N. 399 ORDINANZA 19 - 23 novembre 2007

Giudizio   sull'ammissibilita'   del   ricorso   per   conflitto   di
attribuzione tra poteri dello Stato.

Parlamento  -  Immunita'  parlamentari  -  Procedimento penale per il
  reato   di  diffamazione  aggravata  a  carico  di  un  senatore  -
  Deliberazione  di  insindacabilita'  del  Senato della Repubblica -
  Conflitto  di  attribuzione  tra  poteri  dello Stato sollevato dal
  giudice  per  le  indagini  preliminari  del  Tribunale di Milano -
  Sussistenza    dei    requisiti   soggettivo   ed   oggettivo   per
  l'instaurazione  del  conflitto  -  Ammissibilita'  del  ricorso  -
  Comunicazione e notificazione conseguenti.
- Deliberazione del Senato della Repubblica del 30 gennaio 2007 (doc.
  IV-ter, n. 1).
- Costituzione,  art. 68,  primo  comma;  legge 11 marzo 1953, n. 87,
  art. 37.
(GU n.46 del 28-11-2007 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Franco BILE;
  Giudici:  Giovanni  Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO,
Paolo  MADDALENA,  Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO,
Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE,
Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  per  conflitto  di attribuzione tra poteri dello Stato
sorto  a  seguito  della  delibera  del  Senato  della Repubblica del
30 gennaio  2007  (doc. IV-ter, n. 1) relativa alla insindacabilita',
ai   sensi  dell'art. 68,  primo  comma,  della  Costituzione,  delle
opinioni  espresse  dal  senatore  Raffaele Iannuzzi nei confronti di
Domenico  Geraci,  promosso  con  ricorso del giudice per le indagini
preliminari  del Tribunale di Milano, depositato in cancelleria il 20
giugno 2007  ed  iscritto  al  n. 8 del registro conflitti tra poteri
dello Stato 2007, fase di ammissibilita'.
    Udito  nella  Camera  di consiglio del 24 ottobre 2007 il giudice
relatore Paolo Maria Napolitano.
    Ritenuto che il giudice per le indagini preliminari del Tribunale
di Milano ha promosso, con atto del 12 giugno 2007, depositato presso
la   Cancelleria   della   Corte  il  20  giugno 2007,  conflitto  di
attribuzione  fra  poteri  dello Stato nei confronti del Senato della
Repubblica  in relazione alla deliberazione del 30 gennaio 2007 (doc.
IV-ter,  n. 1),  con la quale e' stato affermato che le dichiarazioni
per le quali e' in corso un procedimento penale a carico del senatore
Raffaele  Iannuzzi  per  il  reato  di  diffamazione  a  mezzo stampa
costituiscono   opinioni   espresse   da  un  membro  del  Parlamento
nell'esercizio  delle  sue  funzioni e sono pertanto insindacabili ai
sensi dell'art. 68, primo comma, della Costituzione;
        che  -  come  premette  il  giudice  ricorrente - il giudizio
pendente  davanti  a  lui  vede  imputato il senatore Iannuzzi per il
reato   di   diffamazione   a  mezzo  stampa  ai  danni  del  defunto
sindacalista Domenico Geraci, dirigente provinciale dell'associazione
sindacale UIL;
        che,  prosegue  il  ricorrente,  i  signori Giuseppe Geraci e
Vincenza Scimeca, rispettivamente figlio e moglie di Domenico Geraci,
hanno  proposto querela nei confronti del sen. Iannuzzi, in relazione
alle  opinioni da questo ultimo espresse nell'articolo intitolato «Il
codice   segreto   dell'ultimo  pentito»,  pubblicato  sulla  rivista
«Panorama» del 10 ottobre 2002;
        che,  rileva  ancora il giudice a quo, i querelanti lamentano
che  il loro congiunto (ucciso nell'ottobre 1998) sia stato definito,
in  un inciso del citato articolo (nel quale si elencano i delitti di
cui  si  era  fatto  carico  il  collaboratore  di giustizia Antonino
Giuffre),  «...  il  boss  di  Caccamo del '98, un sindacalista molto
discusso, che avrebbe fatto da tramite tra la mafia ed ambienti della
sinistra  (si  disse perfino che Geraci era su quello stesso aereo in
cui viaggiavano da Palermo a Roma Violante e Giovanni Brusca)»;
        che  tali affermazioni, secondo i querelanti, costituirebbero
«una  gravissima  offesa  alla  memoria  del defunto, offendendone la
personalita' morale, delineandone una collocazione criminale»;
        che  il sen. Raffaele Iannuzzi - prosegue il g.u.p. - in data
27 ottobre   2004,  ha  sottoposto  al  Senato  della  Repubblica  la
questione   dell'applicabilita'   dell'art. 68,  primo  comma,  della
Costituzione, in relazione al procedimento penale di cui sopra;
        che  il  giudice per le indagini preliminari ricorda di avere
richiesto,   il   20 aprile   2005,   informazioni  sullo  stato  del
procedimento e di avere ricevuto, in data 3 maggio 2005, conferma dal
Presidente della Giunta delle elezioni e delle immunita' parlamentari
che   il  senatore  Iannuzzi  aveva  sottoposto  la  questione  della
insindacabilita'  delle dichiarazioni oggetto del procedimento penale
di cui trattasi;
        che,  nella  stessa  lettera, si rendeva altresi' noto che la
Giunta delle elezioni e delle immunita' parlamentari aveva svolto una
prima   seduta,   il   24 novembre   2004,   ascoltando  il  senatore
richiedente;  e  si precisava che: «per il caso di richiesta avanzata
dal  parlamentare, non sono fissati dalla legge termini perentori per
la  pronuncia, per cui e' nella discrezionalita' dell'organo politico
valutare  se  e  quando completare l'esame degli affari sottoposti al
suo  esame»  e,  conseguentemente, si suggeriva di formulare autonoma
richiesta,   in  quanto  una  richiesta,  proveniente  dall'Autorita'
giudiziaria,  di dichiarare che le affermazioni esulavano dall'ambito
di  tutela  dell'art. 68  Cost.  avrebbe fatto decorrere i termini di
legge;
        che  il  giudice  ricorrente,  pertanto,  con  ordinanza  del
6 febbraio  2006,  ha  chiesto  alla Giunta di dichiarare che i fatti
oggetto  del  procedimento,  e relativi all'articolo sopra citato del
sen.   Raffaele   Iannuzzi   «non  concernono  opinioni  espresse  da
parlamentare  nell'esercizio  delle  funzioni  ex  art. 68,  comma 10
Cost.»;
        che,  a  seguito  della  sua  iniziativa, prosegue il giudice
ricorrente,  il  Senato  della Repubblica, nel corso della seduta del
30 gennaio  2007,  in  accoglimento della proposta della giunta delle
elezioni  e  delle immunita' parlamentari, ha invece riconosciuto, ai
sensi     dell'art. 68,     primo    comma,    della    Costituzione,
l'insindacabilita'  delle dichiarazioni del sen. Iannuzzi nell'ambito
degli articoli di stampa oggetto del presente procedimento, in quanto
espresse nell'esercizio della funzione parlamentare;
        che - osserva altresi' il ricorrente - allo stato degli atti,
non risulterebbe provata la verita' oggettiva dei fatti riferiti, ne'
sarebbe  possibile  «registrare  un  effettivo  rigore  nel  modo  di
riportare  i fatti per come appaiono emergere dalle fonti»; cosi' che
«appare  sussistere  una fattispecie a soluzioni aperte meritevole di
approfondimento  dibattimentale  e  cio'  anche  al fine di accertare
l'effettiva verita' dei fatti esposti»;
        che,  nel  riportare  stralcio  della  delibera impugnata, il
g.u.p. ricorda che la Giunta ed il Senato avrebbero individuato quali
atti   tipici  delle  funzioni  parlamentari  del  sen.  Iannuzzi,  a
dimostrazione  della sussistenza del «nesso funzionale» esistente tra
questi  ed  i  fatti  oggetto  di  imputazione, due disegni di legge,
rispettivamente  uno  del  25  giugno 2003  e l'altro del 19 febbraio
2004,  presentati  dal parlamentare e finalizzati, in modo esclusivo,
all'approfondimento  delle  problematiche concernenti la criminalita'
mafiosa;
        che  il  ricorrente  ritiene  di non condividere la soluzione
adottata  dal  Senato, in quanto in contrasto con quanto affermato da
numerose sentenze della Corte costituzionale (sentenze n. 294, n. 207
e  n. 52 del 2002; n. 11 e n. 10 del 2000), dalle quali si deduce che
«la  semplice  comunanza  di  argomento  tra  la dichiarazione che si
pretende lesiva e le opinioni espresse dal deputato o dal senatore in
sede  parlamentare non puo' bastare a fondare l'estensione alla prima
dell'immunita' che copre le seconde»; e che, pertanto, il significato
di  «nesso  funzionale»,  che  deve  riscontrarsi, per poter ritenere
l'insindacabilita',  tra dichiarazioni ed attivita' parlamentare deve
essere  quello  non di un «...semplice collegamento di argomento o di
contesto tra attivita' parlamentare e dichiarazione» quanto quello di
un'«identificabilita'  della  dichiarazione  stessa quale espressione
dell'attivita' parlamentare»;
        che il ricorrente sottolinea, altresi', come - sempre secondo
quanto   affermato   dalla   giurisprudenza   costituzionale   -   le
dichiarazioni   dei   parlamentari   rese   all'esterno   dei  lavori
parlamentari  sono  insindacabili  «solo  ove  sia  riscontrabile una
corrispondenza  sostanziale  di contenuti» delle dichiarazioni stesse
con  gli  atti  parlamentari e che, mancando il «nesso funzionale» e'
possibile, dunque, sindacare in sede giurisdizionale le dichiarazioni
di  un  parlamentare,  (benche' attinenti al piu' esteso ambito della
politica),  ma  rese  al  di  fuori  del concreto svolgimento di tali
lavori;
        che  tale  orientamento  sarebbe  stato, del resto, ribadito,
dalla  Corte  costituzionale,in  relazione all'art. 3, comma 1, della
legge   20   giugno 2003,   n. 140   (Disposizioni  per  l'attuazione
dell'articolo 68  della  Costituzione  nonche' in materia di processi
penali nei confronti delle alte cariche dello Stato), con la sentenza
n. 120 del 2004, (richiamata dall'ordinanza n. 136 del 2005);
        che,  nell'atto di promovimento, viene anche ricordato quanto
gia'  affermato dalla Corte nella sentenza n. 373 del 2006 (di cui si
riporta   ampio  stralcio  della  motivazione),  sempre  relativa  al
senatore Iannuzzi;
        che,  con  questa decisione, la Corte ha ritenuto non possano
rientrare  nell'esercizio  della funzione parlamentare e, quindi, non
possano  essere  garantite  dall'insindacabilita',  le  dichiarazioni
contenute nell'articolo di stampa (oggetto di quel conflitto) a firma
del  parlamentare,  poiche':  «...  il mero riferimento all'attivita'
parlamentare  o comunque all'inerenza a temi di rilievo generale (pur
anche dibattuti in Parlamento), entro cui le dichiarazioni si possono
collocare,  non  vale  in  se'  a  connotarle  quali espressive della
funzione,  ove  esse,  non costituendo la sostanziale riproduzione di
specifiche opinioni manifestate dal parlamentare nell'esercizio delle
proprie  attribuzioni,  siano  non  gia'  il  riflesso  del peculiare
contributo  che ciascun deputato e ciascun senatore apporta alla vita
parlamentare  mediante le proprie opinioni e i propri voti (come tale
coperto  dall'insindacabilita',  a  garanzia  delle prerogative delle
Camere  e non di un «privilegio personale [...] conseguente alla mera
«qualita»   di   parlamentare»:   sentenza   n. 120   del  2004),  ma
un'ulteriore   e   diversa   articolazione  di  siffatto  contributo,
elaborata  ed  offerta  alla  pubblica  opinione nell'esercizio della
libera  manifestazione  del  pensiero assicurata a tutti dall'art. 21
della  Costituzione  (sentenze  n. 329  e n. 317 del 2006 e n. 51 del
2002)»;
        che, in tale prospettiva - sempre secondo il ricorrente - non
potrebbe  essere  accolto  neanche  l'assunto del Senato, secondo cui
«l'attivita'  di  parlamentare  e  giornalista,  dalla quale ha avuto
origine  l'articolo de quo, [puo] essere considerata ormai come parte
della  piu'  ampia  attivita'  (rectius,  funzione)  di  politico  ed
espressione - per quanto atipica - del relativo ruolo istituzionale»;
        che  la  Corte  avrebbe  gia' ritenuto in se' irrilevante (al
fine d'affermare la sussistenza dei presupposti dell'insindacabilita)
«la   qualifica   rivestita   dal   membro  del  parlamento  rispetto
all'esercizio di diritti o di doveri che, in quanto spettanti a tutti
i  cittadini,  non  richiedono l'intermediazione della rappresentanza
parlamentare»  (sentenza  n. 373  del  2006)»  e  che,  negli  stessi
termini,  si  sarebbe  espressa con le sentenze nn. 151 e 96 del 2007
(ugualmente relative al senatore Iannuzzi);
        che,   secondo   la   giurisprudenza  costituzionale  cui  il
rimettente    fa    riferimento,    «cio'    che   rileva   ai   fini
dell'insindacabilita',  e'  dunque  il collegamento necessario con le
funzioni  del  Parlamento, cioe' l'ambito funzionale entro cui l'atto
si  iscrive,  a  prescindere dal suo contenuto comunicativo, che puo'
essere  il  piu'  vario  ma  che  in  ogni  caso  deve essere tale da
rappresentare esercizio in concreto delle funzioni proprie dei membri
delle  Camere,  anche  se  attuato  in  forma  innominata  sul  piano
regolamentare»;
        che  il giudice ricorrente conclude nel senso di non ritenere
la   ricordata  deliberazione  del  Senato  in  linea  con  i  canoni
interpretativi decisi dalla giurisprudenza costituzionale, cosi' come
delineati,  e  che, quindi, non possa trovare applicazione l'art. 68,
primo comma, della Costituzione;
        che,  pertanto,  lo  stesso,  sospeso  il  giudizio,  solleva
conflitto  di  attribuzione  tra poteri dello Stato nei confronti del
Senato della Repubblica e chiede a questa Corte di dichiarare che non
spettava    al   Senato   affermare   l'insindacabilita',   a   norma
dell'art. 68,  primo  comma,  della Costituzione, delle dichiarazioni
attribuite  al  senatore  Iannuzzi  e, conseguentemente, annullare la
delibera  adottata  nella  seduta  del  30 gennaio 2007 (doc. IV-ter,
n. 1).
    Considerato  che,  in  questa fase, la Corte e' chiamata, a norma
dell'art. 37,  terzo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87
(Norme   sulla   costituzione   e   sul   funzionamento  della  Corte
costituzionale),  esclusivamente a deliberare, senza contraddittorio,
se  il  ricorso  sia  ammissibile  in  quanto esiste la materia di un
conflitto   la   cui  risoluzione  spetti  alla  sua  competenza,  in
riferimento  ai  requisiti  soggettivi e oggettivi indicati nel primo
comma  dello  stesso  art. 37, restando impregiudicata ogni decisione
definitiva, anche relativamente all'ammissibilita';
        che,  sotto  l'aspetto soggettivo, il giudice per le indagini
preliminari  e' legittimato a sollevare conflitto di attribuzione tra
poteri   dello   Stato,   quale   organo   competente   a  dichiarare
definitivamente  -  nel  procedimento sottoposto al suo giudizio - la
volonta'  del  potere cui appartiene, in ragione dell'esercizio delle
funzioni  giurisdizionali  svolte in posizione di piena indipendenza,
costituzionalmente garantita;
        che,  parimenti,  il Senato della Repubblica, che ha adottato
la  deliberazione  di  insindacabilita' delle opinioni espresse da un
proprio   membro,   e'  legittimato  a  essere  parte  del  conflitto
costituzionale,  essendo  competente  a dichiarare definitivamente la
volonta'    del    potere    che   esso   impersona,   in   relazione
all'applicabilita' della prerogativa dell'insindacabilita';
        che,  sotto l'aspetto oggettivo del conflitto, il giudice per
le  indagini  preliminari  del Tribunale di Milano lamenta la lesione
della propria sfera di attribuzioni, costituzionalmente garantita, in
conseguenza   dell'esercizio   -  ritenuto  illegittimo  perche'  non
corrispondente  ai  criteri  che  la  Costituzione  stabilisce,  come
sviluppati  dalla  giurisprudenza  di  questa  Corte  -  del  potere,
spettante  al Senato, di dichiarare l'insindacabilita' delle opinioni
espresse da un proprio membro;
        che,   pertanto,   esiste   la   materia   di   un  conflitto
costituzionale  di  attribuzione,  la  cui  risoluzione  spetta  alla
competenza di questa Corte.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara  ammissibile,  a norma dell'art. 37 della legge 11 marzo
1953,  n. 87,  il  ricorso per conflitto di attribuzione proposto dal
giudice  per  le  indagini  preliminari  del  Tribunale di Milano nei
confronti  del  Senato  della  Repubblica,  con  l'atto  indicato  in
epigrafe;
    Dispone:
        a) che   la   cancelleria   della  Corte  costituzionale  dia
immediata  comunicazione  della  presente  ordinanza  al  ricorrente,
giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano;
        b) che,  a  cura  del  ricorrente,  il  ricorso e la presente
ordinanza siano notificati al Senato della Repubblica, in persona del
suo   Presidente   entro   il   termine   di  sessanta  giorni  dalla
comunicazione   di  cui  al  punto  a),  per  essere  successivamente
depositati  nella  cancelleria  di  questa  Corte entro il termine di
venti  giorni  dalla  notificazione,  a  norma dell'art. 26, comma 3,
delle   norme   integrative   per   i   giudizi  davanti  alla  Corte
costituzionale.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 19 novembre 2007.
                         Il Presidente: Bile
                      Il redattore: Napolitano
                      Il cancelliere: Di Paola
    Depositata in cancelleria il 23 novembre 2007.
              Il direttore della cancelleria: Di paola
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