N. 779 ORDINANZA (Atto di promovimento) 9 - 12 giugno 2007

Ordinanza  del  12  giugno  2007  emessa dal Tribunale di Treviso nel
procedimento  civile  promosso  da Fondosviluppo S.p.A. contro Veneto
Banca soc. coop. a r.l.

Societa'  - Societa' cooperative e loro consorzi - Fusione - Obbligo,
  stabilito  con  norma autoqualificata interpretativa ma a carattere
  innovativo,  di  devoluzione  del  patrimonio effettivo, dedotti il
  capitale versato e rivalutato e i dividendi eventualmente maturati,
  ai  fondi  mutualistici  -  Indebita interferenza sull'autonomia ed
  indipendenza della funzione giurisdizionale.
- Legge 23 dicembre 2000, n. 388, art. 17.
- Costituzione, artt. 101, 102 e 104.
(GU n.47 del 5-12-2007 )
                            IL TRIBUNALE
   Ha   pronunciato   la   seguente   ordinanza  nella  causa  civile
n. 3353/2001 r.g. promossa da: Fondosviluppo S.p.A. attrice, con avv.
G.  Gagliardi;  contro  Veneto Banca s.c.a.r.l. convenuta, con l'avv.
Barel e Malvestito.
   Oggetto: pagamento somma.
                             Conclusioni
Per l'attrice:
Piaccia  al  Tribunale  ill.mo,  contrariis  reiectis: «condannare la
Veneto   Banca,   gia'   Banca   Popolare  di  Asolo  e  Montebelluna
s.c.p.a.r.l.,  a  pagare  la  somma  di  € 27.888.672, pari a L.
54.000.000.000,   oltre  interessi  fino  al  soddisfo,  relativa  al
patrimonio  della  Banca  di Credito Cooperativo del Piave e Livenza,
incorporata  con  atto di fusione del 30 giugno 1999, a Fondosviluppo
S.p.a.,  quale soggetto destinatario del patrimonio delle cooperative
fruenti  dei  benefici fiscali e quale aderente alla Confcooperative.
Vittoria di spese, competenze ed onorari.
Per la convenuta:
In  via  preliminare: dichiararsi la carenza di legittimazione attiva
di  Fondosviluppo  per  i  motivi  esposti  nella memoria ex art. 180
c.p.c. del 21 febbraio 2002.
Ancora  in  via  preliminare:  ove  il Tribunale non ritenga di poter
operare  un'interpretazione  costituzionalmente adeguata dell'art. 17
della   legge   n. 388/2000,  voglia  rimettere  gli  atti  -  previa
sospensione  del presente giudizio - alla Corte costituzionale per la
declaratoria  di  incostituzionalita', per violazione degli artt. 101
102 e 104 della Costituzione, dell'art. 17 della legge n. 388/2000 di
interpretazione   autentica   -  per  auto  qualificazione  -  -delle
disposizioni di cui all'art. 26 del d.lgs. del Capo provvisorio dello
Stato  14  dicembre 1947, n. 1577, ratificato con modificazioni dalla
legge  2  aprile  1951,  n. 302,  di  cui all'art. 14 del decreto del
Presidente  della  Repubblica  29  settembre  1973,  n. 201  e di cui
all'art 11, comma 5, della legge 31 gennaio 1992, n. 59.
Nel merito: respingersi le domande attoree siccome infondate in fatto
ed in diritto per i motivi esposti negli atti depositati.
In  via  istruttoria:  si  chiede che sia ammessa prova per testi sui
seguenti capitoli:
     1)  «Vero  che  nel  momento  in cui e' stata redatta la perizia
sulla  congruita'  dei valori di concambio tra le azioni Veneto Banca
non  erano  note controversie sull'interpretazione dell'art. 11 della
legge n. 59/1992?»;
     2)  «Vero  che  la  Federazione  Veneta  delle Banche di Credito
Cooperativo  assunse  varie  iniziative per impedire la fusione della
Banca  di Credito Cooperativo del Piave e del Livenza in Veneto Banca
ma  mai  adombro'  in  alcuna  sede  l'eventualita' che fossero stati
determinati  scorrettamente  i  rapporti di concambio per non essersi
tenuto  conto  del fatto che vi sarebbe dovuta essere una devoluzione
di 54 miliardi di lire in favore del Fondo Sviluppo o comunque di una
delle   istituzioni  destinatarie  dei  patrimoni  delle  cooperative
liquidate ex
art. 11 della legge n. 59/1992?»;
     3)  «Vero che la BCC del Piave e del Livenza non possedeva al 31
luglio  1999  ed  al 31 dicembre 1999 i requisiti patrimoniali minimi
dettati  dalla disciplina di vigilanza per l'esercizio dell'attivita'
bancaria?»;
     4)  «Vero  che  la  Federazione  Veneta  della Banche di Credito
Cooperativo  fu  incaricata, fin dai primi giorni del giugno 1999, di
assistere  la BCC del Piave e del Livenza per individuare una via che
consentisse  alla  BCC  di reperire i mezzi finanziari per proseguire
l'attivita'  coprendo  le  perdite  provocate dalle illecite condotte
della  signora Maria Teresa Favero o, comunque, fosse individuata una
prospettiva di fusione con altra banca di credito cooperativo?»;
     5)  «Vero  che la Federazione Veneta della BCC in esecuzione del
mandato  ricevuto  e  come  descritto  al  capitolo  che  precede non
formulo' alcuna proposta eseguibile in ragione della quale la BCC del
Piave  e  del  Livenza  potesse ritornare a disporre di un patrimonio
sufficiente  a  rispettare  i  coefficienti  di  vigilanza o comunque
potesse  fondersi  con  altra  BCC  che  fosse  disponibile  a  farlo
mantenendo  dopo la fusione una capacita' patrimoniale sufficiente al
rispetto dei coefficienti di vigilanza?»;
     6)  «Vero  che  nel  periodo  immediatamente precedente ai primi
contatti  con  la  Banca Popolare erano state pubblicate sulla stampa
locale  notizie  che  ponevano  in  dubbio la capacita' della BCC del
Piave  e  del  Livenza  a  far  fronte  ai  propri impegni e comunque
indicavano  in  50  mld  di  lire  le  perdite presunte che sarebbero
gravate  sulla  BCC per effetto delle illecite condotte della signora
Favero?»;
     7)  «Vero  che dalle filiali della BCC era stato comunicato alla
direzione  generale nel mese di luglio 1999 che presso altri istituti
di  credito  era  stato  rifiutato il cambio di assegni della BCC del
Piave e del Livenza adducendo a ragione la possibile insolvenza della
stessa BCC?»;
     8)  «Vero  che  fu  sollecitato  piu'  volte  l'intervento delle
strutture  associative  nazionali delle banche di credito cooperativo
senza  ottenere  quale  risposta  altro che la promessa che il dottor
Caleffi,  direttore generale di Federcasse, avrebbe potuto incontrare
i vertici della BCC del Piave e del Livenza nei primi giorni del mese
di  agosto  del  1999  in  occasione  di  una sua venuta a Verona per
assistere ad una manifestazione musicale?»;
     9)  «Vero  che la BCC del Piave e del Livenza aveva poco meno di
tremila  soci  cooperatori  che  intrattenevano,  come  da previsione
statutaria,  regolari rapporti bancari con la BCC e che tali rapporti
costituivano oltre il 25% dei rapporti passivi intrattenuti dalla BCC
ed oltre il 50% di quelli attivi?».
Si  indicano  a  testi  su tutti i capitoli: il dottor Dino Biasotto,
esperto  nominato dal Tribunale per la determinazione dei rapporti di
concambio  nella  fusione  tra  Banca Popolare Asolo e Montebelluna e
Veneto  Banca;  i dottori Giampaolo Buldini, Emesto Serraglia ed Enzo
Paro  all'epoca  dei fatti sindaci della BCC del Piave e del Livenza;
il dottor C. De Gioia Carabellese all'epoca dei fatti direttore della
succursale  di Treviso della Banca d'ltalia; il cav. Ireneo Miotto ed
il   sig.   Lucio  De  Rocco,  all'epoca  dei  fatti  rispettivamente
Presidente e Direttore Generale della BCC del Piave e del Livenza; il
dottor  Amedeo  Piva  ed  il  rag. Rodolfo Spada, all'epoca dei fatti
rispettivamente Presidente e Direttore della Federazione Veneta della
Banca di Credito Cooperativo; il rag. Vincenzo Consoli, all'epoca dei
fatti  direttore  generale della Banca Popolare Asolo e Montebelluna;
il  dottor  Fanio Fanti, Bruno Sonego e Fulvio Zanatta, all'epoca dei
fatti sindaci della Banca Popolare di Asolo e Montebelluna.
Veneto  Banca ribadisce l'opposizione alle istanze avversarie nonche'
all'acquisizione  del  documento depositato all'udienza del 17 maggio
2005  e  dichiara  di  non  accettare il contraddittorio su eventuali
nuove domande.
In ogni caso: con vittoria di spese, diritti e onorari.
                  Fatto e svolgimento del processo
Con  atto  di  citazione in data 24 aprile 2001, Fondosviluppo S.p.A.
citava  avanti  l'intestato  Tribunale  la Veneto Banca s.c.p.a.r.l.,
gia'  banca Popolare di Asola e Montebelluna, per sentirla condannare
al   pagamento   della   somma   di  €  27.888.672,  pari  a  L.
54.000.000.000,  oltre  interessi, relativa al patrimonio della Banca
di  Credito  Cooperativo del Piave e Livenza, incorporata con atto di
fusione   del  30  giugno  1999,  ad  essa  attrice,  quale  soggetto
destinatario  del  patrimonio  delle cooperative fruenti dei benefici
fiscali e quale aderente alla Confcooperative.
Premetteva l'attrice, in sintesi, a sostegno della richiesta, che:
     il  Fondosviluppo  e'  il  fondo  delle Confcooperative ai sensi
dell'art.   11,  comma  1  della  legge  n. 59/1992  ed  e'  societa'
costituita   dalla   Confederazione   Cooperative  Italiane  e  dalla
Federazione Italiana delle Banche di Credito Cooperativo;
     la  legge  n. 59/1992  all'art.  11, comma 1, stabilisce che «Le
associazioni  nazionali  di  rappresentanza,  assistenza e tutela del
movimento  cooperativo,  riconosciute ai sensi dell'art. 5 del citato
decreto  legislativo  del  Capo  provvisorio  dello Stato 14 dicembre
1947,  n. 1577  e  successive modificazioni, e quelle riconosciute in
base a leggi emanate da regioni a statuto speciale possono costituire
fondi   mutualistici   per   la   promozione   e  lo  sviluppo  della
cooperazione.  I fondi possono essere gestiti senza scopo di lucro da
societa' per azioni o da associazioni.»;
     la citata legge n. 59/1992 all'art. 11, comma 5 prevede altresi'
che  «Deve  ...  essere  devoluto  ai  fondi  di  cui  al  comma 1 il
patrimonio  residuo  delle  cooperative  in  liquidazione, dedotti il
capitale  versato e rivalutato ed i dividendi eventualmente maturati,
di  cui  al  primo comma, lettera c), dell'art. 26 del citato decreto
legislativo  del  Capo  provvisorio  dello  Stato  14  dicembre 1947,
n. 1577 e successive modificazioni.»;
     il disposto dell'art. 11, comma 5, della citata legge n. 59/1992
riportato  al punto che precede e' stato recepito nello statuto della
BCC Piave e Livenza all'art. 50 nella seguente formulazione: «In caso
di scioglimento della Societa', la somma che risulti disponibile alla
fine  della  liquidazione,  dopo il pagamento di tutte le passivita',
sara'  devoluta -- dedotti soltanto il capitale versato e rivalutato,
e  i dividendi eventualmente maturati -- ai fondi mutualistici per la
promozione  e  lo  sviluppo  della  cooperazione,  con  le  modalita'
previste dalla legge.»;
     in  data  30  ottobre  1999  e  6  novembre  1999  le  Assemblee
Straordinarie  rispettivamente  di BCC Piave e Livenza e Veneto Banca
(gia'  Banca  Popolare  di  Asola  e  Montebelluna  S.c.a.r.l.) hanno
deliberato  la  fusione  per incorporazione di BCC Piave e Livenza in
Veneto  Banca,  previa autorizzazione rilasciata da Banca d'italia ai
sensi dell'art. 57 d.lgs. n. 385/1993 in data 13 agosto 1999;
     la  legge  n. 388/2000,  pubblicata in data 29 dicembre 2000 nel
Supplemento   ordinario   alla  Gazzetta  Ufficiale  n. 302,  prevede
all'art.  17  che:  «Le  disposizioni  di cui all'art. 26 del decreto
legislativo  del  Capo  provvisorio  dello  Stato  14  dicembre 1947,
n. 1577,  ratificato,  con  modificazioni  dalla legge 2 aprile 1951,
n. 302,  all'art.  14  del decreto del Presidente della Repubblica 29
settembre  1973,  n. 601,  e  all'art.  11,  comma  5, della legge 31
gennaio 1992, n. 59, si interpretano nel senso che la soppressione da
parte  di  societa' cooperative o loro consorzi delle clausole di cui
al  predetto articolo 26 comporta comunque per le stesse l'obbligo di
devolvere   il   patrimonio  effettivo  in  essere  alla  data  della
soppressione, dedotti il capitale versato e rivalutato ed i dividendi
eventualmente  maturati  ai  fondi mutualistici di cui al citato art.
11,  comma  5.  Allo  stesso  obbligo si intendono soggette le stesse
societa'  cooperative  e  loro  consorzi  nei  casi  di  fusione e di
trasformazione,  ove  non  vietati  dalla  normativa vigente, in enti
diversi  dalle  cooperative per le quali vigono le clausole di cui al
citato art. 26, nonche' in caso di decadenza dai benefici fiscali.».
Si  costituiva  regolarmente in giudizio Veneto Banca contestando nel
merito   tutte  le  domande  avanzate  dall'attrice,  chiedendone  il
rigetto,  e formulando una serie di eccezioni preliminari, cosi' come
riportate  in  premessa,  relative in particolare alla legittimazione
attiva  di  Fondosviluppo  e alla illegittimita' costituzionale della
legge n. 388/2000.
All'esito  della  prima udienza del 20 settembre 2001 il g.i. fissava
udienza  di  trattazione  al  21  marzo 2002, concedendo alle parti i
termini di legge per le memorie ex art. 180 c.p.c.
In  seguito,  il  giudice rinviava il procedimento all'udienza del 21
novembre  2002,  concedendo  alle  parti  i  termini  di legge per le
memorie  ex  art.  183,  quinto  comma,  c.p.c.  e  poi rinviava alla
successiva  udienza  del  29 aprile 2003, concedendo i termini per il
deposito delle memorie istruttorie.
Con  ordinanza  riservata  del 13 giugno 2003 il g.i., riservata ogni
decisione   sulle   ulteriori   richieste  istruttorie  delle  parti,
disponeva C.T.U., riservandosi la formulazione del quesito, nominando
perito il prof. Santesso Erasmo dell'Universita' di Treviso.
Alla successiva udienza del 20 novembre 2003 il c.t.u. incaricato non
compariva;  pertanto  il  g.i.  disponeva  la sua sostituzione con il
prof.  Fabio  Buttignon  di  Padova,  rinviando  per  il conferimento
dell'incarico all'udienza del 6 maggio 2004.
A  tale  udienza  veniva  formulato  al  c.t.u.  il quesito e il g.i.
rinviava  all'udienza  del  10 marzo 2005 per l'esame dell'elaborato;
veniva  poi  disposto  ulteriore rinvio al 17 maggio 2005 non essendo
stata depositata la perizia nel termine stabilito.
A  tale  udienza,  avanti  il  nuovo  g.i.  designato,  parte attrice
chiedeva   la   fissazione   dell'udienza   di   precisazione   delle
conclusioni,  mentre parte convenuta chiedeva termine per esame delle
deduzioni  di controparte alla c.t.u. e la convocazione a chiarimenti
del perito.
Il  g.i.,  con  ordinanza  riservata del 20 maggio 2005, disponeva la
convocazione  del  c.t.u.  a  chiarimenti, con eventuale presenza dei
c.t. di parte e rinviava all'uopo all'udienza del 22 settembre 2005.
All'esito  ditale  udienza  il  g.i.  assegnava  al  c.t.u. ulteriore
termine  di  giorni  sessanta  per  l'integrazione  della perizia, in
risposta  alle valutazioni espresse dai c.t.p., rinviando all'udienza
del 13 dicembre 2005.
Con  successiva  ordinanza  riservata  del 16 dicembre 2005, il g.i.,
ritenuta   la   causa   matura  per  la  decisione,  vertendo  questa
prevalentemente  su  questioni  di  diritto  e ritenendo esaustiva la
disposta c.t.u., fissava udienza di precisazione delle conclusioni al
21 dicembre 2006.
A  tale  udienza,  le  parti precisavano le conclusioni cosi' come in
epigrafe  e  il  g.i.  tratteneva la causa in decisione, assegnando i
termini  di  legge  per  il  deposito  delle comparse conclusionale e
memorie di replica.
La causa passa ora in decisione.
                       Motivi della decisione
E'  opportuno  e  necessario  affrontare preliminarmente le eccezioni
sollevate  dalla convenuta, con particolare riferimento alla avanzata
questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 17 della legge
n. 388/2000   (legge   Finanziaria   2001),  che,  ove  ritenuta  non
manifestamente infondata, comporterebbe giocoforza la sospensione del
procedimento.
Veneto  Banca  ha,  in sintesi, sostenuto che: «... Una tale norma ha
un'evidente   portata   innovatrice   rispetto  al  testo  originario
dell'art.  11  della  legge n. 59/1992 ed in particolare del comma 5.
Infatti  essa: a) allarga la fattispecie di cui al comma 5 anche alle
ipotesi  di  fusione e di trasformazione che, per quanto si e' detto,
erano  fino  a  quel  momento  escluse;  b)  menziona  il  patrimonio
effettivo   nel   mentre   prima   esso  si  riferiva  al  patrimonio
residuo...».
Riteneva dunque che, poiche' l'operazione di fusione tra BCC e Veneto
Banca  (per  la quale vi era la richiesta dell'attrice di devoluzione
dell'intero  patrimonio  effettivo  della banca incorporata in essere
alla  data  della soppressione) era intervenuta e si era conclusa ben
prima della emanazione della legge n. 388/2000, tale legge non poteva
applicarsi  al  caso  di  specie,  in  quanto:  «...  a)  o  si opera
un'interpretazione  costituzionalmente  adeguata  dell'art.  17 della
legge n. 388/2000 e conseguentemente si ritiene che, a dispetto della
volonta'  espressa  dal  legislatore  di  compiere un'interpretazione
autentica  di  una  norma  gia'  in vigore, la novita' introdotta non
possa  disporre  che per il futuro e quindi sia inapplicabile al caso
che ci occupa se non altro in ragione del fatto che tutti gli effetti
della  fusione tra le due banche si sono gia' completamente esauriti;
b) o non puo' non rilevarsi l'evidente illegittimita' costituzionale,
per  violazione  degli artt. 101, 102 e 104 Cost., dell'art. 17 della
legge  23  dicembre 2000, n. 388, di interpretazione autentica -- per
auto  qualificazione  --  delle  disposizioni  di cui all'art. 26 del
decreto  legislativo  del  Capo  provvisorio  dello Stato 14 dicembre
1947,  n. 1577,  ratificato,  con modificazioni, dalla legge 2 aprile
1951, n. 302, all'art. 14 del decreto del Presidente della Repubblica
29  settembre  1973,  n. 601,  e all'art. 11, comma 5, della legge 31
gennaio 1992, n. 59...».
La questione non e' manifestamente infondata.
Il   punto   focale   della   questione   sta,   in  sostanza,  nella
autoqualificazione,  operata  dall'art.  17  suddetto, quale norma di
interpretazione autentica di un'altra norma precedente, allo scopo di
attribuirsi efficacia retroattiva.
Come e' noto, per costante giurisprudenza della Corte Costituzionale,
cosi' come delle corti di merito, «Il divieto di retroattivita' della
legge,  pur  costituendo  fondamentale valore di civilta' giuridica e
principio  generale  dell'ordinamento  cui  il  legislatore  si  deve
attenere,  non e' elevato a dignita' costituzionale, salvo che per la
legge  penale;  pertanto,  nelle  altre  materie,  ben possono essere
emanate leggi retroattive interpretative».Cons. Stato n. 7516/2003.
Tuttavia, la stessa Corte costituzionale ha chiarito piu' volte, come
opportunamente  evidenziato  da  parte  convenuta,  che: «La legge di
interpretazione  autentica  deve  rispondere dalla funzione che le e'
propria: quella di chiarire il senso di norme preesistenti, ovvero di
imporre  una delle possibili varianti di senso compatibili col tenore
letterale,   sia   al   fine   di   eliminare   eventuali  incertezze
interpretative,     sia     per    rimediare    ad    interpretazioni
giurisprudenziali  divergenti»;  Corte  cost.  n. 311/1995. e ancora:
«Pur dovendosi ammettere la facolta' del legislatore di emanare leggi
interpretative   con  la  connaturale  portata  retroattiva,  non  e'
sufficiente, a tali fini, la sola autoqualificazione, ma si richiede,
per  attribuire  il  carattere di norma di interpretazione autentica,
che  la  previsione  sia  diretta a chiarire il senso di disposizioni
preesistenti  ovvero  ad escludere o ad enucleare uno dei significati
fra quelli ragionevolmente ascrivibili alle statuizioni interpretate,
occorrendo comunque che la scelta assunta dal precetto interpretativo
rientri  tra le varianti di senso compatibili con il tenore letterale
del testo interpretato». Corte cost. n. 386/1996.
Ora,  e'  piuttosto evidente che, ove il tenore letterale della norma
«interpretata»,  o  presuntivamente  da interpretare, sia gia' di per
se'  chiaro  ed  indiscutibile  e  ove  questo,  proprio  per  la sua
chiarezza,  prima  di allora non abbia sollevato numerosi ed evidenti
(o  addirittura  nessuno)  contrasti  giurisprudenziali  da dirimere,
l'emanazione  di  una  legge  autodefinentesi interpretativa svela il
chiaro  intento  del legislatore non gia' (come e' chiaramente in suo
potere)  di  regolare  in maniera diversa -- ma solo per il futuro --
una  materia  fino al quel momento regolata da altra legge, che vuole
essere  tacitamente  o  meno  abrogata, ma di «... attribuire a norme
innovative  una  surreffizia  efficacia  retroattiva,  venendo (cosi)
meno... la funzione peculiare di tali leggi, ossia quella di chiarire
il  senso di norme preesistenti ovvero di imporre una delle possibili
varianti  di  senso  compatibili con il tenore letterale».Corte cost.
n. 376/1995.
Una  norma  che  opera  in  questo modo ed in questo ambito e' dunque
indubitabilmente,  per definizione della stessa Corte costituzionale,
una norma incostituzionale.
Altrettanto  indubitabile  e'  dunque  la constatazione che l'art. 17
della  legge  n. 388/2000  (Legge  Finanziaria  2001) rientri in tale
ipotesi, per due ordini di ragioni:
a)  Il  tenore  letterale  dell'art.  11,  comma 5, legge n. 59/1992,
laddove  prevede  che:  «Deve  ... essere devoluto ai fondi di cui al
comma  1  il  patrimonio  residuo  delle cooperative in liquidazione,
dedotti il capitale versato e rivalutato ed i dividendi eventualmente
maturati  di  cui al primo comma, lettera c), dell'art. 26 del citato
decreto  legislativo  del  Capo  provvisorio  dello Stato 14 dicembre
1947,  n. 1577  e  successive modificazioni.», non puo' in alcun modo
porre  dubbi  circa  il  fatto  che  la  norma  non volesse intendere
ricompresi  nella  previsione  anche  «...i  casi  di  fusione  e  di
trasformazione,  ove  non  vietati  dalla  normativa vigente, in enti
diversi  dalle  cooperative per le quali vigono le clausole di cui al
citato   articolo   26...»:   una   cosa,   in   senso   strettamente
tecnico-giuridico   e'  infatti  la  liquidazione  di  una  societa',
tutt'altra  cosa  e' la sua fusione con un'altra societa', tanto piu'
che la nuova norma introduce anche il (nuovo) concetto di «patrimonio
effettivo»,  anziche'  solo quello (anche in questo caso chiarissimo)
di «patrimonio residuo»;
b)  non  risulta  che,  prima  della  emanazione  dell'art.  17 legge
n. 388/2000,    si    fossero   verificati   o   segnalati   dissensi
giurisprudenziali   interpretativi   dell'art.  11,  comma  5,  legge
n. 52/1992,  nel  senso  prospettato  in  questa  sede: le uniche due
pronunce  citate  dall'attrice  e  che hanno stretta analogia (se non
identita)  con  la  presente  causa  (cfr.  Sentenza  Trib.  Lanciano
n. 363/2001  e  Ord.  Trib.  Lecce n. 6911/2000 -- doc. 17 e 18 parte
attrice), sono intervenute gia' nella vigenza della legge n. 388/2000
ed  hanno  ritenuto  di  dirimere  la  questione  in  senso  diverso,
semplicemente    perche'    hanno   ritenuto   pienamente   legittima
l'autoqualificazione  di  tale  norma  quale norma interpretativa con
efficacia retroattiva, ma non entrando in alcun modo nel merito della
questione  circa la possibilita' di intendere la liquidazione (anche)
come fusione.
Nel  caso  di  specie,  pertanto,  la  norma in questione verrebbe ad
incidere,  in  maniera  retroattiva,  su  posizioni  giuridiche  gia'
acquisite  (la  fusione tra BCC e Veneto Banca si e' completata, come
detto,  nel  novernbre  1999)  ed  aventi ad oggetto questioni, prima
della  sua  emanazione, mai passibili di contrasti giurisprudenziali,
facendo  sorgere  il  legittimo dubbio che la sua emanazione, proprio
perche'   adottata   nella   forma   della   «norma   autodefinentesi
interpretativa»,  anziche'  come  norma nuova, non volesse in realta'
(solo)   operare   per   il  futuro  o  intervenire  in  una  materia
«contrastata»,  ma proprio intervenire su quelle posizioni giuridiche
gia'   acquisite:  il  che  e'  in  contrasto  con  i  dettami  della
Costituzione.
Per  tali  motivi,  deve  ritenersi  non  manifestamente infondata la
questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 17 della legge
n. 388/2000  di  interpretazione autentica -- per auto qualificazione
--  delle  disposizioni  di  cui  all'art.  26  del  d.lgs.  del Capo
provvisorio  dello  Stato  14  dicembre 1947, n. 1577, ratificato con
modificazioni  dalla  legge 2 aprile 1951, n. 302, di cui all'art. 14
del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 201
e  di  cui  all'art. 11, comma 5, della legge 31 gennaio 1992, n. 59,
per violazione degli artt. 101, 102 e 104 della Costituzione, laddove
prevede e consente l'emanazione di leggi con efficacia retroattiva al
di  fuori  dei  limiti  «...  che  attengono alla salvaguardia ... di
fondamentali   valori  di  civilta'  giuridica  posti  a  tutela  dei
destinatari della norma e dello stesso ordinamento, fra i quali vanno
ricompresi  il rispetto del principio generale di ragionevolezza e di
eguaglianza,  la  tutela  dell'affidamento  legittimamente  sorto nei
soggetti  quale  principio  connaturato  allo  Stato  di diritto e il
rispetto   delle  funzioni  costituzionalmente  riservate  al  potere
giudiziario...».Corte cost. n. 282/2005.
                              P. Q. M.
   1)  Accertata  la  non  manifesta  infondatezza  della  questione,
solleva  questione  di legittimita' costituzionale dell'art. 17 della
legge   n. 388/2000   di  interpretazione  -  autentica  -  per  auto
qualificazione  --  delle  disposizioni di cui all'art. 26 del d.lgs.
del   Capo   provvisorio  dello  Stato  14  dicembre  1947,  n. 1577,
ratificato  con  modificazioni  dalla legge 2 aprile 1951, n. 302, di
cui  all'art.  14  del  decreto  del  Presidente  della Repubblica 29
settembre  1973, n. 201 e di cui all'art. 11, comma 5, della legge 31
gennaio  1992, n. 59, per violazione degli artt. 101, 102 e 104 della
Costituzione.
   2)  Dispone la sospensione del procedimento ai sensi dell'art. 295
c.p.c.
   3) Manda alla cancelleria per gli adempimenti di competenza.
    Treviso, addi' 9 giugno 2007
                     Il giudice unico: Biagetti