N. 417 ORDINANZA 22 novembre - 5 dicembre 2007

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Giustizia  amministrativa  -  Controversie relative alla legittimita'
  delle  ordinanze  e  dei consequenziali provvedimenti commissariali
  adottati  in  tutte  le situazioni di emergenza dichiarate ai sensi
  dell'art.  5,  comma  1,  della  legge  24  febbraio 1992, n. 225 -
  Attribuzione  della competenza in primo grado, in via esclusiva, al
  Tribunale  amministrativo  regionale  del  Lazio,  sede  di  Roma -
  Lamentata  violazione  del principio del decentramento territoriale
  della   giurisdizione   amministrativa   -  Dedotta  disparita'  di
  trattamento    di    situazioni   uguali   rispetto   alla   tutela
  giurisdizionale  -  Lamentato aggravio all'esercizio del diritto di
  difesa  -  Denunciata  violazione  del  principio  contenuto  nello
  statuto  della  Regione  Siciliana di attribuzione della competenza
  sugli  «affari  concernenti  la  Regione»,  in  sede di appello, al
  Consiglio  di  giustizia  amministrativa per la Regione Siciliana -
  Questioni  identiche ad altre gia' dichiarate non fondate - Assenza
  di   argomentazioni  nuove  rispetto  a  quelle  gia'  esaminate  -
  Manifesta infondatezza delle questioni.
- D.L.  30  novembre  2005,  n. 245,  art.  3,  commi  2-bis, 2-ter e
  2-quater,  aggiunti  dalla  legge  di  conversione 27 gennaio 2006,
  n. 21.
- Costituzione,  artt.  3, 24 e 125; statuto della Regione Siciliana,
  art.  23.  Giustizia  amministrativa  -  Controversie relative alla
  legittimita'  delle  ordinanze  e  dei conseguenziali provvedimenti
  commissariali   adottati   in  tutte  le  situazioni  di  emergenza
  dichiarate  ai  sensi dell'art. 5, comma 1, della legge 24 febbraio
  1992, n. 225 - Attribuzione della competenza in primo grado, in via
  esclusiva, al Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di
  Roma  -  Inclusione  in  tale  competenza  anche delle controversie
  relative   ai   «conseguenziali   provvedimenti   commissariali»  -
  Lamentata  irragionevole  deroga  al principio della competenza del
  Tribunale   amministrativo   regionale  della  Regione  in  cui  il
  provvedimento  e' destinato ad avere incidenza - Dedotta violazione
  del  diritto di difesa, del principio di decentramento territoriale
  della  giurisdizione amministrativa e del principio contenuto nello
  statuto  della  Regione  Siciliana di attribuzione della competenza
  sugli  «affari  concernenti  la  Regione»,  in  sede di appello, al
  Consiglio  di  Giustizia  Amministrativa per la Regione Siciliana -
  Questione identica ad altra gia' dichiarata non fondata - Manifesta
  infondatezza.
- D.L.  30 novembre 2005, n. 245, art. 3, comma 2-bis, aggiunto dalla
  legge di conversione 27 gennaio 2006, n. 21.
- Costituzione,  artt.  3, 24 e 125; statuto della Regione Siciliana,
  art.  23.  Giustizia  amministrativa  -  Controversie relative alla
  legittimita'  delle  ordinanze  e  dei conseguenziali provvedimenti
  commissariali   adottati   in  tutte  le  situazioni  di  emergenza
  dichiarate  ai  sensi dell'art. 5, comma 1, della legge 24 febbraio
  1992, n. 225 - Attribuzione della competenza in primo grado, in via
  esclusiva, al Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di
  Roma  -  Applicabilita'  delle  norme  anche ai processi in corso -
  Prevista  efficacia  temporanea  delle misure cautelari adottate da
  Tribunale  amministrativo regionale diverso da quello del Lazio con
  sede  in  Roma,  fino  alla loro modificazione e revoca da parte di
  quest'ultimo  -  Lamentata  violazione  diritto  di  difesa  e  del
  principio  del  giudice naturale - Questione identica ad altra gia'
  dichiarata non fondata - Manifesta infondatezza.
- D.L.  30  novembre  2005,  n. 245, art. 3, comma 2-quater, aggiunto
  dalla legge di conversione 27 gennaio 2006, n. 21.
- Costituzione, artt. 24 e 25.
(GU n.48 del 12-12-2007 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta  dai  signori:  Presidente:  Franco  BILE; Giudici: Giovanni
Maria  FLICK,  Francesco  AMIRANTE,  Ugo  DE SIERVO, Paolo MADDALENA,
Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso  QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA,
Gaetano  SILVESTRI,  Sabino  CASSESE,  Maria  Rita  SAULLE,  Giuseppe
TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO; ha pronunciato la seguente
                              Ordinanza
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 3, commi 2-bis,
2-ter  e  2-quater del decreto-legge 30 novembre 2005, n. 245 (Misure
straordinarie  per  fronteggiare  l'emergenza nel settore dei rifiuti
nella  Regione  Campania  ed  ulteriori  disposizioni  in  materia di
protezione   civile),   commi   aggiunti   dalla  relativa  legge  di
conversione  27  gennaio  2006,  n. 21, promosso con ordinanza del 18
maggio  2006 dal Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione
Siciliana,  sul  ricorso  proposto  dal  Comune  di Palermo contro il
Consorzio  Olimpo ed altri, iscritta al n. 374 del registro ordinanze
2006 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 41, 1ª
serie speciale, dell'anno 2006.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
Udito  nella  Camera  di  consiglio  del  24  ottobre 2007 il giudice
relatore Alfonso Quaranta.
Ritenuto  che il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione
Siciliana  ha sollevato - in riferimento agli artt. 3, 24 e 125 della
Costituzione,  e  all'art. 23 del regio decreto legislativo 15 maggio
1946,  n. 455  (Approvazione  dello statuto della Regione siciliana),
convertito  dalla  legge  costituzionale  26  febbraio  1948,  n. 2 -
questione  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 3, commi 2-bis,
2-ter  e 2-quater, del decreto-legge 30 novembre 2005, n. 245 (Misure
straordinarie  per  fronteggiare  l'emergenza nel settore dei rifiuti
nella  Regione  Campania  ed  ulteriori  disposizioni  in  materia di
protezione   civile),   commi   aggiunti   dalla  relativa  legge  di
conversione 27 gennaio 2006, n. 21;
     che,  in  via subordinata, il medesimo rimettente ha sollevato -
in  riferimento  agli artt. 3, 24 e 125 della Costituzione e all'art.
23,  primo comma, dello statuto regionale di autonomia - questione di
legittimita' costituzionale del solo comma 2-bis, del medesimo art. 3
del  decreto-legge  n. 245  del  2005, convertito, con modificazioni,
dalla  legge  n. 21  del  2006,  limitatamente  alle  parole  «e  dei
consequenziali provvedimenti commissariali»;
     che,  in  via  ulteriormente  gradata,  il predetto Consiglio di
giustizia  amministrativa  per la Regione Siciliana ha sollevato - in
riferimento  agli  artt.  24  e  25 Cost. - questione di legittimita'
costituzionale  esclusivamente  del  comma  2-quater  dell'art. 3 del
decreto-legge n. 245 del 2005;
     che  il  rimettente  premette  di  dover  giudicare dell'appello
proposto  avverso  un  provvedimento  cautelare con cui il giudice di
prime   cure   ha   sospeso   l'efficacia   dell'ordinanza  -  e  dei
provvedimenti  consequenziali  -  adottata  dal Sindaco del Comune di
Palermo,  in  qualita' di Commissario delegato per l'attuazione degli
interventi  volti  a  fronteggiare l'emergenza ambientale nel settore
del  traffico  e  della mobilita' cittadina, ordinanza con cui veniva
dato  mandato,  al  comandante  della  locale  polizia municipale, di
sottoscrivere  con  la  Poste  Italiane  s.p.a.,  prescelta  senza il
ricorso  alle  procedure dell'evidenza pubblica, un accordo avente ad
oggetto  il  servizio  integrato  di  notifica  delle contravvenzioni
stradali;
     che  il  giudice  a  quo,  inoltre,  da'  atto  di  essere stato
investito  dell'eccezione  di  incompetenza funzionale, sollevata dal
Comune di Palermo proprio ai sensi dei censurati commi 2-bis, 2-ter e
2-quater dell'art. 3 del decreto-legge n. 245 del 2005;
     che,  difatti,  ai  sensi  del  comma 2-bis, nelle situazioni di
emergenza  dichiarate  ai  sensi dell'art. 5, comma 1, della legge 24
febbraio  1992,  n. 225  (Istituzione  del  Servizio  nazionale della
protezione  civile),  «la competenza di primo grado a conoscere della
legittimita'   delle   ordinanze   adottate   e   dei  consequenziali
provvedimenti  commissariali  spetta  in  via  esclusiva,  anche  per
l'emanazione   di   misure  cautelari,  al  Tribunale  amministrativo
regionale del Lazio, con sede in Roma»;
     che, inoltre, ai sensi dei successivi commi 2-ter e 2-quater, le
questioni  di  competenza  di  cui al comma precedente «sono rilevate
d'ufficio»,  nonche'  decise  «con sentenza succintamente motivata ai
sensi  dell'articolo  26  della  legge  6  dicembre  1971, n. 1034, e
successive  modificazioni, trovando applicazione i commi 2 e seguenti
dell'articolo  23-bis  della stessa legge» (cosi', in particolare, il
comma  2-ter),  prevedendosi,  infine,  non  solo che il sopravvenuto
regime  processuale  si  applichi «anche ai processi in corso» (comma
2-quater),  ma  pure che l'efficacia delle misure cautelari, adottate
medio tempore dal giudice inizialmente adito, permanga soltanto «fino
alla  loro  modifica  o  revoca da parte del Tribunale amministrativo
regionale  del Lazio, con sede in Roma, cui la parte interessata puo'
riproporre  il  ricorso»  (cosi',  nuovamente,  il  gia' citato comma
2-quater);
     che,  pertanto,  il giudice rimettente - proprio in applicazione
delle  norme  suddette  -  reputa di dover declinare la competenza in
favore  del  Tribunale  amministrativo  regionale  del Lazio, sede di
Roma,  poiche'  «la  tesi  del  giudice di primo grado secondo cui il
momento   di   incardinamento   della  competenza  cautelare  sarebbe
determinato  dalla  data  di  notifica  e  quindi di proposizione del
gravame», sebbene si fondi su principi enunciati dalla giurisprudenza
costituzionale  (e  particolarmente  dall'ordinanza n. 382 del 2005),
risulta,  nella  specie,  «preclusa  da  dati letterali e logici, che
sembrano insuperabili»;
     che,   secondo   il  giudice  a  quo,  la  disciplina  suddetta,
«nell'inibire   la   emanazione   di  misure  cautelari  a  Tribunale
amministrativo regionale diverso da quello del Lazio, correla infatti
la  verifica della competenza non gia' al momento della instaurazione
del  rapporto processuale, bensi' al momento di adozione della misura
cautelare»,  come e' dato desumere (comma 2-quater del censurato art.
3)  «dalla  previsione  di  applicabilita'  del nuovo regime anche ai
processi in corso»;
     che  il  rimettente,  pertanto,  sottolinea  di  poter esaminare
l'appello  del  quale  risulta  investito solo previa declaratoria di
illegittimita'  delle  norme  censurate, atteso che, nella perdurante
vigenza  delle  stesse,  esso  «dovrebbe  limitarsi  a  dichiarare la
incompetenza  funzionale del Tribunale amministrativo regionale della
Sicilia,  Palermo, a pronunciarsi in via cautelare» e, per l'effetto,
a  «rimettere la causa al giudice di primo grado, per la declaratoria
con sentenza breve della improcedibilita' del ricorso originario»;
     che  il  giudice  a  quo, tanto premesso in fatto, reputa che le
disposizioni  censurate violino, innanzitutto, l'art. 125 Cost., «che
prevede   una  organizzazione  su  base  regionale  degli  organi  di
giustizia  amministrativa  di  primo  grado», finalizzata non solo «a
ripartire  in  modo  razionale  e  equiordinato  l'organizzazione dei
giudici  amministrativi  di  primo  grado», ma anche ad «agevolare il
ricorso  delle  parti  alla  giustizia  amministrativa, in coerenza e
continuita'  logica  con  i  principi  desumibili  dall'art. 24 della
Costituzione»;
     che   a   queste  esigenze  risponderebbe,  in  particolare,  la
disciplina  -  artt.  2  e  3  della  legge  6 dicembre 1971, n. 1034
(Istituzione  dei  tribunali  amministrativi regionali) - relativa ai
criteri  di distribuzione della competenza territoriale tra i diversi
organi  di  primo  grado  della  giustizia amministrativa, disciplina
certamente  derogabile,  a  condizione,  pero',  che  la  deroga  sia
«sorretta  da  giustificazioni  logiche»,  giacche'  altrimenti  essa
sarebbe  destinata  a  tradursi  in  un  ingiustificato «aggravio per
l'attivita'  di  alcuni  Tribunali  e per l'attivita' difensiva delle
parti»;
     che  nessuna valida ragione giustificativa ricorrerebbe, invece,
nel  caso  in  esame,  come confermerebbe anche la circostanza che il
legislatore  del  2006  ha  inteso riferirsi a tutte le situazioni di
emergenza di cui all'art. 5, comma 1, delle legge n. 225 del 1992;
     che,  difatti,  a  prescindere dall'ampio dibattito sviluppatosi
intorno  alle  ordinanze  di  necessita'  ed  urgenza  ed  alla  loro
compatibilita'  con  diversi  principi  costituzionali (il rimettente
richiama le sentenze della Corte costituzionale n. 100 del 1987, n. 4
del  1977,  n. 26  del 1961, n. 8 del 1956), l'indeterminatezza tanto
delle  situazioni  di  emergenza  alle  quali  si  riferisce la norma
suddetta,    quanto   delle   specifiche   consequenziali   attivita'
amministrative  occorrenti per fronteggiarle, comporterebbe - secondo
il  giudice  a  quo  -  che  la  materia devoluta alla competenza del
Tribunale  regionale  amministrativo  del  Lazio  presenti  «contorni
talmente  ampi  ed imprecisi da sfuggire ad ogni possibile preventiva
individuazione»,  confermando  cosi'  che  la disciplina recata dalle
norme  censurate  «configura  una  previsione  incongrua  rispetto al
sistema  di distribuzione territoriale delle competenze tra tribunali
amministrativi»;
     che  secondo  il  rimettente,  inoltre, i censurati commi 2-bis,
2-ter  e  2-quater  dell'art.  3  contrasterebbero anche con l'art. 3
Cost.,   «sotto   il  profilo  della  disparita'  di  trattamento  in
situazioni   eguali   di   fronte   alla   tutela   giurisdizionale»,
configurando   altresi',   per   la   parte   privata,  «un  aggravio
all'esercizio  del  diritto di difesa», in violazione anche dell'art.
24 della Carta fondamentale;
     che  un  ulteriore  profilo  di illegittimita' costituzionale e'
ravvisato  pure  nel contrasto dei medesimi commi con l'art. 23 dello
statuto regionale siciliano;
     che   il   rimettente   -   nel   premettere   che,  secondo  la
giurisprudenza  costituzionale,  il «decentramento territoriale degli
organi  giurisdizionali  centrali,  sancito  in  via di principio dal
citato  art.  23,  corrisponde ad un'antica tradizione siciliana e si
ricollega  alla  singolarita' dell'autonomia siciliana» (e' citata la
sentenza  n. 316  del  2004)  -  evidenzia  che,  nel caso di specie,
verrebbe  in  rilievo  proprio  quella condizione - l'impugnativa «di
atti  di  esclusivo  rilievo  regionale» - idonea a radicare, secondo
quanto affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 189 del
1992,  la  competenza  del  «plesso  giurisdizionale»  costituito dal
Tribunale  amministrativo  regionale della Sicilia e dal Consiglio di
giustizia amministrativa per la Regione Siciliana;
     che  difatti,  sempre  a dire del rimettente, venendo in rilievo
«un  vero  e  proprio  comparto  dotato  di  competenza  funzionale a
conoscere   di   tutte   le   controversie   insorgenti   nell'ambito
territoriale  della  Regione siciliana», la deroga a tale competenza,
che  non  sia  assistita  «da  adeguato  supporto  parimenti di rango
costituzionale»,  dovrebbe  ritenersi  in contrasto con il richiamato
parametro costituzionale;
     che  su  tali  basi  il rimettente ha chiesto la declaratoria di
illegittimita'   costituzionale   dei  predetti  commi  2-bis,  2-ter
(limitatamente  all'inciso  «Le  questioni di cui al comma 2-bis sono
rilevate d'ufficio») e 2-quater, dell'art. 3 del decreto-legge n. 245
del  2005, l'ablazione dei quali dovrebbe, dunque, fare salvo solo il
frammento  di  disposizione secondo cui, allorche' innanzi al giudice
amministrativo  si  controverta di situazioni di emergenza dichiarate
ai  sensi  dell'art.  5,  comma  1,  della legge n. 225 del 1992, «il
giudizio  e'  definito  con  sentenza succintamente motivata ai sensi
dell'art.  26  della  legge  6  dicembre  1971, n. 1034, e successive
modificazioni,  trovando  applicazione i commi 2 e seguenti dell'art.
23-bis della stessa legge»;
     che  i  medesimi  rilievi  varrebbero  a maggior ragione, sempre
secondo  il  rimettente, ove si consideri il peculiare caso (al quale
corrisponde,  si  precisa, quello oggetto del giudizio principale) in
cui   il   giudice   amministrativo   risulti   investito  dei  «soli
provvedimenti  attuativi  commissariali»,  allorche'  questi «abbiano
carattere (soggettivo e oggettivo) esclusivamente locale»;
     che,  difatti, «non venendo in rilievo atti di organi centrali»,
trattandosi invece di atti ad efficacia territorialmente circoscritta
alla Regione, in questo caso risulterebbe ulteriormente rafforzata la
tesi  che  esclude  l'esistenza  di  un  nesso  logico  tra  siffatte
controversie  e  la competenza esclusiva del Tribunale amministrativo
regionale del Lazio;
     che  su  tali  basi,  quindi,  il  rimettente  solleva,  in  via
subordinata,   questione   di   legittimita'   costituzionale   -  in
riferimento  agli artt. 3, 24 e 125 Cost. e all'art. 23, primo comma,
dello  statuto  regionale - del solo comma 2-bis del predetto art. 3,
limitatamente   alle   parole  «e  dei  consequenziali  provvedimenti
commissariali»,  sottolineando  che  in  caso  di suo accoglimento il
sistema  risulterebbe  cosi'  strutturato:  la  competenza a decidere
l'impugnazione   proposta   avverso   i  provvedimenti  commissariali
verrebbe «attratta» da quella operante per le ordinanze emesse ex
art.  5  della  legge  n. 225 del 1992 solo in caso di vizi derivati,
atteso  che nella differente ipotesi in cui rilevino vizi «propri» di
tali   provvedimenti  «la  competenza  risulterebbe  incardinata  nel
Tribunale  amministrativo  regionale  competente  secondo  le  regole
generali»;
     che,  infine,  ed  in  via  ulteriormente gradata, il rimettente
solleva  un'ulteriore questione di costituzionalita' - in riferimento
agli  artt.  24  e  25 Cost. - che investe il solo regime transitorio
previsto dalla censurata disciplina e, dunque, unicamente il predetto
comma 2-quater;
     che  tale norma, difatti, sarebbe «in contrasto con il principio
del  giudice  naturale precostituito per legge (art. 25, primo comma,
della  Costituzione),  in  base al quale la regola di competenza deve
essere  prefissata  rispetto  all'insorgere della controversia» (sono
richiamate  le  sentenze della Corte costituzionale n. 124 del 2005 e
n. 193  del  2003), principio operante anche rispetto alla competenza
territoriale (sentenza n. 41 del 2006);
     che, da ultimo, sarebbe violato anche «il principio della difesa
(art.  24  Cost.)», giacche' esso implica - secondo la giurisprudenza
costituzionale  (e' citata la sentenza n. 123 del 1987) - «il diritto
del  cittadino  ad  ottenere  una  decisione  di merito senza onerose
reiterazioni»; nella specie, invece, si assiste ad una estinzione del
giudizio   originariamente   incardinato,  con  la  necessita'  della
riproposizione   del  ricorso  innanzi  al  Tribunale  amministrativo
regionale  del  Lazio,  «al quale vanno altresi' presentate eventuali
istanze  di  revoca  o  modifica delle misure cautelari in precedenza
disposte»;
     che  e'  intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,  chiedendo  che  la  questione  sia dichiarata inammissibile e
comunque infondata;
     che  la  difesa  erariale assume, in particolare, l'infondatezza
della  censura  formulata  ai sensi dell'art. 3 Cost. sul presupposto
della  (pretesa)  «irragionevole  disparita'  di  trattamento  (nella
individuazione     del     tribunale     amministrativo     regionale
territorialmente   competente)  tra  provvedimenti  adottati  in  via
ordinaria  e  provvedimenti  emanati  in situazioni di emergenza», ai
sensi  dell'art.  5, comma 1, della legge n. 225 del 1992, «attesa la
evidente disomogeneita' tra le due situazioni poste a raffronto»;
     che  la  difesa  dello Stato, difatti, «giustifica la diversita'
della contestata disciplina» in quanto espressione di una scelta «non
arbitraria», giacche' assunta in funzione della ragionevole «esigenza
di  concentrare  in un unico giudice di primo grado, anche nella fase
cautelare,  la  pronta  e  uniforme cognizione delle controversie» in
esame,  relative  a  provvedimenti  caratterizzati,  per loro natura,
dalla  finalita'  di  realizzare  «interventi  miranti a fronteggiare
situazioni emergenziali»;
     che   l'Avvocatura   generale   dello  Stato  esclude,  inoltre,
l'esistenza  del  paventato contrasto con l'art. 24 Cost., atteso che
il  maggior  aggravio  ed  i piu' rilevanti costi destinati ad essere
sopportati  dai  destinatari  dei provvedimenti in questione, oltre a
costituire  «conseguenze  di  mero  fatto», non integrano l'evenienza
della  impossibilita'  o  dell'estrema difficolta' dell'esercizio del
diritto  di difesa, idonea a concretizzare la violazione dell'evocato
parametro costituzionale;
     che,  d'altra parte, neppure si potrebbe ipotizzare - secondo la
difesa  erariale  -  che le disposizioni censurate violino l'art. 125
della  Carta fondamentale, in quanto esso «non preclude certamente al
legislatore   statale   di  individuare  non  irragionevolmente,  per
determinate  «categorie»  di  controversie,  particolari  criteri  di
riparto  della  competenza  territoriale tra giudici di primo grado»,
derogando  a  quelli  di cui agli artt. 2 e 3 della legge n. 1034 del
1971;
     che,  analogamente,  sarebbe da escludere anche il contrasto con
l'art.   23   dello  statuto  regionale,  che  esprime  «soltanto  la
necessita»   che   in   Sicilia   sia   istituita   «una  particolare
articolazione del giudice amministrativo di secondo grado», e che non
implica  anche  il  riconoscimento,  in  suo  favore, di una generale
«competenza  a  conoscere  ogni tipo di controversia», incluse quelle
che  -  come  nella specie - «non hanno alcun rapporto con la materia
regionale»;
     che, infine, l'Avvocatura generale dello Stato nega che il comma
2-quater  dell'art. 3, nella parte in cui estende la nuova disciplina
anche  ai processi in corso, violi il principio del giudice naturale,
e  cio'  non  solo  perche'  la  norma  censurata  fa  in  ogni  caso
(temporaneamente)  salva  «l'efficacia  dei  provvedimenti  cautelari
eventualmente  adottati  dal giudice gia' competente», ma soprattutto
perche' la disposta translatio iudicii
non  potrebbe  intendersi  come  diretta  alla  arbitraria successiva
indicazione di un giudice diverso «appositamente istituito per quella
controversia  e  per  quelle  parti,  con una scelta idonea ad essere
orientata  in  vista  di  un  determinato giudizio», evenienza che la
giurisprudenza costituzionale (e' citata la sentenza n. 460 del 1994)
individuerebbe  come  la sola idonea ad integrare il contrasto con il
suddetto principio costituzionale.
Considerato  che  il  Consiglio  di  giustizia  amministrativa per la
Regione  Siciliana  ha  sollevato - in riferimento agli artt. 3, 24 e
125  della  Costituzione, e all'art. 23 del regio decreto legislativo
15  maggio  1946,  n. 455  (Approvazione  dello statuto della Regione
siciliana),  convertito  dalla legge costituzionale 26 febbraio 1948,
n. 2  questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 3, commi
2-bis,  2-ter  e 2-quater, del decreto-legge 30 novembre 2005, n. 245
(Misure  straordinarie  per  fronteggiare l'emergenza nel settore dei
rifiuti  nella  Regione Campania ed ulteriori disposizioni in materia
di  protezione  civile),  commi  aggiunti  dalla  relativa  legge  di
conversione 27 gennaio 2006, n. 21;
     che,  in  via subordinata, il medesimo rimettente ha sollevato -
in  riferimento  agli  artt.  3,  24 e 125 Cost. e all'art. 23, primo
comma,   dello   statuto   regionale  di  autonomia  -  questione  di
legittimita' costituzionale del solo comma 2-bis, del medesimo art. 3
del  decreto-legge  n. 245  del  2005, convertito, con modificazioni,
dalla  legge  n. 21  del  2006,  limitatamente  alle  parole  «e  dei
consequenziali provvedimenti commissariali»;
     che,  in  via  ulteriormente  gradata,  il predetto Consiglio di
giustizia  amministrativa  per la Regione Siciliana ha sollevato - in
riferimento  agli  artt.  24  e  25 Cost. - questione di legittimita'
costituzionale  esclusivamente  del  comma  2-quater  dell'art. 3 del
decreto-legge  n. 245  del 2005, convertito, con modificazioni, dalla
legge n. 21 del 2006;
     che  questa  Corte,  tuttavia,  con sentenza n. 237 del 2007, ha
escluso   la   fondatezza   di   analoghi   dubbi   di   legittimita'
costituzionale aventi ad oggetto le medesime norme oggi censurate;
     che,  in  particolare, quanto alla supposta violazione dell'art.
125   Cost.  (il  primo  dei  parametri  evocati  anche  dall'odierno
rimettente),  si  e' ritenuto che «l'attribuzione della competenza al
Tribunale  amministrativo  regionale  del  Lazio, anziche' ai diversi
Tribunali  amministrativi  regionali dislocati su tutto il territorio
nazionale,  non  altera  il  sistema  di  giustizia  amministrativa»,
esistendo,  nella  specie,  «ragioni  idonee a giustificare la deroga
agli ordinari criteri di ripartizione della competenza tra gli organi
di primo grado della giustizia amministrativa»;
     che, difatti, tali ragioni sono state individuate «nel peculiare
regime  che  connota  le  situazioni  di  emergenza e particolarmente
quelle  di  cui  alla  lettera c) del comma 1 dell'art. 2 della legge
n. 225   del   1992,   atteso  che,  ricorrendo  tale  evenienza,  «i
provvedimenti  posti  in  essere  dai  commissari  delegati sono atti
dell'amministrazione centrale dello Stato (in quanto emessi da organi
che operano come longa manus
del  Governo)  finalizzati  a  soddisfare  interessi  che trascendono
quelli  delle  comunita' locali coinvolte dalle singole situazioni di
emergenza,  e  cio'  in  ragione  tanto della rilevanza delle stesse,
quanto  della straordinarieta' dei poteri necessari per farvi fronte»
(sentenza n. 237 del 2007);
     che quanto, invece, all'ipotizzato contrasto con l'art. 3 Cost.,
motivato  dall'odierno  rimettente  sotto  il  profilo della presunta
disparita'  di  trattamento  alla  quale  le  norme  in contestazione
sottoporrebbero    «situazioni   eguali   di   fronte   alla   tutela
giurisdizionale»,  puo'  in  questa  sede ribadirsi come sia «proprio
l'avvenuta dichiarazione della situazione di emergenza, ex
art.  5,  comma  1,  della  legge  n. 225  del  1992»,  a  costituire
«l'elemento  caratterizzante  la  fattispecie oggetto della censurata
disciplina,   impedendo,   cosi',   di   ravvisare  quel  profilo  di
omogeneita'  tra  tale  ipotesi  e  quella con cui essa viene posta a
confronto   dell'ordinario   esercizio  dei  poteri  amministrativi»,
profilo  che  rappresenta,  invece, «il presupposto indispensabile ai
fini  della loro valutazione comparativa» (cosi', ancora, la sentenza
n. 237 del 2007);
     che  in  ordine,  poi,  all'asserita  violazione  dell'art.  24
motivata  sull'assunto che la devoluzione al Tribunale amministrativo
regionale  del  Lazio,  e  non  a  quello  locale, delle controversie
relative  all'esercizio  dei  poteri  emergenziali determinerebbe «un
aggravio  all'esercizio  del  diritto di difesa» si e' gia' osservato
come  la  disposta  translatio  iudicii  non  costituisce  un  «grave
ostacolo»   al   conseguimento  della  tutela  giurisdizionale»,  non
concretizzando   quella   condizione   di   «sostanziale  impedimento
all'esercizio  del  diritto  di  azione  garantito dall'art. 24 della
Costituzione»  suscettibile  «di  integrare  la violazione del citato
parametro  costituzionale» (cosi', nuovamente, la sentenza n. 237 del
2007);
     che,  d'altra  parte,  neppure  puo'  ravvisarsi  la  denunciata
violazione   dell'art.   23  dello  statuto  regionale  di  autonomia
(motivata  anche  dall'odierno  rimettente  in  base  all'assunto che
l'impugnativa  dei  «provvedimenti  adottati  da  organi  dello Stato
centrale,  nelle  situazioni  di  emergenza»  rientra  certamente tra
quegli  «affari  concernenti la Regione» che, ai sensi della predetta
disposizione statutaria, sarebbero devoluti, in sede di appello, alla
competenza del Consiglio di giustizia amministrativa);
     che,  difatti,  la piu' volte citata sentenza n. 237 del 2007 ha
chiarito  che  la  predetta norma statutaria «stabilisce soltanto che
gli  organi  giurisdizionali  centrali  debbano  avere  in Sicilia le
sezioni   per   gli   affari   concernenti   la   regione»,   sicche'
«l'attribuzione   della   competenza   al   Tribunale  amministrativo
regionale  del  Lazio,  anziche'  ai diversi Tribunali amministrativi
regionali  dislocati  su  tutto  il  territorio  nazionale, non viola
l'art. 23 dello statuto siciliano»;
     che,   d'altra   parte,  neppure  ricorrono  le  condizioni  per
accogliere   le  due  questioni  sollevate  in  via  subordinata  dal
Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana;
     che  in  relazione alla censura avente ad oggetto il comma 2-bis
limitatamente   alle   parole  «e  dei  consequenziali  provvedimenti
commissariali»,  si  puo'  ribadire  come  «la  scelta  compiuta  dal
legislatore   di   accomunare   tali   atti  alle  ordinanze  che  ne
costituiscono  il  presupposto  risponda  alla  (gia'  segnalata) non
irragionevole  esigenza  di  assicurare  per  i  motivi in precedenza
esposti  la  concentrazione  presso  lo  stesso  giudice  di tutte le
controversie  che  investano  le  modalita'  di  esercizio dei poteri
emergenziali,  e  cio'  indipendentemente dall'ambito territoriale di
efficacia,  piu'  o  meno  delimitato,  dei provvedimenti che ne sono
estrinsecazione» (sentenza n. 237 del 2007);
     che,  infine,  in  merito  alla  censura  che  investe in via di
estremo  subordine  la  sola  disciplina transitoria recata dal comma
2-quater   dell'art.   3   del  decreto-legge  n. 245  del  2005,  e'
sufficiente  ribadire,  per un verso, che il principio costituzionale
del giudice naturale «viene rispettato» allorche' «la legge, sia pure
con  effetto  anche  sui  processi  in  corso, modifica in generale i
presupposti  o  i criteri in base ai quali deve essere individuato il
giudice  competente:  in  questo  caso, infatti, lo spostamento della
competenza  dall'uno  all'altro  ufficio  giudiziario  non avviene in
conseguenza  di una deroga alla disciplina generale, che sia adottata
in  vista  di  una  determinata o di determinate controversie, ma per
effetto  di  un nuovo ordinamento e, dunque, della designazione di un
nuovo  giudice  «naturale» che il legislatore, nell'esercizio del suo
insindacabile   potere  di  merito,  sostituisce  a  quello  vigente»
(sentenza n. 237 del 2007);
     che, per altro verso, non puo' neppure ipotizzarsi la violazione
del  diritto  del cittadino ad ottenere una decisione di merito senza
onerose  reiterazioni,  atteso  che  come  gia' chiarito non ricorre,
nella   specie,   quella   condizione   di  «sostanziale  impedimento
all'esercizio  del  diritto  di  azione  garantito dall'art. 24 della
Costituzione»,  suscettibile  «di  integrare la violazione del citato
parametro costituzionale»;
     che,  pertanto,  non  essendo  state  prospettate in relazione a
nessuna delle censure formulate dal giudice rimettente argomentazioni
nuove,  rispetto  a quelle gia' esaminate da questa Corte, si impone,
nel  caso  di specie, la declaratoria di manifesta infondatezza delle
questioni sollevate.
Visti  gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87,
e  9,  comma  2,  delle  norme integrative per i giudizi davanti alla
Corte costituzionale.
              Per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara  la  manifesta  infondatezza della questione di legittimita'
costituzionale  dell'art.  3,  commi  2-bis,  2-ter  e  2-quater, del
decreto-legge  30  novembre  2005,  n. 245  (Misure straordinarie per
fronteggiare  l'emergenza  nel  settore  dei  rifiuti  nella  Regione
Campania  ed ulteriori disposizioni in materia di protezione civile),
commi  aggiunti  dalla relativa legge di conversione 27 gennaio 2006,
n. 21,  sollevata  -  in  riferimento  agli  artt.  3, 24 e 125 della
Costituzione,  e  all'art. 23 del regio decreto legislativo 15 maggio
1946,  n. 455  (Approvazione  dello statuto della Regione siciliana),
convertito  dalla  legge  costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2 - dal
Consiglio  di  giustizia amministrativa per la Regione Siciliana, con
l'ordinanza  in  epigrafe;  Dichiara  la manifesta infondatezza della
questione   di  legittimita'  costituzionale  del  comma  2-bis,  del
medesimo  art.  3  del decreto-legge n. 245 del 2005, convertito, con
modificazioni,  dalla legge n. 21 del 2006, limitatamente alle parole
«e  dei  consequenziali  provvedimenti commissariali», sollevata - in
riferimento  agli artt. 3, 24 e 125 della Costituzione e all'art. 23,
primo  comma, dello statuto regionale di autonomia - dal Consiglio di
giustizia amministrativa per la Regione Siciliana, con l'ordinanza in
epigrafe;  Dichiara  la  manifesta  infondatezza  della  questione di
legittimita'  costituzionale  del  comma  2-quater  dell'art.  3  del
decreto-legge  n. 245  del 2005, convertito, con modificazioni, dalla
legge  n. 21  del 2006, sollevata - in riferimento agli artt. 24 e 25
della Costituzione - dal Consiglio di giustizia amministrativa per la
Regione Siciliana, con l'ordinanza in epigrafe.
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 22 novembre 2007.
                         Il Presidente: Bile
                       Il redattore: Quaranta
                      Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 5 dicembre 2007.
              Il direttore della cancelleria: Di paola