N. 123 ORDINANZA 16 - 30 aprile 2008

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
Corte  dei  conti  -  Giudizi  di responsabilita' - Norme della legge
  finanziaria  2006  -  -Soggetti condannati in primo grado per fatti
  commessi  prima  dell'entrata  in  vigore  delle  norme censurate -
  Facolta'  di  richiedere  la  definizione  in  appello, mediante il
  pagamento  di una percentuale del danno quantificato nella sentenza
  -  Possibilita' per la sezione di appello della Corte dei conti, in
  caso  di  accoglimento della richiesta, di determinare la riduzione
  della  somma  dovuta  in  misura  non superiore al 30 per cento del
  danno  stabilito in primo grado - -Prevista estinzione del giudizio
  a  decorrere  dalla  data  di deposito della ricevuta di versamento
  della  somma  dovuta  -  Denunciata  irrazionalita'; violazione dei
  principi  di  buon  andamento e del controllo contabile nonche' del
  libero  convincimento  del giudice - Questioni sollevate sulla base
  dell'erroneo  presupposto  interpretativo della automaticita' della
  riduzione del danno - Manifesta infondatezza.
- Legge 23 dicembre 2005, n. 266, art. 1, commi 231, 232 e 233.
- Costituzione, artt. 3, 97, 101 e 103.
Corte  dei  conti  -  Giudizi  di responsabilita' - Norme della legge
  finanziaria  2006  -  Soggetti  condannati in primo grado per fatti
  commessi  prima  dell'entrata  in  vigore  delle  norme censurate -
  Facolta'  di  richiedere  la  definizione  in  appello, mediante il
  pagamento  di una percentuale del danno quantificato nella sentenza
  -  Possibilita' per la sezione di appello della Corte dei conti, in
  caso  di  accoglimento della richiesta, di determinare la riduzione
  della  somma  dovuta  in  misura  non superiore al 30 per cento del
  danno stabilito in primo grado - Prevista estinzione del giudizio a
  decorrere dalla data di deposito della ricevuta di versamento della
  somma dovuta - Denunciata violazione del principio di eguaglianza -
  Questioni  prive  di  rilevanza  nel  giudizio  a  quo - -Manifesta
  inammissibilita'.
- Legge 23 dicembre 2005, n. 266, art. 1, commi 231, 232 e 233.
- Costituzione, art. 3.
Corte  dei  conti  -  Giudizi  di responsabilita' - Norme della legge
  finanziaria  2006  -  -Soggetti condannati in primo grado per fatti
  commessi  prima  dell'entrata  in  vigore  delle  norme censurate -
  Facolta'  di  richiedere  la  definizione  in  appello, mediante il
  pagamento  di una percentuale del danno quantificato nella sentenza
  -  Possibilita' per la sezione di appello della Corte dei conti, in
  caso  di  accoglimento della richiesta, di determinare la riduzione
  della  somma  dovuta  in  misura  non superiore al 30 per cento del
  danno stabilito in primo grado - Prevista estinzione del giudizio a
  decorrere dalla data di deposito della ricevuta di versamento della
  somma  dovuta  -  Denunciata violazione del diritto di difesa e dei
  principi  del  giusto  processo  -  Omessa verifica delle soluzioni
  interpretative  ipotizzabili  -  Manifesta  inammissibilita'  delle
  questioni.
- Legge 23 dicembre 2005, n. 266, art. 1, commi 231, 232 e 233.
- Costituzione, artt. 24 e 111.
(GU n.20 del 7-5-2008 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta  dai  signori:  Presidente:  Franco  BILE; Giudici: Giovanni
Maria  FLICK,  Francesco  AMIRANTE,  Ugo  DE SIERVO, Paolo MADDALENA,
Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO, Gaetano SILVESTRI,
Sabino  CASSESE,  Maria  Rita  SAULLE,  Giuseppe TESAURO, Paolo Maria
NAPOLITANO; ha pronunciato la seguente
                              Ordinanza
nei  giudizi  di  legittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 231,
232  e 233, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (Disposizioni per la
formazione  del  bilancio  annuale  e pluriennale dello Stato - legge
finanziaria  2006),  promosso  con ordinanze del 18 e 17 gennaio 2007
dalla  Corte  dei  conti,  Sezione  giurisdizionale  d'appello per la
Regione  Siciliana,  sui  ricorsi  proposti  da  Maggio Paolo e da Di
Stefano  Nunzio,  iscritte ai numeri 524 e 525 del registro ordinanze
2007 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 28, 1ª
serie speciale, dell'anno 2007.
   Udito  nella  Camera  di  consiglio  del  12 marzo 2008 il giudice
relatore Paolo Maddalena.
   Ritenuto  che  con  due ordinanze di identico tenore depositate in
data 18 gennaio 2007 (reg. ord. n. 524 del 2007) e in data 17 gennaio
2007  (reg.  ord.  n. 525  del  2007),  la  Corte  dei conti, Sezione
giurisdizionale  d'appello  per  la  Regione  Siciliana, nel corso di
altrettanti  giudizi  di responsabilita' amministrativa nei quali gli
interessati,  condannati  in  primo grado, avevano chiesto di potersi
avvalere  del  meccanismo  di  definizione agevolata del procedimento
introdotto dall'art. 1, commi 231, 232 e 233, della legge 23 dicembre
2005,  n. 266  (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
pluriennale  dello  Stato - legge finanziaria 2006), ha sollevato, in
riferimento  agli artt. 3, 24, 97, 101, 103 e 111 della Costituzione,
questione di legittimita' costituzionale dei commi 231, 232 e 233 del
citato art. 1;
     che l'art. 1, comma 231, della legge n. 266 del 2005 prevede che
«Con riferimento alle sentenze di primo grado pronunciate nei giudizi
di  responsabilita'  dinanzi  alla Corte dei conti per fatti commessi
antecedentemente alla data di entrata in vigore della presente legge,
i  soggetti  nei  cui  confronti  sia  stata  pronunciata sentenza di
condanna possono chiedere alla competente sezione di appello, in sede
di  impugnazione,  che  il  procedimento  venga  definito mediante il
pagamento  di una somma non inferiore al 10 per cento e non superiore
al 20 per cento del danno quantificato nella sentenza»;
     che il successivo comma 232 aggiunge che «La sezione di appello,
con   decreto   in   Camera  di  consiglio,  sentito  il  procuratore
competente,   delibera  in  merito  alla  richiesta  e,  in  caso  di
accoglimento, determina la somma dovuta in misura non superiore al 30
per  cento  del  danno  quantificato  nella  sentenza di primo grado,
stabilendo il termine per il versamento»;
     che  il comma 233 dispone che «Il giudizio di appello si intende
definito  a  decorrere  dalla  data  di  deposito  della  ricevuta di
versamento presso la segreteria della sezione di appello»;
     che  il  giudice  a quo dubita della legittimita' costituzionale
del  sistema  introdotto  dalle  norme  censurate,  di definizione in
appello  dei  giudizi  di  responsabilita' amministrativa mediante il
pagamento  di  una  somma non superiore al trenta per cento del danno
quantificato nella sentenza di primo grado;
     che,  ad  avviso  della  Corte  rimettente,  le  norme censurate
sarebbero  caratterizzate  da  una indeterminatezza assoluta circa lo
scopo  perseguito dal legislatore, tale da precludere definitivamente
la  ricerca  di  una  qualsiasi  ratio normativa che non sia quella -
puramente  e  semplicemente  -  della  limitazione  del  risarcimento
patrimoniale   del   soggetto  condannato  in  primo  grado;  con  la
conseguenza  che  esse, dando luogo unicamente ad un effetto premiale
ingiustificato,  si  paleserebbero  come  una  negazione  illogica  e
ingiustificata  dei  principi  del  buon  andamento  e  del controllo
contabile;
     che,  a  differenza dell'istituto del cosiddetto condono fiscale
nel    procedimento    dinanzi   alle   commissioni   tributarie,   e
dell'applicazione   della   pena   su   richiesta   delle  parti  nel
procedimento   penale,   le   norme   sottoposte   a   scrutinio   di
costituzionalita'  non inciderebbero minimamente (in senso riduttivo)
sull'entita'  del contenzioso contabile, essendo destinate ad operare
esclusivamente  in  sede di appello, nel cui ambito il sostituire una
pubblica  udienza  con  una Camera di consiglio e una sentenza con un
decreto sarebbe di scarso significato;
     che,  d'altra  parte,  le  norme stesse, determinando una minore
entrata   (fra  il  novanta  ed  il  settanta  per  cento  del  danno
quantificato  nella sentenza di primo grado), si risolverebbero in un
irrazionale e incongruo «effetto premiale»;
     che  le norme denunciate contrasterebbero anche con il principio
del  libero  convincimento del giudice (art. 101 Cost.), giacche' non
offrirebbero alcun criterio di orientamento per il giudice contabile;
     che il principio di eguaglianza sarebbe violato anche perche' la
normativa  censurata sarebbe applicabile soltanto ai soggetti nei cui
confronti  sia stata pronunciata in primo grado sentenza di condanna,
con la conseguenza che essa, irragionevolmente, sarebbe inapplicabile
ai  soggetti  che,  assolti  in  primo  grado,  vedano  tale sentenza
riformata  in  appello,  a seguito di gravame interposto dal pubblico
ministero;
     che,  secondo  il  giudice  rimettente,  sarebbe irrazionale una
previsione  legislativa  che  escluda dal beneficio della definizione
agevolata  quei soggetti la cui posizione - dopo la sentenza di primo
grado  -  appare  chiaramente  meno «pesante» di quella dei convenuti
condannati;   ne'   si  potrebbe  pervenire  ad  una  interpretazione
adeguatrice:  «non  solo perche', in tale caso, dovrebbe superarsi la
«lettera»  della  «condanna»  in  primo  grado,  ma  anche perche' si
dovrebbe  «creare»  il criterio al quale correlare le percentuali del
dieci, del venti o del trenta per cento previste dalla legge;
     che  sarebbe  violato,  inoltre, l'art. 24, secondo comma, della
Costituzione, perche' il pubblico ministero presso la Corte dei conti
viene  evocato  nel  solo  comma 232 e soltanto per essere sentito in
Camera  di  consiglio quando la Sezione di appello deve deliberare in
merito  alla  richiesta  di definizione agevolata: infatti, «per tale
funzione,  limitata e marginale (che si sostanzia nell'espressione di
un  «parere»),  del  pubblico ministero, il procedimento regolato dai
commi  231-233  dell'art.  1  della legge n. 266 del 2005 non assume,
sostanzialmente, carattere bilaterale, per cui la funzione di «parte»
del  pubblico  ministero  contabile  (nell'ottica - anche del «giusto
processo»   -   dell'art.  111  Cost.)  viene,  nella  specie,  quasi
pretermessa  (con  la  conseguenza  - fra l'altro - che, in tal modo,
vengono  pesantemente  compressi  i  diritti  e  gli  interessi della
pubblica   amministrazione,   dei  quali  il  pubblico  ministero  e'
chiaramente     portatore,     in    uno    all'interesse    generale
dell'Ordinamento)».
   Considerato  che  le  questioni  sollevate  dalla Corte dei conti,
sezione giurisdizionale d'appello per la Regione Siciliana, investono
le  norme sulla definizione in appello dei giudizi di responsabilita'
amministrativa  dinanzi alla Corte dei conti, introdotte dall'art. 1,
commi   231,  232  e  233,  della  legge  23  dicembre  2005,  n. 266
(Disposizioni  per  la  formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello Stato - legge finanziaria 2006);
     che,  secondo  le  ordinanze  di rimessione, le norme denunciate
violerebbero  gli  artt.  3,  97  e  103  della Costituzione, perche'
sarebbero  ancorate  all'unica  ratio  di  limitare  il  risarcimento
patrimoniale   dovuto  dal  soggetto  condannato  in  primo  grado  e
determinerebbero  percio'  un  effetto  premiale  ingiustificato, con
conseguente  negazione,  illogica  e ingiustificata, dei principi del
buon  andamento  e del controllo contabile; inoltre, in contrasto con
l'art.  101  della  Costituzione,  le  norme stesse inciderebbero sul
principio  del libero convincimento del giudice, non prevedendo alcun
criterio  di  orientamento  per  il  giudice  contabile,  laddove nel
sistema   positivo   vigente   l'attenuazione  della  responsabilita'
amministrativa,  nei  singoli casi, e' rimessa al potere riduttivo di
tale  giudice  che, a tal fine, puo' tenere conto del comportamento e
del  livello  di  responsabilita', nonche' delle capacita' economiche
del soggetto responsabile;
     che le ordinanze di rimessione denunciano la violazione, ancora,
dell'art.  3  della  Costituzione,  sotto il profilo del principio di
eguaglianza,   perche'   le  norme  censurate  sarebbero  applicabili
soltanto ai soggetti nei cui confronti sia stata pronunciata in primo
grado  sentenza  di  condanna,  e  non  anche,  irragionevolmente, ai
soggetti  nei cui confronti la sentenza di assoluzione in primo grado
sia  stata riformata, in appello, a seguito di gravame interposto dal
pubblico ministero;
     che  viene dedotto, altresi', il contrasto delle norme censurate
con  gli  artt.  24  e  111  della  Costituzione, perche' al pubblico
ministero  contabile  sarebbe  assegnata  una  funzione,  limitata  e
marginale, di carattere consultivo;
     che,  considerata  l'identita'  delle  questioni  prospettate, i
giudizi possono essere riuniti, per essere esaminati congiuntamente e
decisi con unica pronuncia;
     che,   successivamente   all'emanazione   delle   ordinanze   di
rimessione,  questioni  identiche  sono  state decise con la sentenza
n. 183 del 2007 e con l'ordinanza n. 392 del 2007;
     che,  come  la  Corte  ha  gia' statuito, le norme censurate non
producono  alcun  ingiustificato  ed  automatico effetto premiale, in
quanto  l'operativita'  delle  disposizioni denunciate presuppone una
valutazione  di merito, da parte del giudice contabile, sul fatto che
l'esigenza  di  giustizia  possa  ritenersi soddisfatta a mezzo della
procedura  accelerata,  sicche'  alla definizione in appello non puo'
accedersi  in  presenza  di  dolo  del  condannato  o  di particolare
gravita' della condotta;
     che,  inoltre,  le  norme denunciate vanno collocate nell'ambito
del sistema tradizionale della responsabilita' amministrativa, in cui
al  giudice  e'  affidato  il  compito di determinare e costituire il
debito  risarcitorio, stabilendo quanta parte del danno prodotto deve
ritenersi  risarcibile  in  relazione  all'intensita' della colpa del
responsabile,  da  individuare in relazione a tutte le circostanze di
fatto  in  cui  si  e'  svolta  l'azione  produttiva  del  danno;  e,
muovendosi   all'interno   del  perimetro  di  tale  discrezionalita'
decisionale,   esse   consentono   l'accoglimento   dell'istanza   di
definizione in appello solo se il giudice - avuto riguardo ai criteri
in  base  ai  quali egli forma la propria decisione - ritenga congrua
una  condanna  entro  il  limite  del  trenta  per  cento  del  danno
addebitato al responsabile nella sentenza di primo grado;
     che,    pertanto,    muovendo    da   un   erroneo   presupposto
interpretativo,  devono essere dichiarate manifestamente infondate le
questioni  di legittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 231, 232
e 233, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, sollevate in riferimento
agli artt. 3, 97, 101 e 103 della Costituzione;
     che manifestamente inammissibili, per difetto di rilevanza, sono
le  questioni  di  legittimita'  costituzionale  sollevate, ancora in
riferimento  all'art.  3  della  Costituzione,  sotto  il profilo del
principio   di  eguaglianza,  sul  rilievo  che  le  norme  censurate
sarebbero  applicabili  soltanto  ai  soggetti  nei cui confronti sia
stata  pronunciata  in primo grado sentenza di condanna, e non anche,
irragionevolmente,  ai  soggetti  nei  cui  confronti  la sentenza di
assoluzione in primo grado sia stata riformata, in appello, a seguito
di  gravame interposto dal pubblico ministero: difatti, nei giudizi a
quibus, tutti i convenuti sono stati condannati in primo grado;
     che  del  pari manifestamente inammissibili sono le questioni di
legittimita' costituzionale concernenti la limitazione dei poteri del
pubblico  ministero  contabile,  giacche'  tali  questioni sono state
sollevate  senza  una  previa verifica delle soluzioni interpretative
ipotizzabili,  non  avendo i rimettenti verificato se il procedimento
in  Camera di consiglio, applicabile nella specie, consenta o meno la
partecipazione  di  tutte le parti ovvero se in detto procedimento il
giudice  si  debba  limitare  ad un vaglio dell'istanza scritta e del
parere scritto del pubblico ministero.
   Visti  gli  artt.  26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
                          per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
   Riuniti in giudizi,
     1)   dichiara  la  manifesta  infondatezza  delle  questioni  di
legittimita'  costituzionale dell'art. 1, commi 231, 232 e 233, della
legge  23  dicembre  2005, n. 266 (Disposizioni per la formazione del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2006),
sollevate,  in  riferimento  agli  artt.  3,  97,  101  e  103  della
Costituzione,   dalla   Corte   dei  conti,  sezione  giurisdizionale
d'appello  per  la  Regione  Siciliana,  con le ordinanze indicate in
epigrafe;
     2)  dichiara  la  manifesta  inammissibilita' delle questioni di
legittimita'  costituzionale dell'art. 1, commi 231, 232 e 233, della
stessa legge n. 266 del 2005, sollevate, in riferimento agli artt. 3,
sotto  altro  profilo,  24  e 111 della Costituzione, dalla Corte dei
conti,  sezione  giurisdizionale  d'appello per la Regione Siciliana,
con le ordinanze indicate in epigrafe.
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 16 aprile 2008.
                         Il Presidente: Bile
                       Il redattore: Maddalena
                      Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 30 aprile 2008.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola