N. 261 ORDINANZA 7 - 10 luglio 2008

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Processo penale - Appello - Modifiche normative - Possibilita' per il
  pubblico  ministero  di  proporre  appello  contro  le  sentenze di
  proscioglimento  anche in casi diversi da quelli previsti dall'art.
  603,  comma  2,  cod. proc. pen. - Preclusione - Applicazione della
  nuova  disciplina  ai procedimenti in corso alla data di entrata in
  vigore  della  novella  -  Denunciata  violazione  dei  principi di
  ragionevolezza  e  della  parita'  delle parti nel processo nonche'
  dedotta  lesione del diritto di difesa - Sopravvenuta dichiarazione
  di illegittimita' costituzionale della norma censurata - Necessita'
  di  riesame  della  rilevanza  della questione - Restituzione degli
  atti al giudice rimettente.
- Cod.  proc.  pen., art. 593, come sostituto dall'art. 1 della legge
  20 febbraio 2006, n. 46; legge 20 febbraio 2006, n. 46, art. 10.
- Costituzione, artt. 3, 24 e 111, comma secondo.
(GU n.30 del 16-7-2008 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: Franco BILE;
Giudici:  Giovanni  Maria  FLICK,  Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO,
   Paolo  MADDALENA,  Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso  QUARANTA,  Franco
   GALLO,  Luigi  MAZZELLA,  Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria
   Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO;
ha pronunciato la seguente
                              Ordinanza
nei  giudizi  di legittimita' costituzionale dell'art. 593 del codice
di  procedura  penale,  come  sostituito  dall'art.  1 della legge 20
febbraio  2006,  n. 46  (Modifiche  al codice di procedura penale, in
materia  di  inappellabilita'  delle  sentenze di proscioglimento), e
dell'art.  10  della  stessa  legge, promossi, nell'ambito di diversi
procedimenti  penali,  con  ordinanze  del  2, del 16 maggio e del 26
giugno 2006 dalla Corte d'appello di Ancona, rispettivamente iscritte
ai  nn.  51,  52 e 55, del registro ordinanze 2007 e pubblicate nella
Gazzetta   Ufficiale   della   Repubblica  n. 9, 1ª  serie  speciale,
dell'anno 2007;
   Udito  nella  Camera  di  consiglio  del 21 maggio 2008 il giudice
relatore Giovanni Maria Flick;
   Ritenuto  che,  con  tre ordinanze di identico contenuto (r.o. nn.
51,  52 e 55 del 2007), la Corte d'appello di Ancona ha sollevato, in
riferimento  agli  artt. 3, 24 e 111 della Costituzione, questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art.  593  del codice di procedura
penale,  come  sostituito  dall'art.  1 della legge 20 febbraio 2006,
n. 46  (Modifiche  al  codice  di  procedura  penale,  in  materia di
inappellabilita'  delle  sentenze di proscioglimento), e dell'art. 10
della  medesima  legge,  nella  parte  in  cui escludono il potere di
proporre  appello  avverso  le sentenze di proscioglimento in capo al
pubblico   ministero,   rendendo   applicabile   tale  disciplina  ai
procedimenti in corso;
     che  la  Corte d'appello rimettente premette di essere investita
degli  appelli  proposti  dal pubblico ministero avverso tre sentenze
dei Tribunali di Ascoli Piceno, Ancona e Fermo, con le quali e' stato
dichiarato  non  doversi  procedere per difetto (r.o. nn. 51 e 55 del
2007) e intervenuta remissione di querela (r.o. n. 52 del 2007);
     che   -  sopravvenuta  nelle  more  la  legge  n. 46  del  2006,
immediatamente  applicabile, in forza dell'art. 10, anche ai processi
in   corso   -   tali   impugnazioni   dovrebbero  essere  dichiarate
inammissibili, donde la rilevanza della questione proposta;
     che,   nel  merito,  la  disciplina  censurata  si  porrebbe  in
contrasto  con  l'art.  3  Cost.,  per  violazione  del  principio di
ragionevolezza;
     che, infatti, l'organo della pubblica accusa sarebbe privato del
potere  di  appellare  le  sentenze  di  proscioglimento  sulla  base
dell'inaccettabile  assunto  secondo  cui,  per l'imputato assolto in
primo  grado,  continuerebbe  ad  esistere sempre, in caso di riforma
della  sentenza  in  appello,  un  «ragionevole  dubbio» circa la sua
innocenza,  cosi'  escludendosi  a  priori  la  possibilita'  che  la
sentenza assolutoria di primo grado possa essere errata;
     che  irragionevole  si  paleserebbe  altresi'  l'estensione  del
divieto  di impugnazione anche alle sentenze di non luogo a procedere
emesse ex art. 428 cod. proc. pen., «laddove il patrimonio probatorio
valutabile  non  e'  neppure  definitivamente stabilizzato ed e' solo
prospetticamente apprezzato»;
     che  contraria  ai  canoni  di  ragionevolezza  sarebbe anche la
circostanza  che  la legge n. 46 del 2006 abbia sottratto al pubblico
ministero  il  potere  di  impugnare  le sentenze di proscioglimento,
mantenendo  tuttavia  in  capo  all'organo  della  pubblica accusa il
potere   di   appellare   le   sentenze  di  condanna,  in  tal  modo
irragionevolmente  «tutelando  un interesse processuale di ben minore
consistenza»;
     che  la  norma censurata violerebbe, inoltre, il principio della
parita'  fra  le  parti, sancito dall'art. 111, secondo comma, Cost.,
posto  che  la  soppressione  del  potere  di  appello  del  pubblico
ministero  - vale a dire l'eliminazione di uno «strumento processuale
volto  a  vedere  affermata  nel  giudizio la pretesa punitiva» - non
trova   simmetria   in   una   corrispondente  riduzione  dei  poteri
dell'imputato,  «che invece con la riforma rimane pienamente titolare
del potere di impugnare la decisione a lui sfavorevole»;
     che,  infine,  sarebbe  violato  anche l'art. 24 Cost., sotto il
profilo  della  lesione  dell'interesse  delle  vittime del reato «ad
ottenere  giustizia»; interesse indirettamente tutelato dal potere di
appello del pubblico ministero.
   Considerato che il dubbio di costituzionalita' sottoposto a questa
Corte  ha  per oggetto la preclusione - conseguente alla sostituzione
dell'art.  593  del  codice  di procedura penale ad opera dell'art. 1
della legge 20 febbraio 2006, n. 46 (Modifiche al codice di procedura
penale,   in   materia   di   inappellabilita'   delle   sentenze  di
proscioglimento)  -  dell'appello  delle  sentenze  dibattimentali di
proscioglimento   da  parte  del  pubblico  ministero  e  l'immediata
applicabilita'  di tale regime, in forza dell'art. 10 della legge, ai
procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della medesima;
     che,  stante  l'identita'  delle  questioni proposte, i relativi
giudizi vanno riuniti per essere decisi con unica pronuncia;
     che, successivamente alle ordinanze di rimessione, questa Corte,
con  la  sentenza  n. 26  del  2007,  ha  dichiarato l'illegittimita'
costituzionale  dell'art. 1 della citata legge n. 46 del 2006, «nella
parte  in cui, sostituendo l'art. 593 del codice di procedura penale,
esclude  che il pubblico ministero possa appellare contro le sentenze
di proscioglimento, fatta eccezione per le ipotesi previste dall'art.
603,  comma 2, del medesimo codice, se la nuova prova e' decisiva», e
dell'art.  10,  comma  2,  della  stessa  legge,  «nella parte in cui
prevede che l'appello proposto contro una sentenza di proscioglimento
dal  pubblico  ministero  prima della data di entrata in vigore della
medesima legge e' dichiarato inammissibile»;
     che,  alla  stregua  della richiamata pronuncia di questa Corte,
gli  atti devono pertanto essere restituiti ai giudici rimettenti per
un nuovo esame della rilevanza delle questioni.
              Per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE
   Riuniti i giudizi,
   Ordina la restituzione degli atti alla Corte d'appello di Ancona.
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 7 luglio 2008.
                         Il Presidente: Bile
                         Il redattore: Flick
                      Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 10 luglio 2008.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola