N. 383 ORDINANZA 5 - 14 novembre 2007

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Processo penale - Appello - Modifiche normative - Possibilita' per il
  pubblico  ministero  di  proporre  appello  avverso  le sentenze di
  proscioglimento  -  Esclusione  (salvo  che  nelle ipotesi previste
  dall'art. 603,  comma 2,  cod.  proc.  pen.,  se  la nuova prova e'
  decisiva)  -  Applicabilita' della nuova disciplina ai procedimenti
  in  corso alla data di entrata in vigore della novella - Denunciata
  irragionevolezza,  nonche' violazione dei principi di parita' delle
  parti,  di ragionevole durata del processo, di buon andamento della
  pubblica  amministrazione e di obbligatorieta' dell'azione penale -
  Sopravvenuta  dichiarazione  di illegittimita' costituzionale delle
  norme  censurate  -  Necessita'  di  una  nuova  valutazione  della
  rilevanza  della  questione  -  Restituzione  degli atti al giudice
  remittente.
- Cod.  proc. pen., art. 593, come sostituito dall'art. 1 della legge
  20 febbraio 2006, n. 46; legge 20 febbraio 2006, n. 46, art. 10.
- Costituzione, artt. 3, 97, 111 e 112.
(GU n.45 del 21-11-2007 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Franco BILE;
  Giudici:  Giovanni  Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO,
Paolo  MADDALENA,  Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO,
Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE,
Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nei  giudizi  di legittimita' costituzionale dell'art. 593 del codice
di   procedura   penale,  come  sostituito  dall'art. 1  della  legge
20 febbraio  2006,  n. 46 (Modifiche al codice di procedura penale in
materia  di  inappellabilita'  delle  sentenze di proscioglimento), e
dell'art. 10  della  medesima legge, promossi, nell'ambito di diversi
procedimenti penali, con ordinanze del 23 maggio (nn. 3 ordd.), del 7
(nn. 4  ordd.)  e  del 20 giugno, del 4 luglio, del 30 giugno, del 28
novembre,  del 1 (nn. 2 ordd.) e del 5 dicembre, del 17 (nn. 3 ordd.)
e   del   20 ottobre   2006   dalla  Corte  di  appello  di  Perugia,
rispettivamente  iscritte  ai nn. da 513 a 519 del registro ordinanze
2006  ed  ai  nn. 17,  87,  192, 334, 335, 337, 338, da 350 a 353 del
registro  ordinanze  2007 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica  n. 47, 1ª serie speciale, dell'anno 2006 e nn. 7, 11, 15,
19 e 20, 1ª serie speciale, dell'anno 2007.
    Udito  nella  Camera  di consiglio del 24 ottobre 2007 il giudice
relatore Giovanni Maria Flick.
    Ritenuto  che con diciotto ordinanze, sostanzialmente coincidenti
nella  parte  motiva, la Corte di appello di Perugia ha sollevato, in
riferimento agli artt. 3, 97, 111 e 112 della Costituzione, questione
di  legittimita' costituzionale dell'art. 593 del codice di procedura
penale,  come  sostituito  dall'art. 1  della legge 20 febbraio 2006,
n. 46  (Modifiche  al  codice  di  procedura  penale  in  materia  di
inappellabilita'  delle  sentenze di proscioglimento), e dell'art. 10
della medesima legge;
        che,  quanto  alla  rilevanza, la Corte di appello rimettente
premette  che  in  forza dell'art. 10 della legge n. 46 del 2006 - il
cui  art. 1,  sostituendo l'art. 593 cod. proc. pen., ha sottratto al
pubblico   ministero   il   potere   di   appellare  le  sentenze  di
proscioglimento  - i giudizi dovrebbero essere definiti con ordinanze
non impugnabili di inammissibilita';
        che,  nel  merito,  la Corte di appello di Perugia dubita, in
riferimento  a  plurimi  parametri costituzionali, della legittimita'
costituzionale  dell'art. 593  cod.  proc.  pen., nel testo novellato
dalla  legge  n. 46  del  2006,  nella  parte  in cui non consente al
pubblico  ministero  di  proporre  appello  avverso  le  sentenze  di
proscioglimento,  se  non  nel  caso previsto dall'art. 603, comma 2,
cod.  proc.  pen.  -  ossia  quando sopravvengano o si scoprano nuove
prove  dopo  il  giudizio  di  primo  grado - e sempre che tali prove
risultino decisive;
        che  sotto un primo profilo - escluso che le modifiche recate
ai  poteri  di  impugnazione del pubblico ministero dalla legge n. 46
del  2006  siano  imposte  da  norme  internazionali  (fra queste, in
particolare,   dall'art. 2   del  Protocollo  addizionale  n. 7  alla
Convenzione  europea per la salvaguardia dei diritti e delle liberta'
fondamentali,  adottato a Strasburgo il 22 novembre 1984 ratificato e
reso  esecutivo con legge 9 aprile 1990, n. 98) - la Corte rimettente
evidenzia  come  la  disciplina  censurata sacrifichi «in maniera del
tutto  ingiustificata  ed  irrazionale  la  parita'  delle  parti nel
processo  e  la  stessa  sua  funzione  di  pervenire  comunque (o di
avvicinarsi   tendenzialmente)  alla  verita'  storica,  inibendo  un
controllo   giurisdizionale   su  eventuali  errori  di  merito»,  in
violazione degli artt. 3 e 111 Cost.;
        che  l'incisiva limitazione dei poteri del pubblico ministero
introdotta  con  la  legge  in  esame non troverebbe, infatti, alcuna
giustificazione ne' nell'esigenza di salvaguardare il principio della
ragionevole  durata  del processo di cui all'art. 111 Cost., che anzi
sarebbe  seriamente  compromesso dall'aumento dei gradi di giudizio e
dall'allungamento inevitabile dei tempi processuali, ne' in quella di
garantire  il  principio  di  oralita' e immediatezza nel giudizio di
secondo grado;
        che   del   tutto   «teorica  e  marginale»,  del  resto,  si
profilerebbe  la  residua possibilita' di impugnazione delle sentenze
di  proscioglimento  nell'ipotesi  in cui sopravvengano o si scoprano
nuove  prove  dopo  il giudizio di primo grado, sempre che tali prove
risultino decisive;
        che, sotto ulteriori profili, la disciplina censurata sarebbe
in  contrasto  con l'art. 3 Cost., «per la manifesta irragionevolezza
delle  soluzioni  normative adottate, tanto nella disciplina a regime
quanto  in  quella  transitoria»,  e  con  l'art. 97  Cost.,  «per la
concreta ingestibilita' del processo», soprattutto con riferimento al
regime transitorio;
        che infine, proprio in relazione alla disciplina transitoria,
la  Corte  rimettente  denuncia  la  violazione  dell'art. 112 Cost.,
sottolineando  come  la stessa, in conseguenza della «dilatazione dei
tempi   dovuta   al  decorso  del  termine  per  proporre  appello  e
all'intervallo   tra   la   sua   presentazione   e   la   fissazione
dell'udienza»,  si  risolva  in  «una sostanziale vanificazione della
pretesa  punitiva  dello  Stato» se si considerano i nuovi termini di
prescrizione dei reati.
    Considerato  che  il  dubbio  di  costituzionalita'  sottoposto a
questa  Corte  ha  per  oggetto  la  preclusione  -  conseguente alla
modifica  dell'art. 593  del  codice  di  procedura  penale  ad opera
dell'art. 1  della legge 20 febbraio 2006, n. 46 (Modifiche al codice
di procedura penale, in materia di inappellabilita' delle sentenze di
proscioglimento)  -  dell'appello  delle  sentenze  dibattimentali di
proscioglimento   da  parte  del  pubblico  ministero  e  l'immediata
applicabilita'  di tale regime, in forza dell'art. 10 della legge, ai
procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della medesima;
        che,  stante l'identita' delle questioni proposte, i relativi
giudizi vanno riuniti per essere decisi con unica pronuncia;
        che,  successivamente  alle  ordinanze  di rimessione, questa
Corte,  con  sentenza  n. 26 del 2007, ha dichiarato l'illegittimita'
costituzionale  sia  dell'art. 1  della  citata legge n. 46 del 2006,
«nella  parte  in cui, sostituendo l'art. 593 del codice di procedura
penale,  esclude  che il pubblico ministero possa appellare contro le
sentenze  di proscioglimento, fatta eccezione per le ipotesi previste
dall'art. 603,  comma 2,  del  medesimo  codice, se la nuova prova e'
decisiva»;  sia  dell'art. 10,  comma 2, della medesima legge, «nella
parte  in  cui  prevede che l'appello proposto contro una sentenza di
proscioglimento dal pubblico ministero prima della data di entrata in
vigore della medesima legge e' dichiarato inammissibile»;
        che, alla stregua della richiamata pronuncia di questa Corte,
gli  atti  devono  essere  pertanto  restituiti alla Corte di appello
rimettente per un nuovo esame della rilevanza delle questioni.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Riuniti i giudizi,
    Ordina  la  restituzione  degli  atti  alla  Corte  di appello di
Perugia.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 5 novembre 2007.
                         Il Presidente: Bile
                         Il redattore: Flick
                      Il cancelliere: Di Paola
    Depositata in cancelleria il 14 novembre 2007.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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