N. 153 ORDINANZA 7 - 16 maggio 2008

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Processo  penale  -  Sentenza  di proscioglimento emessa a seguito di
  giudizio  abbreviato - Appello del pubblico ministero - Preclusione
  (salvo  nelle  ipotesi previste dall'art. 603, comma 2, se la nuova
  prova  e'  decisiva)  -  Applicazione  della  nuova  disciplina  ai
  procedimenti  in corso alla data di entrata in vigore della novella
  - Sopravvenuta dichiarazione di illegittimita' costituzionale della
  norma  censurata  -  Necessita'  di  riesame  della rilevanza della
  questione - Restituzione degli atti ai giudici rimettenti.
- Cod.  proc.  pen.,  art.  443,  comma 1, come sostituto dall'art. 2
  della legge 20 febbraio 2006, n. 46; legge 20 febbraio 2006, n. 46,
  art. 10, commi 1 e 2.
- Costituzione, artt. 3, 111 e 112.
(GU n.22 del 21-5-2008 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta  dai  signori:  Presidente:  Franco  BILE; Giudici: Giovanni
Maria  FLICK,  Ugo  DE  SIERVO,  Paolo  MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO,
Alfonso  QUARANTA,  Franco  GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI,
Sabino   CASSESE,   Giuseppe  TESAURO,  Paolo  Maria  NAPOLITANO;  ha
pronunciato la seguente
                              Ordinanza
nei  giudizi  di  legittimita' costituzionale dell'art. 443, comma 1,
del  codice  di  procedura  penale, come modificato dall'art. 2 della
legge  20  febbraio  2006,  n. 46  (Modifiche  al codice di procedura
penale,   in   materia   di   inappellabilita'   delle   sentenze  di
proscioglimento),  e  dell'art.  10, commi 1 e 2, della stessa legge,
promossi,  nell'ambito  di diversi procedimenti penali, con ordinanze
del  14  marzo  2006 dalla Corte d'appello di Torino, del 12 aprile e
del  17  marzo 2006 dalla Corte militare d'appello di Napoli e del 12
maggio 2006 dalla Corte d'appello di Torino, rispettivamente iscritte
ai  nn.  250, 324, 327 e 437 del registro ordinanze 2006 e pubblicate
nella  Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  nn.  34 e 38, 1ª serie
speciale,  dell'anno  2006  e  nella  edizione  straordinaria  del  2
novembre 2006;
   Udito  nella  Camera  di  consiglio  del  2 aprile 2008 il giudice
relatore Giovanni Maria Flick;
   Ritenuto  che,  con  due ordinanze di identico contenuto (r.o. nn.
324  e  327  del  2006),  la  Corte  militare  d'appello di Napoli ha
sollevato,  in  relazione agli artt. 3, 111 e 112 della Costituzione,
questione  di legittimita' costituzionale dell'art. 443 del codice di
procedura penale, come modificato dall'art. 2 della legge 20 febbraio
2006,  n. 46  (Modifiche al codice di procedura penale, in materia di
inappellabilita'  delle  sentenze di proscioglimento), nella parte in
cui  non  prevede  per  il  pubblico  ministero  la  possibilita'  di
appellare  le  sentenze di proscioglimento, e dell'art. 10, commi 1 e
2, della medesima legge;
     che  la  Corte  rimettente -  chiamata  in  entrambi i giudizi a
quibus
a  delibare  l'ammissibilita'  degli  appelli  proposti  dal pubblico
ministero  avverso  sentenze  di assoluzione pronunciate all'esito di
giudizio  abbreviato  dal  Giudice  per  le  indagini preliminari, in
funzione  di  Giudice  dell'udienza  preliminare,  presso i Tribunali
militari, rispettivamente, di Napoli e di Bari - rileva che, ai sensi
dell'art.  10  della  legge  n. 46  del  2006, gli appelli dovrebbero
essere  dichiarati  inammissibili, in quanto anteriori all'entrata in
vigore della legge;
     che  la  Corte  rimettente  ritiene  tuttavia di dover sollevare
questione  di legittimita' costituzionale della disciplina censurata,
in  relazione  all'eliminazione  del  potere  di appello del pubblico
ministero  avverso  le sentenze di proscioglimento, per contrasto con
diversi parametri costituzionali;
     che,  secondo  la Corte rimettente, il primo a venire in rilievo
e'  quello  dell'art.  3 Cost. sia sotto il profilo della lesione del
principio  di  ragionevolezza,  impedendosi  «al rappresentante della
pubblica  accusa  di  dare,  nell'ambito  della sequenza processuale,
concreta  attuazione  al  principio  dell'obbligatorieta' dell'azione
penale»;   sia   sotto  quello  della  violazione  del  principio  di
eguaglianza,  in  relazione  al potere riconosciuto invece alla parte
civile di impugnare le sentenze di proscioglimento;
     che  sarebbe,  inoltre,  violato  il secondo comma dell'art. 111
Cost.,   per   l'evidente   lesione   che   la  disciplina  censurata
determinerebbe  ai principi della parita' fra le parti nel processo e
della ragionevole durata del processo;
     che   la   lesione   del   primo  principio  originerebbe  dalla
considerazione  che  la  garanzia  della  parita'  tra  le  parti non
potrebbe   che   estendersi  a  tutti  gli  strumenti  funzionali  al
raggiungimento  degli scopi che il processo deve garantire e che, per
l'organo  dell'accusa,  ineriscono  alla  completa  attuazione  della
pretesa punitiva;
     che,  quanto  alla  lesione  del  secondo  principio, il sistema
derivante dalle norme censurate - prevedendo la natura esclusivamente
rescindente  del  giudizio  per  cassazione  in  esito al ricorso del
pubblico  ministero  ed,  in caso di accoglimento, la regressione del
processo  al  primo  grado  - comporterebbe,  ad  avviso  della Corte
rimettente,  una  evidente  dilatazione  dei  tempi del processo, non
sorretta da alcuna giustificazione;
     che  le  norme denunciate risulterebbero, altresi', in contrasto
con  l'art.  112 Cost., poiche' il potere di impugnazione dell'organo
dell'accusa  costituirebbe  «una  delle  espressioni»  del  principio
dell'obbligatorieta' dell'azione penale;
     che,  infine,  la Corte rimettente evidenzia «l'irragionevolezza
interna» del regime transitorio disciplinato nell'art. 10 della legge
n. 46 del 2006, in relazione alla particolare situazione del pubblico
ministero  il  cui  appello  andrebbe  dichiarato inammissibile anche
quando  ha  gia'  chiesto ed ottenuto, in tale fase, «l'ammissione di
nuove prove decisive, circostanza che nel nuovo assetto consentirebbe
di   coltivare  l'impugnazione  di  merito  avverso  le  sentenze  di
proscioglimento»;
     che  questione  analoga  e'  sollevata  dalla Corte d'appello di
Torino,  con  due ordinanze sostanzialmente identiche (r.o. nn. 250 e
437  del  2006), con le quali sono censurati, in riferimento all'art.
111  Cost.,  gli  artt. 443, comma 1, del codice di procedura penale,
come  modificato  dall'art.  2 della legge 20 febbraio 2006, n. 46, e
l'art. 10 della medesima legge;
     che,  ai  fini  della rilevanza, la Corte rimettente premette di
essere  investita  degli  appelli  proposti  dal  pubblico  ministero
avverso  sentenze  di assoluzione emesse, ai sensi dell'art. 442 cod.
proc.  pen.,  dal  Tribunale  di  Alessandria  e  dal  Giudice per le
indagini   preliminari,   in   funzione   di   Giudice   dell'udienza
preliminare,  del Tribunale di Torino; e che, entrata in vigore nelle
more  dei  giudizi  la  legge  n. 46 del 2006, gli appelli dovrebbero
essere dichiarati inammissibili in forza di quanto previsto dall'art.
10 di essa;
     che,  nel  merito,  la rimettente osserva che l'eliminazione del
potere   di   appello  della  sentenza  di  proscioglimento  in  capo
all'organo  della  pubblica  accusa  violerebbe  il  principio  della
parita'  fra  le  parti  nel processo, in quanto sottrarrebbe al solo
pubblico ministero lo strumento processuale per vedere affermata, nel
giudizio, la propria pretesa punitiva;
     che,  infatti, il principio della parita' fra le parti - sebbene
non  sia da interpretare quale simmetrica titolarita' di poteri - non
potrebbe   tollerare   la   totale   elisione,   in  capo  all'organo
dell'accusa,  del potere di ottenere un nuovo giudizio di merito, per
vedere riconosciuta la fondatezza della pretesa punitiva;
     che   tale   squilibrio   non   risulterebbe   compensato  dalla
circostanza  che  la  novella del 2006 avrebbe ristretto, rispetto al
passato,  i  casi di appellabilita' delle sentenze di proscioglimento
anche  in capo all'imputato, posto che il limite al potere di appello
di  quest'ultimo «non opera con la medesima ampiezza e radicalita» di
quello previsto nei confronti del pubblico ministero;
     che  sarebbe  proprio  tale  radicalita' di intervento a rendere
l'odierna situazione di squilibrio dei poteri diversa dall'asimmetria
che  si  rinviene  in tema di impugnazione della sentenza di condanna
resa   in  esito  a  giudizio  abbreviato;  nell'odierna  situazione,
infatti,  il  pubblico  ministero  si vedrebbe radicalmente negato il
potere  di  appellare  qualunque pronuncia di proscioglimento in ogni
tipo di giudizio, in assenza di qualsivoglia ragione giustificativa.
   Considerato che il dubbio di costituzionalita' sottoposto a questa
Corte  ha  ad  oggetto  la  preclusione -  conseguente  alla modifica
dell'art.  443,  comma  1,  del  codice  di procedura penale ad opera
dell'art.  2 della legge 20 febbraio 2006, n. 46 (Modifiche al codice
di procedura penale, in materia di inappellabilita' delle sentenze di
proscioglimento) -  dell'appello  delle  sentenze  di proscioglimento
pronunciate  a  seguito  di giudizio abbreviato da parte del pubblico
ministero;  e  l'immediata  applicabilita'  di  tale regime, in forza
dell'art. 10 della medesima legge, ai procedimenti in corso alla data
di entrata in vigore della legge;
     che,  stante  l'identita'  delle  questioni proposte, i relativi
giudizi vanno riuniti per essere decisi con unica pronuncia;
     che, successivamente alle ordinanze di rimessione, questa Corte,
con  la  sentenza  n. 320  del  2007,  ha dichiarato l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 2 della legge 20 febbraio 2006, n. 46, nella
parte  in  cui  -  modificando  l'art.  443,  comma  1, del codice di
procedura  penale - esclude che il pubblico ministero possa appellare
contro  le  sentenze  di proscioglimento emesse a seguito di giudizio
abbreviato;  e dell'art. 10, comma 2, della stessa legge, nella parte
in  cui  prevede  che sia dichiarato inammissibile l'appello proposto
dal  pubblico  ministero,  prima  dell'entrata in vigore della legge,
contro  una  sentenza di proscioglimento emessa a seguito di giudizio
abbreviato;
     che,  alla  stregua  della richiamata pronuncia di questa Corte,
gli  atti devono pertanto essere restituiti ai giudici rimettenti per
un nuovo esame della rilevanza delle questioni.
              per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE
   Riuniti i giudizi,
   Ordina la restituzione degli atti alla Corte militare d'appello di
Napoli e alla Corte d'appello di Torino.
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 7 maggio 2008.
                         Il Presidente: Bile
                         Il redattore: Flick
                      Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 16 maggio 2008.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola