N. 379 SENTENZA 5 - 14 novembre 2007

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Procedimento  civile  - Procedimenti possessori - Fase interdittale -
  Accoglimento  della  domanda  possessoria - Potesta' del giudice di
  liquidare  le  spese  con  il medesimo provvedimento, ancorche' non
  avente   natura   di   sentenza  -  Mancata  previsione  -  Dedotto
  ingiustificato  onere per il ricorrente vittorioso di richiedere la
  fissazione dell'udienza per la prosecuzione del giudizio di merito,
  al  solo scopo di ottenere la condanna del soccombente alle spese -
  Lamentata  disparita' di trattamento rispetto al resistente nonche'
  lesione  del  diritto  di  azione - Possibilita' di interpretare la
  norma in senso conforme ai parametri evocati - Non fondatezza della
  questione nei sensi di cui in motivazione.
- Cod. proc. civ., artt. 703 e 669-octies.
- Costituzione, artt. 3 e 24.
(GU n.45 del 21-11-2007 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Franco BILE;
  Giudici:  Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio
FINOCCHIARO,  Alfonso  QUARANTA,  Luigi  MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI,
Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel   giudizio  di  legittimita'  costituzionale  degli  artt. 703  e
669-octies  del  codice di procedura civile promosso dal Tribunale di
Firenze,   sezione  distaccata  di  Empoli  nel  procedimento  civile
vertente  tra  F. F. ed altra e la Sadar Costruzioni s.r.l. ed altra,
con  ordinanza  del  10 maggio  2006, iscritta al n. 675 del registro
ordinanze 2006 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 6, 1ª serie speciale, dell'anno 2007;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella Camera di consiglio del 26 settembre 2007 il giudice
relatore Francesco Amirante.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  Nel  corso  di un procedimento possessorio il Tribunale di
Firenze,  sezione  distaccata di Empoli, premesso di ritenere fondata
la  proposta  domanda  di  reintegrazione  e  di  non  dover peraltro
provvedere  in tal senso per l'avvenuta, spontanea reintegra posta in
essere   dai   resistenti,  con  ordinanza  del  10 maggio  2006,  ha
sollevato,  in  riferimento  agli  artt. 3  e  24 della Costituzione,
questione di legittimita' costituzionale degli artt. 703 e 669-octies
del codice di procedura civile, nella parte in cui non prevedono che,
con  il  provvedimento  di accoglimento della domanda possessoria, il
giudice debba provvedere anche sulle spese.
    Specifica  il remittente di non essere tenuto a fissare l'udienza
per  il  merito,  rimessa, in via del tutto eventuale, all'iniziativa
delle  parti  e  di  non  avere  i ricorrenti chiesto la condanna dei
resistenti alle spese di lite della fase interdittale.
    Osserva  il  Tribunale  che,  ove  nessuna  delle  parti opti per
l'inizio della causa di merito nei termini di legge, il provvedimento
che definisce il giudizio puo' divenire definitivo tra le parti in un
diverso  procedimento, operando, anche per i provvedimenti possessori
di   reintegrazione   e   manutenzione   del   possesso,   la   norma
dell'art. 669-octies,  ultimo  comma,  cod.  proc.  civ.,  giusta  il
richiamo   dell'art. 703,  secondo  comma,  dello  stesso  codice.  E
tuttavia,  pur a fronte di un provvedimento tendenzialmente idoneo ad
assumere efficacia definitiva, non e' stata prevista la necessita' di
regolare  le  spese  di  lite ne' per i provvedimenti possessori ne',
piu'  in  generale,  per  i  provvedimenti  cautelari di accoglimento
anticipatori   della   sentenza   di   merito   (di  cui  all'attuale
art. 669-octies cod. proc. civ.).
    A  tale  mancata  previsione  non pare al giudice a quo che possa
porsi   rimedio   in   via   di   interpretazione  delle  norme,  pur
costituzionalmente   orientata,   in   quanto  nella  disciplina  dei
provvedimenti  cautelari l'unica ipotesi di necessita' di regolare le
spese  si  rinviene  nella norma di cui all'art. 669-septies, secondo
comma,  cod.  proc.  civ.,  dettata  per  il solo e specifico caso di
provvedimento  di  incompetenza  o di rigetto della domanda cautelare
pronunciata   prima  dell'inizio  della  causa  di  merito.  In  tale
evenienza,  la  previsione e' giustificata dalla mancanza di una fase
successiva  del  procedimento,  che  si  chiude  con il rigetto della
domanda o con la declaratoria di incompetenza.
    Siffatta previsione, proprio perche' specificamente dettata per i
provvedimenti  di  rigetto o di incompetenza, non appare al Tribunale
estensibile,  in  via  di  interpretazione, anche ai provvedimenti di
accoglimento  delle  domande di reintegrazione ovvero di manutenzione
nel  possesso.  Ne'  il  remittente  ritiene  che a tale lacuna possa
sopperirsi  con  il  ricorso al principio generale di cui all'art. 91
del codice di rito.
    Sotto  il  vigore  della  precedente disciplina (in cui il merito
possessorio   doveva   sempre   seguire  la  fase  interdittale),  la
giurisprudenza  di  legittimita' aveva qualificato come avente natura
di  sentenza  il provvedimento di reintegra nel possesso disposto dal
giudice  all'esito  della  fase interdittale - qualora il giudice non
avesse  fissato  l'udienza per la successiva fase di merito - proprio
in  quanto  lo  stesso definiva il giudizio. Ma tale orientamento non
appare  al  Tribunale  estensibile  alla  nuova  previsione di cui al
riformato  art. 703 cod. proc. civ., perche' tale disposizione rinvia
innanzitutto   alle   norme  generali  previste  per  i  procedimenti
cautelari  dagli  artt. 669-bis e seguenti cod. proc. civ., in quanto
compatibili;   norme   tra   le  quali  e'  compresa  quella  di  cui
all'art. 669-octies,  ultimo comma, il quale letteralmente stabilisce
che  «L'autorita' del provvedimento cautelare non e' invocabile in un
diverso processo», con cio' implicitamente negando natura di sentenza
al   provvedimento   di   accoglimento   della  domanda  cautelare  o
possessoria  (tale  conclusione  sembra  al remittente avvalorata dal
rilievo  secondo  il quale, mentre a fronte dell'ordinanza conclusiva
della fase interdittale che non fissava l'udienza per la prosecuzione
del  merito possessorio, sotto il vigore delle vecchie norme, non era
previsto   alcun  rimedio,  oggi  con  la  nuova  previsione  di  cui
all'art. 703  cod.  proc.  civ. e' data alle parti la possibilita' di
avanzare  istanza  per la fissazione dell'udienza per la prosecuzione
del giudizio di merito).
    Per   quanto  il  provvedimento  di  accoglimento  della  domanda
possessoria  sia  idoneo,  ove non seguito dall'istanza di fissazione
dell'udienza  per  il  merito,  ad assumere effetti definitivi tra le
parti,  lo stesso non puo' assumere l'efficacia di una vera e propria
sentenza e, dunque, non appare avere natura decisoria.
    Da   tale   ragionamento   il   giudice   a   quo   fa   derivare
l'impossibilita'  di  dare  applicazione  alla  norma generale di cui
all'art. 91  cod.  proc. civ. che egli ritiene altresi' inapplicabile
sulla  base  di  considerazioni di ordine sistematico, richiamando la
disciplina  dei  provvedimenti  monitori  di  cui  agli  artt. 633  e
seguenti  cod.  proc.  civ.,  i  quali,  se  non seguiti da rituale e
tempestiva   opposizione,   sono   destinati  a  divenire  esecutivi:
l'insussistenza   dell'automatica   operativita',   per   i   decreti
ingiuntivi, del principio generale di cui all'art. 91 cod. proc. civ.
appare  al  remittente  ricavabile,  implicitamente,  dalla specifica
previsione di cui all'art. 641, ultimo comma, del medesimo codice. La
possibilita',  peraltro,  che il procedimento cautelare o possessorio
si  esaurisca con l'emissione del provvedimento conclusivo della fase
cautelare  o  interdittale, auspicabile a fini deflativi, verrebbe ad
essere  irrimediabilmente  frustrata,  proprio  a causa della mancata
previsione della necessita' di liquidare le spese di lite, trovandosi
la  parte  ricorrente  vittoriosa  costretta  ad iniziare la causa di
merito se vuole vedersele riconosciute.
    Tale  esito  necessitato dell'applicazione della norma in esame -
che  sarebbe  dovuto  ad  una  svista del legislatore - non appare al
Tribunale  conforme  ai principi costituzionali di cui agli artt. 3 e
24  Cost.,  in  quanto  la  mancata previsione della regolamentazione
delle spese in caso di accoglimento della domanda possessoria in sede
cautelare  addossa al ricorrente vittorioso il costo del procedimento
possessorio  medesimo, costringendolo di fatto a richiedere - al solo
scopo di ottenere la condanna della parte soccombente alle spese - la
fissazione  dell'udienza  per  il merito, pur ritenendosi soddisfatto
gia'  con  il  provvedimento  interdittale,  mentre tale costo non e'
sopportato  dalla  parte resistente vittoriosa, che si vede liquidate
le spese.
    Questo  differente trattamento riservato alle parti, mentre sotto
il  vigore  delle norme previgenti si giustificava per i procedimenti
cautelari   in   considerazione   della   sostanziale  differenza  di
disciplina  tra  il provvedimento di accoglimento e quello di rigetto
della  domanda cautelare (dal momento che solo il primo era destinato
ad  essere  necessariamente seguito dalla fase del merito cautelare),
non  sarebbe  oggi  piu'  sorretto  da  alcuna giustificazione logica
neppure   nel  settore  dei  provvedimenti  possessori,  atteso  che,
all'esito  della  recente  riforma,  entrambi  i  provvedimenti  - di
rigetto  o  di  accoglimento  della  domanda possessoria - sono ormai
idonei  a  divenire definitivi (il primo in ogni caso, il secondo per
l'ipotesi che non sia seguito da istanza di fissazione di udienza nel
termine previsto).
    2.  -  E' intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,  che  ha  concluso  per l'inammissibilita' e, comunque, per la
manifesta infondatezza della questione, in quanto, sebbene l'art. 703
cod.  proc. civ. non preveda l'obbligo per il giudice di liquidare le
spese  della fase sommaria del procedimento possessorio anche in caso
di  accoglimento  della  domanda,  nondimeno  risulterebbe  possibile
ricavare   questo  principio  dall'art. 91  cod.  proc.  civ.,  norma
generale in tema di liquidazione giudiziale delle spese.
    A  tale conclusione l'Avvocatura dello Stato intervenuta perviene
in  forza  dell'argomento  secondo  cui,  pur  essendo l'ordinanza di
reintegrazione  nel  possesso  equiparabile  alle ordinanze cautelari
anticipatorie,  quella  che  conclude  la  fase  sommaria (in caso di
mancata richiesta di prosecuzione del giudizio di merito) conduce, se
non  al  giudicato,  certamente  ad una preclusione, nel senso che un
giudizio  di  merito sulle stesse circostanze di fatto, se introdotto
separatamente  dopo  la  scadenza  del  previsto  termine perentorio,
sarebbe  inammissibile  (fatta salve le domande accessorie). Inoltre,
la  stessa  giurisprudenza  di legittimita' ha piu' volte ribadito la
valenza  di  principio generale propria del citato art. 91 del codice
di rito.
    Da  cio' conseguirebbe che l'ordinanza di accoglimento conclusiva
della  fase  possessoria  sommaria  deve necessariamente contenere la
condanna  alle spese, al fine di evitare un inutile giudizio, qualora
le parti facciano acquiescenza al provvedimento cosi' emesso.

                       Considerato in diritto

    1.  -  Il  Tribunale di Firenze, sezione distaccata di Empoli, ha
sollevato,  in  riferimento  agli  artt. 3  e  24 della Costituzione,
questione  di  legittimita'  costituzionale  «delle norme di cui agli
artt. 703 e 669-octies del codice di procedura civile, nella parte in
cui  non  prevedono  che,  con il provvedimento di accoglimento della
domanda possessoria, il giudice debba provvedere anche sulle spese».
    Secondo   il  remittente,  tenuto  conto  che,  nella  disciplina
introdotta  dal  decreto-legge  14 marzo  2005,  n. 35  (Disposizioni
urgenti  nell'ambito  del  Piano di azione per lo sviluppo economico,
sociale  e  territoriale), convertito, con modificazioni, dalla legge
14 maggio  2005,  n. 80,  il  giudizio  di  merito  nei  procedimenti
possessori   e'   eventuale,   e   considerato,   altresi',   che  il
provvedimento  che  chiude, con l'accoglimento della domanda, la fase
interdittale  non  ha  natura di sentenza, sicche' non e' applicabile
l'art. 91  cod.  proc.  civ.,  la  mancanza  di  una disposizione che
obblighi  il  giudice  a  provvedere  sulle  spese sarebbe lesiva del
diritto di difesa.
    Tale   lacuna  normativa  comporterebbe  anche  un'ingiustificata
disparita'   di  trattamento  tra  la  parte  ricorrente  vittoriosa,
costretta  ad  iniziare  il  giudizio  di  merito  solo  per  vedersi
liquidare  le  spese,  e  la  parte  resistente che abbia ottenuto un
provvedimento  di  rigetto,  alla quale le spese sono riconosciute in
base all'art. 669-septies, secondo comma, cod. proc. civ.
    2.   -  La  questione  non  e'  fondata,  nei  sensi  di  cui  in
motivazione.
    La  motivazione  che  sorregge la prospettazione di non manifesta
infondatezza   si   fonda   sul   postulato   dell'impossibilita'  di
interpretare  l'art. 91, primo comma, cod. proc. civ. al di la' della
sua   letterale   formulazione   e,   quindi,   di  doverne  limitare
l'applicazione  ai  provvedimenti,  conclusivi  di  un  procedimento,
aventi a tutti gli effetti natura di sentenza. Tale convincimento del
remittente  muove  dal  rilievo che, laddove il legislatore ha voluto
stabilire l'obbligo di provvedere sulle spese anche in casi in cui il
procedimento  non  si  conclude con una sentenza, lo ha espressamente
previsto,  come nelle ipotesi di decreto ingiuntivo (art. 641, ultimo
comma,  cod.  proc.  civ.)  e  di  procedimento cautelare nei giudizi
societari (art. 23, comma 2, del decreto legislativo 17 gennaio 2003,
n. 5).
    Siffatte argomentazioni non possono essere condivise.
    In  sede di scrutinio di costituzionalita', secondo quanto questa
Corte  ha costantemente affermato, la dichiarazione di illegittimita'
di una disposizione e' giustificata dalla constatazione che non ne e'
possibile  una  interpretazione  conforme  alla  Costituzione, ma non
dalla  mera  possibilita'  di  attribuire  ad essa un significato che
contrasti  con  parametri  costituzionali (per tutte, sentenza n. 356
del  1996,  ordinanze n. 86 del 2006 e n. 87 del 2007). Nella specie,
trattandosi  di  norma  processuale,  l'interpretazione  va  condotta
attribuendo rilievo al principio di economia dei giudizi, espressione
di  quello,  fondamentale, di ragionevolezza. Alla stregua di questo,
le  ipotesi,  che  lo  stesso  remittente menziona, di previsione del
regolamento  delle  spese  processuali  con  provvedimenti non aventi
natura  di  sentenza,  devono essere considerate come espressione del
principio  generale  secondo  il  quale  il  giudice  che  emette  un
provvedimento    conclusivo    di   un   procedimento,   anche   solo
ipoteticamente  idoneo  a  divenire definitivo, deve anche provvedere
sulle  spese  (ordinanza  n. 384 del 2002, nonche' ordinanze n. 130 e
n. 380 del 2005).
    Il  remittente  chiede,  quindi,  che  la  Corte  enunci  con una
sentenza   additiva   un   principio   in   realta'   gia'   presente
nell'ordinamento;   principio   che   consente   di  interpretare  le
disposizioni  censurate  attribuendo ad esse un contenuto conforme ai
parametri costituzionali, come del resto gia' hanno ritenuto numerosi
giudici di merito e la prevalente dottrina.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara  non  fondata,  nei  sensi  di  cui  in  motivazione, la
questione di legittimita' costituzionale degli artt. 703 e 669-octies
del  codice  di  procedura  civile,  sollevata,  in  riferimento agli
artt. 3  e  24  della Costituzione, dal Tribunale di Firenze, sezione
distaccata di Empoli, con l'ordinanza indicata in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 5 novembre 2007.
                         Il Presidente: Bile
                       Il redattore: Amirante
                      Il cancelliere: Di Paola
    Depositata in cancelleria il 14 novembre 2007.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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