N. 436 ORDINANZA 10 - 14 dicembre 2007

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Processo  penale - Sentenza di proscioglimento - Appello del pubblico
  ministero  -  Preclusione  (salvo  nelle ipotesi previste dall'art.
  603,  comma  2, se la nuova prova e' decisiva) - Applicazione della
  nuova  disciplina  ai procedimenti in corso alla data di entrata in
  vigore  della  novella  - Denunciata irragionevolezza e lesione del
  diritto  di  difesa,  nonche' violazione dei principi della parita'
  delle  parti, di ragionevole durata del processo, di buon andamento
  della  pubblica  amministrazione e dell'obbligatorieta' dell'azione
  penale    -    Sopravvenuta    dichiarazione    di   illegittimita'
  costituzionale  della norma censurata - Necessita' di riesame della
  rilevanza  della  questione  -  Restituzione  degli atti ai giudici
  rimettenti.
- Cod.  proc.  pen.,  art. 593, sostituito dall'art. 1 della legge 20
  febbraio 2006, n. 46; legge 20 febbraio 2006, n. 46, artt. 1 e 10.
- Costituzione, artt. 3, 24, 97, 111 e 112.
(GU n.49 del 19-12-2007 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta  dai  signori:  Presidente:  Franco  BILE; Giudici: Giovanni
Maria  FLICK,  Francesco  AMIRANTE,  Ugo  DE SIERVO, Paolo MADDALENA,
Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso  QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA,
Gaetano  SILVESTRI,  Sabino  CASSESE,  Maria  Rita  SAULLE,  Giuseppe
TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO; ha pronunciato la seguente
                              Ordinanza
nei  giudizi  di legittimita' costituzionale dell'art. 593 del codice
di  procedura  penale,  come  sostituito  dall'art.  1 della legge 20
febbraio  2006  n. 46  (Modifiche  al  codice  di procedura penale in
materia  di  inappellabilita'  delle  sentenze di proscioglimento), e
degli  artt.  1  e  10  della  stessa legge, promossi, nell'ambito di
diversi  procedimenti  penali,  con  ordinanze  del  17 marzo e del 5
aprile  2006  dalla  Corte d'appello di Roma, del 10 marzo 2006 dalla
Corte d'appello di Trento, del 14 marzo 2006 dalla Corte d'appello di
Milano,  del  24  marzo  2006  dalla Corte d'appello di Trento, del 5
aprile  2006  e  del 20 marzo 2006 (nn. 3 ordd.) dalla Corte militare
d'appello  di  Verona,  del  10  aprile 2006 dalla Corte d'appello di
Torino,  del  27 marzo 2006 dalla Corte militare d'appello di Verona,
del  29 marzo 2006 (nn. 3 ordd.) dalla Corte d'appello di Roma, del 5
aprile  e del 26 maggio 2006 dalla Corte d'appello di Brescia, del 10
maggio  2006  dalla  Corte  d'appello  di  Milano,  del  20  e del 26
settembre 2006 dalla Corte d'appello di Torino, del 10 novembre e del
29  dicembre  2006  dalla Corte d'appello di Palermo, rispettivamente
iscritte  ai  numeri 263, 264, 267, 269, 271, 274, da 339 a 341, 588,
592, da 606 a 608 del registro ordinanze 2006 e ai numeri 13, 14, 34,
179,  199,  395  e 574 del registro ordinanze 2007 e pubblicate nella
Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica, numeri, 35, 36 e 39, 1ª serie
speciale,  dell'anno 2006 e numeri 1, 2, 7, 8, 14, 15, 22 e 34, prima
serie speciale, dell'anno 2007.
   Udito  nella  Camera  di consiglio del 21 novembre 2007 il Giudice
relatore Giovanni Maria Flick.
   Ritenuto che, con numerose ordinanze, le Corti d'appello di Torino
(r.o.  n. 588  del  2006  e  nn. 179 e 199 del 2007), di Trento (r.o.
n. 271  del  2006), di Milano (r.o. n. 34 del 2007), di Brescia (r.o.
n. 13  e  14 del 2007), di Palermo (r.o. nn. 395 e 574 del 2007) e la
Corte militare d'appello di Verona (r.o. nn. 274, 339, 340, 341 e 592
del  2006) hanno sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24, 97, 111,
secondo,  sesto  e settimo comma, e 112 della Costituzione, questione
di  legittimita' costituzionale dell'art. 593 del codice di procedura
penale,  come  sostituito  dall'art.  1 della legge 20 febbraio 2006,
n. 46  (Modifiche  al  codice  di  procedura  penale  in  materia  di
inappellabilita'  delle  sentenze di proscioglimento), nella parte in
cui non consente al pubblico ministero di proporre appello avverso le
sentenze  di proscioglimento, se non nel caso previsto dall'art. 603,
comma  2,  cod.  proc. pen.: quando cioe' sopravvengano o si scoprano
nuove  prove dopo il giudizio di primo grado, e sempre che tali prove
risultino decisive;
     che  le  Corti  d'appello di Roma (r.o. nn. 263, 264, 606, 607 e
608  del  2006),  di  Trento (r.o. n. 267 del 2006) e di Milano (r.o.
n. 269    del   2006)   hanno   sollevato   identica   questione   di
costituzionalita',  sebbene  proposta  in  riferimento  soltanto agli
artt.  3  e  111  Cost.  e in relazione all'art. 1 della citata legge
n. 46 del 2006, sostitutivo dell'art. 593 cod. proc. pen.;
     che i rimettenti (con la sola eccezione della Corte d'appello di
Brescia,  r.o.  n. 14  del  2007)  censurano  anche  l'art.  10 della
medesima legge, recante la relativa disciplina transitoria;
     che,  sotto  il profilo della rilevanza, i rimettenti premettono
che in forza dell'art. 10 della legge n. 46 del 2006 - il cui art. 1,
sostituendo  l'art.  593  cod.  proc.  pen., ha sottratto al pubblico
ministero  il  potere di appellare le sentenze di proscioglimento - i
giudizi  dovrebbero  essere definiti con ordinanze non impugnabili di
inammissibilita';
     che    tutti    i   rimettenti   dubitano   della   legittimita'
costituzionale  della disciplina censurata in riferimento al precetto
dell'art. 111, secondo comma, Cost., in forza del quale ogni processo
deve  svolgersi  «nel  contraddittorio tra le parti, in condizioni di
parita'  davanti  ad un giudice terzo e imparziale»: e cio' in quanto
l'art.  593 cod. proc. pen. nella sua nuova formulazione âˆ' privando
il  pubblico  ministero  del  potere  di  proporre appello avverso le
sentenze   di   proscioglimento  âˆ'  riserverebbe  all'organo  della
pubblica   accusa   un  trattamento  palesemente  deteriore  rispetto
all'imputato,  ammesso  a  proporre  appello  avverso  le sentenze di
condanna;  trattamento  che non trova una ragionevole giustificazione
nell'esigenza di tutelare altri principi costituzionali;
     che,  inoltre,  tutti  i  rimettenti,  ad  eccezione della Corte
d'appello  di Trento (r.o. nn. 267 e 271 del 2006), ritengono violato
l'art.  3  Cost., sotto il profilo della ragionevolezza, in quanto la
scelta  legislativa  di  sopprimere il potere di appello del pubblico
ministero  avverso  le  sentenze  di  proscioglimento  si paleserebbe
intrinsecamente  contraddittoria  rispetto  al  mantenimento  del suo
potere di appello contro le sentenze di condanna;
     che  la  Corte  d'appello di Roma (r.o. nn. 263, 264, 606, 607 e
608  del  2006) denuncia altresi' l'irragionevolezza della disciplina
in  relazione  al  potere,  che  sarebbe  stato conservato alla parte
civile,  di  proporre appello avverso le sentenze di proscioglimento;
con  conseguente  inammissibile subordinazione della possibilita' per
il  pubblico  ministero di «ottenere un nuovo giudizio in fatto» alla
iniziativa della parte privata;
     che  anche  la Corte d'appello di Milano (r.o. n. 34 del 2007) -
nell'aderire  all'indirizzo  interpretativo  che,  dopo  le modifiche
introdotte  dalla  legge n. 46 del 2006 all'art. 576 cod. proc. pen.,
riconosce  alla parte civile il potere di proporre appello avverso le
sentenze  di  proscioglimento  -  prospetta la violazione dell'art. 3
Cost.  per  disparita'  di  trattamento  nei  confronti  del pubblico
ministero;
     che  le  Corti d'appello di Brescia (r.o. nn. 13 e 14 del 2007),
di  Palermo (r.o. n. 395 del 2007), di Torino (r.o. n. 588 del 2006 e
n. 179  del  2007)  e la Corte militare d'appello di Verona (r.o. nn.
274,  339,  340,  341  e  592  del 2006) ritengono inoltre violato il
principio dell'obbligatorieta' dell'azione penale, poiche' la mancata
previsione   dell'appello  avverso  le  sentenze  di  proscioglimento
inciderebbe  sui  poteri  della  pubblica accusa, rendendoli inidonei
all'assolvimento dei compiti previsti dall'art. 112 Cost.;
     che  la  Corte  d'appello di Roma (r.o. 263, 264, 606, 607 e 608
del  2006)  e  la Corte militare d'appello di Verona denunciano (r.o.
nn.  274,  339,  340, 341 e 592 del 2006) altresi' il contrasto della
disciplina  censurata  con  l'art.  111, secondo comma, ultima parte,
Cost. sotto il profilo della ragionevole durata del processo;
     che  solo  la Corte d'appello di Brescia (r.o. n. 13 e n. 14 del
2007)  evoca  a parametro l'art. 24 Cost., per la lesione del diritto
di  difesa  garantito da tale norma costituzionale anche alle persone
offese;
     che  la  Corte  d'appello di Palermo (r.o. n. 395 del 2007) e la
Corte militare d'appello di Verona (r.o. nn. 274, 339, 340, 341 e 592
del  2006)  sollevano  questione di legittimita' costituzionale anche
per  violazione  dei  commi  secondo,  sesto  e settimo dell'art. 111
Cost.,   rilevando  in  sostanza  come  la  novella  del  2006  abbia
modificato  profondamente  la  natura  del  ricorso  per cassazione e
alterato la fisionomia della Corte di cassazione come giudice di sola
legittimita';
     che,  infine,  la  Corte  d'appello  di Palermo (r.o. n. 395 del
2007)  censura anche la disciplina transitoria contenuta nell'art. 10
della legge n. 46 del 2006, nella parte in cui stabilisce l'immediata
applicabilita' del nuovo regime ai procedimenti in corso alla data di
entrata  in  vigore della medesima legge, prevedendo, in particolare,
al   comma   2,   che  l'appello  proposto  contro  una  sentenza  di
proscioglimento prima della data di entrata in vigore della legge sia
dichiarato inammissibile con ordinanza non impugnabile;
     che  âˆ'  ad avviso della predetta Corte d'appello âˆ' sarebbero
violati l'art. 3 Cost., per l'«effetto retroattivo» che la disciplina
censurata  determina  sui  processi  in corso, derogando senza alcuna
plausibile     giustificazione     alla    «regola    della    tutela
dell'affidamento»;  l'art. 97 Cost., con riferimento al «principio di
buon  andamento  dell'attivita'  giudiziaria»;  l'art.  111,  settimo
comma,  Cost.,  secondo  cui  contro  le  sentenze  e' sempre ammesso
ricorso  per  Cassazione  per  violazione  di  legge  (tale dovendosi
ritenere,  per il «suo contenuto definitorio», l'ordinanza con cui e'
dichiarato inammissibile l'appello); l'art. 3 Cost. altresi' sotto il
profilo   della   ragionevolezza,   atteso  che  la  norma  censurata
«sconvolgerebbe l'intero sistema delle impugnazioni».
   Considerato che il dubbio di costituzionalita' sottoposto a questa
Corte  ha  per  oggetto  la  preclusione  - conseguente alla modifica
dell'art.  593  del  codice  di procedura penale ad opera dell'art. 1
della legge 20 febbraio 2006, n. 46 (Modifiche al codice di procedura
penale,   in   materia   di   inappellabilita'   delle   sentenze  di
proscioglimento)  -  dell'appello  delle  sentenze  dibattimentali di
proscioglimento  da parte del pubblico ministero; nonche' l'immediata
applicabilita'  di tale regime, in forza dell'art. 10 della legge, ai
procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della medesima;
     che,  stante  l'identita'  delle  questioni proposte, i relativi
giudizi vanno riuniti per essere decisi con unica pronuncia;
     che, successivamente alle ordinanze di rimessione, questa Corte,
con   sentenza   n. 26   del  2007,  ha  dichiarato  l'illegittimita'
costituzionale  sia  dell'art.  1  della citata legge n. 46 del 2006,
«nella  parte  in cui, sostituendo l'art. 593 del codice di procedura
penale,  esclude  che il pubblico ministero possa appellare contro le
sentenze  di proscioglimento, fatta eccezione per le ipotesi previste
dall'art.  603,  comma  2,  del medesimo codice, se la nuova prova e'
decisiva»;  sia  dell'art.  10,  comma  2, della stessa legge, «nella
parte  in  cui  prevede che l'appello proposto contro una sentenza di
proscioglimento dal pubblico ministero prima della data di entrata in
vigore della medesima legge e' dichiarato inammissibile»;
     che,  alla  stregua  della richiamata pronuncia di questa Corte,
gli  atti devono essere pertanto restituiti ai giudici rimettenti per
un nuovo esame della rilevanza delle questioni.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
   Riuniti i giudizi,
   Ordina  la restituzione degli atti alle Corti d'appello di Torino,
di  Trento,  di  Milano, di Brescia, di Palermo, di Roma e alla Corte
militare d'appello di Verona.
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 10 dicembre 2007.
                         Il Presidente: Bile
                         Il redattore: Flick
                      Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 14 dicembre 2007.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola