N. 403 SENTENZA 21 - 30 novembre 2007

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Telecomunicazioni - Controversie fra utenti, o categorie di utenti, e
  soggetti   autorizzati   o  destinatari  di  licenze  -  Previsione
  dell'esperimento di un tentativo obbligatorio di conciliazione come
  condizione  di proponibilita' dell'azione in sede giurisdizionale -
  Asserita  estensione dell'obbligo anche in caso di azioni cautelari
  -  Denunciata  lesione  del diritto di agire in giudizio - Premessa
  interpretativa  non  pacifica  in  giurisprudenza - Possibilita' di
  interpretare  la  norma  in  senso  conforme  a  Costituzione - Non
  fondatezza della questione, nei sensi di cui in motivazione.
- Legge 31 luglio 1997, n. 249, art. 1, comma 11.
- Costituzione, art. 24, primo comma.
(GU n.47 del 5-12-2007 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta  dai  signori:  Presidente:  Franco  BILE; Giudici: Giovanni
Maria  FLICK,  Francesco  AMIRANTE,  Ugo  DE SIERVO, Paolo MADDALENA,
Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso  QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA,
Gaetano  SILVESTRI,  Sabino  CASSESE,  Maria  Rita  SAULLE,  Giuseppe
TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO; ha pronunciato la seguente
                              Sentenza
nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 11,
della legge 31 luglio 1997, n. 249 (Istituzione dell'Autorita' per le
garanzie    nelle   comunicazioni   e   norme   sui   sistemi   delle
telecomunicazioni  e  radiotelevisivo), promosso con ordinanza del 22
settembre 2006 dal Tribunale di Pisa nel procedimento civile vertente
tra  Massimo  Martelli  ed altro e Telecom Italia s.p.a., iscritta al
n. 404  del  registro  ordinanze  2007  e  pubblicata  nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 22, 1ª serie speciale, dell'anno 2007.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
Udito  nella  Camera  di  consiglio  del  24  ottobre 2007 il giudice
relatore Giuseppe Tesauro.
                          Ritenuto in fatto
1.  -  Il  Tribunale  di  Pisa,  sezione distaccata di Pontedera, con
ordinanza  del  22  settembre  2006,  ha  sollevato,  in  riferimento
all'art.   24,   primo   comma,   della  Costituzione,  questione  di
legittimita'  costituzionale  dell'art.  1,  comma 11, della legge 31
luglio 1997, n. 249 (Istituzione dell'Autorita' per le garanzie nelle
comunicazioni   e   norme   sui  sistemi  delle  telecomunicazioni  e
radiotelevisivo)   «nella   parte   in  cui  esso  esclude  anche  la
possibilita'  di  proporre  ricorso in sede giurisdizionale di natura
cautelare,   fino   a   che  non  sia  stato  esperito  il  tentativo
obbligatorio di conciliazione ivi previsto».
2.  - Il rimettente premette di essere stato adito, nell'ambito di un
procedimento  civile promosso nei confronti di Telecom Italia s.p.a.,
in  sede  cautelare  ai  sensi  dell'art. 700 del codice di procedura
civile,  al  fine  di  ottenere l'attivazione in via d'urgenza di una
linea telefonica fissa.
Espone,  inoltre, che nel giudizio si e' costituita la Telecom Italia
s.p.a.  la  quale  ha  eccepito,  oltre  all'assenza  dei presupposti
specifici  di  cui  all'art. 700 cod. proc. civ., l'«improponibilita'
e/o  improcedibilita»  dell'azione  ai  sensi  dell'art. 1, comma 11,
della  legge n. 249 del 1997, in ragione del mancato espletamento del
tentativo obbligatorio di conciliazione.
Nelle more del medesimo giudizio - premette altresi' il giudice a quo
-  le  parti hanno dato atto che e' cessata la materia del contendere
in  quanto  la  linea  telefonica  e'  stata  allacciata,  ma  hanno,
tuttavia,  rispettivamente, chiesto la condanna dell'altra parte alle
spese  di  lite,  in  base  al principio della cosiddetta soccombenza
virtuale.
Infatti - osserva il giudice rimettente - le spese di lite dovrebbero
essere  poste  a  carico  dei ricorrenti nel giudizio principale o al
massimo  compensate,  in  quanto  dal  divieto  di  proporre l'azione
giurisdizionale,  se non dopo aver esperito il tentativo obbligatorio
di  conciliazione, deriverebbe la soccombenza virtuale dei ricorrenti
che  hanno introdotto l'azione cautelare senza aver prima esperito il
predetto  tentativo.  Se,  invece,  la  disposizione  in  esame fosse
dichiarata  costituzionalmente illegittima, le spese di lite dovrebbe
essere poste a carico della Telecom Italia s.p.a.
La  questione,  pertanto,  e'  -  ad avviso del medesimo rimettente -
rilevante.
3.  -  In  punto  di non manifesta infondatezza, il Tribunale di Pisa
sostiene  che  l'art.  1,  comma  11,  della  legge n. 249 del 1997 -
«almeno  nella parte in cui [...] preclude temporaneamente il ricorso
anche  alla  tutela  cautelare [...]» - e' in contrasto con l'art. 24
della  Costituzione,  che  garantisce  a tutti il diritto di agire in
giudizio  per  la  tutela  dei propri diritti ed interessi legittimi,
diritto  cui  e'  coessenziale  la tutela cautelare, «la cui funzione
potrebbe essere frustrata dalla necessita' di attendere l'esaurimento
del procedimento conciliativo».
Il  rimettente  non  ritiene  di  poter condividere l'interpretazione
della  disposizione  in  esame,  accolta  da altri giudici di merito,
secondo  la  quale  il mancato espletamento della previa procedura di
conciliazione  non  potrebbe  precludere  la  tutela  cautelare: tale
interpretazione, peraltro contraddetta da numerose decisioni di segno
opposto,   non   sarebbe,   infatti,   conciliabile   con  l'ampiezza
dell'espressione  «ricorso  in  sede giurisdizionale» contenuta nella
disposizione   censurata,  il  cui  significato  non  sembra  potersi
limitare  alla  sola  azione  ordinaria,  con  esclusione  di  quella
cautelare. A conforto di cio' starebbe, inoltre, la stessa previsione
-  di  cui  all'art. 2, comma 20, lettera e), della legge 14 dicembre
1995 n. 481 (Norme per la concorrenza e la regolazione dei servizi di
pubblica  utilita'.  Istituzione  delle  Autorita' di regolazione dei
servizi di pubblica utilita) - di uno specifico potere dell'Autorita'
di  regolazione  per  le telecomunicazioni, di emettere provvedimenti
temporanei  diretti  a  garantire  la continuita' dell'erogazione dei
servizi  nell'ambito  della procedura di conciliazione: la previsione
di  un simile potere sarebbe superflua ove, in mancanza o in pendenza
di   un  procedimento  conciliativo,  si  potesse  proporre  l'azione
cautelare dinanzi agli organi giurisdizionali competenti, ne' sarebbe
comunque  sufficiente  ad  eliminare  il  sospetto  di illegittimita'
costituzionale  della  norma  denunciata,  non  potendo  un potere di
un'autorita'   amministrativa   supplire   alla   carenza  di  tutela
giurisdizionale.
4.  - E'  intervenuto  nel  giudizio  il Presidente del Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,  chiedendo  che  la  questione  sia  dichiarata manifestamente
infondata.
La   difesa  erariale  osserva  che  l'istituto  di  cui  alla  norma
censurata,  che  costituisce  uno  strumento  volto  ad assicurare un
filtro  rispetto  al  proliferare  del  contenzioso  nella  specifica
materia, configura una mera condizione di procedibilita' dell'azione,
alla    mancata   effettuazione   del   tentativo   obbligatorio   di
conciliazione  non  essendo  riconnessa  alcuna  decadenza  di indole
processuale.  La norma censurata, pertanto, deve essere interpretata,
secondo  l'Avvocatura  generale  dello  Stato, nel senso che l'azione
giudiziaria    non    puo'    essere    pregiudicata   dall'omissione
dell'incombente, ma solo sospesa in attesa del suo esaurimento.
                       Considerato in diritto
1.  -  Il  Tribunale  di  Pisa,  sezione  distaccata di Pontedera, ha
sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma
11,  della  legge  31 luglio 1997, n. 249 (Istituzione dell'Autorita'
per  le  garanzie  nelle  comunicazioni  e  norme  sui  sistemi delle
telecomunicazioni  e  radiotelevisivo),  in  riferimento all'art. 24,
primo comma, della Costituzione.
2.  - Secondo il rimettente la predetta disposizione, stabilendo che,
per  le  controversie fra utenti o categorie di utenti ed un soggetto
autorizzato o destinatario di licenze oppure fra soggetti autorizzati
o destinatari di licenze fra loro, «non puo' proporsi ricorso in sede
giurisdizionale  fino  a  che  non  sia  stato  esperito un tentativo
obbligatorio  di  conciliazione da ultimare entro trenta giorni dalla
proposizione   dell'istanza»  all'Autorita'  per  le  garanzie  nelle
comunicazioni, escluderebbe anche la possibilita' di proporre ricorso
in sede giurisdizionale di natura cautelare, fino a che non sia stato
esperito  il predetto tentativo obbligatorio di conciliazione, in tal
modo  determinando  una  lesione  del  diritto  di agire in giudizio,
«diritto  cui  e'  essenziale  la  tutela  cautelare, la cui funzione
potrebbe essere frustrata dalla necessita' di attendere l'esaurimento
del procedimento conciliativo».
3. - La questione non e' fondata nei sensi di seguito esposti.
3.1.  -  Il  giudice  rimettente muove dalla premessa interpretativa,
tutt'altro  che  pacifica  in  giurisprudenza,  secondo  la  quale la
disposizione  censurata,  stabilendo  che,  per le controversie dalla
stessa  previste,  «non puo' proporsi ricorso in sede giurisdizionale
fino  a  che  non  sia  stato  esperito  un tentativo obbligatorio di
conciliazione  da  ultimare  entro  trenta  giorni dalla proposizione
dell'istanza» alla Autorita' per le garanzie nelle comunicazioni, non
consentirebbe  il  ricorso alla tutela cautelare, nel caso di mancato
esperimento  del  prescritto tentativo obbligatorio di conciliazione.
L'opposta  interpretazione  della  medesima  disposizione, accolta da
altri  giudici  di  merito,  pur  richiamata e ritenuta, dal medesimo
Tribunale,  conforme  a  Costituzione, non sarebbe possibile ai sensi
dell'art.  12 delle preleggi: essa non sarebbe, infatti, conciliabile
con  l'ampiezza  dell'espressione  «ricorso  in sede giurisdizionale»
contenuta  nella  disposizione  censurata,  il cui significato non si
ritiene possa limitarsi alla sola azione ordinaria, con esclusione di
quella cautelare.
Tale assunto risulta privo di fondamento alla luce degli orientamenti
espressi  dalla  giurisprudenza  costituzionale  in tema di tentativo
obbligatorio di conciliazione e di tutela cautelare.
Occorre,  infatti,  considerare  che  questa  Corte  ha affermato che
quanto  stabilito  dall'art.  412-bis del codice di procedura civile,
con riferimento alla disciplina delle controversie di lavoro, secondo
cui il mancato espletamento del prescritto tentativo di conciliazione
non  preclude  la concessione di provvedimenti cautelari, deve essere
inteso  nel  senso  che «un istituto di generale applicazione in ogni
controversia  di  lavoro (il tentativo obbligatorio di conciliazione)
si  arresta  in  presenza di un'istanza cautelare, prevalendo - sulle
altre  perseguite  dal legislatore - le esigenze proprie della tutela
cautelare»  (sentenza  n. 199  del  2003).  In termini piu' generali,
questa  Corte ha inoltre riconosciuto, sia pure incidentalmente, che,
per  i  procedimenti  cautelari,  «l'esclusione  dalla  soggezione al
tentativo  di  conciliazione  si  correla  alla stessa strumentalita'
della  giurisdizione  cautelare»  (sentenza n. 276 del 2000) rispetto
alla  effettivita'  della  tutela  dinanzi  al  giudice ripetutamente
ribadita  da  questa  Corte  (sentenza  n. 336 del 1998; ma si vedano
anche  le sentenze n. 199 del 2003, n. 165 del 2000, n. 161 del 2000,
n. 190 del 1985 e le ordinanze n. 179 del 2002, n. 217 del 2000).
La  tutela  cautelare,  infatti,  in quanto preordinata ad assicurare
l'effettivita'  della  tutela  giurisdizionale,  in particolare a non
lasciare  vanificato  l'accertamento  del  diritto,  e' uno strumento
fondamentale  e  inerente  a  qualsiasi sistema processuale (sentenza
n. 190  del 1985), anche indipendentemente da una previsione espressa
(Corte  di  giustizia delle comunita' Europee, sentenza del 19 giugno
1990, causa C-213/1989, Factortame).
A simili enunciazioni non puo' non riconoscersi portata generale, ove
si  tenga  conto  della  identita' degli interessi costituzionalmente
rilevanti  coinvolti  in  tutte  le  procedure rispetto alle quali e'
prescritto l'obbligatorio tentativo di conciliazione.
Esse  risultano, d'altra parte, anche coerenti con l'affermazione che
non  contrasta  con  il  diritto  di  azione di cui all'art. 24 della
Costituzione  la  previsione  di  uno  strumento  quale  il tentativo
obbligatorio  di  conciliazione,  in  quanto  essa  e' finalizzata ad
assicurare  l'interesse  generale  al  soddisfacimento piu' immediato
delle  situazioni  sostanziali  realizzato attraverso la composizione
preventiva  della  lite  rispetto  a  quello conseguito attraverso il
processo  (sentenza  n. 276  del  2000).  Detto interesse svanisce in
riferimento  all'azione  cautelare,  proprio  in considerazione delle
particolari  esigenze  che  si  vogliono  tutelare con i procedimenti
cautelari,  esigenze che richiedono una risposta immediata. Non puo',
infatti, ritenersi che il tentativo obbligatorio di conciliazione, se
considerato   condizione   di   procedibilita'   anche  per  l'azione
cautelare,  assicuri  un  soddisfacimento  piu'  immediato rispetto a
quello  conseguibile  mediante  tale forma di protezione. Inoltre, la
diversa natura, il diverso regime e le diverse finalita' della tutela
cautelare   e  dei  provvedimenti  temporanei  che  l'Autorita'  puo'
adottare  al  fine  di  garantire  la continuita' dell'erogazione del
servizio o di far cessare forme di abuso o di scorretto funzionamento
del   medesimo   da  parte  dell'operatore,  rendono  irrilevante  la
disciplina  stabilita dall'art. 21 del regolamento sulle procedure di
risoluzione   delle   controversie  tra  operatori  di  comunicazioni
elettroniche  ed  utenti  e  dall'art. 2, comma 20, lettera e), della
legge   14   novembre   1995,   n. 481,   ai   fini   della  corretta
interpretazione della norma censurata.
Alla luce delle richiamate indicazioni - considerando peraltro che la
stessa  lettera  della disposizione censurata non e' preclusiva della
esegesi  costituzionalmente orientata della medesima (sentenza n. 379
del  2007)  -  si deve, quindi, interpretare la predetta disposizione
nel  senso  che  il  mancato espletamento del prescritto tentativo di
conciliazione non preclude la concessione di provvedimenti cautelari.
Tale  opzione  interpretativa  - che obbedisce al principio, espresso
anche  dalla  giurisprudenza  di  legittimita',  secondo  il quale le
disposizioni  che prevedono condizioni di procedibilita', costituendo
deroga  alla disciplina generale, devono essere interpretate in senso
non   estensivo   -  consente  di  fugare  i  dubbi  di  legittimita'
costituzionale  proposti  dal  rimettente  e  si impone pertanto come
doverosa,  in  linea  con  l'ormai consolidato orientamento di questa
Corte  secondo  il  quale  «una  disposizione  deve essere dichiarata
incostituzionale non perche' puo' essere interpretata in modo tale da
contrastare  con precetti costituzionali, ma soltanto qualora non sia
possibile  attribuire  ad  essa  un significato che la renda conforme
alla  Costituzione»  (tra  le molte, sentenze n. 379 del 2007, n. 343
del 2006, n. 336 del 2002, n. 356 del 1996; ordinanze n. 86 del 2006,
n. 147 del 1998).
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara  non  fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione
di  legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 11, della legge 31
luglio 1997, n. 249 (Istituzione dell'Autorita' per le garanzie nelle
comunicazioni   e   norme   sui  sistemi  delle  telecomunicazioni  e
radiotelevisivo), sollevata, in riferimento all'art. 24, primo comma,
della  Costituzione,  dal  Tribunale  di  Pisa,  con  l'ordinanza  in
epigrafe.
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 21 novembre 2007.
                         Il Presidente: Bile
                        Il redattore: Tesauro
                      Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 30 novembre 2007.
              Il direttore della cancelleria: Di paola