N. 7 ORDINANZA 14 - 18 gennaio 2008

  Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

  Edilizia  e  urbanistica  -  Edilizia residenziale pubblica - Legge
  della  Regione  Marche  -  Assegnazione  di  alloggio  - Diritto al
  subentro  del  componente  non  originariamente compreso nel nucleo
  familiare,   ma  autorizzato  alla  convivenza  dall'ente  gestore,
  nell'ipotesi  di morte del titolare - Condizioni - Decorrenza di un
  periodo  di  due anni dal rilascio dell'autorizzazione - Denunciata
  ingiustificata  disparita'  di  trattamento  rispetto a fattispecie
  analoghe nonche' incidenza sul principio di tutela della famiglia -
  Eterogeneita'  delle  situazioni  poste a raffronto - Bilanciamento
  degli interessi rientrante nella discrezionalita' del legislatore -
  Manifesta inammissibilita' della questione.
  -  Legge della Regione Marche 22 luglio 1997, n. 44, art. 43, comma
  5.
  - Costituzione, artt. 3 e 29.
(GU n.4 del 23-1-2008 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta  dai  signori:  Presidente:  Franco  BILE; Giudici: Giovanni
Maria  FLICK,  Francesco  AMIRANTE,  Ugo  DE SIERVO, Paolo MADDALENA,
Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso  QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA,
Gaetano  SILVESTRI,  Sabino  CASSESE,  Maria  Rita  SAULLE,  Giuseppe
TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO; ha pronunciato la seguente
                              Ordinanza
nei  giudizi  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 43, comma 5,
della  legge  regionale  delle Marche 22 luglio 1997, n. 44 (Norme in
materia   di   assegnazione,   gestione  degli  alloggi  di  edilizia
residenziale  pubblica  e  riordino  del Consiglio di amministrazione
degli Istituti autonomi per le case popolari della Regione), promossi
con due ordinanze dell'11 ottobre 2006 e con una del 12 febbraio 2007
dal  Tribunale amministrativo regionale delle Marche, rispettivamente
iscritte  ai  nn.  405,  406  e  461  del  registro  ordinanze 2007 e
pubblicate   nella   Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n. 22  e
n. 25, 1ª serie speciale, dell'anno 2007;
Visti gli atti di intervento della Regione Marche;
Udito  nella  Camera  di  consiglio  del  12 dicembre 2007 il giudice
relatore Paolo Maria Napolitano;
Ritenuto  che  il Tribunale amministrativo regionale delle Marche con
tre   ordinanze   di   analogo   tenore  ha  sollevato  questione  di
legittimita'  costituzionale - in riferimento agli artt. 3 e 29 della
Costituzione  -  dell'art.  43,  comma 5, della legge regionale delle
Marche  22  luglio  1997,  n. 44  (Norme  in materia di assegnazione,
gestione  degli  alloggi di edilizia residenziale pubblica e riordino
del  Consiglio di amministrazione degli Istituti autonomi per le case
popolari  della  Regione), nella parte in cui prevede che, in caso di
ampliamento  stabile  del  nucleo  familiare  dell'assegnatario di un
alloggio    di    edilizia    residenziale   pubblica,   alla   morte
dell'assegnatario stesso il nuovo componente acquisisca il diritto al
subentro solo dopo due anni dall'autorizzazione dell'Ente gestore;
     che  il  rimettente,  quanto all'esposizione del fatto, premette
che i giudizi a quibus
hanno   ad  oggetto  tre  ricorsi  avverso  altrettanti  decreti  del
Presidente  dell'Istituto  autonomo per le case popolari (IACP) della
Provincia  di  Ancona  con i quali e' stato disposto il rilascio e la
restituzione  di  tre  alloggi  di  edilizia residenziale pubblica in
quanto occupati senza titolo;
     che  i  ricorrenti,  in tutti e tre i casi figli dell'originario
assegnatario  dell'alloggio  di  edilizia  residenziale  pubblica, si
lamentano  di non essere stati ritenuti in possesso del requisito per
subentrare    nella   titolarita'   dell'assegnazione   dell'alloggio
popolare, in quanto alla data della morte del loro genitore non erano
trascorsi  due  anni  dall'autorizzazione  all'ampliamento del nucleo
familiare,   secondo   quanto  richiesto  dall'art.  43  della  legge
regionale n. 44 del 1997;
     che  il  rimettente,  ritenuti  non  fondati  tutti  i motivi di
illegittimita' dedotti dai ricorrenti, giudica rilevante la questione
di  illegittimita'  costituzionale  che sottopone al vaglio di questa
Corte,  in  quanto l'applicazione della norma censurata porterebbe al
rigetto  dei  ricorsi  e,  al  contrario,  la  sua  dichiarazione  di
incostituzionalita' comporterebbe l'accoglimento degli stessi;
     che  nel  giudizio a quo relativo all'ordinanza n. 461 del 2007,
il Tribunale  amministrativo  regionale  delle  Marche  ha  disatteso
l'eccezione  di  difetto  di giurisdizione del giudice amministrativo
proposta dallo IACP, in conformita' con l'orientamento espresso dalla
Corte  di  Cassazione  (sez. unite civili 16 aprile 2003, n. 594) sul
nuovo criterio di riparto della giurisdizione tra giudice ordinario e
giudice  amministrativo  dettato dall'art. 33 del decreto legislativo
31 marzo 1998, n. 80 (Nuove disposizioni in materia di organizzazione
e   di   rapporti  di  lavoro  nelle  amministrazioni  pubbliche,  di
giurisdizione   nelle  controversie  di  lavoro  e  di  giurisdizione
amministrativa,  emanate  in  attuazione  dell'articolo  11, comma 4,
della legge 15 marzo 1997, n. 59
     ),   e   dall'art.   7   della  legge  21  luglio  2000,  n. 205
(Disposizioni in materia di giustizia amministrativa);
     che  secondo  il  collegio rimettente, il quale cita al riguardo
anche  la  sentenza  n. 204 del 2004 della Corte costituzionale, tale
disciplina,  avendo  superato  il  previgente  criterio fondato sulla
causa petendi
,   attribuirebbe  al  giudice  amministrativo  blocchi  omogenei  di
materie,  con  la  conseguenza che tutta la materia dell'assegnazione
degli  alloggi di edilizia residenziale pubblica, in quanto attinente
a  un pubblico servizio, ricadrebbe nella giurisdizione esclusiva del
giudice amministrativo;
     che, inoltre, sempre con riferimento all'eccezione di difetto di
giurisdizione,  il  rimettente  afferma  che  con il provvedimento di
rilascio dell'immobile oggetto di impugnativa l'amministrazione ha di
fatto  «disconosciuto  il  diritto dell'interessata al subentro nella
titolarita'  dell'alloggio  popolare  del  proprio genitore deceduto,
degradando  tale  diritto al rango di interesse legittimo al corretto
uso del potere di autorizzazione all'ampliamento del nucleo familiare
al  pari  di quello che fa capo a un aspirante assegnatario collocato
utilmente nella graduatoria degli aventi diritto»;
     che,   quanto  alla  non  manifesta  infondatezza,  il Tribunale
amministrativo  regionale delle Marche osserva che la norma impugnata
disciplina  il  subentro  nella  posizione  del  soggetto aspirante a
conseguire   l'assegnazione   di   un   alloggio   popolare,  o  gia'
assegnatario a tutti gli effetti dello stesso, in caso di sua morte o
rinuncia,  e che, in particolare, il combinato disposto degli artt. 7
e  43  della  legge  regionale n. 44 del 1997 prevede il subentro, in
caso di decesso di colui che ha presentato domanda per l'assegnazione
di  un  alloggio  di edilizia residenziale pubblica, prioritariamente
dei  componenti  del  suo  nucleo  familiare  conviventi,  legati  da
rapporto  di coniugio, di parentela o di affinita' con il medesimo e,
in  via  subordinata,  di coloro che pur non legati da un rapporto di
parentela  ed affinita' con il soggetto aspirante assegnatario, fanno
comunque parte a tutti gli effetti del suo nucleo familiare da almeno
due  anni  dalla  data  di  pubblicazione  del  bando di concorso e a
condizione   che  la  coabitazione  sia  giustificata  da  motivi  di
reciproca  assistenza  morale  e  materiale  e che sia opportunamente
documentata nei modi di legge;
     che,   pertanto,   ai   fini   del  subentro  nella  domanda  di
assegnazione  di  un  alloggio  popolare,  la posizione dei familiari
dell'aspirante  assegnatario e' differenziata rispetto a quella degli
estranei  facenti  parte  comunque  del nucleo familiare, dal momento
che,  in  caso  di  decesso o di rinuncia, i primi possono subentrare
nella  domanda  senza  condizioni,  nell'ordine di priorita' previsto
dall'art. 43, comma 1, della legge regionale citata, mentre i secondi
possono subentrare nella domanda solo in caso di mancanza di soggetti
legati  da  vincoli di parentela e provando la stabile convivenza con
l'aspirante  assegnatario  da  almeno  due anni rispetto alla data di
pubblicazione del bando;
     che  nel caso di subentro, non nella domanda di assegnazione, ma
nell'assegnazione   medesima,   la   legge   regionale,   alla  morte
dell'assegnatario dell'alloggio, ha parimenti riconosciuto il diritto
al subentro a tutti i componenti del nucleo familiare dell'originario
locatario individuati nell'atto di assegnazione dell'immobile secondo
un  ordine  che  privilegia  prima  i  parenti e poi i conviventi non
legati da vincoli di parentela;
     che,   secondo   il   Tribunale   amministrativo  regionale,  la
situazione  risulterebbe diversa per i soggetti autorizzati nel corso
del  rapporto  locativo  a risiedere nell'alloggio popolare dall'ente
gestore  a  titolo  di stabile ampliamento del nucleo familiare, dato
che,  in  tal  caso,  l'art.  43,  comma  5,  senza  differenziare la
situazione  dei  familiari  dell'originario assegnatario da quella di
coloro   che   non   gli   sono   legati  da  vincoli  di  parentela,
riconoscerebbe  il  diritto  al  subentro  solo  a  condizione che al
momento della morte del titolare sia trascorso un periodo di due anni
dal  rilascio  dell'autorizzazione all'ampliamento stabile del nucleo
familiare del medesimo;
     che il rimettente, cosi' ricostruita la disciplina del subentro,
afferma  di dubitare della costituzionalita' del comma 5 dell'art. 43
della  legge  della  Regione  Marche n. 44 del 1997 in relazione agli
artt. 3 e 29 della Costituzione;
     che,  ad avviso del giudice amministrativo, la norma si porrebbe
in  contrasto  con l'art. 3 della Costituzione, venendo a determinare
una ingiustificata discriminazione nei confronti dei parenti o affini
componenti  il  nucleo  familiare nelle due ipotesi di subentro nella
domanda  di assegnazione prima del conseguimento della disponibilita'
dell'alloggio  popolare e di subentro nel rapporto locativo una volta
intervenuta  l'assegnazione e perfezionata la consegna dell'immobile,
richiedendo,   in  quest'ultimo  caso,  l'ulteriore  requisito  della
stabile    convivenza    nell'abitazione    da    almeno   due   anni
dall'autorizzazione all'ampliamento stabile del nucleo familiare;
     che,  in tal modo, secondo il Tribunale amministrativo regionale
delle  Marche,  il  legislatore regionale riserverebbe un trattamento
diverso  a  soggetti  che  si  trovano  in  una  uguale condizione di
parentela  e  cio'  determinerebbe  la  violazione  del  principio di
uguaglianza  formale  sancito  dall'art.  3  della  Costituzione, che
impone al legislatore di assicurare uguaglianza di trattamento quando
uguali  siano  le  situazioni  soggettive  ed oggettive alle quali le
norme si riferiscono per la loro applicazione;
     che,  per il collegio rimettente, la diversa disciplina non puo'
giustificarsi  neanche  in  relazione alla circostanza che il periodo
biennale  di  protratta convivenza sia richiesto solo per i familiari
autorizzati   a   risiedere   nell'alloggio   popolare  a  titolo  di
ampliamento  stabile  del  nucleo  familiare  del  titolare e non per
coloro  che  hanno  continuativamente  fatto parte della famiglia sin
dalla data dell'originaria assegnazione dell'abitazione;
     che,  a tal proposito, il giudice amministrativo evidenzia come,
indipendentemente  dalla  data  di ingresso del parente o dell'affine
nel  nucleo  familiare  dell'assegnatario dell'alloggio, la posizione
dei  sopraindicati  soggetti  non  puo'  comunque essere assimilata a
quella  di  coloro  che  non  sono  legati  da  vincoli di coniugio o
parentela, ai fini dell'eventuale subentro nel rapporto locativo;
     che  l'intera  legge  regionale  n. 44  del  1997,  infatti,  e'
ispirata  al  principio  della  valorizzazione  della  famiglia  come
potenziale fruitrice degli alloggi di edilizia residenziale pubblica,
sia  nella  fase dell'individuazione dei beneficiari, con il previsto
riconoscimento  di un maggior punteggio ai nuclei familiari numerosi,
sia in quella successiva della gestione del rapporto locativo, con il
favore  riconosciuto ai familiari dell'assegnatario al subentro nella
posizione del titolare anche in vista dell'eventuale trasferimento in
proprieta'  dell'alloggio  per  lungo  tempo  occupato  a  titolo  di
locazione;
     che, ad avviso dei rimettenti, la norma censurata, disconoscendo
la  posizione  di favore che il costituente ha inteso assicurare alla
famiglia  e  ai  suoi  componenti, quale comunita' naturale basata su
vincoli  affettivi  e  di  solidarieta'  economica e sociale dei suoi
membri, si pone in contrasto con l'art. 29 della Costituzione;
     che  a  ulteriore  conferma  della violazione dell'art. 29 della
Costituzione,  il Tribunale  amministrativo  regionale  ipotizza  una
contemporanea  presenza  nel  nucleo  familiare  dell'assegnatario di
parenti  e  di  estranei  autorizzati  a  convivere  con il medesimo,
sostenendo  che,  in tal caso, la norma regionale censurata, per come
formulata,     consentirebbe     di    privilegiare    il    subentro
nell'assegnazione  dell'alloggio degli estranei conviventi da piu' di
due anni, a danno dei parenti presenti nell'alloggio da meno tempo;
     che  l'aver  subordinato  il  diritto  al subentro dei familiari
nell'assegnazione  di  un  alloggio di edilizia residenziale pubblica
alla   decorrenza   di   un   periodo   di   convivenza   minima  con
l'assegnatario,  in  caso  di morte di quest'ultimo, comporterebbe il
disconoscimento  delle  prerogative  assicurate  dall'art.  29  della
Costituzione  alla  comunita'  familiare,  in  quanto si verrebbero a
creare  le  condizioni  per  privare  ingiustificatamente  gli  eredi
dell'assegnatario   deceduto   della   possibilita'   di   conservare
l'utilizzo  dell'abitazione  popolare  in  regime  di  locazione, dal
momento che il riconoscimento di tale prerogativa dipenderebbe «da un
evento  futuro  e incerto quale la morte del dante causa, circostanza
indipendente   dalla   volonta'  dei  familiari  conviventi,  con  la
conseguenza  che  se tale evento luttuoso intercorresse prima dei due
anni dell'inizio della convivenza con il de cuius
,  determinerebbe  la  definitiva perdita dell'alloggio per i parenti
con  grave  pregiudizio  delle esigenze abitative della loro famiglia
che l'art. 29 Cost. intende tutelare»;
     che  e' intervenuta nel giudizio la Regione Marche chiedendo che
la questione venga dichiarata infondata;
     che   la   Regione   interveniente,   al   fine  di  evidenziare
l'infondatezza  della  censura  proposta dal Tribunale amministrativo
regionale,  chiarisce  che,  con  riferimento  alla nozione di nucleo
familiare, la normativa regionale in materia di edilizia residenziale
pubblica si ispira alla medesima ratio
della normativa statale che pone sullo stesso piano persone legate da
vincoli   di   parentela  e  persone  legate  da  vincoli  affettivi,
richiedendo   quale   unico   presupposto  indefettibile  la  stabile
convivenza;
     che,  in  particolare,  il comma 1 dell'art. 7 della legge della
Regione  Marche  n. 44  del  1997  definisce il nucleo familiare: «un
insieme  di  persone  legate  da  vincoli  di  matrimonio, parentela,
affinita',  adozione,  tutela  o  da vincoli affettivi, conviventi ed
aventi  dimora  abituale  nello stesso Comune», salvo poi specificare
che  «ai  fini  della  presente  legge  la  convivenza stabile con il
richiedente  deve  sussistere  da  almeno  due  anni  dalla  data  di
pubblicazione   del   bando   di   concorso   ed  essere  certificata
anagraficamente»;
     che, inoltre, il comma 2 del citato art. 7 prevede che «l'organo
preposto  alla formazione della graduatoria e gli enti competenti per
l'assegnazione   o   gestione   degli   alloggi  possono  considerare
componenti  del  nucleo familiare anche persone non legate da vincoli
di  parentela  o  affinita', qualora la convivenza abbia carattere di
stabilita',  duri  da  almeno due anni alla data di pubblicazione del
bando  di  concorso  o a quella di variazione anagrafica, nel caso di
ampliamento  del  nucleo  familiare,  sia  finalizzata alla reciproca
assistenza  morale  e  materiale  e  sia sufficientemente documentata
nelle forme di legge»;
     che, prosegue la difesa della Regione, l'art. 43 nel regolare il
diritto  al  subentro,  al comma 1 stabilisce che «in caso di decesso
dell'aspirante    assegnatario    o   dell'assegnatario,   subentrano
rispettivamente  nella  domanda  e nell'assegnazione i componenti del
nucleo  familiare  come definito dall'articolo 7 nel seguente ordine:
coniuge, figli, affiliati, convivente more uxorio
,  gli  ascendenti, i discendenti, i collaterali fino al terzo grado,
gli  affini  fino al secondo grado» e al comma 2 dispone che «in caso
di cessazione della stabile convivenza tra l'aspirante assegnatario o
l'assegnatario  e  i restanti componenti del nucleo familiare, questi
ultimi  subentrano  rispettivamente  nella  domanda  e  nel  rapporto
locativo»;
     che,  secondo  la  Regione,  risulta evidente che il presupposto
indefettibile  richiesto  dalla  legge  regionale  n. 44 del 1997 per
acquisire il diritto al subentro nella domanda o nell'assegnazione e'
costituito dalla stabile convivenza;
     che  l'art. 7, comma 1, prevede che la convivenza stabile con il
richiedente  duri  da almeno due anni dalla data di pubblicazione del
bando  di concorso e che debba essere certificata anagraficamente, e,
correttamente, l'art. 43, comma 5, dispone che «l'ampliamento stabile
del  nucleo familiare costituisce per il nuovo componente autorizzato
il  diritto  al  subentro dopo due anni dall'autorizzazione dell'Ente
gestore»;
     che la norma censurata, dunque, non e' in contrasto con l'art. 3
della Costituzione in quanto il Tribunale amministrativo regionale ha
ritenuto   uguali   situazioni   obiettivamente   diverse  tra  loro,
parificando   la   posizione   di   chi  subentra  nella  domanda  di
assegnazione  rispetto  a  quella  di  chi subentra nella titolarita'
dell'alloggio gia' assegnato, mentre nel primo caso si e' in presenza
di  parenti  conviventi  e  gia'  facenti  parte del nucleo familiare
originario,  laddove,  nel  secondo,  si  e'  in  presenza di parenti
originariamente  non  conviventi  e  non  facenti  parte  del  nucleo
familiare,  «aggiuntisi» successivamente per effetto dell'ampliamento
del nucleo familiare;
     che,  evidenzia  la  Regione,  tra chi subentra nella domanda di
assegnazione  e  chi  subentra  nell'assegnazione  stessa  vi  e' una
sostanziale  differenza,  cosi'  come  tra i soggetti appartenenti al
nucleo  familiare  originario  e coloro che, invece, vi si aggiungono
solo successivamente;
     che,   quanto   all'asserita   violazione   dell'art.  29  della
Costituzione,  la  resistente  richiama  la  stessa giurisprudenza di
questa  Corte che ha affermato che il diritto all'abitazione e' posto
a  garanzia  non della famiglia nucleare, ne' di quella parentale, ma
della «convivenza di un aggregato esteso fino a comprendervi estranei
- potendo tra gli eredi esservi estranei -, i parenti senza limiti di
grado e finanche gli affini» (sentenza n. 404 del 1988);
     che,   pertanto,   il  diritto  sociale  all'abitazione  esclude
situazioni  di  privilegio  e  di  favore, in attuazione del precetto
costituzionale  di cui all'art. 2 della Costituzione, e una normativa
-  la  quale  regoli  in  maniera  differente  la  situazione  di  un
componente  convivente  e  stabile di un nucleo familiare e quella di
chi  venga  solo  successivamente  a  farne parte e che, nello stesso
tempo,  parifichi  la  situazione di parenti ed estranei per cio' che
riguarda   le   condizioni  occorrenti  per  conseguire  una  stabile
convivenza  -  in realta' non fa che garantire e attuare il precetto,
costituzionalmente garantito, del diritto sociale all'abitazione.
Considerato  che  il  Tribunale amministrativo regionale delle Marche
con tre ordinanze di analogo tenore solleva questione di legittimita'
costituzionale  - in riferimento agli artt. 3 e 29 della Costituzione
- dell'art. 43, comma 5, della legge regionale delle Marche 22 luglio
1997, n. 44 (Norme in materia di assegnazione, gestione degli alloggi
di  edilizia  residenziale  pubblica  e  riordino  del  Consiglio  di
amministrazione  degli  Istituti  autonomi per le case popolari della
Regione),  nella  parte  in  cui  prevede che, in caso di ampliamento
stabile  del  nucleo  familiare  dell'assegnatario  di un alloggio di
edilizia  residenziale  pubblica, alla morte dell'assegnatario stesso
il  nuovo  componente acquisisca il diritto al subentro solo dopo due
anni dall'autorizzazione dell'Ente gestore;
     che,  secondo  il rimettente, la norma censurata e' in contrasto
con   l'art.   3   della   Costituzione,   in  quanto  determina  una
ingiustificata  discriminazione  nei  confronti  dei parenti o affini
componenti il nucleo familiare nelle due distinte ipotesi di subentro
nella   domanda   di   assegnazione  prima  del  conseguimento  della
disponibilita'  dell'alloggio  popolare  e  di  subentro nel rapporto
locativo  una  volta  intervenuta l'assegnazione, richiedendo solo in
quest'ultimo  caso  l'ulteriore  requisito  della  stabile convivenza
nell'abitazione    da    almeno    due    anni    dall'autorizzazione
all'ampliamento stabile del nucleo familiare;
     che  risulterebbe  violato  anche  l'art. 29 della Costituzione,
perche'  l'aver  subordinato  il  diritto  al  subentro dei familiari
nell'assegnazione  di  un  alloggio di edilizia residenziale pubblica
alla   decorrenza   di   un   periodo   di   convivenza   minima  con
l'assegnatario,  in  caso  di  morte  di  questo  ultimo, comporta il
pregiudizio  delle  prerogative  costituzionalmente  assicurate  alla
comunita' familiare e, in particolare, alle sue esigenze abitative.
     che   le   ordinanze   di   rimessione  sollevano  questioni  di
costituzionalita'  inerenti  alla  medesima  norma  svolgendo censure
identiche  e,  pertanto,  i relativi giudizi vanno riuniti per essere
definiti con unica decisione;
     che la questione e' manifestamente infondata;
     che   il   rimettente   ritiene   assimilabili   due   posizioni
profondamente  diverse  tra loro: quella di chi deve subentrare nella
domanda  di  assegnazione  di  un  alloggio popolare a quella di chi,
invece, deve subentrare nel rapporto locativo gia' instauratosi;
     che tale radicale diversita' emerge chiaramente ove si consideri
che  mentre  la  fase  dell'assegnazione  di  un alloggio popolare e'
caratterizzata  da  una  disciplina  di  tipo concorsuale, volta alla
formazione  di  una  graduatoria,  tanto  che  il  legislatore regola
specificamente   le   ipotesi  di  modifica  dei  requisiti  o  delle
condizioni  soggettive  e  oggettive  degli  aspiranti  nella fase di
formazione    della    graduatoria    per   ottenere   l'assegnazione
dell'alloggio,  nella  successiva  fase  in  cui,  perfezionatasi  la
procedura,  si  e'  proceduto  all'assegnazione dell'alloggio, sorge,
invece,  un  vero  e  proprio  rapporto  locatizio  soggetto a regole
contrattuali;
     che,  pertanto,  il  subentro  nella domanda di assegnazione non
produce  effetti  negativi  nei  confronti  degli altri aspiranti che
hanno  fatto  analoga  domanda  per  ottenere un alloggio di edilizia
residenziale  pubblica,  dovendosi  ancora perfezionare il momento di
verifica  delle  condizioni oggettive e soggettive che determinano la
posizione nella graduatoria, mentre il subentro nel rapporto locativo
impedisce  che  le  esigenze abitative della famiglia originariamente
assegnataria  possano  essere  bilanciate  con quelle di altri nuclei
familiari  ipoteticamente in possesso di maggiori titoli per accedere
all'edilizia residenziale pubblica;
     che  e'  nella  discrezionalita'  del  legislatore bilanciare le
esigenze  contrapposte della tutela del nucleo familiare assegnatario
dell'alloggio  con quelle, altrettanto importanti, degli altri nuclei
familiari e, di conseguenza, con l'interesse per l'amministrazione di
tornare nella disponibilita' del bene per poterlo nuovamente inserire
in una procedura concorsuale;
     che  la disciplina relativa all'ampliamento del nucleo familiare
non  puo'  che  riferirsi alla fase relativa al rapporto locatizio in
quanto, prima che il bene sia concesso in locazione, le modifiche del
nucleo familiare incidono sull'assegnazione stessa del bene;
     che  e' del tutto ragionevole, che alla morte dell'assegnatario,
nella  sola  ipotesi  di  ampliamento  del nucleo familiare, il nuovo
componente  autorizzato  all'ampliamento  acquisisca  il  diritto  al
subentro  -  come forma di garanzia per evitare il rischio di abusi -
solo   dopo   che   sia  trascorso  un  determinato  lasso  di  tempo
dall'autorizzazione rilasciata dall'Ente gestore;
     che, riguardo all'ulteriore argomentazione relativa al possibile
verificarsi  del caso del familiare il quale, entrato a far parte del
nucleo familiare, a seguito di ampliamento, da meno di due anni dalla
morte  del  congiunto,  sia pretermesso nel diritto al subentro da un
estraneo  convivente  con  questo da piu' di un biennio, va osservato
che   l'ipotesi  descritta,  frutto  di  una  dubbia  interpretazione
dell'art. 43, comma 1, della legge Regione Marche n. 44 del 1997, che
sembrerebbe, invece, riferire al solo convivente more uxorio
l'individuazione dei soggetti estranei alla famiglia parentale aventi
diritto   al   subentro,   non   puo',   comunque,  essere  presa  in
considerazione  in  questa  sede  in  quanto  estranea  alla  vicenda
processuale di cui ai giudizi a quibus.
Visti  gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87,
e  9,  comma  2,  delle  norme integrative per i giudizi davanti alla
Corte costituzionale.
              Per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE
Runiti  i giudizi, Dichiara la manifesta infondatezza della questione
di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  43, comma 5, della legge
regionale  delle  Marche  22  luglio 1997, n. 44 (Norme in materia di
assegnazione,   gestione   degli  alloggi  di  edilizia  residenziale
pubblica  e  riordino del Consiglio di amministrazione degli Istituti
autonomi   per   le  case  popolari  della  Regione),  sollevata,  in
riferimento  agli  artt.  3  e  29  della Costituzione, dal Tribunale
amministrativo regionale delle Marche con le ordinanze in epigrafe.
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 14 gennaio 2008.
                         Il Presidente: Bile
                      Il redattore: Napolitano
                      Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 18 gennaio 2008.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola