N. 391 ORDINANZA 19 - 23 novembre 2007

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Sanzioni    amministrative    -    Giudizio    di    opposizione   ad
  ordinanza-ingiunzione  - Notificazioni all'opponente che si difende
  personalmente  -  Previsto  deposito  in  cancelleria,  in  caso di
  mancata  dichiarazione di residenza o mancata elezione di domicilio
  nel  Comune  ove  ha  sede  il  giudice - Denunciata violazione del
  diritto  di difesa e dei principi di eguaglianza e di parita' delle
  parti  nel  processo  -  Esclusione  - Manifesta infondatezza della
  questione.
- Legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 22, quarto e quinto comma.
- Costituzione, artt. 3, 24, comma secondo, e 111, comma secondo.
(GU n.46 del 28-11-2007 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Franco BILE;
  Giudici:  Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio
FINOCCHIARO,  Alfonso  QUARANTA,  Luigi  MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI,
Sabino  CASSESE,  Maria  Rita  SAULLE,  Giuseppe TESAURO, Paolo Maria
NAPOLITANO;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale dell'art. 22, quarto e
quinto  comma,  della  legge  24 novembre  1981, n. 689 (Modifiche al
sistema  penale),  promosso  con  ordinanza  del  10 agosto  2006 dal
Giudice  di pace di Roma sezione distaccata di Ostia nel procedimento
civile vertente tra Giuseppe Di Claudio e il Comune di Roma, iscritta
al n. 264 del registro ordinanze del 2007 e pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica, 1ª serie speciale, edizione straordinaria
del 26 aprile 2007.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella Camera di consiglio del 26 settembre 2007 il giudice
relatore Sabino Cassese.
    Ritenuto  che  nel corso di un giudizio di opposizione avverso la
cartella di pagamento di sanzioni amministrative, irrogate dal Comune
di Roma per violazioni del codice della strada, il Giudice di pace di
Ostia ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24, secondo comma, e
111,  secondo  comma,  della  Costituzione, questione di legittimita'
costituzionale  dell'art. 22,  quarto  e  quinto  comma,  della legge
24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale);
        che   il   giudice   rimettente   denuncia  il  quarto  comma
dell'art. 22,  nella  parte  in  cui  obbliga  l'opponente, che abbia
scelto di difendersi personalmente, a dichiarare la propria residenza
o  ad eleggere il domicilio nel comune dove ha sede il giudice adito,
nonche'  il  quinto  comma  dello  stesso art. 22, nella parte in cui
dispone,  nel caso di omessa dichiarazione di residenza o elezione di
domicilio   nel   comune   ove  risiede  il  giudice  adito,  che  le
notificazioni  al  ricorrente  vengano  eseguite mediante deposito in
cancelleria;
        che,   secondo   quanto   riferisce  il  giudice  rimettente,
l'opponente,  costituendosi  di  persona,  ha  dichiarato  la propria
residenza in Salcito (Campobasso) e il domicilio in Fiumicino (Roma),
cioe'  in  comuni  che  non  sono  sede  del  giudice  di  pace adito
(Roma-Ostia),   sicche'  alla  notifica  del  decreto  di  fissazione
dell'udienza di comparizionesi e' provveduto, secondo la «prevalente,
conforme e consolidata interpretazione giurisprudenziale» della Corte
di  cassazione  (sezioni  unite, sentenze numeri 5665 del 1991 e 2945
del 1990), avallata anche dalla Corte costituzionale (ordinanza n. 42
del 1988), mediante deposito in cancelleria, nel rispetto della norma
censurata;
        che  lo  stesso  giudice da' conto della mancata comparizione
all'udienza  del  ricorrente,  con  la  conseguente impossibilita' di
acquisire  ulteriore  documentazione  relativa alla data di ricezione
della notifica della opposta cartella di pagamento;
        che, ad avviso del rimettente, la mancata presentazione nella
prima  udienza deriva dalla circostanza che l'opponente, costituitosi
personalmente, a norma dell'art. 22, quarto comma, della legge n. 689
del  1981,  non  ha  ricevuto  la  notifica  nel  domicilio eletto di
Fiumicino, essendo stata la notifica effettuata presso la cancelleria
del giudice adito (Roma-Ostia);
        che   in  generale,  secondo  il  rimettente,  l'orientamento
maggioritario  sopra  menzionato  della Corte di cassazione confligge
con la pronuncia n. 98 del 2004 della Corte costituzionale, la quale,
nel  dichiarare  l'illegittimita'  costituzionale  dell'art. 22 della
legge  n. 689 del 1981, ha consentito l'utilizzo del servizio postale
per la proposizione dell'opposizione;
        che,  in  punto  di non manifesta infondatezza, il rimettente
ritiene  che  i commi quarto e quinto dell'art. 22 della legge n. 689
del 1981, nella interpretazione applicativa delle Sezioni Unite della
Corte di cassazione contrasterebbero:
    con  il  combinato disposto degli artt. 24, secondo comma, e 111,
secondo  comma,  Cost.,  atteso che, rispetto alla difesa tecnica, la
difesa  personale - considerata «la minore competenza e diligenza del
profano cittadino rispetto al professionista» - non puo' sottrarsi al
principio  di  inviolabilita'  della difesa nel contraddittorio delle
parti in condizioni di parita';
    sotto  altro  profilo  e  con i medesimi parametri, atteso che le
norme  denunciate  determinerebbero  una  sperequazione  fra pubblica
amministrazione  e  privati,  gravando soltanto sul privato cittadino
che si trova a confliggere con la pubblica amministrazione, in quanto
a  quest'ultima  viene  «sempre  ed ovunque» notificato il decreto di
fissazione  dell'udienza  di  comparizione  ed  in  quanto  la stessa
amministrazione, anche nel caso non si tratti dello stesso comune che
ha irrogato le sanzioni, non ha difficolta' a nominare un procuratore
domiciliato in quello stesso comune;
    con    l'art. 3    Cost.,   atteso   che   le   norme   censurate
illegittimamente  limitano i diritti dei cittadini, nel senso che «il
cittadino,   soltanto   fittiziamente   portato  a  conoscenza  della
fissazione  dell'udienza,  si trova inconsapevolmente impossibilitato
(come  nella fattispecie in esame) ad esercitare» i diritti collegati
alla  partecipazione  all'udienza a norma dell'art. 183 del codice di
procedura  civile  o, altrimenti, si trova «irragionevolmente gravato
da costose incombenze per l'approccio alla cancelleria»;
        che  e'  intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato,  chiedendo  che  la  questione  sia  dichiarata manifestamente
inammissibile,   non   avendo   il  giudice  rimettente  sperimentato
un'interpretazione  costituzionalmente  orientata  delle disposizioni
censurate;
        che,  nel  merito, l'Avvocatura sostiene l'infondatezza della
sollevata  questione in relazione a tutti i parametri evocati, atteso
che l'assetto dei diversi modelli procedimentali e' materia riservata
alla  discrezionalita'  del legislatore (viene richiamata la sentenza
della Corte costituzionale n. 431 del 1992);
        che,  ad  avviso  della difesa erariale, la doglianza secondo
cui  il «cittadino resistente» godrebbe di un trattamento processuale
deteriore  rispetto  alla  pubblica  amministrazione  non e' fondata,
tenuto  conto  che  l'Avvocatura  generale  dello  Stato  ha una sede
centrale  ed  e'  dislocata  in  varie sedi distrettuali stabilite ex
lege.
    Considerato  che  il  Giudice  di  pace di Ostia ha sollevato, in
riferimento  agli  artt. 3,  24,  secondo comma e 111, secondo comma,
della   Costituzione,   questione   di   legittimita'  costituzionale
dell'art. 22,  quarto  e  quinto comma, della legge 24 novembre 1981,
n. 689 (Modifiche al sistema penale);
        che, come questa Corte ha gia' affermato, la dichiarazione di
residenza  o l'elezione di domicilio nel comune ove ha sede l'ufficio
giudiziario  adito  per la parte che sta in giudizio personalmente e'
un  dato  dell'ordinamento  processuale  variabile  in  relazione  ai
diversi  modelli  procedimentali  e sul quale «il Giudice delle leggi
non  puo'  non  riconoscere  che  questa  e'  materia  riservata alla
discrezionalita' del legislatore» (sentenza n. 431 del 1992);
        che  questa  Corte  ha  gia' avuto occasione di precisare che
l'onere  di indicare la residenza o di eleggere domicilio deve essere
inquadrato  in  un  sistema  che  impone  all'opponente  di  proporre
l'opposizione  a sanzione amministrativa dinanzi al giudice del luogo
in  cui  e'  stata  commessa la violazione, con assoluta indifferenza
rispetto alla propria residenza ed all'eventualita' che la stessa sia
fuori   dal  comune  sede  del  Giudice  adito;  che,  pertanto,  «la
prescrizione    dell'onere   di   indicazione   della   residenza   e
dell'elezione  di  domicilio nel comune sede del giudice adito, con i
sacrifici  che  ad  essa  si  correlano,  non solo esprime una scelta
discrezionale  del  legislatore  [...],  ma risulta ragionevole e non
lesiva del diritto di azione in quanto funzionale a un piu' immediato
ed   agevole   espletamento  delle  formalita'  della  notificazione»
(ordinanza n. 231 del 2002);
        che,  inoltre,  le  diversita' riscontrabili nella disciplina
delle  notificazioni  tra  la  parte che sceglie di stare in giudizio
personalmente  e  quella  che  nomina  un  difensore, non violano gli
artt. 3  e  24  della  Costituzione,  atteso  che colui che decide di
difendersi  personalmente  e'  interessato  a  seguire  gli  sviluppi
dell'intera  vicenda  processuale,  mentre chi nomina un difensore ha
diritto  di attendersi che quest'ultimo sia in condizione di svolgere
efficacemente  l'attivita'  professionale  in  sua  difesa (ordinanza
n. 42 del 1988);
        che,  anche in merito alla asserita violazione del diritto di
difesa,  denunciata  dal  rimettente  sotto il profilo dell'art. 111,
secondo  comma,  Cost.,  vale  l'orientamento di questa Corte per cui
quest'ultimo  parametro deve intendersi come esplicativo del «diritto
di difesa considerato di per se» (sentenza n. 321 del 2007, punti 4 e
6 del considerato in diritto);
        che  del  tutto  priva di fondamento e', infine, la doglianza
relativa  alla  sperequazione fra pubblica amministrazione e privati,
la  quale  prescinde  dall'inquadramento  delle norme censurate in un
sistema  processuale che impone all'opponente di proporre opposizione
dinanzi  al  giudice  del  luogo ove la violazione e' stata commessa,
sistema  gia' ritenuto ragionevole da questa Corte perche' funzionale
ad  un  piu'  agevole  espletamento delle formalita' di notificazione
(ordinanza n. 231 del 2002);
        che, pertanto, la questione e' manifestamente infondata.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara   la   manifesta   infondatezza   della   questione   di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 22,  quarto  e  quinto comma,
della  legge  24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale),
sollevata  dal Giudice di pace di Ostia, in riferimento agli artt. 3,
24,  secondo  comma,  e  111,  secondo comma, della Costituzione, con
l'ordinanza indicata in epigrafe;
    Cosi  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 19 novembre 2007.
                         Il Presidente: Bile
                        Il redattore: Cassese
                      Il cancelliere: Di Paola
    Depositata in cancelleria il 23 novembre 2007.
              Il direttore della cancelleria: Di paola
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