto, con deroga dell'allora vigente regime di sospensione dei pensionamenti sino all'alternativa tra l'avvio, dal 13 ottobre 1993, di un rapporto di impiego a livello iniziale della qualifica (con pagamento del TFR e computo della pregressa posizione assicurativa nella futura determinazione della pensione) e il ricongiungimento dei servizi (pregressi presso l'Agensud e presso l'amministrazione statale di destinazione) con un nuovo inquadramento (accompagnato dal riconoscimento, sia pure in dati limiti dell'anzianita' maturata). Inoltre sono state previste - come pure gia' detto - l'assunzione dell'onere della contribuzione integrativa da parte dello Stato, nonche' la restituzione dei contributi versati e non computati ai fini della ricongiunzione dei periodi previdenziali: ancora sulla asserita violazione dell'art. 38 Cost. «al riguardo sono ancora una volta da sottolineare l'operativita' del gia' citato meccanismo di restituzione dei contributi e gli oneri nascenti a carico dello Stato». Il Tribunale amministrativo regionale mantiene invariato l'orientamento sopra indicato con recentissime sentenze rese il 9 giugno 2005; non altrettanto la giurisdizione ordinaria di merito, il cui orientamento maggioritario e' per il rigetto dei ricorsi proposti. Invece il Consiglio di Stato ha variato l'orientamento originario riesaminando, nell'adunanza della III sezione del 29 ottobre 2002, il parere n. 604/2001 reso nei termini sopra riportati. Questa volta il Consiglio di Stato nega che il beneficio della restituzione dei contributi sia estensibile a tutto il personale ex Agensud cessato anche dopo l'8 febbraio 1995 cosi motivando: «la ratio della norma e' evidentemente quella di non discriminare il personale nelle identiche condizioni il quale, per circostanze accidentali e per l'incertezza legislativa che si e' protratta per anni, non ha potuto usufruire di uguale trattamento. Infatti, il personale che ha optato ai sensi dell'art. 14-bis in questione, per il ricongiungimento dei servizi e' stato assoggettato - senza soluzione di continuita' nel rapporto di lavoro - alla disciplina regolamentare dei restanti dipendenti statali, mentre quello che e' cessato dal servizio prima dell' 8 febbraio 1995, in un periodo caratterizzato da una situazione retributiva e previdenziale non definitiva, non e' stato posto in condizione di scegliere il trattamento piu' conveniente. Cosi', il legislatore si e' preoccupato di consentire ai dipendenti dell'ex Agensud, cessati dal servizio prima dell'introduzione dell'art. 14-bis, che abbiano versato contributi non computati ai fini della ricongiunzione dei periodi previdenziali, di chiederne la restituzione. .... omissis .... Ritenere che il beneficio in questione sia estensibile indistintamente a tutto il personale ex Agensud, anche se cessato successivamente all'8 febbraio 1995 e persino tutt'ora in servizio, significherebbe non gia' eliminare una situazione discriminatoria, ma introdurne un'altra (piu' grave in quanto generalizzata) a favore del personale ex Agensud ed a carico degli altri dipendenti pubblici transitati presso l'Amministrazione statale per mobilita» ... Invero suscita non poche perplessita' il diverso orientamento restrittivo del Consiglio di Stato. Non trova riscontro normativo che i dipendenti cessati dal servizio prima dell'8 febbraio 1995 non siano stati messi in condizione di scegliere il trattamento piu' conveniente e che per tale ragione il legislatore si sia preoccupato di concedere la restituzione dei contributi solo a coloro cessati dal servizio prima dell'introduzione dell'art. 14-bis: come correttamente evidenziato dai ricorrenti, l'art. 14-bis e' stato introdotto con il d.l. 10 giugno 1994 n. 355, ed e' stato introdotto come norma con effetti retroattivi perche' ha consentito che tutti potessero scegliere fra l'opzione a) e b), anche mediante revoca espressa di scelte operate precedentemente (cfr. art. 9 stesso d.l.), e beneficiare della restituzione dei contributi, anche coloro che, per effetto di diversa normativa posta in essere fra il 12 ottobre 1993 (data di cessazione del rapporto con l'Agenzia) ed il 9 giugno 1994 (data antecedente l'introduzione dell'art. 14-bis), non avrebbero potuto accedere alle nuove «provvidenze». L'art. 14-bis e' stato poi reiterato dagli altri dd.ll. succedutisi nel tempo, sino alla legge di conversione dell'8 febbraio 1995, consentendo l'accesso alle previsioni di cui all'art. 14-bis comma 4 anche a coloro cessati successivamente alla sua introduzione. Sotto il profilo di trattamento giuridico ed economico, dal succedersi dei vari dd.ll. emerge che non vi e' differenza fra coloro cessati dopo il 10 giugno 1994 e coloro cessati successivamente a tale data, ed anche sino all'8 febbraio 1995: tutti infatti sono cessati dall'Agensud al 12 ottobre 1993; sono transitati presso l'amministrazione statale, sono stati messi in condizioni di effettuare le scelte fra quelle possibili previste dalla normativa, ed hanno beneficiato del medesimo livello stipendiale goduto presso l'Agensud sino al 9 giugno 1994, subendone la riduzione di circa il 40% (in uno con il trattamento pensionistico) in data 10 giugno 1994 con il d.l. n. 355. Coloro invece cessati prima dell'introduzione della norma, ossia prima del 10 giugno 1994, hanno goduto del medesimo livello stipendiale da dipendente ex Agensud anche nel transito presso l'amministrazione statale, sono andati in pensione con il medesimo livello di trattamento che avrebbero fruito se l'Agensud non fosse stata soppressa, ed in piu' hanno ottenuto l'accesso alla restituzione dei contributi che, per effetto della ricongiunzione, fossero risultati eccedenti. Allora, se i presupposti del diniego del diritto da parte del Consiglio di Stato sono quelli sopra riportati, essi non trovano fondamento nelle norme e dunque decade la tesi adottata dal superiore organo di giustizia amministrativa. Ancora con sentenza n. 13 del 15 settembre 2006 il Consiglio di Stato in Adunanza Plenaria nega il diritto alla restituzione dei contributi non piu' utili a pensione per quei dipendenti non cessati dal servizio fra il 13 ottobre 1993 ed il 9 febbraio 1995 perche' ... omissis «la norma costituisce eccezione al principio, vigente nel regime della assicurazione generale obbligatoria dell'acquisizione alla gestione previdenziale di appartenenza dei contributi debitamente versati, nonostante che gli stessi non siano utili per l'insorgenza di alcun trattamento pensionistico. Omissis .... L'interpretazione seguita dall'adunanza plenaria non comporta la violazione dei principi di uguaglianza e ragionevolezza a causa della diversita' di situazioni in cui versano i dipendenti considerati dall'art. 14-bis, comma 4» d.lgs. n. 96/1993 e quelli poi transitati nei ruoli di altre amministrazioni. I dipendenti cui spetta la restituzione ai sensi del comma 4 del citato art. 14-bis per gli aspetti economici e previdenziali non hanno mantenuto il trattamento in precedenza spettante (non rientrando nel novero del personale disciplinato dall'art. 14, comma 3) e, per gli aspetti economici, non hanno potuto effettuare l'opzione prevista dall'art. 14-bis perche' cessati dal servizio prima della sua entrata in vigore. Inoltre i dipendenti transitati nei ruoli di altre amministrazioni - nel cui novero rientra la parte ricorrente in primo grado - hanno acquisito ex novo uno status uguale a quello dei loro colleghi, tranne il trattamento economico scelto in base alla facolta' di opzione prevista dall'art. 14-bis, comma 1, d.lgs. n. 96/1993 che ha consentito un trattamento innovativo anche se di minore entita' (ritenuto conforme ai principi costituzionali dalla Corte costituzionale con sentenza 19 giugno 1998, n. 219). Cosi' che non rileva la circostanza per la quale il personale ex Agensud verrebbe a conseguire lo stesso trattamento pensionistico del personale cui e' stato economicamente parificato a fronte invece di una maggiore contribuzione; la quale ultima ha trovato giustificazione nel trattamento particolarmente favorevole prima goduto dai dipendenti dell'Agensud in confronto con quello erogato dalle amministrazioni di nuova destinazione. Valga quanto gia' rilevato dal rimettente sulla prima decisione negativa del Consiglio di Stato. Le successive decisioni negative delle corti di merito ed anche di questo tribunale ripropongono sostanzialmente la tesi del Consiglio di Stato, non condividibile dal rimettente per quanto gia' sopra detto. La fattispecie e' una ripetizione di indebito previdenziale insorto per venir meno della causa, originariamente esistente, del versamento dei contributi; l'indebito matura per effetto della soppressione dell'ente datore di lavoro (Agensud ed enti collegati) e degli interventi legislativi conseguenti a tale evento, posti a tutela della posizione dei dipendenti. I fatti di causa vanno valutati entro il contesto normativo della soppressione di enti, ove e' prevista, a fini perequativi, la restituzione di contributi previdenziali che, per effetto del passaggio a nuova e diversa gestione previdenziale non siano piu' utili a fini pensionistici. Si cita, a titolo esemplificativo, il d.P.R. n. 761/1979, e la giurisprudenza applicativa costituita dal C.d.S. Ad.pl. n. 3/1992, e successive pronunce conformi a questa costituite da C.d.S. nn. 916 e 989/1999 e 505/1998. Afferma il C.d.S. in adunanza plenaria ... omissis e' pertanto certo che per il personale trasferito si e' verificata una concreta diminuzione nel livello atteso delle prestazioni all'atto del pensionamento, diminuzione che sarebbe anomala qualora non fosse possibile conseguire la restituzione dei contributi, il cui versamento risulta ormai privo di ogni finalita' ... omissis l'interpretazione qui disattesa determinerebbe cosi' una sensibile disparita' di trattamento tra le varie categorie di personale confluito nelle UU.SS.LL., nello Stato e negli enti pubblici per effetto dello scioglimento degli enti, nel senso che per alcuni, in corrispondenza dei servizi pregressi, sono affluiti alle nuove gestioni di destinazione i solo contributi derivanti dal regime di assicurazione generale, mentre per gli altri dovrebbero essere versati sia tali contributi sia quelli di carattere integrativo ... la disposizione rinvia all'art. legge n. 29/1979 il quale nello stabilire che la ricongiunzione avviene d'ufficio e senza oneri a carico dei lavoratori soggiunge che a tal fine le gestioni assicurative di provenienza versano a quelle di destinazione i contributi di propria pertinenza deve concludersi che qualora la situazione derivante dalla ricongiunzione sia tale da non offrire alcuna utilita' ai lavoratori, non puo' ipotizzarsi il trasferimento delle somme da essi versati nei predetti periodi cio' ad evitare che essi si trovino rispetto ad altri dipendenti in posizione ingiustificatamente deteriore in quanto fruiscano della medesima posizione previdenziale ma con oneri maggiori. Si tratta del resto di un principio perequativo che emerge in linea di massima dalla citata normazione regolamentare dei singoli enti ed anche dalla legge n. 29/1979 .... l'art. 8 di tale legge prevede infatti che in caso di ricongiunzione che comporti l'impossibilita' di utilizzare determinati periodi coperti da contribuzione, gli importi dei versamenti volontari non possono essere incamerati. E non si vede perche' tale principio, giustificato dalle illustrate esigenze logiche, non dovrebbe essere utilizzato in mancanza di esplicite disposizioni in contrario, in circostanze analoghe, vale a dire nelle situazioni contemplate dal d.P.R. n. 761/1979 che delle disposizioni della legge n. 29/1979 costituisce applicazione e svolgimento in casi particolari omissis» (C.d.S. ad.pl. n. 3/1992 pagg. 32 e ss.). I fatti di causa costituiscono una casistica particolare, per la quale e' stata dettata una complessa normativa speciale. Il problema interpretativo ed applicativo della norma di cui all'art. 14-bis comma 4, d.lgs. n. 96/1993 (introdotto dal d.l. n. 355/1994 e successivamente convertito con legge n. 104/1995) e' posto da una formulazione letterale che parte ricorrente ha ritenuto infelice per gli effetti incompatibili con la Costituzione che ne deriverebbero dalla sola interpretazione ed applicazione letterale; il rimettente ritiene di dover condividere la posizione del ricorrente. E' pur vero che l'inserimento del dato temporale per l'accesso al diritto a pensionamento e' frequente nel nostro sistema giuridico, verificandosi di norma che le varie riforme susseguitesi nel tempo incidano sui rapporti di durata modificando il trattamento economico e previdenziale della generalita' dei lavoratori: si tratta in ogni caso di previsioni temporali che hanno una logica, normalmente quella di scaglionare nel tempo il transito della totalita' dei lavoratori agli interventi riformatori, generalmente migliorativi. A titolo esemplificativo si cita Corte cost. n. 95/1992: sul punto stabilisce che inserire il fluire del tempo come elemento diversificatore non e' irrazionale o irragionevole nel caso di modificazione normativa in cui sono stabilite differenziazioni temporali agevolative nei confronti di una stessa categoria di soggetti. Invece nella casistica di causa l'inserimento del dato temporale appare privo di ogni logica giuridica se si considera che la storia lavorativa e giuridica del ricorrente rispetto a quella degli altri dipendenti Agensud cessati entro il 9 febbraio 1995 presenta i medesimi presupposti di diritto sostanziale per l'applicazione del beneficio della restituzione della eccedenza maturata di contributi: infatti se il testo letterale della norma individua la causa della restituzione dei contributi gia' versati nella loro (sopravvenuta) non utilita' a fini pensionistici, tale causa sussiste nei confronti di tutto il personale che ha operato determinate scelte (transito presso il ministero con opzione di non mantenimento della posizione pensionistica di provenienza) e che ha maturato una eccedenza di contributi rispetto alla riserva matematica utile alla pensione secondo il nuovo e diverso regime previdenziale di dipendente statale. Ne' - richiamando il principio perequativo di cui si diceva - puo' opporsi che il legislatore abbia voluto circoscrivere temporalmente l'accesso al beneficio della restituzione dei contributi ai soli dipendenti cessati dal servizio nella fascia temporale indicata nell'art. 14-bis, comma 4 per compensarli del trattamento economico deteriore da essi subito rispetto agli altri, perche' invece sotto tale profilo effettivamente esiste una forte discriminazione fra coloro cessati dal servizio fino al 10 giugno 1994 e quelli cessati successivamente a tale data: infatti solo questi ultimi hanno subito la gravosa riduzione (40% circa) di stipendio (e trattamento pensionistico): fra questi, solo a coloro cessati dal servizio fino al 9 febbraio 1995 e' consentito - dal dato meramente letterale della norma - di ripetere i contributi non piu' utili a pensione. Tutti gli altri, quelli transitati presso le amministrazioni statali e cessati entro il 9 febbraio 1995 hanno goduto del mantenimento del livello stipendiale fino al 10 giugno 1994 e pure del beneficio della restituzione dei contributi non piu' utili a fini pensionistici. I dati normativi (l'originario d.lgs. n. 96/1993 veniva parzialmente modificato con primo d.l. n. 285 dell'8 agosto 1993 e via via fino alla vigenza del d.l. 7 dicembre 1993, n. 506, ancora con il successivo d.l. n. 95 del 7 febbraio 1994, e successivo d.l. n. 228 del 9 aprile 1994) dimostrano che tutti i dipendenti della ex Agensud fino alla data del 10 giugno 1994 hanno fruito un trattamento economico assolutamente migliore a quanto successivamente loro attribuito, in quanto esattamente pari al trattamento economico percepito presso l'Agensud. Al 10 giugno 1994, con il d.l. n. 355 (del 10 giugno 1994), accade che il trattamento economico del dipendente ex Agensud viene parificato a quello dei dipendenti statali, con una decurtazione di circa il 40% del trattamento economico originariamente attribuito loro. Contemporaneamente, con lo stesso d.l., viene introdotto l'art. 14-bis, comma 4 al d.lgs. n. 96/1993 con le gia' descritte possibilita' di opzioni a) e b) e restituzione dei contributi non utili a fini pensionistici; con l'art. 9 del medesimo d.l. (n. 355/1994) viene data a tutti la possibilita' di revocare scelte operate precedentemente, e dunque di avvalersi del nuovo meccanismo di cui all'art. 14-bis, con esercizio dell'opzione b) e conseguente diritto alla restituzione dei contributi non piu' utili a pensione: «il personale di cui all'art. 14, comma 1, nonche' il personale che sia gia' volontariamente anche a seguito di domanda di revoca espressa entro il 28 febbraio 1994 cessato dal servi zio dopo la data del 12 ottobre 1993 e che ne faccia apposita domanda entro il 31 luglio 1994 puo' optare alternativamente per uno dei seguenti trattamenti economici: a) cessazione del rapporto di impiego con la soppressa Agenzia con diritto a ... omissis ... b) ricongiungimento del servizio prestato presso l'Agenzia» ... omissis. Ora, affermare che l'art. 14-bis, comma 4 sia stato posto per sanare gli effetti pregiudizievoli dei numerosi d.l. non convertiti, susseguitisi nel tempo, equivale affermare che il legislatore abbia voluto introdurre i pregiudizi e le discriminazioni di cui si diceva. Per la giurisprudenza della suprema Corte, il criterio teleologico deve prevalere sul criterio letterale quando quest'ultimo dia un effetto incompatibile con il sistema normativo (Cass. n. 10874/2005). Anche il giudice delle leggi ha in piu' occasioni ribadito che l'indagine sulla ratio della norma e' tanto piu' necessaria non solo per l'assenza, nel caso specifico, di diritto vivente, ma anche per l'esigenza di una doverosa ricerca, tra piu' soluzioni interpretative possibili, di quella costituzionalmente adeguata, posto che l'incostituzionalita' di una disposizione puo' dirsi solo ove sia impossibile dare una interpretazione costituzionale e non perche' e' possibile dare una interpretazione costituzionale (Corte cost. n. 127/2002); ricordato che i giudici di primo livello sono chiamati ad interpretare ed applicare la legge in modo conforme alla Costituzione rimettendo, solo in ipotesi di impossibilita', gli atti alla Corte (ex plurimis Corte costituzionale 11 dicembre 2001, n. 395); la qual cosa il rimettente osserva si verifichi nel caso di specie. E' incontestabile che le giurisdizioni superiori (Corte di cassazione e Corte costituzionale) abbiano reiteratamente affermato che nel nostro sistema giuridico non e' prevista la restituzione dei contributi previdenziale qualora essi non vengano piu' utilizzati per alcun trattamento pensionistico; tuttavia sono fatte salve le norme speciali, derogatorie di questo generale principio (Cass. n. 13382/2001, Cass. n. 2436/2005 e Corte cost. n. 439/2005). E' in ragione di una norma speciale (l'art. 14-bis, comma 4) che i ricorrenti chiedono il riconoscimento del diritto alla restituzione dei contributi non piu' utili a fini pensionistici, sollevando il problema della incostituzionalita' della formulazione della norma e chiamando nel contempo il giudice a dare una interpretazione (ed applicazione) secondo Costituzione - eventualmente supportandosi con i principi adottati dal Legislatore e dall'interprete negli altri casi di soppressione di enti - o a rimettere la questione al giudice delle Leggi. La Corte costituzionale ha pronunciato in materia (con la sentenza n. 219/1998) sollecitata in realta' su due norme diverse, l'art. 14 e l'art. 14-bis, comma 1 e 3, e rigettava le censure d'illegittimita' costituzionale delle decurtazione dello stipendio e del trattamento pensionistico dei dipendenti ex Agensud perche' la disciplina andava considerata nel suo complesso, ed a fronte delle diminuzioni di stipendio e pensione erano concessi dei benefici, fra cui la restituzione dei contributi non piu' utili a fini pensionistici (cfr. pag. 52 sentenza n. 219/1998, par. 3.3-3.6), come gia evidenziato. Ora, la Corte costituzionale non ha affrontato specificamente il problema posto dall'art. 14-bis, comma 4 d.lgs. n. 96/1993 e della compatibilita' dello stesso ai precetti costituzionali: pertanto non ha specificato se quei benefici vadano circoscritti secondo la lettera della norma: ma, secondo logica giuridica, se le decurtazioni di stipendio e trattamento pensionistico (futuro) erano un disagio subito da tutti i dipendenti della ex Agensud (almeno a partire dal giugno 1994) e loro legittimita' e' nella fruizione di una serie di benefici, e' evidente che anche i benefici devono essere accordati a tutti; con l'aggravante che in ogni caso coloro cessati dal servizio fino al 10 giugno 1994 in ogni caso hanno goduto dei maggiori benefici della decretazione d'urgenza in quanto non hanno subito decurtazioni stipendiali (avendo mantenuto lo stesso livello stipendiale goduto presso l'Agensud, a norma dei d.l. precedenti al d.l. n. 355/1994) accedendo pero' ugualmente al beneficio della restituzione dei contributi non piu' utili a fini pensionistici (come detto al paragrafo precedente). In primo luogo, va considerato che le somme versate all'ente previdenziale, erano finalizzate al conseguimento di un proporzionale trattamento pensionistico, secondo le norme proprie del regime assicurativo obbligatorio vigente, all'epoca, per i dipendenti della ex Agensud. Nel momento in cui il legislatore ha deciso di sopprimere l'Agenzia e di consentire il transito, a domanda, del personale dipendente all'amministrazione dello Stato, poteva ben rideterminare il trattamento previdenziale collegandolo alla posizione lavorativa presso tale amministrazione (cosi' come da sentenza della Corte costituzionale n. 219/1998 in atti), ma non poteva far trattenere le somme aggiuntive percepite agli indicati fini previdenziali, che non costituivano piu' titolo per un proporzionale trattamento pensionistico: la diminuzione del livello atteso delle prestazioni all'atto del pensionamento sarebbe del tutto anomala qualora non fosse possibile conseguire la restituzione dei contributi, il cui versamento risulta ormai privo di ogni finalita'. Se cosi' non fosse, sarebbe violato il principio di eguaglianza ex art. 3 Cost., di imparzialita' ex art. 97 Cost., il principio di parita' di retribuzione a parita' di qualita' e quantita' di lavoro svolto, di cui all'art. 36 Cost., nonche' i principi che governano il diritto a pensione di cui all'art. 38 Cost. A tal ultimo riguardo non si puo' trascurare che e' principio generale dell'ordinamento previdenziale - ora cristallizzato con legge n. 355/1995 - collegare il diritto a pensione al versamento di contributi in misura predeterminata, in riferimento alla prestazione pensionistica finale, con preclusione del versamento, ad opera dell'interessato, di contributi eccedenti la misura predeterminata dalla legge: nella fattispecie dei dipendenti ex Agensud perdura il denegato risultato di una prestazione pensionistica finale di contributi in eccesso rispetto alla misura richiesta dalla legge e rispetto alla misura versata dai colleghi di pari livello dell'amministrazione statale ove sono stati destinati. Una applicazione restrittiva della norma a quei soli dipendenti cessati dal servizio presso le amministrazioni statali dal 13 ottobre 1993 al 9 febbraio 1995 discriminerebbe - come gia' detto - immotivatamente tutti gli altri dipendenti della ex Agensud che non hanno optato per il regime pensionistico di provenienza e che pur non rientrano nella fascia temporale espressamente indicata dalla norma, ed in particolare, nei confronti dei colleghi della ex Agensud che, esercitata l'opzione «b», e conseguentemente transitati presso le amministrazioni statali non scegliendo il mantenimento della posizione pensionistica di provenienza, siano andati in pensione nel periodo temporale indicato dalla norma (dopo il 13 ottobre 1993 e prima dell'entrata in vigore del d.l. 10 giugno 1994, n. 355); i colleghi delle amministrazioni statali di destinazione con i quali condividerebbero lo stesso regime previdenziale, lo stesso trattamento pensionistico ma con oneri contributivi maggiori, del tutto irragionevolmente; i colleghi degli enti collegati all'Agensud e pur essi disciolti: ai sensi dell'art. 10 d.l. n. 32/1995 essi seguivano la stessa procedura per la cessazione dal servizio prevista per i dipendenti ex Agensud, ma i dipendenti degli enti disciolti (Finam, Italtrade, Iasm, Casmez, Formez, e via di seguito) sono tutti cessati dopo il 13 ottobre 1993 e prima del 10 giugno 1994 e quindi, tutti aventi diritto al beneficio della restituzione dei contributi. In secondo luogo, si deve considerare che secondo l'autorevole interpretazione della Corte costituzionale il legislatore ha disposto ex lege la restituzione dell'indebito trattenimento delle somme anche per il personale transitato presso le amministrazioni statali. Cio' e' stato sottolineato particolarmente dalla Corte costituzionale con la gia' citata pronuncia n. 219 del 1998 (doc. 28 in atti), che ha riconosciuto come la «restituzione dei contributi versati e non computati ai fini della ricongiunzione dei periodi previdenziali» rientri tra le compensazioni dovute per far fronte alla «inderogabile esigenza da questa Corte piu' volte riconosciuta quale base del potere del legislatore di modificare sfavorevolmente la disciplina dei rapporti di durata». Piu' in generale, andrebbe considerato il «principio dell'affidamento», che secondo la Corte costituzionale costituisce un «elemento essenziale dello Stato di diritto» e «non puo' essere leso da norme con effetti retroattivi che incidano irragionevolmente su situazioni regolate da leggi precedenti» (ex plurimis, Corte cost. n. 525 del 2000). Va anche considerato che la Corte costituzionale (sentenza n. 1/2006) ammette norme retroattive purche' comportino una regolamentazione non manifestamente irragionevole (sent. n. 419/2000) onde la retroattivita' puo' risultare giustificata dalla sistematicita' dell'intervento innovatore e dall'esigenza di uniformare il trattamento delle situazioni giuridiche pendenti e quello delle situazioni future. Se si considera che la norma dell'art. 14-bis, comma 4, d.lgs. n. 96/1993 posta con d.l. n. 355/1994 e reiterata da successivi d.l. fino alla legge di conversione n. 104/1995 dispone per il pregresso, e non per il futuro (come avviene di regola nel nostro sistema) anche sotto tale profilo sarebbe incostituzionale, se si privilegia la interpretazione ed applicazione meramente letterale, con l'effetto di escludere dalla restituzione dei contributi previdenziali non piu' utili a pensione coloro cessati dal servizio dopo il 9 febbraio 1995. Rilevanza La questione e' a tutt'oggi irrisolta e piu' che mai attuale, se si considera la pendenza di un contenzioso gravoso innanzi le corti di merito, il contrasto di orientamenti giurisprudenziali recentemente insorto fra i giudici sia ordinari sia amministrativi, la difficolta' di orientamento nelle condotte da adottare da parte dei ministeri a fronte della persistente negazione del diritto da parte della gestione previdenziale di competenza (I.N.P.D.A.P.), la soddisfazione (in gran parte coattiva) del diritto di alcuni dipendenti della ex Agensud a fronte della negazione dello stesso diritto ad altri dipendenti che versano in identiche condizioni. Se la situazione e' questa, e' evidente che l'intervento del giudice delle leggi (con la sentenza n. 219/1998) non e' stato definitivamente chiarificatore in quanto, avendo affrontato la questione sotto i profili della legittimita' costituzionale delle riduzioni economiche (stipendio e pensione) ai dipendenti della soppressa Agensud e toccato solo incidentalmente la disposizione del comma 4, art. 14-bis cit., non ha dettato i principi guida del meccanismo della restituzione dei contributi (non utili a pensione) e soprattutto il relativo ambito applicativo. In conclusione, il tribunale ritiene rilevante ai fini del decidere e non manifestamente infondata la questione di legittimita' Costituzionale dell'art. 14-bis, comma 4, del d.lgs. n. 96/1993 successivamente modificato come da vari dd.ll. sino al d.l. n. 32 del 1995, come convertito in legge n. 104 del 1995, nella parte in cui consente una interpretazione volta a non applicare il beneficio della restituzione dei contributi a tutti i dipendenti della ex Agensud, che, cessato ex lege il rapporto di lavoro con tale Agenzia ed esercitata l'opzione «b» di cui all'art. 14-bis, comma 1 dello stesso decreto, siano transitati presso amministrazioni statali ricongiungendo il servizio prestato in precedenza presso l'Agensud e non abbiano scelto il mantenimento della posizione pensionistica di provenienza, per violazione degli artt. 3, e 97 Cost. L'esame di tale questione deve quindi essere rimessa al vaglio della Corte costituzionale.
P. Q. M. Dispone la riunione dei ricorsi indicati in epigrafe e deferisce alla Corte costituzionale la questione di legittimita' costituzionale, per contrasto con gli artt. 3 e 97 Cost., della norma di cui all'art. 14-bis, comma 4 d.lgs. n. 96 del 1993 nella parte in cui consente una interpretazione volta a non applicare il beneficio della restituzione dei contributi a tutti i dipendenti della ex Agensud, che, cessato ex lege il rapporto di lavoro con tale Agenzia ed esercitata l'opzione «b» di cui all'art. 14-bis, comma 1 dello stesso decreto, siano transitati presso amministrazioni statali ricongiungendo il servizio prestato in precedenza presso l'Agensud e non abbiano scelto il mantenimento della posizione pensionistica di provenienza. Sospende il giudizio ed ordina l'invio degli atti alla Corte costituzionale. Cosi' deciso in Roma, addi' 25 maggio 2007. Il giudice: Toti 07C1302