N. 781 ORDINANZA (Atto di promovimento) 13 luglio 2007

Ordinanza del 13 luglio 2007 emessa dal Tribunale di Paola -- Sezione
distaccata di Scalea nel procedimento penale a carico di Diop Mbaye

Straniero   e  apolide  -  Espulsione  amministrativa  -  Delitto  di
  trattenimento,  senza  giustificato  motivo,  nel  territorio dello
  Stato,  in  violazione  dell'ordine di allontanamento impartito dal
  questore    -   Previsione   dell'arresto   obbligatorio   anziche'
  facoltativo   -   Violazione  del  principio  di  ragionevolezza  -
  Disparita'  di  trattamento  rispetto a fattispecie analoghe o piu'
  gravi  -  Lesione  del  principio  di inviolabilita' della liberta'
  personale.
- Decreto   legislativo  25  luglio  1998,  n. 286,  art.  14,  comma
  5-quinquies,   come   sostituito   dall'art.   1,   comma   6,  del
  decreto-legge   14   settembre   2004,   n. 241,   convertito,  con
  modificazioni, nella legge 12 novembre 2004, n. 271.
- Costituzione, artt. 3 e 13, comma terzo.
(GU n.47 del 5-12-2007 )
                            IL TRIBUNALE
Ha   pronuciato   la   seguente  ordinanza  nel  procedimento  penale
n. 2199/07  R.G.  Trib.  avente  ad  oggetto la richiesta del p.m. di
convalida  dell'arresto  di  Diop Mbaye, nato a Dakar (Senegal) il 23
luglio 1983.
                           P r e m e s s o
Che  con  decreto  del  28  gennaio  2005  il  Prefetto di Catania ha
disposto  l'espulsione  dell'arrestato  e  che,  con decreto emesso e
notificato  in  pari  data  il  Questore  di Catania ha ordinato allo
stesso di allontanarsi dal territorio dello Stato entro cinque giorni
ai  sensi,  dell'art.  14  comma  5-bis  del  d.lgs n. 286/1998 (come
modificato dalla legge n. 189/2002);
che  il  Diop  Mbaye in data 12 luglio 2007, e quindi dopo il termine
concessogli   col   citato  provvedimento  amministrativo,  e'  stato
sorpreso  in  Santa  Maria del Cedro e tratto in arresto per non aver
ottemperato  senza giusto motivo all'ordine impartitogli dal questore
tratto  in  arresto  a  Santa Maria del Cedro, ai sensi dell'art. 14,
comma 5-quinquies del d.lgs. n. 286/1998 -- come modificato da ultimo
dalla legge n. 271/2004 -- per il delitto p. e p. dall'art. 14, comma
5-ter   stessa   legge,   come   da  ultimo  modificato  dalla  legge
n. 271/2004;
che  l'arrestato,  privo  di  documenti  d'identita'  e  sottoposto a
rilievi dattiloscopici per la sua identificazione, non risulta essere
mai  stato  condannato,  non risulta avere pendenze giudiziarie e non
era  mai  stato  segnalato in precedenza dalla polizia come autore di
reati;
che  questo  giudice e' chiamato a decidere sulla richiesta formulata
dal  p.m.  di  convalida  del  suddetto arresto nonche' a procedere a
giudizio  direttissimo nei confronti dell'arrestato per il delitto di
cui  all'art.  14,  comma  5-ter  d.lgs.  n. 286/1998  (in  relazione
all'ipotesi   di  espulsione  a  seguito  di  ingresso  illegale  nel
territorio dello Stato);
                            O s s e r v a
1. -- Non manifesta infondatezza della questione.
A  parere  di  questo  giudice,  sussistono  dubbi sulla legittimita'
costituzionale  della  norma  di  cui  all'art.  14 comma 5-quinquies
(ultima  parte)  del  d.lgs.  n. 286/1998,  laddove prevede l'arresto
obbligatorio dell'autore del reato previsto dall'art. 14, comma 5-ter
primo  periodo  d.lgs  cit., in quanto tale norma appare in contrasto
con le disposizioni di cui agli artt. 3 e 13 della Costituzione.
Con  riferimento all'art. 3 della Costituzione -- che impone anche al
legislatore,    quanto   meno,   il   rispetto   del   limite   della
ragionevolezza,  come  qualificato, tra l'altro, nelle sentenze della
Corte  costituzionale  n. 26/1979, 103/1982, 409/1989, 394/1994 -- e'
lecito  dubitare  della  legittimita' costituzionale della previsione
dell'arresto obbligatorio per le seguenti ragioni.
Il  delitto  di  cui all'art. 14, comma 5-ter del d.lgs. n. 286/1998,
per   il   quale  l'art.  14,  comma  5-quinquies  prevede  l'arresto
obbligatorio  in  flagranza,  e' punito (dopo le modifiche introdotte
dalla  legge  n. 271/2004)  con  la  pena  della  reclusione da uno a
quattro   anni  e  si  sostanzia  nell'inottemperanza  ad  un  ordine
impartito  dall'autorita'  amministrativa  (Questore).  Cio' posto la
scelta di prevedere per tale ipotesi delittuosa l'arresto addirittura
obbligatorio  dell'autore  del  reato,  anziche'  l'arresto meramente
facoltativo,  si  appalesa  del  tutto  irragionevole  se  solo la si
confronta  con  analoghe fattispecie previste dall'ordinamento penale
(processuale e sostanziale).
In   primo   luogo,   giova  premettere  che  l'arresto  obbligatorio
costituisce   nel   nostro   ordinamento   una   misura  eccezionale,
trattandosi  di  un  caso  nel  quale  la  privazione  della liberta'
personale  viene eccezionalmente affidata all'autorita' di polizia e,
per  di piu', precludendo alla stessa ogni valutazione in ordine alla
opportunita'  o  necessita  nel  caso concreto di privare l'individuo
della  liberta' personale. Se si considera che l'art. 13, terzo comma
della  Costituzione  prevede  che  l'autorita'  di pubblica sicurezza
possa adottare provvedimenti limitativi della liberta' personale solo
«in  casi  eccezionali di necessita' ed urgenza», e' evidente come la
previsione  di  ipotesi  nelle  quali  si  giunga a limitazioni della
liberta' individuale da parte di tale autorita' in maniera pressoche'
automatica,  che  prescindano  dalla  concreta utilita' della misura,
costituiscono  in certo senso «una eccezione nell'eccezione» rispetto
al principio generale della inviolabilita' della liberta' personale.
Cio'  e'  tanto  piu' vero se si considera che tale misura, fino alla
legge  n. 189/2002  e poi alla legge n. 271/2004, era contemplata dal
legislatore solo per ipotesi di reato di particolare gravita' tali da
determinare un rilevantissimo allarme sociale (cfr. art. 380 c.p.p.).
Un  primo elemento di irragionevolezza e di disparita' di trattamento
si  ravvisa  dunque  nel  fatto di aver accomunato, almeno per quanto
attiene   l'adozione   di  misure  precautelari  quali  l'arresto  in
flagranza, un'ipotesi di reato per la quale e' prevista la reclusione
non  superiore  nel  massimo  ad  anni quattro ad ipotesi di illecito
punite  con  pene  edittali notevolmente superiori. Basti pensare che
l'art.  380,  primo comma c.p.p. consente l'arresto obbligatorio solo
per delitti puniti con l'ergastolo o con la reclusione «non inferiore
nel  minimo  a  cinque anni e nel massimo a venti», e che l'art. 380,
secondo  comma  c.p.p. consente analoga misura per una serie di reati
tassativamente  indicati per i quali le pene edittali sono tutte pari
o  superiori  ai  dieci  anni,  e  quindi a piu' del doppio di quella
prevista per il reato de quo.
D'altra  parte  un'equiparazione  del  trattamento  degli illeciti in
comparazione  non si giustifica neppure sotto il profilo dell'allarme
sociale destato.
L'inottemperanza  al  provvedimento  del  questore di cui all'art. 14
cit.    non    produce    alcuna    offesa   diretta   ad   interessi
costituzionalmente  rilevanti  dei  cittadini (trattandosi di un c.d.
«reato ostacolo»); ne' si puo' affermare che gli extracomunitari, che
sono  i destinatari della norma, siano persone socialmente pericolose
unicamente  in  considerazione del loro stato di clandestinita' o del
fatto che soggiornano illegalmente nel territorio nazionale.
In secondo luogo giova rilevare che, lo stesso legislatore, per reati
che  presentano una struttura del tutto analoga a quella del reato in
questione, e che ledono o pongono in pericolo interessi collettivi di
rilievo  pari, se non maggiore, di quelli che si assumono compromessi
dalla  semplice  inosservanza  del  provvedimento  di  espulsione, ha
previsto (sempre facendo riferimento alla possibilita' di limitazioni
preventive  e  provvisorie della liberta' individuale) un trattamento
ben diverso e meno grave. Ed invero basti rilevare che:
     per  il  delitto  di  evasione  di cui all'art. 385 c.p., l'art.
2, comma  3, legge  n. 203/1991,  prevede  un'ipotesi di arresto solo
facoltativo e non obbligatorio, e cio', nonostante che ci si trovi di
fronte  alla violazione di un provvedimento limitativo della liberta'
personale  emesso  dall'autorita'  giudiziaria  e  non di un semplice
provvedimento  amministrativo, e nonostante che il fatto sia commesso
da  un  soggetto  (l'evaso) che, per il semplice fatto di essere gia'
detenuto per altra causa, deve presumersi socialmente pericoloso;
     analogamente per il reato di cui all'art. 9, secondo comma legge
n. 1423/1956,  peraltro  punito  nel  massimo  con  una pena (5 anni)
superiore  a  quella  prevista  dall'art.  14, comma 5-ter cit. -, il
terzo comma dello stesso articolo, prevede un'ipotesi di arresto solo
facoltativo,  nonostante  che  la violazione riguardi anche in questo
caso un provvedimento dell'A.G. (sorveglianza speciale con obbligo di
soggiorno)  e  che la stessa sia stata posta in essere da soggetti la
cui  elevata  pericolosita'  sociale  e'  gia' stata acclarata con un
provvedimento giurisdizionale;
     analogamente  nell'ipotesi  prevista  dall'art.  8,  comma 1-bis
della   legge  n. 401/1989,  il  quale  per  la  contravvenzione  dei
provvedimenti  amministrativi  emessi  dal  questore nei confronti di
soggetti indubbiamente pericolosi (in quanto gia' resisi responsabili
di fatti di violenza nel corso di manifestazioni sportive) prevede la
semplice facolta' di arresto e non l'obbligo di arresto;
E'  quindi agevole rilevare come a fronte di condotte ben piu' gravi,
sia sotto il profilo oggettivo degli ineressi coinvolti (rispetto dei
provvedimenti  giurisdizionali, pubblica sicurezza, ordine pubblico e
prevenzione  della criminalita' organizzata) che di quello soggettivo
della pericolosita' (effettiva o presunta) degli autori del reato, si
sia  prevista  la  facoltativita'  dell'arresto,  laddove a fronte di
ipotesi  meno  gravi (o, quanto meno, certamente non piu' gravi) come
quella  di  cui  all'art. 14, comma 5-ter d.lgs. cit. si sia prevista
l'obbligatorieta'  dell'arresto.  Cio' tanto piu' se si considera che
per  ipotesi  di  reato  analoghe  a  quella  in questione, in quanto
concretatesi  in semplici violazioni o trasgressioni di provvedimenti
emessi  dalla  pubblica autorita' (amministrativa o giurisdizionale),
non  e'  neppure  contemplata  l'ipotesi  di arresto in flagranza (si
vedano  ad es. i reati di cui agli artt. 388 c.p., 650 c.p., 9, primo
comma, legge n. 1423/1956, 51, d.lgs. n. 22/1997, ecc.).
Non  appare  quindi  infondato  il  dubbio  che  il legislatore abbia
trattato  in maniera ingiustificatamente e irragionevolmente difforme
situazioni  almeno  uguali,  prevedendo l'arresto obbligatorio per il
delitto di cui all'art. 14, comma 5-ter e quello solo facoltativo per
delitti  di  pari  o maggiore gravita' - cfr. artt. 385 c.p., art. 9,
secondo   comma,   legge  n. 1423/1956,  ecc...  Lo  stesso  inoltre,
altrettanto  ingiustificatamente  e  irragionevolmente,  sembra  aver
trattato  in  maniera  uguale situazioni affatto difformi, prevedendo
l'arresto  obbligatorio  per il reato di cui all'art. 14, comma 5-ter
analogamente   a   delitti,   quelli   di  cui  all'art.  380  c.p.p.
notevolmente piu' gravi.
E'  appena  il  caso  di  ricordare, per concludere sul punto, che il
principio   di   uguaglianza   di   cui  all'art.  3  Cost.,  benche'
testualmente  riferito  ai  «cittadini»  deve  ritenersi  esteso agli
stranieri,  trattandosi  di  norma  diretta  alla  tutela dei diritti
inviolabili dell'uomo (Corte cost. sent. n. 104/1969).
Con  riferimento  all'art.  13, comma 3 della Costituzione, e' invece
lecito   dubitare   della  legittimita'  costituzionale  della  norma
indicata per le seguenti ragioni.
L'art.  13  della  Costituzione prevede che «la liberta' personale e'
inviolabile»  (comma  1),  che  la  liberta'  personale  puo'  essere
limitata  soltanto con atto motivato dell'autorita' giudiziaria e nei
soli  casi  e  modi previsti dalla legge (comma 2) e che soltanto «in
casi  eccezionali  di  necessita'  ed urgenza indicati tassativamente
dalla   legge,   l'autorita'  di  p.s.  puo'  adottare  provvedimenti
provvisori»,  che  devono  essere  convalidati  in  tempi  brevissimi
dall'autorita'  giudiziaria  (comma 3). lI legislatore ordinario puo'
quindi  determinare  i  casi in cui la liberta' personale puo' essere
provvisoriamente  limitata  dalla  p.s.,  ma  la  scelta,  secondo la
Costituzione,  e'  limitata  ai  «casi  eccezionali  di necessita' ed
urgenza».
Cio'  posto,  il  delitto in esame, (per la quale e' appunto previsto
l'arresto  obbligatorio  in  flagranza) e' un reato di mera condotta.
L'elemento  materiale del reato e' il fatto dello straniero che, gia'
espulso  dal  territorio dello Stato in quanto clandestino, non abbia
osservato l'ordine di allontanamento del questore. Cio' premesso, non
si  vede  quali siano, nel caso in esame, quei profili di eccezionale
necessita' ed urgenza tali da giustificare la previsione dell'arresto
addirittura obbligatorio, e quindi una deroga cosi' significativa dei
principi generali di cui all'art. 13 Cost.
La  struttura  del  reato, infatti, non prevede ne' la lesione ne' la
messa  in  pericolo diretta e immediata di un bene costituzionalmente
protetto,  atteso  che  la  ratio  della  previsione  normativa e' da
rinvenire  unicamente  nella  scelta  del  legislatore di assicurare,
mediante  la  minaccia  di  sanzioni  penali,  l'ottemperanza  ad  un
provvedimento  amministrativo,  e  quindi di garantire l'effettivita'
dei  meccanismi  di  espulsione  di  stranieri «indesiderati». Ne' la
deroga  ai  principi  costituzionali  si giustifica per la condizione
soggettiva di pericolosita' specifica dell'autore del reato.
Non  si  vede,  infatti,  come  anche  soggetti  mai  condannati, ne'
giudicati  per  altri  reati,  possano  essere  giudicati socialmente
pericolosi   (cfr.  sentenze  nn.  126/1972  e  64/1977  della  Corte
costituzionale).  D'altra  parte,  la  permanenza  clandestina  dello
straniero  in  Italia e' una condizione che legittima l'espulsione ma
non  costituisce  di  per  se'  alcun  reato;  la  stessa,  peraltro,
dipendendo   unicamente  dalla  formale  assenza  di  un  titolo  che
legittimi  l'ingresso  nel  territorio  dello  stato, non puo' essere
indice di per se' stessa di una specifica pericolosita' del soggetto.
Ne'  la condotta punita ne' le condizioni dell'agente sembrano quindi
assumere,  nel  nostro  caso,  connotati di eccezionale necessita' ed
urgenza  addirittura  tali  da imporre obbligatoriamente alla p.s. di
limitare  la  liberta'  personale ai sensi dell'art. 13, terzo comma,
Cost.  Anzi  accade assai frequentemente nella prassi giurisdizionale
che  gli organi di polizia, per effetto della norma citata, si vedano
«costretti»  a  procedere  all'arresto  di soggetti che, non solo non
presentano  alcun  profilo di pericolosita' sociale, ma che risultano
anzi stabilmente inseriti nel contesto locale (nell'ambito del quale,
sovente, svolgono, anche attivita' di rilevante utilita' sociale, es.
assistenza ad anziani, disabili, ecc.).
In  altri  termini  la  norma  in  commento,  cosi'  come  formulata,
imponendo l'arresto e precludendo tanto agli organi di polizia quanto
all'A.G.  ogni  valutazione in ordine alla concreta utilita' nel caso
specifico  della  misura  precautelare,  finisce  sovente per imporre
privazioni  della  liberta' personale che non trovano giustificazione
alcuna ne' nella gravita' oggettiva del fatto ne' nella pericolosita'
del  suo  autore.  D'altra  parte, l'obbligatorieta' dell'arresto non
puo'   trovare  giustificazione  neppure  nel  legittimo  intento  di
garantire l'ottemperanza da parte del clandestino al provvedimento di
allontanamento   emesso   dal  questore.  Ed  infatti,  l'effetto  di
«deterrenza»  attraverso il quale il legislatore ha ritenuto di poter
assicurare  l'efficacia e l'efficienza del procedimento di espulsione
puo'   legittimamente  essere  rappresentata  dalla  sanzione  penale
inflitta dall'A.G. all'esito di un giusto processo, e non certo da un
provvedimento  precautelare  (come l'arresto) adottato dall'autorita'
di  P.S.  al quale la Costituzione e la legislazione penale assegnano
tutt'altra funzione e tutt'altro scopo (cfr. Corte cost. sent. n. 223
del 2004).
Per  tutte le ragioni esposte la norma denunciata, nella parte in cui
per  il  delitto  per  cui  si  procede prevede un'ipotesi di arresto
obbligatorio  da  parte  degli  organi  di  polizia,  anziche',  come
previsto  per  fattispecie  del tutto analoghe, un'ipotesi di arresto
meramente facoltativo, deve reputarsi in contrasto con i citati artt.
3 e 13 della Costituzione.
2. -- Rilevanza della questione.
La questione di costituzionalita' sollevata e' rilevante. Ed infatti,
il  giudizio  avente  ad  oggetto  la  convalida  o meno dell'arresto
effettuato  dalla  P.G.  non  puo'  essere definito indipendentemente
dalla questione di legittimita' costituzionale.
Giova al riguardo premettere che nel vigente ordinamento processuale,
secondo  il  costante  orientamento giurisprudenziale (vedi da ultimo
Cass.  Sez. IV, 22 febbraio 2007 n. 14474) «nel giudizio di convalida
dell'arresto  facoltativo  in  flagranza  di  reato, il controllo del
giudice circa il provvedimento adottato dalla polizia giudiziaria non
puo'  essere  limitato  al  riscontro  e all'osservanza dei requisiti
formali  dell'arresto  (esistenza  della flagranza, titolo del reato,
osservanza  dei  termini),  ma  deve  essere  estesa al controllo dei
presupposti   sostanziali   per   l'arresto  (gravita'  del  fatto  o
pericolosita'  del  soggetto  desunta  dalla sua personalita' e dalle
circostanze  del fatto), da valutare in termini di ragionevolezza con
riferimento  agli  elementi  conosciuti  e conoscibili da parte della
polizia al momento del fatto».
Da  cio'  consegue  che,  ove  venisse ritenuta l'incostituzionalita'
dell'obbligatorieta'  dell'arresto  e residuasse solo la facolta' per
gli  agenti  di  P.G.  di  procedere  allo  stesso,  al giudice della
convalida,   verrebbe  restituita  la  possibilita'  di  valutare  la
legittimita'  del  provvedimento  limitativo  della liberta' ai sensi
dell'art.  381,  quarto comma c.p.p., secondo il quale, nelle ipotesi
di  arresto facoltativo allo stesso si puo' procedere «soltanto se la
misura   e'  giustificata  dalla  gravita'  del  fatto  ovvero  dalla
pericolosita'  del  soggetto  desunta  dalla sua personalita' o dalle
circostanze  del  fatto».  Possibilita'  oggi  invece  preclusa dalla
previsione  dell'arresto  obbligatorio in flagranza. Poiche' nel caso
di   specie   si   e'   proceduto   all'arresto   di   un   cittadino
extracomunitario  per  il  quale non risulta alcun precedente penale,
giudiziale  o di polizia, e a carico del quale non puo' essere quindi
formulato alcun giudizio di pericolosita', e considerato altresi' che
il fatto a lui ascritto presenta, come detto, una limitata gravita' e
una   scarsa   offensivita'   concreta,   l'eventuale  applicabilita'
dell'ari.  381  c.p.p.  (anziche' dell'art. 380 c.p.p.) implicherebbe
rilevanti  conseguenze in ordine alla convalida dell'arresto, potendo
ad  esempio  indurre  il  giudice  a ritenere non giustificata, per i
profili   sopra   indicati,  la  misura  precautelare  adottata,  con
conseguente mancata convalida dell'arresto.
D'altra  parte la circostanza che, giusta la previsione dell'art. 14,
comma 5-quinquies (prima parte) d.lgs. n. 286/1998, nei confronti del
prevenuto   debba   comunque   procedersi   a  giudizio  direttissimo
prescindendo  dalla convalida dell'arresto, non priva di rilevanza la
questione  di  costituzionalita',  atteso  che  residua pur sempre la
necessita'  di  valutare attraverso il (separato e autonomo) giudizio
di  convalida  se  la  privazione  della  liberta'  personale  di  un
individuo  sia  stata  o  meno  legittima. In proposito, peraltro, e'
sufficiente   richiamare   la   sentenza   n. 54/1993   della   Corte
costituzionale   con  la  quale  e'  stato,  fra  l'altro,  affermato
testualmente  che  nel  giudizio  di  convalida:  «la rilevanza della
questione   permane,  trattandosi  di  stabilire  se  la  liberazione
dell'arrestato   debba   considerarsi   conseguente  all'applicazione
dell'art.   391,   settimo  comma,  ovvero  piu'  radicalmente,  alla
caducazione  con  effetto retroattivo della disposizione in base alla
quale gli arresti furono eseguiti».
In  conclusione,  la  questione  di legittimita' costituzionale sopra
illustrata  non  appare  manifestamente  infondata ed e' rilevante ai
fini  della  decisione  sulla convalida e pertanto puo' e deve essere
sollevata   anche  d'ufficio  (cfr.  art.  23,  secondo  comma  legge
n. 87/1953).
                              P. Q. M.
   Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
   Dichiara  non  manifestamente  infondata  e rilevante nel presente
giudizio  la  questione  di  legittimita' costituzionale dell'art. 14
comma  5-quinquies  del d.lgs. 25 luglio 1998 n. 286 (come modificato
dalla  legge  12  novembre  2004  n. 271)  nella parte in cui prevede
l'arresto   obbligatorio  (anziche'  meramente  facoltativo)  per  il
delitto  di cui all'art. 14, comma 5-ter, d.lgs. cit., per violazione
degli artt. 3 e 13 della Costituzione;
   Solleva   la   questione   di  legittimita'  costituzionale  sopra
indicata;
   Sospende il giudizio in corso;
   Dispone   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
costituzionale;
   Ordina  che  a  cura  della  cancelleria la presente ordinanza sia
notificata  al  Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata ai
Presidenti del Senato e della Camera dei deputati.
    Scalea, addi' 13 luglio 2007
                        Il giudice: Mostarda