N. 418 ORDINANZA 22 novembre - 5 dicembre 2007

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Giustizia  amministrativa  -  Controversie relative alla legittimita'
  delle  ordinanze  e  dei consequenziali provvedimenti commissariali
  adottati  in  tutte  le situazioni di emergenza dichiarate ai sensi
  dell'art.  5,  comma  1,  della  legge  24  febbraio 1992, n. 225 -
  Attribuzione  della competenza in primo grado, in via esclusiva, al
  Tribunale  amministrativo  regionale  del  Lazio,  sede  di  Roma -
  Dedotta  disparita'  di  trattamento  di situazioni uguali rispetto
  alla   tutela   giurisdizionale   nonche'   irragionevolezza  della
  disciplina - Lamentato aggravio all'esercizio del diritto di difesa
  e  violazione  del  principio  del  giusto  processo  -  Denunciata
  violazione  del  principio  del giudice naturale, del principio del
  decentramento   territoriale  della  giurisdizione  amministrativa,
  nonche'   del  principio  contenuto  nello  statuto  della  Regione
  Siciliana   di   attribuzione   della   competenza   sugli  «affari
  concernenti  la  Regione»,  in  sede  di  appello,  al Consiglio di
  giustizia  amministrativa  per  la  Regione  Siciliana  - Questioni
  identiche  ad  altre  gia'  dichiarate  non  fondate  -  Assenza di
  argomentazioni  nuove  rispetto a quelle gia' esaminate - Manifesta
  infondatezza delle questioni.
- D.L.  30  novembre  2005,  n. 245,  art.  3,  commi  2-bis, 2-ter e
  2-quater,  aggiunti  dalla  legge  di  conversione 27 gennaio 2006,
  n. 21.
- Costituzione,  artt.  3,  24,  25,  111 (117), e 125; statuto della
  Regione Siciliana, art. 23.
(GU n.48 del 12-12-2007 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta  dai  signori:  Presidente:  Franco  BILE; Giudici: Giovanni
Maria  FLICK,  Francesco  AMIRANTE,  Ugo  DE SIERVO, Paolo MADDALENA,
Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso  QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA,
Gaetano  SILVESTRI,  Sabino  CASSESE,  Maria  Rita  SAULLE,  Giuseppe
TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO; ha pronunciato la seguente
                              Ordinanza
nei  giudizi  di  legittimita'  costituzionale dell'articolo 3, commi
2-bis,  2-ter  e  2-quater del decreto-legge 30 novembre 2005, n. 245
(Misure  straordinarie  per  fronteggiare l'emergenza nel settore dei
rifiuti  nella  Regione Campania ed ulteriori disposizioni in materia
di  protezione  civile),  commi  aggiunti  dalla  relativa  legge  di
conversione 27 gennaio 2006, n. 21, promossi con ordinanze del 4 (nn.
2  ordinanze) e del 20 aprile, dell'8 e del 19 maggio, del 10 luglio,
dell'8  giugno,  del  24  maggio,  dell'11  (n. 2 ordinanze) e del 27
settembre,  del  2  ottobre (nn. 2 ordinanze), del 10 aprile, dell'11
settembre,  del 2 ottobre (nn. 2 ordinanze), del 14 (nn. 6 ordinanze)
e  27  novembre  2006,  del  30  gennaio  (nn.  3 ordinanze) e del 15
febbraio  2007, dal Tribunale amministrativo regionale della Sicilia,
sezione staccata di Catania, rispettivamente iscritte ai nn. da 579 a
585  del  registro  ordinanze 2006 e ai nn. da 80 a 86, 185, da 233 a
236,  da  296  a 300, 430, da 490 a 493 del registro ordinanze 2007 e
pubblicate  nella  Gazzetta  Ufficiale  della Repubblica nn. 41 e 51,
prima  serie speciale, dell'anno 2006 e nn. 1, 10, 11, 15, 16, 17, 24
e 26, prima serie speciale, dell'anno 2007.
Visti  gli  atti  di costituzione di Legambiente - Comitato Regionale
Siciliano,  della  Sicilpower  S.p.a.,  della  Tifeo Energia Ambiente
s.c.p.a.,  del  Consorzio  per  la distribuzione della rete fognante,
nonche'  gli  atti  di  intervento  del  Presidente del Consiglio dei
ministri;
Udito  nella  Camera  di  consiglio  del  24  ottobre 2007 il giudice
relatore Alfonso Quaranta.
Ritenuto  che  il  Tribunale  amministrativo regionale della Sicilia,
sezione staccata di Catania, con le ventinove ordinanze di rimessione
di  cui  in  epigrafe,  ha sollevato - in riferimento, nel complesso,
agli artt. 3, 24, 25, 111 e 125 della Costituzione, e all'art. 23 del
regio  decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello
statuto    della   Regione   siciliana),   convertito   dalla   legge
costituzionale  26  febbraio  1948,  n. 2 - questione di legittimita'
costituzionale  dell'art.  3,  commi  2-bis,  2-ter  e  2-quater, del
decreto-legge  30  novembre  2005,  n. 245  (Misure straordinarie per
fronteggiare  l'emergenza  nel  settore  dei  rifiuti  nella  Regione
Campania  ed ulteriori disposizioni in materia di protezione civile),
commi  aggiunti  dalla relativa legge di conversione 27 gennaio 2006,
n. 21;
     che  le  censure  investono,  innanzitutto,  il  comma 2-bis del
predetto  art.  3,  a  norma del quale, nelle situazioni di emergenza
dichiarate  ai  sensi  dell'art.  5, comma 1, della legge 24 febbraio
1992,  n. 225  (Istituzione  del  Servizio nazionale della protezione
civile), «la competenza di primo grado a conoscere della legittimita'
delle   ordinanze   adottate   e   dei  consequenziali  provvedimenti
commissariali  spetta  in  via  esclusiva,  anche per l'emanazione di
misure  cautelari,  al  Tribunale amministrativo regionale del Lazio,
con sede in Roma»;
     che  l'iniziativa  del  giudice rimettente ha ad oggetto anche i
successivi commi 2-ter e 2-quater;
     che la prima di tali disposizioni stabilisce che le questioni di
competenza   di   cui  al  precedente  com-ma  2-bis  «sono  rilevate
d'ufficio»,    prevedendo,    altresi',   che   avanti   al   giudice
amministrativo  il  giudizio sia «definito con sentenza succintamente
motivata  ai  sensi  dell'articolo  26  della  legge 6 dicembre 1971,
n. 1034,  e successive modificazioni, trovando applicazione i commi 2
e seguenti dell'articolo 23-bis della stessa legge»;
     che  il  successivo  comma  2-quater  prevede,  invece, non solo
l'applicazione del sopravvenuto regime processuale «anche ai processi
in  corso»,  ma anche che l'efficacia delle misure cautelari adottate
medio tempore
dal  giudice  inizialmente  adito  «permane fino alla loro modifica o
revoca da parte del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con
sede in Roma, cui la parte interessata puo' riproporre il ricorso»;
     che  in  particolare,  nella prima delle ordinanze di rimessione
(r.o.  n. 579  del  2006),  il  giudice a quopremette di essere stato
adito  per l'annullamento di un provvedimento adottato nell'ambito di
una procedura espropriativa posta in essere dal Sindaco del comune di
Catania   nell'esercizio  dei  poteri  conferitigli  in  qualita'  di
Commissario delegato di protezione civile;
     che,   conseguentemente,  il  giudice  a  quo  deduce  di  dover
«affrontare   d'ufficio   la   questione   relativa  alla  competenza
inderogabile del Tar del Lazio a conoscere la vicenda», in ragione di
quanto stabilito dalla sopravvenuta normativa oggetto di censura;
     che,  difatti,  il rimettente assume di dover dichiarare - sulla
base  di  tale  disciplina  - il proprio difetto di competenza, esito
processuale  al  quale,  tuttavia,  reputa  di  non  dover pervenire,
ipotizzando    l'illegittimita'   costituzionale   delle   previsioni
legislative  suddette,  per  violazione  degli  artt. 3, 24, 25 e 125
Cost. e dell'art. 23 dellostatuto regionale di autonomia;
     che  in proposito il Tribunale amministrativo regionale catanese
deduce   il   contrasto,  innanzitutto,  con  l'art.  125  Cost.,  «e
segnatamente  con  il principio della articolazione su base regionale
degli  organi  statali  di  giustizia amministrativa di primo grado»,
principio  che implica «il rilievo e la garanzia costituzionale della
sfera di competenza dei singoli organi predetti»;
     che,  d'altra parte, neppure ricorrerebbero «sufficienti ragioni
logiche  o  di  coerenza  istituzionale  per derogare a tale sfera di
competenze  costituzionalmente  garantite», allorche' - come nel caso
di  specie  -  «le  singole  situazioni  di  emergenza  hanno rilievo
spiccatamente  locale  con  conseguente efficacia locale dei relativi
provvedimenti  adottati  dai  soggetti delegati alla cura delle varie
situazioni emergenziali»;
     che,  per  contro,  la  scelta  compiuta  dal legislatore appare
«contraddittoria ed irrazionale», donde l'ipotizzata violazione anche
dell'art.  3  Cost., giacche' essa «sottopone al medesimo trattamento
processuale situazioni disparate e differenti tra loro»;
     che,  difatti,  la  decisione  del  legislatore  di  radicare la
competenza  del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di
Roma,  riguarda  tutti  le  ipotesi in cui sia dichiarato lo stato di
emergenza  ai  sensi  del  comma 1 dell'art. 5 della legge n. 225 del
1992, con esclusione dei soli casi di intervento di protezione civile
attuabili  da  singoli  enti  o  amministrazioni  competenti  in  via
ordinaria, ovvero attraverso il coordinamento delle loro azioni;
     che,  quindi,  sebbene  il  sistema  della protezione civile sia
«articolato  in  vari  livelli  di  intervento,  contraddistinti  dal
corrispondente  grado  di  ampiezza  della  situazione emergenziale»,
nonche'  strutturato  in  base  al  principio  che  esige,  «per ogni
tipologia   territoriale   e   «qualitativa»   della   situazione  di
emergenza»,  l'intervento  del  livello  di governo «piu' vicino alla
concreta  dimensione  delle comunita' colpite», a tale «multiformita»
di  azione  corrisponderebbe,  viceversa, un sistema processuale che,
derogando  «contraddittoriamente ed immotivatamente» agli artt. 2 e 3
della  legge  6  dicembre  1971,  n. 1034  (Istituzione dei tribunali
amministrativi  regionali),  «assegna  ex  lege rilevanza nazionale a
qualsiasi   controversia   insorga   nell'esercizio   del  potere  di
protezione civile»:
     che,  osserva ancora il giudice rimettente, «il legislatore, sul
semplice  presupposto  della  necessita'  di interventi di protezione
civile extra ordinem
»,  avrebbe  «cristallizzato  una  valutazione di rilevanza nazionale
degli   stessi»,   laddove,  invece,  «possiedono  rilievo  nazionale
“solamente”  il  potere  di  dichiarare  lo  stato di emergenza e
quello,   distinto   dal  primo,  seppure  ad  esso  finalisticamente
connesso,  di  derogare  a  norme  dell'ordinamento»,  secondo quanto
emergerebbe  -  oltre  che  dalla giurisprudenza costituzionale (sono
menzionate  le sentenze n. 82 del 2006 e n. 327 del 2003) - da quanto
espressamente  stabilito dalla legge n. 225 del 1992 e dall'art. 107,
comma  1,  lettere  b)  e  c), del decreto legislativo 31 marzo 1998,
n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato
alle  regioni  ed  agli  enti  locali, in attuazione del capo I della
legge 15 marzo 1997, n. 59);
     che   sarebbe,   dunque,   evidente  la  irragionevolezza  della
disciplina   censurata,   «per  contraddittorieta'  e  disparita'  di
trattamento   processuale»,   giacche'   essa   «utilizza  lo  stesso
trattamento  per  situazioni  del  tutto  differenti quanto ad ambito
territoriale   e   livello   e   qualita'  degli  interessi  pubblici
coinvolti», in contrasto anche con l'art. 117 Cost., poiche' «finisce
per  attribuire  rilievo  nazionale  anche a questioni riservate alla
competenza regionale»;
     che  il  rimettente deduce, altresi', la violazione dell'art. 24
Cost.,  «per  la  evidente  maggiore  difficolta'  di  esercitare  le
relative  azioni  presso  il  Tar  del Lazio piuttosto che presso gli
organi   giurisdizionali  localmente  istituiti»,  rilievo  che  vale
identicamente  «sia  per la disciplina transitoria, sia per le future
nuove controversie»;
     che  viene  richiamata,  in  particolare, quella pronuncia della
Corte  costituzionale  (sentenza n. 123 del 1987) che ha riconosciuto
«il  diritto  del cittadino ad ottenere una decisione di merito senza
onerose  reiterazioni»,  osservandosi  che, sebbene la fattispecie in
esame  risulti  diversa  da  quella oggetto della citata sentenza, il
principio  da essa enunciato sarebbe comunque applicabile nel caso di
specie,  poiche' la disciplina processuale in contestazione fa carico
a   «chi  abbia  gia'  un  giudizio  pendente  davanti  al  Tribunale
amministrativo  regionale  locale,  ed abbia addirittura ottenuto una
decisione  cautelare»,  di  dover  «proseguire  altrove nella propria
iniziativa giudiziaria»;
     che  e'  ipotizzata, poi, l'incostituzionalita' della disciplina
processuale   in   esame   per   violazione   dell'art.   25   Cost.,
sottolineandosi   come,  ancora  nella  piu'  recente  giurisprudenza
costituzionale,  sia  stato  affermato  che  «alla nozione di giudice
naturale  precostituito  per  legge  non  e'  affatto  estranea “la
ripartizione  della  competenza  territoriale tra giudici, dettata da
normativa  nel  tempo  anteriore  alla  istituzione  del giudizio”»
(sentenza  n. 41 del 2006, che richiama le sentenze n. 410 del 2005 e
n. 251 del 1986);
     che, pertanto, il rispetto del principio costituzionale ex
art.  25, primo comma, Cost. - prosegue il rimettente - escluderebbe,
secondo  la  giurisprudenza  costituzionale,  che vi possa essere una
designazione  del  giudice  «tanto da parte del legislatore con norme
singolari, che deroghino a regole generali, quanto da altri soggetti,
dopo  che  la  controversia  sia insorta» (sentenza n. 393 del 2002),
essendo invece necessario che «la regola di competenza sia prefissata
rispetto  all'insorgere  della  controversia»  (sentenza  n. 193  del
2003);
     che la sussistenza del denunciato profilo di incostituzionalita'
sarebbe  vieppiu'  confermata, secondo il giudice a quo, dal potere -
attribuito  al  Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di
Roma,  dal  comma  2-quater  del  censurato  art.  3  - di riforma di
provvedimenti  cautelari  gia' assunti dal Tribunale locale, giacche'
tale  potere,  esercitato  «ad  opera  di  un  organo giurisdizionale
pariordinato  a  quelli  di  provenienza»,  costituirebbe un «rimedio
inedito,  che non e' di secondo grado e che finisce per costituire un
doppione  del  gia'  espletato  giudizio  (cautelare) di primo grado,
senza  alcuna  possibilita'  di  inquadramento  tra  i  rimedi noti e
tipizzati   (appello,   revocazione,   reclamo)»,   con   conseguente
violazione del principio del ne bis in idem
,   che,   «seppur   non   espressamente   contemplato   dalla  Carta
Costituzionale,  deve  ritenersi  corollario  del  medesimo  generale
principio del “giusto processo”»;
     che  la  previsione,  inoltre, di tale «anomalo percorso», nella
misura in cui «stravolge l'ordinario iter
giudiziario»,  violerebbe  anche  «il  principio  del doppio grado di
giudizio nella giustizia amministrativa» previsto dall'art. 125 Cost.
(integrando,  cosi',  un'ulteriore  violazione  di  tale  parametro),
principio che non consente «una doppia pronuncia sulla stessa materia
da parte di due diversi giudici di primo grado»;
     che  quanto,  infine, alla dedotta violazione dell'art. 23 dello
statuto  regionale  di  autonomia,  la  stessa  risulterebbe evidente
richiamando   quella   interpretazione,  fatta  propria  anche  dalla
giurisprudenza amministrativa (e' citata la sentenza del Consiglio di
Stato, sezione VI, n. 595 del 26 luglio 1979), secondo cui, in «tutte
le   controversie  d'interesse  regionale»  -  devolute  dalla  norma
statutaria  suddetta  alla  competenza  del  Consiglio  di  giustizia
amministrativa  per la Regione Siciliana (e quindi in primo grado, di
riflesso, ai Tribunali amministrativi regionali istituiti in Sicilia)
- debbono ritenersi ricomprese «le controversie sorte da impugnazione
di  atti amministrativi di autorita' centrali aventi effetti limitati
nel territorio regionale», evenienza che ricorre nel caso di specie;
     che con nove successive ordinanze (r.o n. 580 del 2006; r.o. nn.
82, 84, 85, 233, 490, 491, 492 e 493 del 2007), il medesimo Tribunale
amministrativo  regionale della Sicilia, sezione staccata di Catania,
ha  sollevato  questione  di  legittimita'  costituzionale pressoche'
identica  a  quella  oggetto  dell'ordinanza  appena illustrata (r.o.
n. 579 del 2006);
     che  il rimettente risulta chiamato a giudicare, in due dei nove
casi,  della  legittimita'  di  provvedimenti  con cui il Sindaco del
comune  di  Catania,  nella  qualita'  di  Commissario  delegato  per
l'emergenza  traffico  e  per  la  sicurezza  sismica,  ha  disposto,
rispettivamente,  l'aggiudicazione dell'appalto per l'edificazione di
un   parcheggio   (r.o.  n. 580  del  2006),  ed  ha  approvato  nove
progetti-localizzazioni  di  parcheggi  sotterranei da realizzarsi in
citta' (r.o. n. 84 del 2007);
     che  -  quanto  all'oggetto  degli altri giudizi principali - il
giudice  a  quo  riferisce  di essere stato investito (r.o. n. 82 del
2007)  dell'impugnazione  di provvedimenti adottati nell'ambito di un
procedimento    ablatorio,    finalizzato    al    completamento    e
all'ammodernamento  di  un  impianto  di depurazione di acque reflue,
procedimento  posto  in  essere  da varie autorita' amministrative di
concerto  con  il Presidente della Regione, nell'esercizio dei poteri
conferitigli  nella  qualita'  di  Commissario delegato di protezione
civile  per  l'emergenza  rifiuti  e tutela delle acque nella Regione
Sicilia;
     che,  analogamente,  i  giudizi nel corso dei quali il Tribunale
amministrativo  catanese  ha adottato le ordinanze r.o. nn. 85, 233 e
493  del  2007  concernono,  rispettivamente,  il  primo ed il terzo,
l'impugnazione  di  provvedimenti (e di atti consequenziali) adottati
dal  Presidente della Regione, nella qualita' di Commissario delegato
all'emergenza  idrica,  il secondo, invece, un'ordinanza emessa dalla
medesima  autorita'  amministrativa (in veste di Commissario delegato
di  protezione  civile  per  l'emergenza rifiuti e tutela delle acque
nella  Regione  Sicilia), con cui e' stata disposta l'approvazione di
un  progetto  relativo  alla  realizzazione  di  un  impianto  per lo
smaltimento di rifiuti;
     che  e',  invece,  l'impugnativa dei pareri favorevoli, espressi
dal  Commissario  per  l'emergenza  rifiuti  e  tutela delle acque in
Sicilia  in  ordine  ai  progetti per la realizzazione, nei Comuni di
Caltabiano,  Baronia e Rometta, di altrettante stazioni cosiddette di
trasferenza  dei  rifiuti  solidi  urbani, a costituire l'oggetto dei
giudizi nel corso dei quali sono state adottate le ordinanze r.o. nn.
490, 491 e 492 del 2007;
     che,   cio'  premesso,  il  Tribunale  amministrativo  regionale
rimettente  assume - in ciascuna delle citate ordinanze di rimessione
-  che,  ai  sensi  della  disciplina processuale recata dai predetti
commi  2-bis,  2-ter e 2-quater dell'art. 3 del d.l. n. 245 del 2005,
le  controversie  sopra  sinteticamente  indicate  dovrebbero  essere
integralmente  devolute  alla cognizione del Tribunale amministrativo
regionale del Lazio, sede di Roma, giacche' in ognuna di esse vengono
in  rilievo questioni attinenti all'esercizio dei poteri emergenziali
ex art. 5, comma 1, della legge n. 225 del 1992;
     che  il  giudice  a  quo,  tuttavia,  reputa di dover sottoporre
all'esame   della  Corte  costituzionale  questione  di  legittimita'
costituzionale  delle  norme suddette, ipotizzandone il contrasto con
gli  artt.  3,  24,  25  e  125  Cost.  e con l'art. 23 dello statuto
regionale  di autonomia, sulla base di considerazioni sostanzialmente
identiche a quelle gia' oggetto dell'ordinanza n. 579 del 2006;
     che,  inoltre, il rimettente ipotizza - salvo che nell'ordinanza
r.o.  n. 580  del 2006 - la violazione anche del principio del giusto
processo (senza, pero', richiamare espressamente l'art. 111 Cost. nei
dispositivi di ciascun provvedimento di rimessione);
     che,   difatti,   nell'illustrare   le   ragioni   dell'asserita
violazione  dell'art.  23  dello  statuto  regionale di autonomia, il
rimettente  sottolinea  che,  qualora  si  ritenesse  che la prevista
competenza  in primo grado del Tribunale amministrativo regionale del
Lazio  -  per  controversie del tipo di quelle in esame - non valga a
mutare,  quanto al grado d'appello, quella del Consiglio di giustizia
amministrativa   per   la   Regione   Siciliana,   la  disciplina  in
contestazione    dovrebbe    «essere    ulteriormente   tacciata   di
irragionevolezza     e     contraddittorieta»,    assistendosi    «ad
incomprensibili   «trasmigrazioni»  giudiziarie»  della  stessa  lite
(dalla  Sicilia  a Roma, per il primo grado, e da Roma a Palermo, per
quello   d'appello),   con   conseguente  aggravamento  della  tutela
giurisdizionale  «in  termini  di tempi decisionali e adempimenti del
processo»;
     che  il  rimettente  catanese  ha,  inoltre,  sollevato  analoga
questione  di legittimita' costituzionale con l'ordinanza r.o. n. 581
del 2006;
     che  il  giudice  a  quo  premette  di  essere  stato  adito per
l'annullamento  di  un  provvedimento adottato dal Sindaco di Catania
all'esito   di   una   procedura   amministrativa   posta  in  essere
nell'esercizio  dei  poteri  conferitigli «in qualita' di commissario
delegato di protezione civile per l'emergenza traffico»;
     che, conseguentemente, il rimettente deduce di dover «affrontare
d'ufficio  la  questione  relativa  alla  competenza inderogabile del
Tribunale amministrativo regionale del Lazio a conoscere la vicenda»,
in  ragione  di quanto stabilito dalla sopravvenuta normativa oggetto
di  censura, atteso che, sulla base di tale disciplina, esso dovrebbe
dichiarare  il  proprio  difetto  di competenza, esito processuale al
quale,  tuttavia,  reputa di non dover pervenire, proprio ipotizzando
l'illegittimita'    costituzionale   delle   previsioni   legislative
suddette,  per  contrasto  con  gli artt. 3, 24, 25 e 125 Cost. e con
l'art. 23 dello statuto regionale di autonomia;
     che   il   rimettente   richiama,   in   proposito,   le  stesse
considerazioni gia' svolte nell'ordinanza n. 579 del 2006, reputando,
pero', di dover individuare ulteriori profili di illegittimita' della
contestata    disciplina,    con    riferimento,    in   particolare,
all'ipotizzato contrasto con l'art. 24 Cost.;
     che  integrerebbe,  infatti,  un'ulteriore  violazione  di  tale
parametro  la  circostanza che - radicatosi nuovamente innanzi al Tar
del  Lazio,  sede  di  Roma,  il  giudizio  gia'  pendente innanzi al
Tribunale  amministrativo  regionale  locale,  e  da questo definito,
quanto alla domanda di concessione del provvedimento ex
art.  21  della  legge  n. 1034  del 1971 - «la parte soccombente nel
giudizio cautelare» risulti «fornita di uno strumento giurisdizionale
anomalo   e   atipico»   per   porre  in  discussione  la  decisione,
precedentemente adottata, sulla domanda cautelare;
     che  in  tal  modo, infatti, si riconoscerebbe - seppure solo ai
fini  e per gli effetti appena descritti - «l'impulso processuale», e
cioe'  «una  prerogativa  esclusiva  della  parte  ricorrente», anche
all'amministrazione  resistente  (e/o al controinteressato), cio' che
integrerebbe un'ulteriore violazione dell'art. 24 Cost.;
     che  con  tre  ulteriori ordinanze di rimessione (r.o n. 584 del
2006;   r.o.   nn.   300   e  430  del  2007),  sempre  il  Tribunale
amministrativo  regionale della Sicilia, sezione staccata di Catania,
ha  sollevato  questione  di  legittimita'  costituzionale pressoche'
identica  a quelle precedentemente illustrate, evocando anche, tra le
norme  costituzionali  asseritamente  violate (ma solo nell'ordinanza
r.o. n. 300 del 2007), l'art. 111, primo comma, Cost.;
     che   quanto   alla  rilevanza  delle  questioni  sollevate,  il
rimettente precisa di essere chiamato a giudicare, nei primi due casi
(r.o.  n. 584  del 2006 e n. 300 del 2007), della legittimita' di una
serie  di  provvedimenti  amministrativi  adottati nell'ambito di due
procedure    espropriative    (rispettivamente    finalizzate    alla
realizzazione  di  un centro per la raccolta differenziata di rifiuti
nel  Comune  di  Fiumefreddo  di  Sicilia  ed alla edificazione di un
parcheggio  nella contrada Barriera del comune di Catania), procedure
entrambe  avviate  sulla  base  di  altrettante ordinanze - anch'esse
oggetto  di  impugnazione innanzi al Tribunale rimettente - adottate,
nella prima ipotesi, dal Commissario delegato per l'emergenza rifiuti
e  la  tutela  delle  acque  in Sicilia, nella seconda dal Sindaco di
Catania  nella  qualita'  di  Commissario  delegato  per  l'emergenza
connessa al rischio sismico;
     che  nel caso del terzo provvedimento di rimessione (r.o. n. 430
del  2007),  il  Tribunale  catanese  -  nel pronunciare sentenza non
definitiva,  con  cui  ha  ritenuto di poter decidere parzialmente la
controversia  devoluta  al  suo  esame  -  premette  di  essere stato
chiamato a conoscere - in virtu' di una serie di ricorsi riuniti - di
una complessa fattispecie;
     che  il  rimettente  precisa  di dover giudicare della «asserita
illegittimita'  di  una  serie di atti volti a rendere disponibile un
terreno sito nel comune di Valdina - contrada Cianina - di proprieta'
dei  ricorrenti»,  e  cio' «al fine di consentire il conferimento dei
rifiuti di alcuni comuni della Provincia di Messina», conferimento, a
suo volta, «reso necessario» a seguito del provvedimento di sequestro
giudiziario preventivo della discarica di Portella Arenella, adottato
dal giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Messina;
     che  il  Tribunale  rimettente  riferisce  che  ai provvedimenti
inizialmente  adottati  - per il raggiungimento della finalita' sopra
meglio descritta - dal Sindaco del comune di Valdina e dal Presidente
della   Provincia   regionale   di   Messina,   aveva  fatto  seguito
un'ordinanza  del  Prefetto della Provincia di Messina che, designato
quale  Commissario  straordinario  per  fronteggiare la situazione di
emergenza  venutasi a determinare, aveva disposto la requisizione del
terreno suddetto;
     che   l'adito  Tribunale  amministrativo  regionale,  mentre  ha
ritenuto  -  in  parziale  accoglimento  delle  domande  proposte dai
ricorrenti  -  di  potersi  pronunciare, con sentenza non definitiva,
sulle  domande  di  annullamento  degli atti impugnati, ha, tuttavia,
riconosciuto  come  «contraddittore  necessario  di  tutte le istanze
risarcitorie,  sia  in  forma specifica che per equivalente» (domande
pure  oggetto  del  giudizio  pendente innanzi ad esso) il Presidente
della  Regione  Siciliana, nella sua qualita' di Commissario delegato
per la predisposizione e adozione del piano di gestione dei rifiuti e
delle  bonifiche  delle  aree  inquinate,  istituito  e  nominato con
ordinanza  del Ministero degli interni, Dipartimento della protezione
civile, del 31 maggio 1999, n. 2983;
     che,  difatti,  «le domande di restituzione (anche parziale) del
terreno  o  la  sua bonifica, passano necessariamente dall'intervento
del Commissario delegato e, quindi, si rivolgono ad una sua esclusiva
attivita»,   nel   caso  di  specie,  invece,  «mancante»  (cio'  che
costituisce  il  persistente oggetto della doglianza fatta valere dai
ricorrenti);
     che,  del  pari, anche la «domanda di risarcimento del danno per
equivalente  richiede  comunque  una  valutazione dell'illegittimita'
dell'occupazione  del  terreno»,  e  dunque  «un giudizio sul mancato
esercizio del potere autoritativo da parte del commissario delegato»;
     che,  di  conseguenza,  secondo  il  Tribunale  rimettente, cio'
renderebbe   rilevante   la   questione   relativa   alla  disciplina
processuale  prevista  dall'art. 3 del decreto-legge n. 245 del 2005,
alla quale il rimettente ritiene ascrivibile non solo le controversie
relative  all'esercizio  dei  poteri  emergenziali, ma anche quelle -
come  la  presente  -  in cui si faccia questione in ordine alla loro
mancata   esplicazione,  ed  alle  conseguenti  pretese  risarcitorie
attivabili dagli interessati;
     che  anche  con  l'ordinanza  r.o.  n. 582 del 2006 il Tribunale
amministrativo  regionale della Sicilia, sezione staccata di Catania,
ha  nuovamente  censurato - in riferimento agli artt. 3, 24, 25, 111,
125  Cost.  e  23  dello statuto regionale di autonomia - le medesime
disposizioni   gia'   contestate   con  gli  altri  provvedimenti  di
rimessione  sopra  illustrati,  sulla  base  di  argomenti analoghi a
quelli ivi contenuti;
     che,  in  punto  di  fatto,  il  giudice  a  quo deduce di dover
giudicare  dell'impugnativa proposta avverso i provvedimenti adottati
nell'ambito  di  una  procedura finalizzata alla localizzazione di un
sito per la realizzazione del centro comunale di raccolta rifiuti del
comune  di  Tremestieri  Etneo,  inclusi  gli atti ablatori aventi ad
oggetto l'immobile di proprieta' delle ricorrenti;
     che  il  rimettente,  quantunque informi la Corte costituzionale
dell'avvenuta  restituzione dell'immobile suddetto alla ricorrente (e
dunque  della  soddisfazione  dell'interesse  a  tutela  del quale la
medesima  ha  agito in giudizio), cio' nondimeno reputa «di non poter
sic et simpliciter
dichiarare cessata la materia del contendere»;
     che,  difatti,  il  giudizio  devoluto  al  suo  esame  concerne
provvedimenti   amministrativi   adottati  nell'esercizio  di  poteri
emergenziali ex
art.  5,  comma 1, della legge n. 225 del 1992, sicche' - ai sensi di
quanto  previsto,  in particolare, dall'art. 3, comma 2-ter, del d.l.
n. 245  del  2005 - la competenza a pronunciarsi in subiecta materia,
spetta  senza «eccezioni» o «distinzioni» al Tribunale amministrativo
regionale  del Lazio, sede di Roma, risultando, pertanto, impedita al
Tribunale  rimettente  «l'adozione  di qualunque atto processuale che
non   consista   nella   trasmissione   del  fascicolo  al  Tribunale
amministrativo regionale del Lazio»;
     che,  cio' premesso, il giudice a quo reputa di dover sottoporre
all'esame  della  Corte  costituzionale  la  questione  relativa alla
legittimita'  della  nuova  disciplina  processuale, ipotizzandone il
contrasto  con  gli  artt.  3, 24, 25, 111, 125 Cost. e con l'art. 23
dello statuto regionale di autonomia;
     che  e'  ipotizzato,  innanzitutto,  il contrasto con l'art. 125
Cost.,  risultando  violato «il principio della articolazione su base
regionale  degli  organi statali di giustizia amministrativa di primo
grado»,  finalizzato  non  solo  «a  ripartire  in  modo  razionale e
equiordinato  l'organizzazione  dei  giudici  amministrativi di primo
grado»,  ma anche ad «agevolare il ricorso delle parti alla giustizia
amministrativa,  in  coerenza  e  continuita'  logica  con i principi
desumibili dall'art. 24 della Costituzione»;
     che  -  secondo  il rimettente - la disciplina in contestazione,
inoltre,   darebbe  luogo  ad  «un  anomalo  percorso  che  stravolge
l'ordinario  iter  giudiziario», nel quale, invero, «ad una pronuncia
di  primo  grado,  cautelare  o  di  merito,  consegue,  se  la parte
soccombente  ritiene di impugnarla, una pronuncia di secondo grado, e
non  certo  una doppia pronuncia sulla stessa materia da parte di due
diversi giudici di primo grado»;
     che e' dedotta, altresi', la violazione dell'art. 24 Cost., «per
la  evidente  maggiore  difficolta'  di esercitare le relative azioni
presso  il Tribunale amministrativo regionale del Lazio piuttosto che
presso  gli organi giurisdizionali localmente istituiti», nonche' del
successivo  art.  25, primo comma, il quale escluderebbe che vi possa
essere  una  designazione del giudice «tanto da parte del legislatore
con norme singolari, che deroghino a regole generali, quanto da altri
soggetti,  dopo  che  la  controversia  sia  insorta»  (il rimettente
richiama la sentenza n. 393 del 2002 della Corte costituzionale);
     che e' ipotizzata la violazione anche dell'art. 3 Cost., «per la
disparita'  di  trattamento  che  la  deroga alle ordinarie regole di
riparto  delle  competenze  comporta,  per  la tutela giurisdizionale
delle  rispettive  situazioni  giuridiche, tra soggetti in situazioni
eguali»:   difatti,   risultano   assoggettati   ad   un  trattamento
differenziato  i  «destinatari  delle ordinanze adottate dagli organi
governativi o dai commissari delegati, nelle situazioni di dichiarata
emergenza,  aventi  efficacia limitata al territorio di una Regione»,
rispetto  ai  «destinatari dei provvedimenti, aventi lo stesso ambito
di  efficacia,  adottati,  in  via  ordinaria», e posti in essere, in
genere,  «dagli  organi esponenziali di enti territoriali regionali o
sub regionali»;
     che  il medesimo parametro e', inoltre, evocato sotto il profilo
del  difetto di ragionevolezza, atteso che lo stesso tenore letterale
del  censurato  comma  2-bis dell'art. 3 del decreto-legge n. 245 del
2005  rivelerebbe  che  la  peculiare  disciplina processuale da esso
introdotta  «riguarda  le ordinanze e gli atti commissariali adottati
nelle  situazioni  di emergenza», dichiarate ai sensi del citato art.
5,  comma 1, della legge n. 225 del 1992, «ma non i provvedimenti che
tali  situazioni dichiarino e che, ove si riferiscano a situazione di
limitata  estensione  territoriale, come sovente accade, continuano a
rientrare  nella  ordinaria  competenza  del Tribunale amministrativo
regionale della Regione in cui il provvedimento e' destinato ad avere
incidenza»;
     che,  invece,  il  contrasto con l'art. 111 Cost. e' motivato in
base  all'assunto  che la disciplina in conte-stazione creerebbe «una
sorta   di   gerarchia   tra  i  Tribunale  amministrativo  regionale
territoriali,  incompatibile  con  il  dettato  e  lo  spirito  della
Costituzione»;
     che e' dedotto, infine, il contrasto con l'art. 23 dello statuto
regionale,  atteso  che,  in  attuazione  di  tale  «norma  di  rango
costituzionale»,   e'  stato  istituito  il  Consiglio  di  giustizia
amministrativa  per  la  Regione  Siciliana  «che  svolge funzioni di
giudice  d'appello  per  tutte  le  impugnazioni  proposte  avverso i
provvedimenti  giurisdizionali  adottati dal Tribunale amministrativo
regionale della Sicilia»;
     che anche con le ordinanze r.o. n. 583 del 2006 e n. 83 del 2007
il Tribunale amministrativo regionale della Sicilia, sezione staccata
di Catania, ha ulteriormente censurato - in riferimento, peraltro, ai
soli  artt.  3,  24  e  125  Cost.  e  23  dello statuto regionale di
autonomia  - l'art. 3, commi 2-bis, 2-ter e 2-quater, del d.l. n. 245
del 2005;
     che  in  punto  di  fatto  il  giudice  a  quo  deduce di essere
investito,  nel  primo  caso,  dell'impugnazione proposta avverso una
pluralita'   di  atti  di  una  procedura  espropriativa  alla  quale
provvede,  nella  qualita'  di  Commissario  delegato  a fronteggiare
l'emergenza  nella citta' di Catania in relazione alla situazione del
traffico, della mobilita' e degli interventi di riduzione del rischio
sismico connessi e funzionali, il Sindaco del capoluogo etneo;
     che  nel  secondo  caso,  invece,  il rimettente deduce di dover
conoscere  del  «silenzio  rifiuto  e/o inadempimento», serbato dalle
diverse  autorita'  amministrative evocate in giudizio, relativamente
alla   domanda  di  risarcimento  dei  danni  avanzata  dai  medesimi
ricorrenti  in  conformita'  ad  un'ordinanza adottata dal Presidente
della   Regione   Siciliana,   in   qualita'   di   Commissario  alla
realizzazione   degli  interventi  diretti  a  fronteggiare  i  danni
conseguenti  agli  eventi  alluvionali e ai dissesti idrogeologici di
cui  al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 20 febbraio
2004;
     che  le  censure  di  costituzionalita'  svolte in entrambi tali
provvedimenti  di  rimessione  sono  pressoche'  identiche  a  quelle
formulate,  sempre dal Tribunale catanese, nell'ordinanza r.o. n. 579
del 2006, salvo che per la mancata evocazione - in ambo questi casi -
del parametro di cui all'art. 25 Cost.;
     che  con l'ordinanza r.o. n. 585 del 2006 il medesimo rimettente
solleva questione di legittimita' costituzionale analoga a quelle sin
qui  illustrate,  assumendo, tuttavia, quali parametri costituzionali
gli artt. 24, 25, 111 e 125 Cost. (e non pure l'art. 23 dello statuto
regionale di autonomia);
     che  il  giudice  a  quo  premette, in punto di fatto, di essere
investito  della  domanda  proposta  da  taluni appartenenti al Corpo
della  Guardia  di  Finanza,  tutti  in servizio a Catania, diretta a
conseguire  -  sulla  scorta  di  quanto  previsto dall'ordinanza del
Presidente   del  Consiglio  dei  ministri  n. 3442  del  2005  -  il
riconoscimento   del   diritto   alla   sospensione   delle  ritenute
previdenziali ed assistenziali sulle retribuzioni, per il periodo dal
novembre  2002  al  31 marzo 2004, nonche' la condanna delle intimate
amministrazioni   alla   restituzione  delle  somme  illegittimamente
trattenute sulle retribuzioni relative al medesimo periodo;
     che  essendo,  a  dire  del  rimettente,  pregiudiziale,  per la
decisione  della  lite,  «conoscere della legittimita» dell'ordinanza
suddetta, e risultando questa a sua volta adottata nell'esercizio dei
poteri  ex  art.  5,  comma  1, della legge n. 225 del 1992, anche la
controversia  in  esame  sarebbe attratta nella sfera di applicazione
della nuova disciplina processuale prevista dall'art. 3, commi 2-bis,
2-ter e 2-quater, del d.l. n. 245 del 2005;
     che  di  tale  disciplina, tuttavia, e' dedotta l'illegittimita'
costituzionale per violazione degli artt. 24, 25, 111 e 125 Cost.;
     che e' dedotto, innanzitutto, il contrasto con l'art. 125 Cost.,
«e   segnatamente  con  il  principio  della  articolazione  su  base
regionale  degli  organi statali di giustizia amministrativa di primo
grado», principio che «non ha ragione di subire deroghe nella materia
di  cui  trattasi,  in  cui  le  singole  situazioni  di  emergenza»,
dichiarate  ai  sensi  dell'art.  5,  comma 1, della legge n. 225 del
1992, «hanno rilievo spiccatamente locale»;
     che  e'  ipotizzata, altresi', la violazione dell'art. 24 Cost.,
«per  la  evidente  maggiore  difficolta'  di  esercitare le relative
azioni  presso  il  Tar  del  Lazio  piuttosto  che presso gli organi
giurisdizionali  localmente  istituiti»,  e  del  successivo art. 25,
atteso  che  il  principio  della precostituzione del giudice sarebbe
trasgredito allorche' la sua designazione venga effettuata, «tanto da
parte  del  legislatore  con  norme singolari, che deroghino a regole
generali,  quanto  da  altri  soggetti,  dopo che la controversia sia
insorta»   (e'  citata  la  sentenza  n. 393  del  2002  della  Corte
costituzionale),  occorrendo,  pertanto, che «la regola di competenza
sia  prefissata  rispetto all'insorgere della controversia» (sentenza
n. 193 del 2003);
     che  tale  profilo  di incostituzionalita' emergerebbe vieppiu',
secondo  il  rimettente,  se  si  ha  riguardo  a  quella parte della
disciplina  in  contestazione «che non solo ne dispone l'applicazione
ai  processi  pendenti,  ma  addirittura  consente  una  riforma  dei
provvedimenti  assunti in sede cautelare in tali giudizi pendenti, ad
opera di un organismo pariordinato a quello di provenienza»;
     che  in tal modo, difatti, il legislatore avrebbe «introdotto un
rimedio  inedito,  che  non  e'  di  secondo  grado e che finisce per
costituire  un  doppione  del  gia' espletato giudizio (cautelare) di
primo  grado, senza alcuna possibilita' di inquadramento tra i rimedi
noti  e  tipizzati  (appello,  revocazione, reclamo)», con violazione
anche  del principio del «giusto processo», e quindi, anche dell'art.
111  Cost.,  che  non  consente  «una  doppia  pronuncia sulla stessa
materia da parte di due diversi giudici di primo grado»;
     che   con   l'ordinanza   r.o.   n. 80  del  2007  il  Tribunale
amministrativo  regionale della Sicilia, sezione staccata di Catania,
ha  nuovamente  sollevato  questione  di  legittimita' costituzionale
dell' art. 3, commi 2-bis, 2-ter e 2-quater, del decreto-legge n. 245
del 2005, deducendo la violazione degli artt. 3, 24, 25 e 125 Cost. e
dell'art. 23 dello statuto della Regione Siciliana;
     che  il  giudice  a  quo premette di dover decidere in merito al
regolamento di competenza, proposto nell'ambito di un giudizio avente
ad  oggetto l'impugnativa di un provvedimento emanato dal Commissario
delegato  per  l'emergenza rifiuti e tutela delle acque (e degli atti
consequenziali),  provvedimento  con  il  quale  veniva, tra l'altro,
approvato  il progetto presentato dalla societa' «Sicilpower» s.p.a.,
relativo  al  sistema di gestione integrato per l'utilizzazione della
frazione   residua   dei  rifiuti  urbani  al  netto  della  raccolta
differenziata;
     che   cio'  premesso,  il  rimettente  rileva  come  proprio  la
sopravvenuta   normativa   processuale   sopra  meglio  identificata,
imporrebbe  di  tener  conto  -  nel  decidere  in merito al proposto
regolamento  di  competenza  -  «della  nuova  ipotesi  di competenza
funzionale   inderogabile»,   prevista   in   favore   del  Tribunale
amministrativo  regionale  del Lazio, sede di Roma, in relazione alle
controversie aventi ad oggetto l'esercizio dei poteri di cui all'art.
5, comma 1, della legge n. 225 del 1992;
     che  di tale disciplina, tuttavia, lo stesso rimettente ipotizza
l'illegittimita'  costituzionale sulla scorta di argomenti identici a
quelli proposti con l'ordinanza n. 579 del 2006;
     che  anche  le  ordinanze r.o nn. 81, 185 e 234 del 2007, emesse
dal   medesimo  Tribunale  amministrativo  regionale  della  Sicilia,
sezione staccata di Catania, presentano identita' di contenuto con il
provvedimento di rimessione da ultimo citato;
     che  in  questi  tre  casi  il  rimettente premette, in punto di
fatto,    di    essere    chiamato   a   giudicare   dell'impugnativa
rispettivamente  proposta  avverso:  gli  atti  posti in essere da un
Commissario ad acta
nominato,  nell'esercizio  di  poteri  sostitutivi  e derogatori, dal
Commissario  delegato per l'emergenza idrica (r.o. n. 81 del 2007); i
provvedimenti  con  i  quali  il Commissario delegato per l'emergenza
rifiuti  ha  approvato  un  progetto  finalizzato  a  dare vita ad un
sistema  di  gestione  integrato dei rifiuti, con realizzazione di un
polo  impiantistico  nel  comune  di  Augusta (r.o. n. 185 del 2007),
ovvero ha espresso giudizio positivo di compatibilita' ambientale del
predetto  sistema,  autorizzando  la  realizzazione  di  impianti  di
termovalorizzazione  nel  predetto  comune,  nonche'  di  selezione e
biostabilizzazione nell'agglomerato industriale Modica/Pozzallo (r.o.
n. 234 del 2007);
     che,  cio'  premesso,  il  rimettente assume - in ciascuna delle
citate  ordinanze  di  rimessione  -  che,  ai sensi della disciplina
processuale  recata  dai  predetti  commi  2-bis,  2-ter  e  2-quater
dell'art.   3  del  d.l.  n. 245  del  2005,  le  controversie  sopra
sinteticamente indicate dovrebbero essere integralmente devolute alla
cognizione  del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di
Roma,  giacche'  in  ognuna  di  esse  vengono  in  rilievo questioni
attinenti  all'esercizio  dei poteri emergenziali ex art. 5, comma 1,
della legge n. 225 del 1992;
     che,  tuttavia, il Tribunale amministrativo catanese reputa tale
disciplina processuale costituzionalmente illegittima, deducendone il
contrasto  con  gli artt. 3, 24, 25 e 125 Cost. e con l'art. 23 dello
statuto   regionale   di  autonomia,  sulla  base  di  considerazioni
sostanzialmente identiche anche in questi casi, come gia' rilevato, a
quelle oggetto dell'ordinanza n. 579 del 2006;
     che  con  l'ordinanza r.o. n. 86 del 2007 il medesimo rimettente
censura  quelle stesse norme evocando quali parametri gli artt. 3, 24
e 125 Cost. e l'art. 23 dello statuto della Regione Siciliana;
     che  esso  -  investito  dell'impugnativa sia di un'ordinanza di
determinazione  delle  tariffe  di  smaltimento rifiuti, adottata dal
Commissario delegato per l'emergenza rifiuti e la tutela delle acque,
che  di  tutti gli atti «comunque presupposti, connessi, coordinati e
conseguenti»  -  reputa  di dover sollevare questione di legittimita'
costituzionale  delle  norme  suddette,  in  applicazione delle quali
riconosce di dovere, altrimenti, «dichiarare la propria incompetenza,
in favore del Tribunale amministrativo regionale del Lazio»;
     che  e'  ipotizzata,  in  primo luogo, la violazione dell'art. 3
Cost.,  sotto  il  profilo  della  «disparita'  di trattamento che la
deroga  alle  ordinarie regole di riparto competenze comporta, per la
tutela   delle  rispettive  posizioni  giuridiche,  tra  soggetti  in
situazioni  eguali»,  giacche'  la  contestata  disciplina riserva un
trattamento  ingiustificatamente  differenziato ai «destinatari delle
ordinanze   adottate   dagli  organi  governativi  o  dai  commissari
delegati,  nelle situazioni di dichiarata emergenza, aventi efficacia
limitata  al territorio di una regione», rispetto a quello assicurato
«ai   destinatari  dei  provvedimenti  aventi  lo  stesso  ambito  di
efficacia,  adottati,  in via ordinaria, dagli organi esponenziali di
enti territoriali regionali o sub
regionali»;
     che  tale  diversita'  di  regime,  d'altra  parte,  non sarebbe
giustificabile  -  secondo  il rimettente - neppure in considerazione
«della   eventuale   maggiore  rilevanza  dell'interesse  sotteso  ai
provvedimenti  adottati»  in  situazione  di emergenza, giacche' «nel
nostro  sistema non esiste una distribuzione di competenza» basata su
un simile criterio, che sarebbe, inoltre, in contrasto con l'art. 125
Cost., il quale pone i diversi tribunali amministrativi regionali «su
un piano paritario»;
     che,  del  resto,  non sia possibile legittimare su tali basi la
deroga  all'art. 3 della legge n. 1034 del 1971, sarebbe confermato -
nella  prospettiva  del giudice a quo - dallo stesso tenore letterale
del  censurato  comma  2-bis  dell'art.  3  del d.l. n. 245 del 2005,
rivelatore  del  fatto  che  tale deroga «riguarda le ordinanze e gli
atti   commissariali   adottati   nelle   situazioni  di  emergenza»,
dichiarate  ai  sensi  del citato art. 5, comma 1, della legge n. 225
del  1992,  «ma  non i provvedimenti che tali situazioni dichiarino e
che,   ove   si  riferiscano  a  situazione  di  limitata  estensione
territoriale,  come  sovente  accade,  continuano  a  rientrare nella
ordinaria  competenza  del  Tribunale amministrativo della regione in
cui il provvedimento e' destinato ad avere incidenza»;
     che  l'evenienza da ultimo descritta, pertanto, testimonierebbe,
vieppiu', la «irragionevolezza del disegno complessivo» attuato dalle
censurate disposizioni;
     che  nel  caso  in  esame,  quindi, la scelta del legislatore di
derogare agli ordinari criteri di riparto della competenza ex artt. 2
e  3  della  legge  n. 1034 del 1971 «non appare supportata da alcuna
plausibile  ragione,  dotata  di  copertura  costituzionale, idonea a
giustificare  la disparita' di trattamento che indubbiamente si viene
ad  operare  tra  situazioni  eguali»,  donde l'ipotizzata violazione
dell'art. 3 della Carta fondamentale;
     che  il  rimettente ipotizza, poi, la violazione anche dell'art.
24 Cost., atteso che la translatio iudicii
in   favore   del   Tribunale   amministrativo  regionale  del  Lazio
«indiscutibilmente  comporta un ingiustificato aggravio organizzativo
e  di costi» a carico dei soggetti «incisi dai provvedimenti adottati
dagli  organi  governativi  e  dai  commissari  nelle  situazioni  di
emergenza  dichiarate  ai  sensi dell'art. 5, comma 1, della legge 24
febbraio 1992, n. 225»;
     che,  inoltre,  le  norme censurate, contravvenendo all'esigenza
«del  decentramento territoriale della giurisdizione amministrativa»,
si  porrebbero  in  contrasto anche con l'art. 125 Cost., che intende
garantire  una  distribuzione territoriale delle controversie tale da
agevolare  il  ricorso alla giustizia amministrativa, «in sostanziale
coerenza  e continuita' logica con i principi desumibili dall'art. 24
della Costituzione»;
     che  il  suddetto  parametro  costituzionale  sarebbe,  difatti,
svuotato  di  contenuto,  «creando  una  sorta  di  gerarchia» tra il
Tribunale  regionale amministrativo del Lazio e gli altri tribunali e
recando un vulnus
anche al principio del «giusto processo», «quale desumibile dal testo
novellato dell'art. 111 della Costituzione»;
     che,  infine,  il  rimettente  deduce la violazione dell'art. 23
dello  statuto  della Regione Siciliana, atteso che l'impugnativa dei
«provvedimenti   adottati  da  organi  dello  Stato  centrale,  nelle
situazioni  di  emergenza  dichiarate  ai sensi dell'art. 5, comma 1,
della  legge  24  febbraio  1992,  n. 225, con efficacia territoriale
limitata  alla  Regione  Siciliana»  rientra  certamente  tra  quegli
«affari   concernenti  la  Regione»  che,  ai  sensi  della  predetta
disposizione  statutaria,  sono  devoluti,  in  sede di appello, alla
competenza  del  Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione
Siciliana;
     che,  conseguentemente,  lo  spostamento  delle  controversie di
primo   grado   al  Tribunale  regionale  amministrativo  del  Lazio,
comportando,  di  riflesso, anche il mutamento del giudice d'appello,
viene   ad  incidere  sul  «plesso  giurisdizionale»  costituito  dal
Tribunale  regionale  amministrativo della Sicilia e dal Consiglio di
giustizia  amministrativa per la Regione Siciliana, ritenuto «un vero
e  proprio  comparto  dotato  di competenza funzionale a conoscere di
tutte  le  controversie insorgenti nell'ambito territoriale». Orbene,
la  deroga  a  tale competenza funzionale si pone in contrasto con il
predetto  parametro  costituzionale  allorche'  risulti,  come  nella
specie,  «non  assistita  da  adeguato  supporto  parimenti  di rango
costituzionale»;
     che  un'autonoma  censura  e',  invece,  quella  che investe «il
regime transitorio previsto dalle disposizioni in esame» (ed operante
anche nel giudizio a quo
),  atteso  che,  interessando  lo  spostamento della competenza - ai
sensi,  in  particolare,  del  comma  2-quater del censurato art. 3 -
anche i procedimenti in corso al momento dell'entrata in vigore delle
norme  censurate,  risulterebbe  violato  l'art. 25 Cost., essendo la
controversia sottratta al «giudice naturale precostituito per legge»;
     che  anche  con  l'ordinanza  r.o.  n. 235 del 2007 il Tribunale
amministrativo  regionale della Sicilia, sezione staccata di Catania,
torna a censurare la disciplina processuale recata dalle disposizioni
in  esame,  assumendone  il  contrasto  con gli artt. 3, 24, 25 e 125
Cost., e con l'art. 23 dello statuto regionale di autonomia;
     che  il  rimettente,  in  punto  di  fatto,  premette  di essere
chiamato a giudicare della legittimita' di due ordinanze emesse da un
commissario   ad   acta,  incaricato  dal  Commissario  delegato  per
l'emergenza   idrica  nella  Regione  Sicilia  del  compimento  delle
procedure   per  l'affidamento  del  servizio  idrico  integrato  nel
cosiddetto  ambito  territoriale  ottimale  di Messina, nonche' della
consequenziale  attivita' amministrativa posta in essere dallo stesso
Commissario delegato;
     che  in ordine alla supposta illegittimita' costituzionale delle
norme   censurate  il  rimettente  svolge  considerazioni  pressoche'
identiche a quelle oggetto dell'ordinanza n. 579 del 2006;
     che, del pari, con altre cinque ordinanze di rimessione (r.o nn.
236,   296,   297,  298  e  299  del  2007),  il  medesimo  Tribunale
amministrativo  regionale della Sicilia, sezione staccata di Catania,
ha  sollevato  questioni  di  legittimita'  costituzionale pressoche'
identiche a quella oggetto dell'ordinanza da ultimo citata;
     che il rimettente risulta investito, anche in ciascuno di questi
cinque  ulteriori giudizi, dell'impugnativa di ordinanze emesse da un
commissario   ad   acta,  incaricato  dal  Commissario  delegato  per
l'emergenza   idrica  nella  Regione  Sicilia  del  compimento  delle
procedure   per  l'affidamento  del  servizio  idrico  integrato  nel
cosiddetto  ambito  territoriale  ottimale  di Messina, nonche' della
consequenziale  attivita' amministrativa posta in essere dallo stesso
Commissario delegato;
     che  l'omogeneita'  delle controversie devolute al suo esame ha,
pertanto, indotto il giudice a quo a proporre le medesime censure, in
ordine  ai  commi 2-bis, 2-ter e 2-quater dell'art. 3 del d.l. n. 245
del 2005, gia' sopra illustrate;
     che  e'  intervenuto  in  ciascun  giudizio  il  Presidente  del
Consiglio   dei  ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
generale  dello  Stato,  chiedendo  che  la  questione sia dichiarata
inammissibile e comunque infondata;
     che  assume,  in  particolare, la difesa erariale l'infondatezza
della  censura  formulata  ai sensi dell'art. 3 Cost. sul presupposto
della  (pretesa)  «irragionevole  disparita'  di  trattamento  (nella
individuazione     del     tribunale     amministrativo     regionale
territorialmente   competente)  tra  provvedimenti  adottati  in  via
ordinaria  e  provvedimenti  emanati  in situazioni di emergenza», ai
sensi  dell'art.  5, comma 1, della legge n. 225 del 1992, «attesa la
evidente disomogeneita' tra le due situazioni poste a raffronto»;
     che  la  difesa  dello Stato, difatti, «giustifica la diversita'
della contestata disciplina» in quanto espressione di una scelta «non
arbitraria», giacche' assunta in funzione della ragionevole «esigenza
di  concentrare  in un unico giudice di primo grado, anche nella fase
cautelare,  la  pronta  e  uniforme cognizione delle controversie» in
esame,  relative  a  provvedimenti  caratterizzati,  per loro natura,
dalla  finalita'  di  realizzare  «interventi  miranti a fronteggiare
situazioni emergenziali»;
     che   l'Avvocatura   generale   dello  Stato  esclude,  inoltre,
l'esistenza  del  paventato contrasto con l'art. 24 Cost., atteso che
il  maggior  aggravio  ed  i piu' rilevanti costi destinati ad essere
sopportati  dai  destinatari  dei provvedimenti in questione, oltre a
costituire  «conseguenze  di  mero  fatto», non integrano l'evenienza
della  impossibilita'  o  dell'estrema difficolta' dell'esercizio del
diritto  di  difesa,  idonea  a concretare la violazione dell'evocato
parametro costituzionale;
     che,  d'altra parte, neppure si potrebbe ipotizzare - secondo la
difesa  erariale  -  che le disposizioni censurate violino l'art. 125
della  Carta fondamentale, in quanto esso «non preclude certamente al
legislatore   statale   di  individuare  non  irragionevolmente,  per
determinate  «categorie»  di  controversie,  particolari  criteri  di
riparto  della  competenza  territoriale tra giudici di primo grado»,
derogando  a  quelli  di cui agli artt. 2 e 3 della legge n. 1034 del
1971;
     che,  analogamente,  sarebbe da escludere anche il contrasto con
l'art.   23   dello  statuto  regionale,  che  esprime  «soltanto  la
necessita»   che   in   Sicilia   sia   istituita   «una  particolare
articolazione del giudice amministrativo di secondo grado», e che non
implica  anche  il  riconoscimento,  in  suo  favore, di una generale
«competenza  a  conoscere  ogni tipo di controversia», incluse quelle
che  -  come  nella specie - «non hanno alcun rapporto con la materia
regionale»;
     che, infine, l'Avvocatura generale dello Stato nega che il comma
2-quater  dell'art. 3, nella parte in cui estende la nuova disciplina
anche  ai processi in corso, violi il principio del giudice naturale,
e  cio'  non  solo  perche'  la  norma  censurata  fa  in  ogni  caso
(temporaneamente)  salva  «l'efficacia  dei  provvedimenti  cautelari
eventualmente  adottati  dal giudice gia' competente», ma soprattutto
perche' la disposta translatio iudicii
non  potrebbe  intendersi  come  diretta  alla  arbitraria successiva
indicazione di un giudice diverso «appositamente istituito per quella
controversia  e  per  quelle  parti,  con una scelta idonea ad essere
orientata  in  vista  di  un  determinato giudizio», evenienza che la
giurisprudenza costituzionale (e' citata la sentenza n. 460 del 1994)
individuerebbe  come  la sola idonea ad integrare il contrasto con il
suddetto principio costituzionale;
     che  si  sono costituite - nel giudizio originato dall'ordinanza
r.o.  n. 80 del 2007 - l'associazione Legambiente, Comitato Regionale
Siciliano,  e  la «Sicilpower» S.p.a.: la prima, parte ricorrente nel
giudizio  principale, ha insistito per l'accoglimento della sollevata
questione     di    legittimita'    costituzionale,    la    seconda,
controinteressata nel medesimo giudizio, ha chiesto invece il rigetto
della questione;
     che sempre la societa' «Sicilpower», con memoria depositata il 3
ottobre  2007, sottolineando come la questione sollevata sia identica
a  quella  decisa  dalla Corte costituzionale con sentenza n. 237 del
2007, ha chiesto che la stessa sia dichiarata non fondata;
     che, infine, nei soli giudizi originati dalle ordinanze r.o. nn.
185  e  237  del  2007,  si  e' costituita la societa' «Tifeo Energia
Ambiente»,  controinteressata  in  entrambi i giudizi principali, per
chiedere   il  rigetto  della  sollevata  questione  di  legittimita'
costituzionale.
Considerato  che il Tribunale amministrativo regionale della Sicilia,
sezione  staccata di Catania, con ventinove ordinanze, ha sollevato -
in  riferimento, nel complesso, agli artt. 3, 24, 25, 111 e 125 della
Costituzione,  e  all'art. 23 del regio decreto legislativo 15 maggio
1946,  n. 455  (Approvazione  dello statuto della Regione siciliana),
convertito  dalla  legge  costituzionale  26  febbraio  1948,  n. 2 -
questioni  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 3, commi 2-bis,
2-ter  e 2-quater, del decreto-legge 30 novembre 2005, n. 245 (Misure
straordinarie  per  fronteggiare  l'emergenza nel settore dei rifiuti
nella  Regione  Campania  ed  ulteriori  disposizioni  in  materia di
protezione   civile),   commi   aggiunti   dalla  relativa  legge  di
conversione 27 gennaio 2006, n. 21;
     che,  in  via  preliminare, deve essere disposta la riunione dei
giudizi,  atteso  che  la  loro  comunanza  di  oggetto ne giustifica
l'unitaria trattazione;
     che,  quanto  al  merito  delle  censure  formulate  dal giudice
rimettente,  deve  osservarsi  come questa Corte, con sentenza n. 237
del  2007,  abbia  gia'  escluso  la  fondatezza di analoghi dubbi di
legittimita'   costituzionale   aventi   ad   oggetto  la  disciplina
processuale in contestazione;
     che, in primo luogo, le motivazioni della citata sentenza n. 237
del  2007  possono  essere qui richiamate in relazione all'ipotizzata
violazione dell'art. 3 Cost., prospettata adducendo tanto l'esistenza
di  una  supposta  «disparita'  di  trattamento  che  la  deroga alle
ordinarie  regole di riparto delle competenze comporta, per la tutela
delle  rispettive  posizioni  giuridiche,  tra soggetti in situazioni
eguali»   (giacche'   le  disposizioni  censurate  riserverebbero  un
trattamento  ingiustificatamente  differenziato ai «destinatari delle
ordinanze   adottate   dagli  organi  governativi  o  dai  commissari
delegati,  nelle situazioni di dichiarata emergenza, aventi efficacia
limitata  al  territorio  di una regione, rispetto ai destinatari dei
provvedimenti  aventi lo stesso ambito di efficacia, adottati, in via
ordinaria, dagli organi esponenziali di enti territoriali regionali o
sub
regionali»),  quanto  l'irragionevolezza  della  scelta  compiuta dal
legislatore,  poiche'  «lo  spostamento  della  competenza  su questa
materia  e'  irrazionalmente  solo  parziale», giacche' riguarderebbe
unicamente   «le   ordinanze   ed   i   consequenziali  provvedimenti
commissariali,  ma  non i decreti governativi che dichiarano lo stato
di emergenza»;
     che, tuttavia, in ordine alla presunta disparita' di trattamento
alla  quale  le  norme  in  contestazione sottoporrebbero «situazioni
eguali  di  fronte  alla tutela giurisdizionale», puo' in questa sede
ribadirsi come sia «proprio l'avvenuta dichiarazione della situazione
di  emergenza,  ex  art.  5, comma 1, della legge n. 225 del 1992», a
costituire  «l'elemento  caratterizzante la fattispecie oggetto della
censurata  disciplina, impedendo, cosi', di ravvisare quel profilo di
omogeneita'  tra  tale  ipotesi e quella - con cui essa viene posta a
confronto  -  dell'ordinario  esercizio  dei  poteri amministrativi»,
profilo  che  rappresenta,  invece, «il presupposto indispensabile ai
fini  della  loro  valutazione comparativa» (cosi' la sentenza n. 237
del 2007);
     che in relazione, invece, al supposto difetto di ragionevolezza,
questa  Corte ha gia' rilevato come i giudici rimettenti «non si sono
posti  alla  ricerca  di una differente interpretazione» che - «sulla
base,  peraltro,  della  semplice  lettera della norma» - consenta di
ritenere  sottoposta  alla  competenza  del  Tribunale amministrativo
regionale   del   Lazio   «anche   l'impugnativa   dei  provvedimenti
dichiarativi  dello  stato di emergenza, qualunque sia il loro ambito
territoriale  di  efficacia,  attesa,  tra l'altro, la loro natura di
atti presupposti» (cosi', nuovamente, la sentenza n. 237 del 2007);
     che,  del pari, manifestamente infondata e' la censura sollevata
in riferimento all'art. 24 Cost. e motivata, sostanzialmente, in base
al duplice assunto che la translatio iudicii
in favore del Tribunale amministrativo regionale del Lazio violerebbe
«il  diritto  del cittadino ad ottenere una decisione di merito senza
onerose  reiterazioni» e doterebbe «la parte soccombente nel giudizio
cautelare»    -    radicatosi   nuovamente   innanzi   al   Tribunale
amministrativo  regionale  del  Lazio, sede di Roma, il giudizio gia'
pendente  innanzi  al  Tribunale  amministrativo  regionale locale, e
dallo   stesso  definito  quanto  alla  domanda  di  concessione  del
provvedimento  ex  art.  21  della  legge  n. 1034 del 1971 - «di uno
strumento giurisdizionale anomalo e atipico» per porre in discussione
la decisione gia' adottata sulla domanda cautelare;
     che,  tuttavia,  in  relazione  al  primo  di  tali  profili, la
sentenza   n. 237   del   2007   ha   osservato  come  il  denunciato
inconveniente  non  costituisca  un «grave ostacolo» al conseguimento
della  tutela  giurisdizionale», non concretizzando quella condizione
di  «sostanziale  impedimento  all'esercizio  del  diritto  di azione
garantito dall'art. 24 della Costituzione» suscettibile «di integrare
la violazione del citato parametro costituzionale»;
     che  in  ordine,  invece,  al  secondo profilo di censura questa
Corte  ha  rimarcato  «la  possibilita'  di  interpretare la norma in
conformita'  con  quanto  previsto  dall'art.  21, tredicesimo comma,
della  legge  n. 1034  del  1971; nel senso cioe' che l'efficacia del
provvedimento cautelare adottato dal Tribunale locale sia destinata a
venire  meno,  in  tutto o in parte, non in forza di una revisione da
compiersi  necessariamente  da  parte  del  Tribunale  amministrativo
regionale  del  Lazio,  il  quale in tal modo assumerebbe una anomala
funzione  di giudice di secondo grado rispetto a provvedimenti emessi
da  un  organo  giurisdizionale  equiordinato, bensi' in forza di una
decisione  da prendere sulla base degli ordinari presupposti previsti
dall'ordinamento  del  processo amministrativo per la modificazione o
revoca di precedenti misure cautelari gia' concesse» (sentenza n. 237
del 2007);
     che  le  considerazioni  appena  svolte  consentono, inoltre, di
superare anche uno degli argomenti addotti a sostegno dell'ipotizzata
violazione  dell'art.  25,  primo comma, Cost., e cioe' quello basato
sul  rilievo  secondo cui la riforma dei provvedimenti cautelari gia'
assunti, «ad opera di un organo giurisdizionale pariordinato a quelli
di  provenienza»  - nel rappresentare un «rimedio inedito, che non e'
di  secondo  grado  e che finisce per costituire un doppione del gia'
espletato   giudizio   (cautelare)   di  primo  grado,  senza  alcuna
possibilita' di inquadramento tra i rimedi noti e tipizzati (appello,
revocazione,  reclamo)» - darebbe luogo ad «un anomalo percorso» che,
nella   misura  in  cui  «stravolge  l'ordinario  iter  giudiziario»,
violerebbe il principio del «giudice naturale»;
     che  quanto,  invece, all'argomento secondo cui «la ripartizione
della  competenza  territoriale  tra giudici» deve essere «dettata da
normativa  del  tempo  anteriore  alla  istituzione  del giudizio» e'
sufficiente  ribadire  che  il  principio  costituzionale del giudice
naturale «viene rispettato» allorche' «la legge, sia pure con effetto
anche  sui  processi in corso, modifica in generale i presupposti o i
criteri   in  base  ai  quali  deve  essere  individuato  il  giudice
competente:  in questo caso, infatti, lo spostamento della competenza
dall'uno  all'altro ufficio giudiziario non avviene in conseguenza di
una deroga alla disciplina generale, che sia adottata in vista di una
determinata o di determinate controversie, ma per effetto di un nuovo
ordinamento  -  e,  dunque,  della  designazione  di un nuovo giudice
“naturale”   -   che   il  legislatore,  nell'esercizio  del  suo
insindacabile   potere  di  merito,  sostituisce  a  quello  vigente»
(sentenza n. 237 del 2007);
     che,   del   pari,  e'  manifestamente  infondata  la  questione
concernente  la  presunta violazione dell'art. 111 Cost., motivata in
base al duplice argomento che le disposizioni censurate, creando «una
sorta  di gerarchia» tra il Tribunale regionale amministrativo per il
Lazio e gli altri tribunali, recherebbero un vulnus
al  principio  del  «giusto processo» e contravverrebbero alla regola
generale  applicabile  ad  ogni  giudizio, compreso quello cautelare,
secondo  cui,  ad  una sua prima fase, deve seguirne una d'appello, e
non  gia'  «una doppia pronuncia sulla stessa materia da parte di due
diversi giudici di primo grado»;
     che  in  ordine  a  tale  doglianza - a parte, evidentemente, il
rilievo  che  valgono  qui  le  stesse  considerazioni  svolte  circa
l'asserita violazione dell'art. 24 Cost. - puo' ribadirsi, ancora una
volta,  quanto  osservato nella sentenza n. 237 del 2007, ovvero «che
tali  censure  non  sono  dotate  di  una  propria autonomia rispetto
all'ipotizzata violazione dell'art. 125 della Carta fondamentale»;
     che  in  relazione,  poi,  proprio  a  tale censura non puo' che
tornarsi  a  sottolineare  che  «l'attribuzione  della  competenza al
Tribunale  amministrativo  regionale  del  Lazio, anziche' ai diversi
Tribunali  amministrativi  regionali dislocati su tutto il territorio
nazionale,  non  altera  il  sistema  di  giustizia  amministrativa»,
esistendo,  nella  specie,  «ragioni  idonee a giustificare la deroga
agli ordinari criteri di ripartizione della competenza tra gli organi
di  primo  grado della giustizia amministrativa» (sentenza n. 237 del
2007);
     che, difatti, tali ragioni sono state individuate - sempre nella
citata  sentenza - «nel peculiare regime che connota le situazioni di
emergenza - e particolarmente quelle di cui alla lettera c) del comma
1  dell'art.  2  della legge n. 225 del 1992», atteso che, ricorrendo
tale  evenienza,  «i  provvedimenti  posti  in  essere dai commissari
delegati  sono  atti  dell'amministrazione  centrale  dello Stato (in
quanto emessi da organi che operano come longa manus
del  Governo)  finalizzati  a  soddisfare  interessi  che trascendono
quelli  delle  comunita' locali coinvolte dalle singole situazioni di
emergenza,  e  cio'  in  ragione  tanto della rilevanza delle stesse,
quanto della straordinarieta' dei poteri necessari per farvi fronte»;
     che,  d'altra  parte,  neppure  puo'  ravvisarsi  la  denunciata
violazione   dell'art.   23  dello  statuto  regionale  di  autonomia
(motivata   dall'odierno   rimettente   in   base   all'assunto   che
l'impugnativa  dei  «provvedimenti  adottati  da  organi  dello Stato
centrale,  nelle  situazioni  di  emergenza»  rientra  certamente tra
quegli  «affari  concernenti la Regione» che, ai sensi della predetta
disposizione statutaria, sarebbero devoluti, in sede di appello, alla
competenza del Consiglio di giustizia amministrativa);
     che,  difatti,  la piu' volte citata sentenza n. 237 del 2007 ha
chiarito  che  la  predetta norma statutaria «stabilisce soltanto che
gli  organi  giurisdizionali  centrali  debbano  avere  in Sicilia le
sezioni   per   gli   affari   concernenti   la   regione»,   sicche'
«l'attribuzione   della   competenza   al   Tribunale  amministrativo
regionale  del  Lazio,  anziche'  ai diversi Tribunali amministrativi
regionali  dislocati  su  tutto  il  territorio  nazionale, non viola
l'art. 23 dello statuto siciliano»;
     che,  pertanto,  non  essendo state prospettate - in relazione a
nessuna   delle   censure   formulate   dal   giudice   rimettente  -
argomentazioni  nuove,  rispetto  a  quelle  gia' esaminate da questa
Corte,  si  impone,  nel caso di specie, la declaratoria di manifesta
infondatezza delle questioni sollevate;
     che,  difatti,  non  presenta  carattere  di  novita' neppure la
censura   prospettata  con  riferimento  alla  «contraddittorieta'  e
disparita' di trattamento processuale» e motivata in base all'assunto
che  la  disciplina  in  esame  «utilizza  lo  stesso trattamento per
situazioni  del  tutto  differenti  quanto  ad  ambito territoriale e
livello  e  qualita' degli interessi pubblici coinvolti», in tal modo
ponendosi  in  contrasto anche con l'art. 117 Cost., poiche' «finisce
per  attribuire  rilievo  nazionale  anche a questioni riservate alla
competenza regionale»:
     che, difatti, in relazione a tale censura - ed a prescindere dal
rilievo  che  tale  parametro  costituzionale  non  e' esplicitamente
menzionato  nei dispositivi delle ordinanze di rimessione che pure ad
esso fanno riferimento, sicche' la sua evocazione (peraltro del tutto
generica), lungi dall'integrare un'autonoma censura, appare piuttosto
un  argomento volto a corroborare la doglianza relativa al difetto di
ragionevolezza  della disciplina censurata - e' sufficiente osservare
che e' «nel peculiare regime che connota le situazioni di emergenza -
e particolarmente quelle di cui alla lettera c) del comma 1 dell'art.
2  della  legge  n. 225  del  1992  - che deve essere, in definitiva,
ricercata la ratio
che  ispira  la disciplina processuale in esame» (sentenza n. 237 del
2007).
Visti  gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87,
e  9,  comma  2,  delle  norme integrative per i giudizi davanti alla
Corte costituzionale.
              Per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE
Riuniti i giudizi, Dichiara la manifesta infondatezza delle questioni
di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  3,  commi 2-bis, 2-ter e
2-quater,   del   decreto-legge  30  novembre  2005,  n. 245  (Misure
straordinarie  per  fronteggiare  l'emergenza nel settore dei rifiuti
nella  Regione  Campania  ed  ulteriori  disposizioni  in  materia di
protezione   civile),   commi   aggiunti   dalla  relativa  legge  di
conversione  27  gennaio 2006, n. 21, sollevate - in riferimento, nel
complesso,  agli  artt.  3,  24,  25, 111 e 125 della Costituzione, e
all'art.  23  del  regio  decreto  legislativo 15 maggio 1946, n. 455
(Approvazione  dello  statuto  della  Regione  siciliana), convertito
dalla  legge  costituzionale  26  febbraio 1948, n. 2 - dal Tribunale
amministrativo  regionale della Sicilia, sezione staccata di Catania,
con le ordinanze in epigrafe.
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 22 novembre 2007.
                         Il Presidente: Bile
                       Il redattore: Quaranta
                      Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 5 dicembre 2007.
              Il direttore della cancelleria: Di paola