N. 432 SENTENZA 10 - 14 dicembre 2007

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Straniero   e   apolide   -   Espulsione   deliberata   dal  Ministro
  dell'interno,  o  dal  Prefetto  per  sua  delega,  per  motivi  di
  terrorismo  -  Ricorso  giurisdizionale  -  Impossibilita'  per  il
  giudice  di sospendere cautelarmente l'esecuzione del provvedimento
  -  Denunciata irragionevolezza, nonche' violazione del principio di
  eguaglianza,  del  diritto  di  difesa  e  del  diritto alla tutela
  giurisdizionale   nei   confronti   degli   atti   della   pubblica
  amministrazione   -   Incompleta   descrizione   della  fattispecie
  processuale  nel  giudizio  a  quo  su  un  punto  decisivo  per la
  rilevanza - Inammissibilita' della questione.
- D.L.  27  luglio 2005, n. 144, art. 3, comma 4-bis, convertito, con
  modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 155, art. 1, comma 1.
- Costituzione,  artt.  3, 24 e 113. Straniero e apolide - Espulsione
  deliberata  dal  Ministro  dell'interno,  o  dal  Prefetto  per sua
  delega,  per  motivi  di  terrorismo  -  Ricorso  giurisdizionale -
  Sospensione  obbligatoria  del  giudizio in caso di opposizione del
  segreto  di  Stato  su  atti  necessari per la decisione - Asserita
  sovrapposizione   con   il  divieto  di  concedere  la  sospensione
  cautelare     del     provvedimento    espulsivo    -    Denunciata
  irragionevolezza,  nonche' violazione del principio di eguaglianza,
  del diritto di difesa e del diritto alla tutela giurisdizionale nei
  confronti  degli  atti  della  pubblica  amministrazione  -  Omessa
  esplorazione  delle soluzioni interpretative che avrebbero escluso,
  nella  specie,  il  cumulo  normativo  censurato - Inammissibilita'
  della questione.
- D.L.  27  luglio  2005,  n. 144,  art.  3, comma 5, convertito, con
  modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 155, art. 1, comma 1.
- Costituzione,  artt.  3, 24 e 113. Straniero e apolide - Espulsione
  deliberata  dal  Ministro  dell'interno,  o  dal  Prefetto  per sua
  delega,  per  motivi  di  terrorismo  -  Ricorso  giurisdizionale -
  Effetto sospensivo dell'esecuzione del provvedimento - Esclusione -
  Denunciata  irragionevolezza,  nonche'  violazione del principio di
  eguaglianza,  del  diritto  di  difesa  e  del  diritto alla tutela
  giurisdizionale   nei   confronti   degli   atti   della   pubblica
  amministrazione - Esclusione - Non fondatezza della questione.
- D.L.  27  luglio  2005,  n. 144,  art.  3, comma 4, convertito, con
  modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 155, art. 1, comma 1.
- Costituzione, artt. 3, 24 e 113.
(GU n.49 del 19-12-2007 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta  dai  signori:  Presidente:  Franco  BILE; Giudici: Giovanni
Maria  FLICK,  Francesco  AMIRANTE,  Ugo  DE SIERVO, Paolo MADDALENA,
Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso  QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA,
Gaetano  SILVESTRI,  Sabino  CASSESE,  Giuseppe  TESAURO, Paolo Maria
NAPOLITANO; ha pronunciato la seguente
                              Sentenza
nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 3, commi 4,
4-bis  e  5, del decreto-legge 27 luglio 2005, n. 144 (Misure urgenti
per  il  contrasto  del  terrorismo  internazionale), convertito, con
modificazioni,  dall'art.  1,  comma  1,  della legge 31 luglio 2005,
n. 155,  promosso  con  ordinanza  del  17  maggio 2006 dal Tribunale
amministrativo  regionale  del  Lazio,  sul  ricorso proposto da B.B.
contro  il  Ministero  dell'interno,  iscritta al n. 227 del registro
ordinanze 2006 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 29, 1ª serie speciale, dell'anno 2006.
   Visti  l'atto di costituzione di B.B. nonche' l'atto di intervento
del Presidente del Consiglio dei ministri;
   udito  nell'udienza  pubblica  del  20  novembre  2007  il Giudice
relatore Gaetano Silvestri;
   uditi  l'avvocato Arturo Salerni per B.B. e l'avvocato dello Stato
Sergio Sabelli per il Presidente del Consiglio dei ministri.
                          Ritenuto in fatto
   1.   -  Il  Tribunale  amministrativo  regionale  del  Lazio,  con
ordinanza  del  17  maggio  2006,  ha sollevato - in riferimento agli
artt.  3,  24  e  113  della Costituzione - questioni di legittimita'
costituzionale  dell'art. 3, commi 4, 4-bis e 5, del decreto-legge 27
luglio  2005,  n. 144 (Misure urgenti per il contrasto del terrorismo
internazionale), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1,
della legge 31 luglio 2005, n. 155.
   Il  giudizio  a  quo e' stato promosso al fine di ottenere, previa
sospensione,  l'annullamento del provvedimento di espulsione adottato
nei  confronti  del  ricorrente  dal  Ministro  dell'interno,  il  1°
settembre  2005,  a  norma  dell'art.  13  del decreto legislativo 25
luglio  1998,  n. 286  (Testo unico delle disposizioni concernenti la
disciplina   dell'immigrazione   e   norme   sulla  condizione  dello
straniero).
   In   sede  di  descrizione  del  fatto,  il  Tribunale  rimettente
specifica  che  il  decreto  -  emesso  in  applicazione  del  citato
«articolo  13, 1° comma, del d.lgs. n. 286/1998, come integrato dalle
disposizioni  contenute  nell'art. 3 del decreto-legge n. 144/2005» -
risulta  motivato  con  riferimento  alle  relazioni intrattenute dal
ricorrente  nell'ambiente  dell'integralismo  islamico  ed a condotte
che,  «nell'attuale contesto del terrorismo di matrice islamica, sono
motivo di grave turbamento per l'ordine pubblico e di pericolo per la
sicurezza nazionale».
   Il rimettente riferisce inoltre che, nell'adunanza camerale tenuta
il  12  gennaio  2006  per  provvedere  sull'istanza  di  sospensione
dell'esecuzione  del  decreto  impugnato,  ha  richiesto  chiarimenti
istruttori  al  Ministero  dell'interno  e  che  tale  Ministero, con
provvedimento  del  22  febbraio 2006, ha opposto il segreto di Stato
relativamente  all'ostensione  nel giudizio degli atti amministrativi
culminati con il decreto impugnato.
   Il  Tribunale amministrativo riferisce, infine, di aver trattenuto
in decisione il ricorso alla pubblica udienza del 23 marzo 2006.
   Tanto  premesso  in  fatto,  il giudice a quo rileva anzitutto che
nella fattispecie al suo esame dovrebbero applicarsi «le disposizioni
in  materia  di  espulsione degli stranieri per motivi di prevenzione
del  terrorismo»,  «per  effetto  del richiamo contenuto nel 1° comma
dell'art. 3 del decreto-legge n. 144/2005 (nel testo modificato dalla
legge  di  conversione  n. 155/2005)».  Sarebbe  quindi  preclusa,  a
prescindere  dall'eventuale  fondamento  della  relativa  domanda, la
sospensione  cautelare  dell'esecuzione  del provvedimento. Per altro
verso, a parere del rimettente, l'avvenuta opposizione del segreto di
Stato  comporterebbe  la sospensione del procedimento, per una durata
massima  di due anni, in attesa che gli atti richiesti possano essere
esibiti  (commi 4-bis e 5 dell'art. 3 del citato decreto-legge n. 144
del 2005).
   Il  Tribunale amministrativo lamenta, a tale ultimo proposito, che
per   effetto  della  disciplina  censurata  risulta  sostanzialmente
inibita  la  celebrazione  del  giudizio,  il  quale  non puo' essere
definito  nel  merito, attesa per un verso la carenza di informazioni
sugli  elementi di fatto valutati per l'espulsione e considerata, per
altro  verso,  l'impossibilita'  di  integrare  la base cognitiva, in
quanto  «l'esecuzione dell'istruttoria (ed in particolare l'ordine di
acquisizione   degli   atti   nel   procedimento  conclusosi  con  il
provvedimento  di  espulsione) potrebbe comportare la divulgazione di
informazioni  coperte da segreto, laddove l'opponibilita' del segreto
non  e',  peraltro,  derogabile  dal  giudice  amministrativo  e  nei
confronti del giudice amministrativo».
   La  previsione  dell'esecuzione  immediata  del  provvedimento  di
espulsione,  senza  che  la  stessa  possa essere sospesa dal giudice
amministrativo,  si  pone  in contrasto, a parere del rimettente, con
gli  artt.  3,  24  e  113  Cost.,  perche'  comprime  in  misura non
ragionevole  il diritto alla tutela giurisdizionale «nei confronti di
un  provvedimento  gia'  sottratto alla preventiva convalida da parte
del giudice ordinario».
   D'altronde   -   osserva   il   giudice  a  quo  -  la  «probabile
impossibilita»  di  accertamenti istruttori, a causa dell'opposizione
del segreto di Stato e della conseguente sospensione del procedimento
per  un  periodo  presumibile  di due anni, «rende nella sostanza non
sindacabile, in sede giurisdizionale, il provvedimento di espulsione,
almeno  per  quanto riguarda la deduzione di vizi di legittimita' per
eccesso  di  potere  consistente  nell'errore  dei  presupposti o nel
travisamento dei fatti».
   A parere del Tribunale rimettente, il sistema cosi' delineato, per
quanto  soggetto  ad  una  scadenza  predefinita  (31  dicembre 2007)
relativamente  alla  sospensione  del giudizio, comporta «un notevole
squilibrio  tra  le  parti  del processo, ostacolando la tutela delle
posizioni  giuridiche  lese  dall'amministrazione […] e comprimendo
sostanzialmente  i  diritti  garantiti  dagli  artt.  3  e  24  della
Costituzione  per  un  periodo  di  tempo  non  ragionevole». Inoltre
sarebbero violate le prescrizioni di cui al primo ed al secondo comma
dell'art.  113  Cost.,  secondo  le  quali  la tutela giurisdizionale
contro  gli  atti  della pubblica amministrazione e' sempre ammessa e
non   puo'   essere   esclusa  o  limitata  a  particolari  mezzi  di
impugnazione o per determinate categorie di atti.
   2.  -  Il  Presidente  del Consiglio dei Ministri, rappresentato e
difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  e'  intervenuto nel
giudizio con atto depositato in data 7 agosto 2006.
   Secondo  la  difesa  erariale, la questione e' infondata. Le norme
censurate  sarebbero  infatti  riconducibili  «all'ambito applicativo
dell'art.  10  Cost.  e  quindi  alle norme di diritto internazionale
generalmente riconosciute alle quali l'ordinamento giuridico italiano
si   conforma»,   in  quanto  attuative  del  «principio  di  diritto
internazionale»  per  il  quale ogni Stato puo' disporre l'espulsione
degli stranieri non legittimati a soggiornare nel suo territorio.
   3.  -  Con  atto  depositato il 4 agosto 2006 si e' costituita nel
giudizio la parte ricorrente nel procedimento a quo.
   Nel   richiamare  i  rilievi  formulati  per  iscritto  avanti  al
Tribunale  amministrativo,  la  parte  privata rammenta come la Corte
costituzionale  abbia considerato il potere giudiziale di sospensione
dell'atto  amministrativo  quale  «elemento connaturale di un sistema
giurisdizionale  incentrato sull'annullamento degli atti della P.A.»,
specificando  che  l'eventuale preclusione violerebbe il principio di
eguaglianza  se non fosse sorretta da una ragionevole giustificazione
(e' citata la sentenza n. 284 del 1974).
   Nella  specie  farebbe  difetto  ogni  ragione giustificatrice del
trattamento deteriore riservato ai soggetti colpiti dal provvedimento
di  espulsione,  tale da comprimere per lungo tempo e con conseguenze
irreparabili  il  diritto  alla difesa ed alla tutela giurisdizionale
contro  gli  atti  dell'amministrazione. La disciplina concernente la
sospensiva,  dunque,  sarebbe in contrasto con gli artt. 3, 24, 111 e
113 Cost.
   Analogo  contrasto  segnerebbe  il  comma  4-bis  (recte: comma 5)
dell'art.  3  del  decreto-legge  n. 144  del  2005,  che collega una
sospensione necessaria ed assai prolungata del processo ad una scelta
discrezionale   dell'Amministrazione.   Sarebbe   ingiustificata,  in
particolare,   la  disparita'  di  trattamento  istituita  tanto  con
riguardo  all'ordinario  processo  di giustizia amministrativa quanto
rispetto  al procedimento di convalida cui e' chiamato, in materia di
espulsione,  il giudice di pace, posto che in tali contesti «non solo
non  sono  previsti  istituti  quali  quello  siffatto,  ma anzi sono
previsti    istituti   e   procedure   entro   termini   acceleratori
ragionevoli».
   Nell'esprimere   la   propria  adesione  ai  rilievi  esposti  dal
Tribunale  amministrativo  nell'ordinanza  di  rimessione,  la  parte
intervenuta  fa  osservare, da ultimo, come il sesto comma del citato
art.  3 limiti nel tempo l'efficacia delle disposizioni contenute nei
commi 2 e 5 dello stesso art. 3, ma nulla disponga in merito ai commi
4 e 4-bis, e ribadisce che la disciplina censurata ostacola la tutela
giurisdizionale  delle  posizioni  soggettive potenzialmente lese dal
provvedimento impugnato per un periodo di tempo non ragionevole.
   4. - Con memoria depositata il 7 novembre 2007, la difesa erariale
ha ribadito le conclusioni gia' assunte con l'atto di intervento.
   Secondo  l'Avvocatura dello Stato, la Corte costituzionale avrebbe
gia'  stabilito  che,  nell'ambito  del  giudizio  di  opposizione al
decreto  di espulsione, l'omessa previsione di strumenti cautelari di
sospensione  dell'efficacia  del provvedimento non contrasterebbe con
la Costituzione. Il riferimento concerne la sentenza n. 161 del 2000,
deliberata  con  riguardo all'art. 13 del d.lgs. n. 286 del 1998, nel
testo  introdotto dall'art. 3 del decreto legislativo 13 aprile 1999,
n. 113  (Disposizioni  correttive  al  testo unico delle disposizioni
concernenti  la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione
dello  straniero,  a  norma  dell'articolo 47, comma 2, della legge 6
marzo   1998,   n. 40).  La  norma  allora  scrutinata  prevedeva  la
possibilita'  di  un  ricorso  avanti al pretore, prescrivendo che la
decisione  di  merito  fosse adottata entro dieci giorni dal deposito
del  ricorso  medesimo.  Poiche' anche nell'assetto vigente, a parere
della  difesa  erariale,  la disciplina censurata stabilirebbe «tempi
rapidissimi  per la decisione», la decisione gia' assunta dalla Corte
varrebbe a confermarne la legittimita' costituzionale.
   Nella  memoria  sono  richiamate  ulteriori  decisioni della Corte
costituzionale,  che  avrebbero  ammesso la legittimita' di norme che
comprimano  temporaneamente  diritti  garantiti dalla Costituzione in
vista  di esigenze eccezionali (sono citate le sentenze nn. 349 e 410
del  1993),  e  comunque  avrebbero riconosciuto al legislatore ampia
discrezionalita'   nella  disciplina  concernente  l'ingresso  ed  il
soggiorno degli stranieri.
                       Considerato in diritto
   1.  - Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio dubita della
legittimita'  costituzionale  dell'art.  3,  commi  4, 4-bis e 5, del
decreto-legge 27 luglio 2005, n. 144 (Misure urgenti per il contrasto
del   terrorismo   internazionale),  convertito,  con  modificazioni,
dall'art. 1, comma 1, della legge 31 luglio 2005, n. 155, nella parte
in cui dispone, nel caso di espulsione dello straniero deliberata dal
Ministro  dell'interno,  o  dal  Prefetto  per  sua  delega,  a norma
dell'art. 13, comma 1, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286
(Testo   unico   delle   disposizioni   concernenti   la   disciplina
dell'immigrazione  e  norme  sulla  condizione  dello  straniero),  e
dell'art. 3, comma 1, dello stesso decreto-legge n. 144 del 2005, che
il  ricorso al tribunale amministrativo non sospende l'esecuzione del
provvedimento  (comma 4), che tale esecuzione non puo' essere sospesa
in  via  cautelare  dal  giudice adito (comma 4-bis), e che - qualora
venga  opposto  il  segreto  di  Stato  relativamente  ad atti la cui
cognizione   sia  necessaria  per  la  decisione  sul  ricorso  -  il
procedimento  e'  sospeso  per  un  tempo pari nel massimo a due anni
(comma 5).
   Ad  avviso  del  Tribunale  rimettente,  una  disciplina  siffatta
contrasta con l'art. 3, primo comma, della Costituzione, che consacra
il  principio  di  uguaglianza e quello di ragionevolezza. Vi sarebbe
violazione, ancora, del primo e del secondo comma dell'art. 24 Cost.,
che  garantiscono il diritto di difesa in sede giurisdizionale per la
tutela  dei  diritti  e  degli  interessi legittimi. Sarebbero infine
eluse  le  prescrizioni di cui ai commi primo e secondo dell'art. 113
Cost., che assicurano una effettiva tutela giurisdizionale contro gli
atti  della  pubblica  amministrazione e stabiliscono che tale tutela
non  venga  esclusa  o limitata a particolari mezzi di impugnazione o
per determinate categorie di atti.
   2.  -  Le  questioni  relative  ai commi 4-bis e 5 dell'art. 3 del
decreto-legge n. 144 del 2005 sono inammissibili.
   3. - Per quanto riguarda il comma 4-bis, il rimettente lamenta che
tale norma, nel precludere la sospensione dell'esecuzione del decreto
di  espulsione  in  sede giurisdizionale, introduce una irragionevole
menomazione  del  diritto  di  difesa  e  dei  rimedi giurisdizionali
assicurati  a  tutti  i  cittadini  nei  confronti  degli  atti della
pubblica  amministrazione. Sarebbe riscontrabile quindi la violazione
degli artt. 3, 24 e 113 Cost.
   Il  giudice  a  quo non chiarisce tuttavia se e in che modo si sia
conclusa,   nel   procedimento   principale,   la   fase   cautelare.
Nell'ordinanza  di  rimessione  si legge che il ricorrente ha chiesto
l'annullamento dell'atto impugnato, «previa sospensione». Si apprende
inoltre  che  l'amministrazione  intimata si e' costituita, eccependo
l'inammissibilita'  della  sospensione  cautelare del provvedimento e
l'infondatezza  nel merito del ricorso. Il rimettente continua poi la
sua  narrazione, precisando che nell'adunanza camerale del 12 gennaio
2006,  fissata  per la trattazione dell'istanza cautelare, sono stati
chiesti    chiarimenti    istruttori   al   Ministero   dell'interno,
«finalizzati  anche ad una sollecita definizione del giudizio con una
pronuncia di merito»; che il predetto Ministero ha opposto il segreto
di  Stato  alla  ostensione  in  giudizio degli atti del procedimento
conclusosi  con  l'adozione  del  provvedimento impugnato; che, nella
pubblica  udienza  del  23 marzo 2006, il ricorso e' stato trattenuto
per la decisione.
   Il 17 maggio 2006 e' stata depositata l'ordinanza introduttiva del
presente giudizio, nella quale nulla si dice sulla conclusione o meno
della   fase   cautelare.   Nell'epigrafe  del  provvedimento  si  fa
riferimento  ad  una ordinanza n. 169 del 2006, della quale pero' non
si rivela il contenuto.
   Resta   pertanto   non   precisato  se  il  Tribunale  rimettente,
all'udienza   camerale  del  12  gennaio  2006,  si  sia  limitato  a
richiedere all'amministrazione i chiarimenti istruttori di cui sopra,
senza  adottare  alcun  provvedimento,  di accoglimento o di rigetto,
dell'istanza  cautelare  presentata  dal ricorrente, oppure si sia in
qualche  modo  pronunciato su tale istanza. Il fatto che la causa sia
stata  trattenuta per la decisione nell'udienza pubblica del 23 marzo
2006  lascerebbe  intendere  che  la citata ordinanza n. 169 del 2006
abbia chiuso la fase cautelare, avviando il procedimento verso la sua
conclusione   nel   merito;   tale   circostanza,  pero',  non  viene
esplicitata in alcun modo nell'ordinanza di rimessione.
   La  precisazione mancante e' decisiva ai fini della valutazione di
ammissibilita'  della  questione  riguardante il divieto, posto dalla
norma  censurata,  di concedere la misura cautelare della sospensione
dell'efficacia  dell'atto.  Se infatti il Tribunale rimettente avesse
gia'   adottato   una   decisione,  di  accoglimento  o  di  rigetto,
dell'istanza  cautelare,  la questione sarebbe all'evidenza tardiva e
quindi inammissibile.
   L'incompleta  descrizione  della  fattispecie  processuale,  su un
punto decisivo riguardante l'attuale rilevanza della questione, rende
la stessa inammissibile.
   4.  -  Anche  la  questione  relativa  al  comma 5 dell'art. 3 del
decreto-legge n. 144 del 2005 e' inammissibile.
   Il  giudice  rimettente  lamenta  che:  a)  non puo' sospendere il
provvedimento  impugnato,  anche  nella  ricorrenza dei requisiti del
periculum  in  mora  e  del fumus boni iuris, per espressa previsione
contenuta  nel  comma  4-bis dell'art. 3 del decreto-legge n. 144 del
2005;  b)  non  puo'  decidere  nel merito il ricorso, poiche' l'atto
afferma  la sussistenza di esigenze di ordine e di sicurezza pubblica
sottese  al  provvedimento  di  espulsione, ma non definisce, nemmeno
sommariamente,  gli  elementi di fatto che hanno condotto al giudizio
di  pericolosita'  per  la  sicurezza  nazionale  nei  confronti  del
ricorrente;  c)  non  puo'  esercitare  il potere istruttorio a causa
dell'opposizione  del  segreto di Stato, che determina la sospensione
biennale del procedimento.
   Conclude  il  TAR  del Lazio: «Il sistema cosi' delineato, sebbene
avente  efficacia  temporale  limitata  nel tempo fino al 31 dicembre
2007,  allo  stato  comporta  un notevole squilibrio tra le parti del
processo,  ostacolando  la  tutela  delle  situazioni giuridiche lese
dall'amministrazione, in base a presupposti di fatto non dimostrati e
non  dimostrabili  (almeno  per il periodo di sospensione biennale ai
sensi dell'art. 3 del d.l. n. 144/2005) e comprimendo sostanzialmente
i  diritti  garantiti dagli articoli 3 e 24 della Costituzione per un
periodo di tempo non ritenuto ragionevole».
   Il   giudice   a   quo   ritiene   dunque   che   l'illegittimita'
costituzionale   della  norma  censurata  emerga  dal  “sistema”,
composto,  in  sequenza,  dal  divieto  di  concedere  la sospensione
cautelare   dell'efficacia   del   provvedimento   e  dall'automatica
sospensione  del  procedimento  nell'ipotesi  (come  la  presente) di
opposizione del segreto di Stato da parte dell'amministrazione.
   Il  rimettente  ha omesso tuttavia di esplorare la possibilita' di
una  diversa  ricostruzione  del  “sistema”, tale da non condurre
necessariamente  alla  saldatura,  nel caso di specie, tra divieto di
concessione  del provvedimento cautelare e sospensione automatica del
procedimento per effetto dell'opposizione del segreto di Stato.
   Nel  passo del provvedimento impugnato riportato dall'ordinanza di
rimessione  si  legge  che  il  soggetto  espulso  «ha un consolidato
circuito  relazionale  con  elementi di primo piano dell'integralismo
islamico  presente  in  Italia  ed  ha  svolto  intensa  attivita' di
proselitismo  su  posizioni  radicali»  e  «ha  tenuto  condotte  che
nell'attuale  contesto del terrorismo di matrice islamica sono motivo
di  grave  turbamento  per  l'ordine  pubblico  e  di pericolo per la
sicurezza nazionale».
   Il  decreto  di  espulsione  riproduce  dunque  in modo pressoche'
testuale la formula presente nell'art. 13, comma 1, del d.lgs. n. 286
del  1998  («motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato») e
non  invece  quella, piu' circoscritta, di cui al comma 1 dell'art. 3
del  decreto-legge  n. 144  del 2005 (straniero «nei cui confronti vi
sono  fondati motivi di ritenere che la sua permanenza nel territorio
dello   Stato   possa  in  qualsiasi  modo  agevolare  organizzazioni
terroristiche, anche internazionali»).
   Il  giudice  rimettente  mostra  di  condividere l'interpretazione
dell'amministrazione,  nel  senso  che l'art. 13, comma 1, del d.lgs.
n. 286  del  1998  sarebbe  stato  “integrato” dalle disposizioni
contenute   nell'art.  3  del  decreto-legge  n. 144  del  2005,  con
l'effetto  di  estendere  a  tutti  i  casi  di  espulsione il regime
processuale  di  nuova introduzione. Lo stesso rimettente, pero', non
si  pone  il  quesito  se  il  citato  art. 3 abbia creato invece una
fattispecie  a  se stante, per la quale soltanto siano applicabili le
norme piu' restrittive, previste espressamente per coloro che pongono
in essere condotte agevolatrici delle organizzazioni terroristiche.
   Il   Tribunale  rimettente  dichiara  in  modo  esplicito  che  al
provvedimento  di  espulsione impugnato, adottato «ai sensi dell'art.
13   del   T.U.   delle   disposizioni   concernenti   la  disciplina
dell'immigrazione»,  «per effetto del richiamo contenuto nel 1° comma
dell'art.  3  del d.l. 144/2005 […] si applicano le disposizioni in
materia  di  espulsione  di  stranieri  per motivi di prevenzione del
terrorismo».   Non  vi  sono  tuttavia  elementi,  nell'ordinanza  di
rimessione,  per  comprendere  in base a quale iter interpretativo si
ritenga  ormai  equivalente, a fini di disciplina dell'espulsione, il
comportamento  di  chi,  pur muovendosi in un ambiente nel quale sono
presenti  persone  e organizzazioni dedite al terrorismo, non pone in
essere condotte agevolatrici, e chi invece adotta tali condotte.
   Il  comma  1  del  citato  art. 3 reca infatti la dizione «oltre a
quanto  previsto  dagli  art.  9, comma 5, e 13, comma 1, del decreto
legislativo n. 286 del 1998», dalla quale si potrebbe inferire che le
norme   racchiuse   nell'intero   articolo  costituiscano  previsioni
riferibili solo alla particolare fattispecie nello stesso delineata e
non  a tutte le ipotesi di espulsione per motivi di ordine pubblico e
di sicurezza dello Stato.
   Conferma  di  quanto  detto sopra si puo' trarre dalla circostanza
che  il  legislatore ha esplicitamente precisato quali dei successivi
commi  devono  ritenersi  applicabili  anche  alle  espulsioni di cui
all'art.  13  del  d.lgs.  n. 286  del  1998 (come accade nella parte
finale  del  secondo  comma e nel quinto comma dell'art. 3, senza che
uguale previsione sia contenuta nel comma 4-bis).
   In  definitiva,  l'ordinanza  di  rimessione  non  chiarisce se il
provvedimento  impugnato  ricade sotto la previsione dell'art. 13 del
d.lgs.  n. 286  del 1998 o sotto quella dell'art. 3 del decreto-legge
n. 144 del 2005, ne' fornisce alcun argomento interpretativo, in base
al  quale  le  due norme debbano essere applicate congiuntamente, ne'
precisa quale valore, generale o particolare, abbia il “richiamo”
che compare in apertura del comma 1 del suddetto art. 3.
   Le diverse opzioni interpretative portano a divergenti conseguenze
pratiche,   rilevanti  ai  fini  del  presente  giudizio.  Difatti  i
provvedimenti  previsti  dall'art. 13, comma 1, del d.lgs. n. 286 del
1998 possono essere impugnati con ricorso al Tribunale amministrativo
regionale  del  Lazio  per  esplicita disposizione del comma 11 dello
stesso  articolo,  nel  quale  non  e' prevista alcuna restrizione in
ordine all'esercizio dei poteri cautelari da parte del giudice adito.
Solo  sovrapponendo  l'art.  13  citato  e l'art. 3 del decreto-legge
n. 144  del  2005  si  giunge  alla  configurazione del “sistema”
delineato  dal  giudice a quo, caratterizzato dall'effetto cumulativo
del divieto di concedere la sospensiva del provvedimento e del rinvio
di  due  anni  del  procedimento,  e per tale ragione censurato dallo
stesso  giudice.  Diversa  potrebbe  essere  la valutazione se le due
norme  non  si  ritenessero  sovrapponibili, con la conseguenza della
concedibilita'    della    misura    cautelare    della   sospensione
dell'efficacia  del  provvedimento  di  espulsione, secondo il regime
generale  non  derogato  dalla  normativa vigente per i provvedimenti
adottati in base all'art. 13 del d.lgs. n. 286 del 1998.
   Poiche'  la  sovrapposizione  normativa,  di  cui  sopra,  non  e'
scontata,  l'ordinanza di rimessione si palesa carente di motivazione
in  ordine ad una scelta interpretativa che, da una parte, allarga in
modo  notevole  lo  spettro applicativo dell'art. 3 del decreto-legge
n. 144  del  2005 e, dall'altra, in conseguenza di tale allargamento,
giunge  alla  conclusione  non  argomentata dell'applicazione al caso
trattato  di  un  combinato disposto tra art. 13, comma 1, del d.lgs.
n. 286  del  1998  e  art.  3  del  suddetto decreto-legge, dal quale
nascono i dubbi di legittimita' costituzionale. L'omessa esplorazione
delle  soluzioni  interpretative  che  avrebbero escluso, nel caso di
specie,  l'effetto  di  cumulo  cui  si  riferiscono  le  censure del
rimettente e' causa di inammissibilita' della questione sollevata.
   5.  -  La  questione  di  legittimita' costituzionale dell'art. 3,
comma 4, del decreto-legge n. 144 del 2005 non e' fondata.
   Cio'   che   il  rimettente  segnala  come  un'anomalia  degna  di
attenzione  sotto il profilo della legittimita' costituzionale e', in
realta',  la  caratteristica di tutti i provvedimenti amministrativi,
la  cui  efficacia  non  e'  sospesa  -  salva  esplicita  previsione
legislativa  - per il semplice fatto della proposizione di un ricorso
in  sede  giurisdizionale.  Nel sistema dei controlli giurisdizionali
sugli  atti  amministrativi  e'  previsto, in via generale, il potere
cautelare  del  giudice  amministrativo di sospendere l'efficacia del
provvedimento   impugnato,   proprio   sul   presupposto   della  sua
esecutivita'. Nessuna lesione dei parametri costituzionali evocati e'
dato  pertanto constatare nella norma censurata, la quale si limita a
ribadire   che   il  ricorso  giurisdizionale  in  nessun  caso  puo'
sospendere  l'esecuzione  del  provvedimento.  Il problema sorgerebbe
semmai   per  il  successivo  comma  4-bis,  che  costituisce  invece
un'eccezione alla regola generale, sancita dall'art. 21 della legge 6
dicembre  1971,  n. 1034  (Istituzione  dei  tribunali amministrativi
regionali),  in  base alla quale e' sempre esercitabile, ricorrendo i
presupposti  previsti dalla legge, il potere cautelare di sospensione
da  parte  del  giudice amministrativo adito per l'annullamento di un
atto  amministrativo. Tale questione, nei soli termini in cui risulta
rilevante nel caso di specie, e' gia' stata sopra considerata.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
   dichiara inammissibili le questioni di legittimita' costituzionale
dell'art.  3,  commi  4-bis  e  5,  del decreto-legge 27 luglio 2005,
n. 144    (Misure   urgenti   per   il   contrasto   del   terrorismo
internazionale), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1,
della  legge  31  luglio 2005, n. 155, sollevate, in riferimento agli
articoli 3, 24 e 113 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo
regionale del Lazio con l'ordinanza citata in epigrafe;
   dichiara  non  fondata la questione di legittimita' costituzionale
dell'art.  3, comma 4, del decreto-legge n. 144 del 2005, convertito,
con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge n. 155 del 2005,
sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24 e 113 Cost., dal Tribunale
amministrativo regionale del Lazio, con la medesima ordinanza.
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 10 dicembre 2007.
                         Il Presidente: Bile
                       Il redattore: Silvestri
                      Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 14 dicembre 2007.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola